Mix di sostanze radioattive. Potrebbe essere questa la causa della morte di Imane Fadil, 34 anni, testimone chiave nei processi sulle feste del Bunga bunga ad Arcore. “Temo di essere stata avvelenata”, diceva dal suo letto d’ospedale prima di morire. Era arrivata in gravi condizioni al pronto soccorso dell’ospedale Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, il 29 gennaio. Era stata subito ricoverata nel reparto di terapia intensiva, poi trasferita in rianimazione. Una lunga agonia. Fino alla morte, il 1° marzo. Soltanto ieri la notizia è rimbalzata dal palazzo di giustizia di Milano: il procuratore della Repubblica Francesco Greco ha convocato una conferenza stampa per annunciare di aver aperto un fascicolo sulla morte della ragazza, la prima delle grandi accusatrici di Silvio Berlusconi nei processi del caso Ruby. Ipotesi di reato: omicidio volontario. L’indagine è affidata al procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e al sostituto procuratore Luca Gaglio, gli stessi pm che seguono il processo Ruby 3, in cui Berlusconi è accusato di corruzione in atti giudiziari per aver pagato una serie di testimoni inducendoli a mentire. La Procura ha disposto il sequestro della cartella clinica e ha ordinato l’autopsia della ragazza, che sarà eseguita nei prossimi giorni. Ha sequestrato anche oggetti personali di Imane, tra cui il testo di un libro in cui raccontava la sua storia, che avrebbe voluto pubblicare e di cui il Fatto è in grado di rivelare contenuti alle pagine 4 e 5.
L’ipotesi che la morte sia avvenuta per avvelenamento da mix di sostanze radioattive emerge da analisi realizzate da un laboratorio specializzato di Pavia, che avrebbe individuato la presenza di diverse sostanze letali nel sangue. “Nella cartella clinica di Imane Fadil ci sono diverse anomalie”, afferma il procuratore Greco, “e non è indicata alcuna malattia specifica”. Dopo il ricovero, Imane lamentava gonfiori e dolori al ventre, senza che i medici riuscissero però a individuare una causa certa dei sintomi. “Durante il ricovero – ha confermato il procuratore – ha avuto telefonate e visite del fratello e dell’avvocato, a cui ha confidato le sue paure di essere stata avvelenata. Faremo indagini approfondite, perché c’è stata una morte e quindi bisogna considerarla una vicenda seria”.
“Non c’è una diagnosi precisa sulla sua morte”, ribadisce anche la pm Tiziana Siciliano, “ma dalle analisi emerge una sintomatologia da avvelenamento”. Durante la lunga agonia, “c’è stato il progressivo cedimento di tutti gli organi, eppure i medici dell’Humanitas non hanno ritenuto di segnalare il caso alla Procura”. L’ospedale replica che gli esami tossicologici per appurare le cause della malattia erano stati avviati già prima del decesso avvenuto il 1° marzo. “Ma gli esiti degli accertamenti richiesti, molto complessi, sono arrivati solo il 6 marzo e Humanitas li ha subito trasmessi agli inquirenti”. In una nota della struttura sanitaria si aggiunge che “la paziente era stata presa in carico da una équipe multidisciplinare che ha messo in campo ogni intervento clinico possibile per la sua cura e assistenza”.
“Durante il mese di ricovero alla clinica Humanitas Imane era sofferente ma mentalmente lucida ed è rimasta lucida fino alla fine”, racconta il suo avvocato, Paolo Sevesi. Proprio questo ha irritato la Procura, che lamenta di non essere stata informata in tempo dall’ospedale, quando sarebbe stato ancora possibile interrogare Imane. I pm hanno potuto invece sentire soltanto il fratello e l’avvocato, e solo dopo la morte della ragazza. Appena la notizia si è sparsa, si è rapidamente diffusa anche la paura tra le altre protagoniste delle serate di Arcore. “Quello che èsuccesso mi sembra preoccupante, in questa situazione stare tranquilli è pretendere un po’ troppo”, ha detto il legale di Ambra Battilana e Chiara Danese.