Verso Correggio il navigatore ordina di prendere “via Lenin”, anche se non c’è il busto del bolscevico come nella vicina Cavriago. L’autore di Altri libertini è sepolto a Cànolo, poco distante dalla cittadina dov’è nato è cresciuto. Per trovare la lapide bisogna compiere diversi giri del piccolo cimitero senza farsi distrarre dalla passione degli emiliani per i nomi curiosi. Quasi nascosto in un angolo, Pier Vittorio Tondelli sorride sotto la scritta “Nunc dimittis servum tuum, Domine”, il cantico in cui si chiede congedo dalla vita dopo aver conosciuto Cristo. A ridosso del camposanto le ultime foglie cadono da una vite di Lambrusco. Niente eucarestia, ma piuttosto Dioniso tra la Bassa e Berlino.
“Fra lo sberleffo e lo scherno del gruppo, mi diletto a scrivere un interminabile romanzo-inventario dei miti generazionali”, scriveva Tondelli nel 1978 a proposito del libro d’esordio. “In tutta onestà preferirei dedicarmi a una attenta, documentata, precisa e rigorosa pratica erotica. Tanto per unire corpo e anima. Il che successe ai tempi dell’alcol, tenebroso periodo poi sublimato in uno studio, La letteratura dell’alcol, discusso con Umberto Eco”. Il voto di Eco (29) sarà l’unica “macchia” (vinosa) sul libretto di Tondelli: una distesa di 30. Considerava il testo carente dal punto di vista della semiotica, ma lo apprezzava per il resto: se fosse stato direttore di Playboy l’avrebbe persino pubblicato. Il breve autoritratto viene letto nel documentario Lo chiamavamo Vicky di Enza Negroni. Per 50 minuti si parla dell’autore di Camere separate senza mai dire che fosse omosessuale. Come fare un documentario su Kafka senza dire che era ebreo. Se ne duole Sciltian Gastaldi, autore del saggio Tondelli: scrittore totale (Pendragon). “Se Pao Pao, il romanzo in cui Tondelli ‘frocializza’ la caserma, è meravigliosamente camp, Camere separate è il primo romanzo italiano sull’Aids”, mi dice rammaricandosi di non far parte del parterre de rois di invitati alle celebrazioni tondelliane a Correggio e Reggio, nei giorni scorsi, con Belpoliti, Romagnoli, Ligabue e altri. L’evento, ideato da Piergiorgio Paterlini, si intitolava “Tondelli non era invidioso” e fa riferimento alla sua attività di “talent scout”. Tondelli non voleva scoprire o lanciare nessuno e aveva scritto una letteraccia all’Indipendente reo di averlo definito così, ma di fatto il suo ruolo editoriale era un po’ quello: “Eravamo tutti fottuti individualisti. L’unico che voleva fare qualcosa in comune era Tondelli, che ha avuto l’idea del progetto under 25 su cui l’ho preso per il culo anni. Mi sembrava insensata ma aveva ragione lui”, dice Mario Fortunato, intervistato nel bel documentario di Stefano Pistolini Ciao, libertini!, in onda su Sky Arte domani, a trent’anni esatti dalla morte.
Gastaldi ce l’ha poi con Giulio Tondelli che “solo nel 2018” ha donato i libri del fratello alla biblioteca di Correggio tenendo per sé volumi seminali come Frammenti di un discorso amoroso, fitti di annotazioni; e ce l’ha con Fulvio Panzeri, il critico vicino a Cl e legato a Testori, curatore del lascito letterario tondelliano. In nome del riavvicinamento finale alla religione, ha tolto da Altri libertini le bestemmie nell’opera omnia e ostacolato il lavoro di chi non la vedeva come lui negando l’accesso alle carte. Il corpus di Tondelli ostaggio di Cl e bigotterie provinciali varie? Però affascina ascoltare Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, nel documentario di Pistolini: “Aveva una bibbia annotata che poi ho recuperato e la parte che preferiva era quella del profeta Osea”. Osea viene lasciato dalla moglie che si dà al meretricio ma la riscatta e la riprende con sé.
Libro di passaggio tra gli anni di piombo e quelli di plastica, Altri libertini viene processato in un colpo di coda censorio per blasfemia e oscenità. Prima di andare in pensione il “procuratore antisesso” dell’Aquila Bartolomei ordina il sequestro in particolare sulla base di una denuncia. Un documento straordinario da me rinvenuto al tribunale di Mondovì: “Porcodio alle pagine 12, 20, 31, 32, 91, 112, 126, 139, 179; ’codio a pagina 182; diocane alle pagine 25, 26, 31, 32, 33, 140; bruttodio a pagina 27; cazzo di dio a pagina 17” e così via contando parolacce e bestemmie. Tondelli viene difeso da Corrado Costa, avvocato e artista. Al loro rapporto è stato dedicato un convegno dall’Ordine degli avvocati di Reggio, Stile Costa.
Altri libertini vendeva già benissimo prima del processo – e dell’assoluzione – e si può dire che abbia aperto gli anni 80 così come Camere separate e la morte dell’autore per Aids li hanno chiusi, mettendo i sigilli fallimentari a un’epoca “frocia”, creativa e purtroppo avvelenata dalla politica (D’Agostino). Poche cose ce la fanno rimpiangere: tra queste c’è Tondelli, i suoi romanzi ma anche Un weekend postmoderno, diario giornalistico di attraversamento del decennio. Allontaniamoci però dalle suggestioni cimiteriali, per tornare dall’omega all’alfa. Attraverso viuzze e portici si arriva al palazzo in cui lo scrittore è nato, un edificio moderno ma non sgradevole di fronte al quale c’è il tempietto, sulla cui grata si arrampicava da bambino per guardare l’immagine della Madonna. Poi è cresciuto fin troppo e poteva guardare il tetto (a basket, schiacciava con due mani). La progressione gli ha dato la misura del tempo. “Già cos’è l’eternità/ se gli anni Ottanta era tanto tempo fa?”, cantavano gli Üstmamò.