“La tempesta emotiva non ci restituirà Olga”

“Olga decise di trasferirsi in Italia vent’anni fa, era una donna piena di vita e coraggiosa, aveva anche adottato una bambina per darle un futuro, pensava di essersi sistemata. Poi è arrivato lui e l’ha sistemata per davvero, e per sempre, al cimitero di Riccione. Questa non è giustizia”.

Nina Pascal vive in Moldavia ed è la sorella di Olga Matei uccisa nel 2016 da un uomo col quale aveva avuto una breve relazione. Un mese e mezzo, poco più, prima di rendersi conto che Michele Castaldo non era il compagno ideale e troncare la storia: “Non ha fatto in tempo nemmeno a raccontarmi di lui, si conoscevano da così poco d’altronde e non avrei mai pensato che qualcuno potesse farle del male. Era troppo buona Olga per credere di aver incontrato un assassino capace di togliere la vita senza alcuna pietà o scrupoli”, racconta.

Per quell’omicidio Castaldo è stato condannato con rito abbreviato a 30 anni, pena ridotta a 16 anni dalla Corte d’assise di appello di Bologna con la ormai nota “sentenza della tempesta emotiva e passionale”. Portato davanti al gup con l’accusa di omicidio aggravato da motivi abbietti o futili (confermate in appello), si è visto riconoscere le attenuanti generiche come la confessione, la volontà di risarcire la figlia di Olga e, appunto, la “soverchiante” tempesta di cui sopra: “Quella sentenza mi ha fatto sentire male, Castaldo deve farsi tutti i 30 anni di carcere stabiliti in primo grado e forse meriterebbe anche di più, il suo è stato un agire in piena coscienza, la voleva ammazzare e basta questa è la verità. Quella bambina è rimasta orfana un’altra volta, pretendo giustizia almeno per lei”.

Contro la decisione della Corte d’assise la Procura generale di Bologna ha annunciato che farà ricorso in Cassazione perché valuti la correttezza dei principi espressi. Non farà ricorso invece la parte civile, come spiega l’avvocata Cecchini: “Non è proprio possibile, non perché i familiari non vogliano una pena congrua, ma perché si interviene per ottenere il risarcimento del danno e questo non è stato toccato dalla sentenza che ha invece riconosciuto la stessa cifra prevista in primo grado. Il ricorso lo farà infatti il pg Ignazio De Francisci perché ci sono dei profili di illegittimità della sentenza che dovranno essere rilevati”. Nina, la sorella di Olga, arriverà in Emilia Romagna la prossima settimana: “So che tutto il paese ne sta parlando e mi aspetto giustizia dall’Italia. La nostra famiglia è rimasta colpita, i miei figli sono arrabbiati, le erano molto legati e le volevano un bene dell’anima, era una brava mamma che voleva rendere felice la sua bambina e adesso non c’è più”. Ieri mattina davanti all’ingresso della Corte d’appello bolognese si è riunita la Rete delle donne al grido di “vergogna, vergogna!”. Le decine di associazioni, come la Casa delle donne e Orlando-Centro delle donne, hanno annunciato che riprenderanno a costituirsi parte civile nei processi per femminicidio e proseguiranno la protesta nel caso la Cassazione non rigetti la sentenza. Venerdì, invece, a Riccione, fiaccolata per ricordare Olga.

Orlandi, il fratello: “Riaprite le indagini e quella tomba”

“Stiamo valutando alcuni nuovi elementi. Poi chiederemo alla Procura di Roma la riapertura dell’indagine sulla scomparsa di Emanuela”.

Pietro Orlandi da 36 anni cerca la verità su uno dei misteri irrisolti d’Italia: la scomparsa di sua sorella che oggi avrebbe quasi 51 anni e della quale si persero le tracce la sera del 22 ottobre 1983.

La ragazza – figlia quindicenne di un ex dipendente della Prefettura della Casa pontificia e quindi cittadina vaticana – quel giorno era uscita dalla scuola di musica. La scomparsa negli anni è stata al centro di un giallo internazionale in cui si sono intrecciate vicende vaticane e criminalità romana, ma anche tante illazioni e depistaggi.

