Ci risiamo: le Ferrovie dello Stato hanno bisogno di nuovi macchinisti e per la seconda volta in due anni vanno a pescarli nel luogo dal loro punto di vista più facile: le imprese private, soprattutto quelle del settore merci che poi sono anche le aziende concorrenti. Le quali di conseguenza si sentono danneggiate e sotto l’attacco del gigante ferroviario pubblico, accusato di approfittarsi della sua posizione dominante e sospettato di volere stringere il cappio al loro collo. Le piccole imprese del trasporto merci prese una per una sono meno che moscerini rispetto al colosso statale, ma tutte insieme sono diventate se non proprio una minaccia, quantomeno una spina nel fianco dell’ex monopolista, essendo riuscite nel corso di un quindicennio a occupare metà circa del mercato merci nazionale e quasi il 70 per cento di quello con l’estero.
Imprese come Captrain Italia, SBB Cargo Italia o Interporto Servizi Cargo si sono fatte largo grazie soprattutto alle macroscopiche inefficienze delle Ferrovie statali nel settore delle merci. Tutte insieme, come sistema della quindicina di imprese private, sono cresciute anche l’anno passato nonostante la crisi economica e nonostante abbiano dovuto rimediare alla emorragia di macchinisti causata dalla precedente incursione delle Fs. Rispetto al 2017 hanno prodotto un milione di treni/chilometro in più (che è l’unità di misura del trasporto ferroviario) guadagnando là dove le Ferrovie pubbliche perdono da sempre, avendo accumulato queste ultime in un decennio un rosso di oltre 2 miliardi di euro.
Nel corso del 2018 i macchinisti “rubati” dalle Fs ai privati furono 100, questa volta sono di più, 140 circa. Le selezioni sono iniziate il 5 marzo e proseguiranno per alcuni giorni. Alla fine le Ferrovie pubbliche otterranno quel che vogliono con pochi sforzi e ancor minori spese potendo aggiungere un altro manipolo di prescelti allo sconfinato parco macchinisti di cui dispongono. I macchinisti delle imprese private di solito accettano di buon grado l’offerta Fs. Per una serie di motivi. Il primo è la sicurezza del posto di lavoro che nelle Ferrovie pubbliche è come in cassaforte mentre in quelle private i rischi sono maggiori. Il tipo di lavoro offerto dalle Fs è inoltre ritenuto dai macchinisti meno gravoso, con turnazioni migliori rispetto alle aziende merci private.
Per queste ultime, però, il finale di partita sarà un po’ diverso e più burrascoso. Per loro sarà difficile rimediare in quattro e quattr’otto e senza sostenere ulteriori spese alla perdita improvvisa di 10 o 20 macchinisti ciascuna, che in alcuni casi rappresentano addirittura il 20 per cento di tutto il personale disponibile, lavoratori preparati e formati con mesi di corsi e con i costi relativi.
Normalmente le imprese ferroviarie i macchinisti se li preparano in casa, senza bisogno di andarli a sottrarre ad altri. Le aziende private del settore merci formano dai 350 ai 400 macchinisti ogni anno e di recente anche Trenord, impresa ferroviaria del trasporto regionale in Lombardia partecipata dalle Fs, ha avviato corsi di formazione specifici. Anche Trenitalia delle Ferrovie dello Stato in una nota inviata al Fatto Quotidiano informa che “assume figure non esperte da formare” e precisa che “a breve saranno operativi i macchinisti formati nell’arco del 2018”. Che però evidentemente non sono sufficienti a coprire tutti i buchi che si sono aperti a Trenitalia a causa del fisiologico invecchiamento dei dipendenti. La ripetuta pesca a strascico tra i macchinisti delle imprese private consente a Fs “un più veloce ricambio generazionale”.