Immigrazione, il problema vero è l’integrazione
L’immigrazione in Italia non è più un’emergenza perché si sono arrestati i grandi flussi. C’è da affrontare il tema dell’integrazione sociale di quei tanti immigrati (oltre un milione e mezzo) che sono senza lavoro e residenza e che, insieme a 5 milioni di poveri italiani, sperano di non diventare “invisibili”. È necessario agire sulle cause del fenomeno migratorio e non solo sull’effetto finale (bloccare gli sbarchi) come hanno fatto Minniti e Salvini. Per tal motivo va sviluppata, in accordo coi 28 Paesi della Ce, una politica di accoglienza che includa la revisione del regolamento di Dublino (asilo dei migranti al primo Paese di sbarco) e preveda la divisione degli immigrati in maniera proporzionale alle capacità e al numero di abitanti di ogni singolo Stato. Andrebbe rivista la missione Sophia, le cui navi potrebbero pattugliare il Mediterraneo con l’aiuto delle ONG, proprio per escludere i presunti collegamenti di esse con i trafficanti. Il vero intervento epocale dovrebbe essere quello di restituire “l’Africa agli africani”, cioè la ricche nazioni del nord del mondo dovrebbero restituire le ricchezze espropriate negli anni (pozzi di petrolio, ricchezze minerarie, ecc.), altrimenti parlare di “aiutarli a casa loro” è solo un’ipocrisia. Sul fronte sociale lo Stato dovrebbe investire risorse nel recupero degli oltre 5 milioni di appartamenti abbandonati o mai ultimati, presenti su tutto il territorio nazionale, rilanciando così l’edilizia e dando case a italiani e immigrati. Si darebbe, così, dignità alle persone, perché non è giusto che vivano come topi (vedi alla voce: Baraccopoli di San Ferdinando o Cara di Mineo). Gli immigrati non costituiscono un pericolo, semmai lo sono gli italiani che li sfruttano nei campi per due euro all’ora. Certo, occorre una forte presenza dello Stato, che deve dare lavoro e colpire, al tempo stesso, qualunque forma di delinquenza (italiana e immigrata) si sviluppi. Gli immigrati sono anche una risorsa, contribuendo a un punto del PIL italiano e al fondo pensioni INPS, pertanto i governi hanno il dovere di lavorare per dare un futuro civile per loro come per gli italiani, considerando che le scelte nel medio termine avranno importanti ripercussioni sulle future generazioni e sui tanti uomini invisibili che popolano le nostre città.
Enrico Cillari
I politici dovrebbero pensare di più al bene dell’Italia
Di Maio non può perdere la faccia, Salvini non può perdere la faccia, e mentre i due galli del pollaio governativo litigano sul Tav, l’Italia va a rotoli. I politici attuali non hanno neppure una pallida idea di cosa voglia dire “governare per il bene del Paese”, pensano solo al proprio miserabile tornaconto elettorale, pesano ogni decisione sulla base dei sondaggi, guardano solo a un palmo dal naso anziché guardare ai prossimi anni, ai prossimi decenni. Aggrappati alla zattera del quotidiano barcamenarsi perdono la possibilità di salire sul transatlantico della Storia. Che pena vedere Conte, Di Maio e Salvini sulle poltrone che furono di Cavour, D’Azeglio, Ricasoli… Quelli hanno fatto l’Italia, questi la disfano!
Gianluigi De Marchi
Estorsione in un’impresa agricola
Penso che alcune critiche al reddito di cittadinanza, escludendo quelle strettamente politiche o basate su pregiudizi, nascano da una scarsa conoscenza del mondo del lavoro, dei profondi cambiamenti che lo hanno attraversato negli ultimi venticinque/trenta anni, della precarietà, o addirittura sporadicità che lo caratterizzano, della frammentazione in mille tipologie contrattuali. Il reddito di cittadinanza è una prima risposta (che andrà valutata e migliorata nel tempo) a un mutamento strutturale (non a una crisi episodica e temporanea), frutto anche di tante scelte politiche sbagliate del passato prossimo e remoto.
Antonio Maldera
Alta velocità, è indispensabile quantificare gli svantaggi
Riguardo il Tav, le critiche sono state mosse essenzialmente su due fronti: si dice innanzitutto che perderemmo i finanziamenti dell’Europa e, in secondo luogo, che perderemmo posti di lavoro. Vorrei rispondere a entrambi i punti: innanzitutto, è vero che potremmo dire addio ai finanziamenti europei, ma è vero anche che potremmo risparmiare le migliaia di miliardi di euro a carico dello Stato (cioè di tutti i cittadini) che servirebbero successivamente per ultimare l’opera. E allora, avreste il coraggio di dire ai parenti dei morti del ponte Morandi e di quelli periti sui cavalcavia in questi anni che le spese del Tav, anche a loro carico, sono prioritarie rispetto alla messa in sicurezza dei cavalcavia?? O ai terremotati dei vari sisma che anche loro contribuiscono al Tav, o agli alluvionati puntuali di ogni autunno che devono finanziare il Tav come opera prioritaria, prima di mettere in sicurezza il territorio? O agli avvelenati della terra dei fuochi o delle grotte carsiche usate come discariche che il Tav è prioritario e quindi in quelle zone si può continuare a morire?? O ai tarantini che anche con i loro soldi è più urgente fare il Tav piuttosto che rendere meno inquinante l’acciaieria???
Ma passando al secondo punto: i posti di lavoro persi per non fare il buco sono di gran lunga inferiori a quelli che si creerebbero nello spendere la stessa cifra a vantaggio dei cittadini in opere realmente urgenti. Questo è il motivo principale per cui il Tav va bocciato in quanto i costi finanziari sarebbero tutti sulle spalle dei cittadini, con l’aggiunta di costi sociali che comprometterebbero la loro sicurezza e la loro salute. E i benefici sarebbero solo per i trasportatori delle merci. Questa è l’ottica giusta per valutare i costi e i benefici.
Francesco Degni