Sono state aperte due indagini penali, entrambe chiuse senza esiti, la prima nel 1997, la seconda nel 2016 quando la Cassazione ha respinto i ricorsi della famiglia Orlandi contro la richiesta di archiviazione della Procura di Roma.

I pm capitolini infatti avevano sottolineato come “gli elementi indiziari emersi hanno trovato alcuni riscontri in ordine al coinvolgimento della Banda della Magliana nella vicenda”, tuttavia “le indagini compiute non hanno permesso di pervenire a un risultato certo”.

Una delusione per Pietro Orlandi che non si è mai arreso. E ora, durante le indagini difensive condotte dall’avvocato della famiglia Laura Sgrò, starebbero emergendo alcuni elementi nuovi che potrebbero riaprire il capitolo giudiziario. “Stiamo valutando questi elementi. Alla fine potremmo ritornare in Procura e chiedere di indagare nuovamente sul caso”, dice al Fatto Pietro Orlandi.

Intanto il fratello di Emanuela attende una risposta dal Vaticano dopo che qualche settimana fa – come rivelato dal Corriere della Sera – tramite il suo legale, ha presentato formale istanza al segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, per riaprire una tomba sospetta nel cimitero teutonico all’interno delle mura vaticane.

Secondo quanto riportato dal Corriere l’estate scorsa una lettera, con allegata la foto della tomba, è stata recapitata alla Sgrò: “Cercate dove indica l’angelo”. Così sono state avviate indagini difensive effettuando verifiche sullo stato dei luoghi e si è scoperto che quella la tomba è stata aperta almeno una volta.

Non solo. “Alcune fonti – è scritto nell’istanza depositata dall’avvocato Sgrò il 25 febbraio scorso – riferiscono che più persone, da anni, sono solite deporre i fiori in segno di pietà nei confronti della Orlandi che lì sarebbe seppellita. Per fugare ogni dubbio sul contenuto, si ritiene opportuno una ricerca negli archivi di ogni documento relativo a tale loculo per individuare chi vi risulti essere stato sepolto. In ogni caso, si chiede l’apertura della tomba alla presenza della sottoscritta, di un rappresentante della famiglia Orlandi e del nostro consulente tecnico affinché possa partecipare alle operazioni con tutte le garanzie necessarie vista la gravità del caso”.

Richiesta arrivata quindi Oltretevere: “Posso confermare che la lettera della famiglia di Emanuela Orlandi è stata ricevuta dal cardinale Pietro Parolin e che verranno ora studiate le richieste rivolte nella lettera”, ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana, Alessandro Gisotti.

“In questi anni – conclude Pietro Orlandi – sono stati troppi i silenzi del Vaticano. Speriamo che questa volta rispondano alle nostre richieste in modo esaustivo. Intanto continuiamo le nostre indagini difensive. Di una cosa sono certo: le inchieste penali, anche la più recente, non dovevano finire in un nulla di fatto, come avvenuto. E noi non ci accontentiamo”.

“Afghanistan: decisioni da prendere solo con gli alleati”

“In Afghanistan è necessario seguire attentamente l’evolversi della situazione, con particolare riguardo agli sviluppi strategici e ai tentativi di dialogo tra i soggetti interessati”. È quanto si legge nel comunicato del Quirinale al termine della riunione del Consiglio supremo di difesa. Il Consiglio ha ribadito che “qualunque decisione nazionale deve essere assunta in pieno coordinamento con gli alleati e con il governo afghano, garantendo comunque la sicurezza degli assetti impiegati in quel Teatro ed i risultati finora conseguiti. Il terrorismo transnazionale continua a costituire una minaccia, sebbene abbia progressivamente perso la sua dimensione territoriale. La trasformazione e l’adattamento delle forme di lotta impongono di mantenere alta l’attenzione e di aggiornare costantemente gli strumenti di contrasto. Il Consiglio ha analizzato i possibili sviluppi di natura strategico-militare in ambito Alleanza Atlantica e Unione Europea e le discendenti implicazioni per il nostro Paese. Le due organizzazioni, garanzia di pace e stabilità, restano il costante riferimento dell’Italia che deve continuare a contribuire ad esse in maniera convinta ed efficace”.

