Cara Selvaggia, ancora una volta “i bravi ragazzi finiscono in coda”, come ricordava un giovane Jim Carrey nel cult “The Mask”, ormai 25 anni fa. Ben poco sembra essere cambiato. Sono un analista finanziario, statistico e scrittore di romanzi di narrativa, laureato in finanza col massimo dei voti, parlo bene tre lingue europee oltre alla madrelingua, mi piace la musica, lo sport, viaggiare, la buona cucina (sì, sono un uomo e la mia Parmigiana è una cannonata: venghino siore, venghino). Eppure non è questo ciò che interessano al gentil sesso. Ho notato che le donne sono attratte da un carattere sicuro, non importa quanto brutto tu sia: importa come ti poni (in generale se sei un drogato, analfabeta, violento, razzista e misogino stalker, hai ottimo sex appeal), quanto riesci a suscitare interesse (per dirla come un’amica, il ‘suscitino’). Insomma, sei tanto più bravo con le donne, quanto più riesci a ‘fregarle’ psicologicamente. Certo salterà fuori l’eccezione che mi dirà: “Ma che donne frequenti?”. Ci saranno pure le sante come te, cara avvocatessa del diavolo che mi farà questa domanda, ma siete in infima minoranza. Circa l’80% delle donne che conosco hanno una relazione (o ne hanno avuto almeno una) con i suddetti animali, tanto virili e machi, quanto vuoti di cervello e cuore. Io credo perché le nostre partner vogliano sempre (ripeto: SEMPRE) cambiarti in meglio. Sono stato corretto con le donne che ho avuto, “non proprio eccitante, ma devoto”, come diceva Diane Keaton in “Amore e Guerra” di Woody Allen – anche se evito un bilancio imparziale del mio aspetto. Ma la devozione non bastava. A 14 anni avevo una relazione a distanza con una ragazza, G., durata finché ho scoperto che l’unico che non aveva ancora colto il suo frutto proibito ero io. Pazienza per i soldi spesi (sono genovese, quindi tirchio per definizione), pazienza per il tempo ‘perso’ a farmi centinaia di chilometri la domenica mattina. A 18 anni mi misi con A.: il mio migliore amico me l’ha presentata perché credeva che tra me e lei potesse funzionare, salvo poi mettersi con lei dopo un paio di mesi che io e A. stavamo insieme. Di nuovo, qualcun altro colse la mela. La donna dal carattere forte arrivò l’anno dopo, quando mi misi con M., sorriso radioso e dalla rara intelligenza. Ci mettemmo assieme quando avvenne la tragica alluvione del Fereggiano (ironia della sorte?) nel 2011. Nel giro di due giorni volle troncare: va bene, può succedere, fin qua tutto bene. Salvo voler tornare con me dopo altri due mesi e di mollarmi ulteriormente dopo altri tre mesi senza motivo apparente. Dopo qualche tempo, a 21 anni, arrivò nella mia vita C., con la quale rimasi per oltre tre anni. A. tornò a farsi sentire per interposta persona, dicendo che voleva tornare con me, dopo essere stata per un bel po’ con R., ma io le dissi che mi aveva tradito col mio migliore amico e che ora ero molto impegnato con C. (errore madornale). C. ed io ne passammo di cotte e di crude insieme, superammo sia esperienze liete che molto molti tristi. Ora sta con un mio amico, L., da sei mesi prima che io e lei ci lasciassimo (L. lo abbiamo conosciuto insieme due anni prima di lasciarci). Io sono schifato dalle donne o spaventato nel pensare ancora una volta: “Lei è diversa, me lo sento”. E questo va ben oltre la sfiga di aver incontrato nella mia vita solo donne insensibili e figlie delle suddette madri ignote (essi).
Isaac
Caro Isaac, ad occhio, io ti consiglio di abolire gli aggettivi “tirchio” e “devoto” dal tuo vocabolario sentimentale, di cogliere qualche frutto proibito in più e di presentare qualche amico in meno alle tue prossime fidanzate.
Selvaggia Lucarelli
Il dilemma: meglio Dylan o Brandon di “Beverly Hills”?
Ciao Selvaggia, oggi è stato un giorno triste per me che sono nata nel ’75. Un mito della mia adolescenza se ne è andato e a parte la triste consapevolezza che il tempo passa inesorabilmente, ho fatto questa riflessione che vorrei condividere con te. Giorni fa mezza Italia si è indignata (giustamente) per il sussidiario che in maniera molto stereotipata collegava la figura della mamma ai verbi lavare e stirare. Ora è morto Luke Perry, il Dylan di “Beverly Hills” 90210 e in molti commenti di signore che all’epoca erano delle adolescenti come me ricorre lo stereotipo “bello e dannato”. Mi domando perché ci indigniamo tanto se ci dipingono come delle casalinghe anni ’50 se poi, ampiamente superata l’età della scemenza, siamo ancora convinte che l’uomo bello, dannato, complicato e traditore con un passato difficile sia il nostro uomo ideale. Sia quello per struggersi e guardare schifate i nostri rassicuranti, noiosi, prevedibili mariti. Non è anche questo un pericolosissimo stereotipo da contrastare? Quante donne con lo spirito da crocerossina si sono ritrovate ad affrontare mostri che nulla avevano di affascinante?
Mirta
Cara Mirta, Dylan era contorto e tenebroso, ma certo nella serie non è mai stato violento e Bevery Hills 90210 non si è concluso col femminicidio di Brenda. Non esageriamo. In effetti però c’è da dire che lui e Brandon erano esattamente due stereotipi maschili perfetti: Dylan sfuggente, inaffidabile e introverso. Brandon affidabile, solido, rassicurante. Tutte noi, tra i due, avevamo il nostro preferito e il nostro preferito tradiva qualcosa del nostro modo di intendere l’amore. E a me, appunto, piaceva Brandon perché mi dava l’idea di potergli dire “stirami la gonna che tra mezz’ora devo uscire”. Dylan, il ferro da stiro, in effetti me lo avrebbe tirato dietro.
Selvaggia Lucarelli
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