Salviamo Pisa dal ritorno delle bancarelle sotto la torre

C’era una volta la legalità. Una caterva di norme, dalla Costituzione al Codice dei Beni culturali, dai regolamenti applicativi alle circolari ministeriali, prescrivono in modo non equivoco che le aree monumentali più preziose non possono essere deturpate da mercatini, bancarelle e altre presenze improprie, che disturbano la visione e la dignità dei monumenti. Come se non bastasse, a Pisa il bollino Unesco, ovviamente tributato alla celeberrima Piazza dei Miracoli, impone un sovrappiù di attenzione a queste cose, anche perché la Torre pendente è diventata uno dei simboli-chiave dell’Italia, sorpassando in popolarità in molti Paesi (a cominciare dagli Stati Uniti) perfino il Colosseo.

Eppure il sindaco leghista di Pisa, avendolo a quel che pare promesso in campagna elettorale, vuole riportare sulla Piazza la sterminata schiera di bancarelle che fortunatamente ne era stata allontanata pochi anni fa, restituendo la Piazza alla sua dignità e alla sua storia.

Della vicenda ha ben scritto in queste pagine Tomaso Montanari (26 novembre 2018). Un appello contro il ritorno delle bancarelle sotto ogni forma, lanciato dalla giornalista Valeria Caldelli, ha raccolto in pochi giorni 2.200 firme, di pisani e non, e di ogni possibile orientamento politico: un sintomo di civiltà che di questi tempi non può passare inosservato. “Nessuno sentiva la mancanza delle migliaia di piccole torri pendenti di plastica”, scriveva Montanari, ed è ridicolo sostenere che tale paccottiglia, di solito made in China, rappresenti l’artigianato tradizionale, come ha dichiarato un assessore in vena di scherzare.

C’era una volta la città. Ora, a quel che pare, ci sono i “centri commerciali naturali”, a cui alcune regioni (l’Emilia-Romagna nel 1997, il Lazio nel 2006, la Campania nel 2009) hanno dedicato apposite leggi, mentre la Toscana, per non restare indietro, ha pubblicato nel 2010 un Rapporto sull’operatività dei centri commerciali naturali, contandone 150 nel territorio regionale. Documenti da consultare, per chi voglia imparare che per “centro commerciale naturale” s’intende quel che fino a ieri si chiamava “centro storico”, o più semplicemente “città”. “Centro commerciale naturale” è infatti “una locuzione che si è diffusa in Italia dalla fine degli anni novanta con l’obiettivo di denominare con un’espressione più accattivante” il centro storico con la rete dei suoi negozi (così Wikipedia). Dobbiamo dunque pensare che tutto quanto in una città non sia esercizio commerciale è un puro contorno alle attività strettamente economiche. Contorno le case, contorno i corpi e la vita di uomini e donne, contorno le chiese e le cattedrali, contorno le istituzioni, le scuole, le biblioteche, i musei, i teatri, i monumenti, i luoghi della ricerca e della creatività, i tribunali, i parchi e i giardini. Un contorno utile solo per abbellire e rendere più accattivanti i luoghi del commercio, attrarre clienti, stimolare l’economia, aiutare i politici a raccattare voti negoziando favori con associazioni di categoria. Fu dunque a questo scopo che i Pisani del Medio Evo innalzarono la davvero miracolosa Cattedrale, l’insigne Battistero, l’originalissimo Camposanto e lo Spedale di Santa Chiara, e una Torre che sarebbe di prodigiosa bellezza anche se non pendesse?

C’era una volta la dignità. Chissà se il sindaco di Pisa e la sua amministrazione capiranno che togliere per sempre e senza compromessi le bancarelle dalla Piazza dei Miracoli vuol dire salvaguardare la dignità non solo della Piazza e dei suoi ineguagliabili monumenti, ma anche della città e dei cittadini di Pisa: della loro storia e del loro futuro. Vedremo se anche il sindaco e la giunta capiranno che dovrebbero velocemente andare in questa direzione, non solo per rispettare la legalità (ben espressa dal ministero e dalla Soprintendenza), ma anche per la loro stessa dignità morale e civile.

“Coprì gli abusi” Lione, sei mesi per il cardinale Barbarin

L’ombra dell’omertà ha smesso di aleggiare sulla Chiesa: ora anche il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, è stato dichiarato colpevole per mancata denuncia di abusi sessuali su minori. La sentenza (6 mesi di prigione con la condizionale) è stata pronunciata ieri dal tribunale di Lione, e ha comportato la decisione dell’alto prelato di presentare le sue dimissioni dinanzi al Papa. Le vicende che hanno portato alla condanna risalgono agli Anni 70 e 80, quando padre Bernard Preynart avrebbe approfittato di diversi bambini nel corso di campi scout.

A fronte delle accuse delle vittime, Barbarin non ha mai denunciato il prete. Ora il suo legale Jean-Félix Luciani intende continuare la battaglia giudiziaria con un ricorso in appello, sostenendo che la Corte può aver ricevuto “pressioni” attraverso “documentari o film”: il riferimento è al filmGrâce à Dieudel regista Francois Ozon, Orso d’argento alla Berlinale. Tuttavia, la vicenda sferra un colpo duro al Vaticano, soprattutto perchè avviene all’indomani delle denunce contro i cardinali George Pell e Theodore McCarrick , coinvolti anch’essi in scandali per pedofilia.

“Metà Parlamento alle donne per legge”

Niente scuola, uffici chiusi e week-end lungo. È così che la capitale tedesca si prepara per la prima volta a festeggiare l’8 marzo, non solo come festa internazionale delle donne ma anche come neo-festa cittadina del Land di Berlino. Un traguardo? Assolutamente no: “un punto di partenza”, lo definisce la ministra della Famiglia, la socialdemocratica Franziska Giffey. “Questa decisione la trovo molto importante perché dà vento in poppa alla discussione al livello federale”, ha dichiarato alla stampa estera a Berlino.

Da qualche mese infatti è in discussione la proposta di cambiare le legge elettorale in modo da garantire una rappresentanza in Parlamento al cinquanta per cento tra uomini e donne. Si, perché l’attuale percentuale di rappresentanza femminile al Bundestag del 30,9% è considerata ridicolmente bassa per gli standard tedeschi. “Esattamente la quantità di donne che ha il Sudan nel suo Parlamento” aveva commentato con sarcasmo la cancelliera Merkel qualche mese fa, in occasione del centenario del voto alle donne in Germania. La proposta di cambiare la legge elettorale si basa sul principio lapalissiano che se la popolazione è composta da uomini e donne in uguale misura, altrettanto deve valere per la rappresentanza in Parlamento. Sulla proposta Spd c’è convergenza trasversale tra i partiti, a partire dalla presidente della Cdu, Annegret Kramp-Karrenbauer, fino a verdi e Linke. In realtà, una “legge sulla parità” nella composizione delle liste elettorali c’è già: l’ha appena introdotta il parlamento regionale del Brandeburgo a fine gennaio, per la prima volta in Germania. E prevede che per il voto al partito, la lista elettorale sia composta in alternanza da un uomo e una donna. La legge del Land però non entrerà in vigore alle prossime elezioni regionali d’autunno: è stata bloccata da un ricorso alla corte Costituzionale. La questione delle quote, in effetti, solleva da sempre dibattiti infiniti. “Le quote sono importanti ma l’obiettivo deve essere la parità”, ha ricordato Merkel. Servono per modificare uno stato di fatto, come è accaduto con il provvedimento che ha fissato una soglia minima di presenza femminile nei Consigli di sorveglianza delle aziende. “Quando abbiamo introdotto la legge nel 2015 – dice la ministra – c’è stato un macello, si diceva che non c’erano abbastanza donne qualificate. Poi sono state inserite le quote e dal 13% si è passato al 31% in tre anni e mezzo”. La mancanza di donne in posizioni dirigenziali è un dato di fatto anche in Germania ma il vero terreno di confronto futuro sarà la parità di salario, che per la ministra della Famiglia si gioca in gran parte sulla rivalutazione dei lavori “sociali”, legati alla cura, all’assistenza e all’educazione dei bambini.

“Dei 5,7 milioni di persone in Germania che svolgono lavori sociali l’80% sono donne e spesso si tratta dei lavori pagati peggio” dice Giffey. L’essere malpagati ha una ricaduta sociale non da poco: è questo l’ambito dove manca il personale. “La cosiddetta ‘mancanza di personale qualificato’ la risolveremo solo quando valorizzeremo i lavori sociali” dice Giffey. Per questo le trattative sul rinnovo dei contratti nei lavori sociali hanno un’impatto forte sulla condizione delle donne in Germania.

S’agita il “miglio santo”. Prove di forza elettorali tra ebrei e musulmani

Queste pietre bianche levigate dal tempo, dai pellegrini e dai fedeli che le hanno calpestate, che hanno visto passare conquistatori cristiani, arabi e infine ebrei, sono il luogo più sensibile dell’intero Medio Oriente. Il “miglio santo” nella Città Vecchia di Gerusalemme – dove in poche centinaia di metri quadrati si trovano il Santo Sepolcro, la Spianata delle Moschee e il Muro del Pianto – è l’essenza dello scontro per il controllo dei Luoghi santi per le tre grandi religioni monoteiste. Spesso soltanto il suo nome è in grado di accendere gli animi, le dispute e infine lo scontro che diventa politico e religioso allo stesso tempo. Ogni singolo centimetro di questa area è conteso fra le parti. La Old City è una polveriera, dove il minimo incidente può degenerare.

Da due settimane israeliani e palestinesi sono impegnati in un braccio di ferro per stabilire la sorte di un edificio adiacente alla Bab el Rahma – la Porta della Misericordia, l’unica delle 8 porte della Città Vecchia ad essere murata – che affaccia sul versante orientale della Spianata delle Moschee. L’edificio venne chiuso nel 2003 – durante la Seconda intifada – per ordine del tribunale israeliano, ma due settimane fa una folla di fedeli musulmani forzando una cancellata ne ha ripreso possesso. Ne sono nati scontri e incidenti, due importanti Sheikh sono finiti agli arresti insieme ad altre centinaia di palestinesi. Con loro anche membri del Waqf, l’organismo guidato dalla Giordania che è il “custode” dei luoghi santi islamici in Palestina. Da allora un accordo sui luoghi religiosi regola le relazioni fra Giordania e Israele: lo status quo non può essere violato.

I servizi segreti israeliani sono certi che l’irruzione dentro lo stabile della Porta della Misericordia fosse stato pianificato con largo anticipo dal Waqf, che proprio recentemente ha visto crescere il numero dei suoi consiglieri da 11 a 18, con i sette nuovi membri che rappresentano l’Anp nell’organismo. Il cambio nella composizione è troppo insolito per non essere una prova del cambiamento di strategia. Finora la Giordania aveva cercato di evitare lo scontro diretto con Israele per evitare di perdere il controllo del complesso della Spianata.

In questi giorni Israele ha inviato un messaggio alla Giordania, che deve essere coinvolta per evitare una escalation, annunciando che non consentirà a nessun cambio dello status quo sulla Spianata. Ma quale? Quello del 1967 o quello del 2003 quando lo stabile venne chiuso? Con una rara eccezione il tribunale israeliano ha concesso una settimana di tempo al Waqf per sottoporre un nuovo dossier con argomentazioni che possano favorire una revisione del caso (cioè la revoca dello chiusura dello stabile). Ma mercoledì un dirigente dell’Anp e neo-membro del Waqf, Hatem Abdel Qader, ha annunciato che l’istituzione islamica non intende minimamente dialogare con un tribunale israeliano. “Bab el Rahma”, ha spiegato alla stampa palestinese, “resterà aperta, le preghiere continueranno perché il Waqf non riconosce alcuna autorità israeliana sulla Moschea Al Aqsa e le aree ad essa collegate”.

Anche Amman, capitale di un regno moderato e fragile, ha protestato duramente per le misure adottate finora da Israele in questa crisi. Apparentemente quasi tutti gli elementi per una “tempesta perfetta” sono presenti nel cielo sopra Gerusalemme, come insegnano le deprecabili esperienze del passato. La seconda intifada scoppiò nel settembre del 2000 quando il capo dell’opposizione – e futuro primo ministro – Ariel Sharon fece una passeggiata molto pubblicizzata dalla tv sulla Spianata. Poi nel 2015 scoppiò l’intifada Al Aqsa, dopo la visita di un gruppo di parlamentari di destra e ministri del governo. Per questo Benjamin Netanyahu vietò ai deputati di andare sulla Spianata. Ora queste visite – che si svolgono con un forte spiegamento di polizia e esercito – sono riprese con un ritmo che i palestinesi vedono come una provocazione. E nell’estate del 2017 nuovi incidenti. Dopo un attacco terroristico, Israele decise di mettere il metal detector per filtrare gli ingressi, vennero rimossi qualche giorno più tardi dopo le proteste rabbiose dei fedeli musulmani e quelle più diplomatiche della Giordania.

Benjamin Netanyahu, con l’elezioni alle porte il 9 aprile e la seria possibilità di perderle, vorrebbe evitare uno scontro che potrebbe prendere qualsiasi direzione. Ma la paura di apparire debole di fronte ai palestinesi può spingere il governo ad aggravare le tensioni. Da parte palestinese più d’uno vede questa crisi come un’opportunità allettante di mettere Netanyahu in un angolo.

Il Fronte di Gaza ha ripreso a fibrillare, lo Shin Bet avverte che la Cisgiordania è in fermento. Anche l’Anp si sta preparando alla battaglia. La Spianata delle Moschee il venerdì appare il luogo perfetto per iniziare.

Mail Box

 

Non toccate la legge Merlin: è una conquista per le donne

Ci mancava pure la richiesta di riaprire le “Case Chiuse”! Va be’ il cambiamento ma cerchiamo di non annullare le poche leggi giuste che sono state fatte nel corso dei 71 anni della nostra Repubblica. Nel febbraio del 1958 è stata emanata a firma del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi la legge n.75, detta Merlin, dal nome della senatrice socialista che l’aveva proposta. Le “Case Chiuse” si basavano sullo sfruttamento della prostituzione e quindi delle donne, perché a parte la voluta aura un po’ romantica di cui qualche film le ammantava, in realtà le donne erano poco più che schiave, private della loro libertà e della maggior parte dei loro guadagni, per di più schedate dalla polizia, cosa che in pratica rendeva loro quasi impossibile cambiare “mestiere” e sottoposte a periodiche e umilianti visite mediche (mentre i clienti, veri “untori”, ne erano esenti). Da allora i potenziali clienti, le prostitute interessate a un riconoscimento sociale e le casse dello Stato che vorrebbero sostituirsi alle tenutarie delle suddette case, tentano di ripristinarle. Sarà bene riflettere su quello che ciò può significare. La prostituzione non è una libera scelta. Affittare il proprio corpo per soddisfare non il proprio desiderio ma quello dei clienti di sesso maschile non è una questione di morale, tanto meno religiosa, ma di rispetto della persona e di dignità della donna (ma anche dei maschi). I maschi facciano la fatica di conquistarle le donne, senza violentarle o doverle pagare.

Albarosa Raimondi

 

DIRITTO DI REPLICA

Nell’articolo “L’ossessione per le copie digitali: i verbali segreti del Sole 24 Ore” a firma di Nicola Borzi, si sostiene che “giovedì scorso l’ex presidente di Confindustria Luigi Abete si è dimesso dal cda del Sole: vi sedeva da quasi vent’anni. Secondo alcuni, Abete ‘si è opposto fino all’ultimo all’azione di responsabilità che lo vede tra l’altro potenzialmente coinvolto in quanto nel vecchio cda’”. Tale affermazione attribuita ad “alcuni” ma, allo stesso tempo, posta fra virgolette andrebbe – doverosamente – attribuita in maniera chiara a qualcuno, altrimenti si tratta di mere illazioni: un giornalismo corretto ha il dovere professionale ed etico di non riportare semplici illazioni (ovvero non riprendere fake news di siti improbabili che ovviamente non possono meritare alcun riscontro). Preciso quanto segue: a) la mia valutazione sulle eventuali azioni di responsabilità non è quella erroneamente riportata reiteratamente dal Fatto, ma risulta chiaramente dai verbali del CdA che non sono né possono essere nella vostra disponibilità; b) la stessa sarà resa pubblica, non essendo più tenuto alla riservatezza quale consigliere, prima nella sede propria dell’azionista, poi da me direttamente, per chi ne fosse interessato; e) ogni valutazione e conseguente azione in proposito deve essere effettuata a tutela dell’interesse dell’azienda e dagli azionisti, a nulla ciò rilevando le pressanti “aspettative” di soggetti di qualunque genere. Venendo nel merito delle mie dimissioni dal CdA del Sole , a cui partecipo dal 30 ottobre 2007, preciso che sono state presentate, come riportato dal comunicato dello stesso giornale “per la concomitanza di una pluralità di funzioni di amministrazione in varie aziende che non sono più valutate temporalmente compatibili con la funzione di Presidente della Bnl”; ciò a seguito dell’applicazione del time commitment prescritto dalla Bce alle banche europee. Tale decisione, già preannunciata in precedenti riunioni del CdA, si è formalizzata lo scorso 28 febbraio; ciò mi consentirà peraltro nel futuro di evidenziare con totale libertà le fake news (tra cui quelle relative al Sole, azienda quotata) di cui purtroppo risultano piene le rassegne stampa.

Luigi Abete

 

“Dopo una accesissima discussione, Abete, consigliere di lunghissimo corso, che non era d’accordo sull’azione di responsabilità, ha rimesso il mandato nelle mani del presidente Garrone. L’episodio è avvenuto dopo una discussione con l’avvocato Lombardi, consulente in materia per conto della società, che aveva apertamente sostenuto la necessità di procedere” (Lettera43, 28 febbraio). “L’uscita di scena di Abete, che si è ostinatamente opposto fino all’ultimo all’azione di responsabilità, che lo vede tra l’altro potenzialmente coinvolto in quanto amministratore del vecchio Cda, apre nuovi scenari” (Giuseppe Oddo, Business Insider, 28 febbraio). “Secondo voci di Borsa non confermate il passo indietro sarebbe divenuto inevitabile stante il netto disaccordo di Abete all’ipotesi di un’azione di responsabilità contro la precedente gestione, peraltro richiesta anche dai rappresentanti delle redazioni giornalistiche Sole 24 Ore, Radiocor Plus e Radio 24, che potrebbe essere deliberata già dal Cda del prossimo 7 marzo” (Luca Spoldi, Affari Italiani, 3 marzo). Il dottor Abete quando si tratta delle motivazioni delle sue dimissioni da una società quotata parla di fake news, ma non lo si è mai sentito dire nulla nelle assemblee degli azionisti o in cda, di cui possediamo molti verbali, sulla settantina di articoli pubblicati tra il marzo 2013 e il settembre 2016 dal giornale di cui era consigliere in cui venivano costantemente magnificati dati falsi sulla diffusione del Sole paragonati con quelli veri dei concorrenti, molti dei quali quotati in Borsa. Non a caso Consob prepara sanzioni per manipolazione di mercato e la magistratura indaga per ipotesi anche di aggiotaggio informativo. Chiederemo all’avvocato Lombardi, all’ex consigliere Dubini e all’ex ad Del Torchio cos’è successo in alcuni cda “movimentati” del Sole 24 Ore. Così vedremo chi sparge fake news.

N.B.

 

I NOSTRI ERRORI

Contrariamente a quanto ho scritto ieri, il Consiglio scientifico della Galleria dell’Accademia di Firenze si riunisce regolarmente. Il problema è, invece, che si riunisce a ranghi ridotti: Gabriele Finaldi, dimessosi perché divenuto direttore della National Gallery di Londra, non è mai stato sostituito. La Regione Toscana ha indicato al suo posto Claudio Pizzorusso, che non è però mai stato nominato dal Mibac. Me ne scuso con la direttrice del museo, Cecilie Hollberg, e con i lettori.

Tomaso Montanari

8 marzo. Noi lavoratrici del “Fatto” ci uniamo alla giornata di rivendicazione

In Italia una donna su tre tra i 16 e i 70 anni è stata vittima della violenza di un uomo, quasi sette milioni di donne hanno subito violenza fisica e sessuale, ogni anno vengono uccise circa 200 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. 420 mila donne hanno subito molestie e ricatti sessuali sul posto di lavoro. Meno della metà delle donne adulte è impiegata nel mercato del lavoro ufficiale, la discriminazione salariale va dal 20 al 40 per cento a seconda delle professioni, un terzo delle lavoratrici lascia il lavoro a causa della maternità.

Anche quest’anno, il terzo consecutivo, è stato indetto lo sciopero femminista in 70 Paesi del mondo per l’8 marzo, in risposta a tutte le forme di discriminazione e di violenza di genere.

Noi lavoratrici della Società Editoriale Il Fatto per la prima volta aderiamo all’iniziativa, alcune sospendendo per un giorno l’attività lavorativa e altre esprimendo solidarietà pur non partecipando allo sciopero.

L’obiettivo è far capire che senza le donne un lavoro, compreso il nostro, non è lo stesso. Siamo sicure che molti dei nostri colleghi uomini, così come le lettrici e i lettori del Fatto Quotidiano, sono preziosi alleati in questa battaglia.

Perché la giornata di sciopero non sia solo l’unica occasione di confronto, le giornaliste del Fatto si impegnano e si impegneranno affinché quotidianamente il giornale continui a occuparsi di questi temi. E inoltre, per il prossimo mese, dedicheremo a storie di donne due pagine sul giornale del sabato. Per questo, chiediamo alle lettrici e ai lettori di segnalarci i temi a loro cari.

L’8 marzo non è solo oggi, ma tutti i giorni.

Mario Giordano, un corista “Fuori dal coro”

La cosa più sorprendente della striscia preserale di Mario Giordano è il titolo, Fuori dal coro (Rete4, dal lunedì al venerdì). Fuori dal coro? Ma se Giordano è sempre in onda, come quei supermercati aperti 7 giorni su 7, 24 ore su 24, sforna opinioni a getto continuo nel suo studio dove tiene prigioniera Luisella Costamagna, ospite negli studi altrui, in collegamento esterno, in collegamento da casa sua, con il libro da promuovere, senza libro…. Siccome la Tv italiana è il trionfo della fantasia avevano pensato di offrirgli un ulteriore appuntamento quotidiano su Rai1, poi si sono accorti che nell’agenda non aveva più un buco. Insomma, se c’è un personaggio che appartiene all’unico, vero coro di questo Paese, quello degli opinionisti, i forzati della fantapolitica, quello è Mario Giordano. È come se Cannavacciuolo conducesse Fuori dalle pentole, o Rocco Siffredi Frontiere dello spirito. Lui fa lo gnorri, convinto di darla a bere: sono l’amico del popolo, il fustigatore della Casta. Anche se sono di qua dal vetro sono qui accanto a voi, tipo Silvan, e gliele canto indignandomi a prescindere fino alla nausea, come fanno i maestri con gli alunni zucconi. Cari politici, le vostre ricette non hanno funzionato, non hanno funzionato… perché queste sono cose scandalose, cose scandalose… bisogna fare qualcosa, fare qualcosa… non si può andare avanti così, avanti così… Il giorno dopo, rieccolo dalla mattina alla sera dentro il coro a ripetere che è fuori dal coro. Avanti così.