Flop M5S: sinistra, che c’è da gioire?

C’è una gran gioia in giro. È la gioia, irresistibile e forse contagiosa, di chi gode come un riccio erotomane nel vedere il Movimento 5 Stelle nella polvere. Beninteso, è una gioia più che legittima: i 5 Stelle son bravissimi a restare antipatici e ultimamente Di Maio prende lezioni direttamente da Tafazzi. Non è dunque difficile comprendere come, ancor più sui giornaloni e in tivù, editorialisti e opinionisti che han continuato a votare Pd nonostante Renzi, gioiscano adesso tipo Tardelli nell’82 dopo le scoppole grilline in Abruzzo e Sardegna. Ognuno, del resto, esulta come merita e come può. Accontentandosi di quel poco che ha, e soprattutto non ha.

Ciò nonostante, di fronte a queste torcide trasversali para-pidine che traboccano su social e piccolo schermo, e che provengono non tanto dal centrodestra – che fa benissimo a esultare – quanto da ambienti più o meno di sinistra, qualche dubbio viene. Anzi, più di qualche dubbio. Sì, perché a tutti questi pasdaran dell’orgasmo moscio anti-grillino; a tutti questi sinistrorsi e sinistrati; a tutti questi portatori sani di democrazia e perbenismo; ecco, a tutti lor signori andrebbe giusto domandato con impercettibile nettezza: “Ehi, compagne e compagni, si può sapere cosa cazzo avete da esultare così tanto?”.

Per carità, questo governo era già bruttino quando è nato e di giorno in giorno diventa più inguardabile di Calenda in costume. Ma non c’erano alternative, anche perché l’unica (il Pd) si è genialmente chiamata fuori per sgranocchiare popcorn. E adesso? Adesso la Lega non fa una mazza ma cresce e i 5 Stelle qualcosa fanno ma crollano. Un trionfo. E ogni volta che parla un Pillon, un pensiero illuminista muore. Quando il Salvimaio cadrà, piangeranno giusto Toninelli e Sibilia. Quindi sticazzi. C’è solo un piccolissimo problema, e perdonatemi l’inusuale eccesso di realpolitik: una volta caduti questi qua, che almeno qualcosa ogni tanto la indovinano, non avremo come sostituti Pertini e Bordiga. E neanche Enrico Berlinguer: è troppo impegnato a rivoltarsi nella tomba, guardando che schifezza è diventato il suo (un tempo) nobilissimo partito. Non saranno loro i nuovi governanti, nel qual caso sarei il primo a salire sulle barricate e gridare “Venceremos” con Cuperlo e Cacciari. Quelli che verranno dopo saranno quelli che avevamo prima. I Berlusconi, i La Russa, i Gasparri. Ovvero il peggio del peggio. E dunque non si capisce proprio cosa diavolo abbiano da esultare quelli di “sinistra”. Fan benissimo a mostrarsi garruli i cortigiani della Diversamente Lince di Rignano, che pur di tornare al potere (purché non coi 5 Stelle) accetterebbero di tutto. Ma uno zingarettiano cosa diavolo ha da esultare? E un elettore di LeU o Mdp (mai capita la differenza, peraltro)? E un adepto di Potere al Popolo, che su Twitter ha il 97% ma nel mondo reale vale meno di Strinic nel Milan? Tutta questa gente, che ogni giorno ci racconta che i 5 Stelle son morti, ha la vaga percezione che se loro son defunti il (loro) Pd è ben oltre la decomposizione, e nonostante i disastri altrui non cresce neanche a pregare?

Mesi fa, su Repubblica, Michele Serra scrisse che a sinistra c’era gente così folle da odiare così tanto Renzi da esultare per Salvini. Non aveva torto, ma c’è anche il rovescio della medaglia. Ovvero: c’è gente di sinistra che odia così tanto i grillini da preferirgli il peggior centrodestra dai tempi di Leovigildo dei Visigoti. Infatti son lì che straparlano di governo nazifascista, non fan quasi nulla per costruire un’alternativa e operano pure (spero inconsapevolmente) affinché il prossimo esecutivo sia fascistissimo sul serio: accidenti, ma questi scienziati contemporanei son davvero più geniali di una jam session tra Shade, Marco Carta e il Poro Asciugamano!

Che poi, tutti questi insigni politologi, mica l’hanno ancora capita la cosa fondamentale: quelli che son delusi dai 5 Stelle, e son sempre di più, non torneranno al Pd. In primo luogo, perché spesso non l’hanno neanche mai votato. In seconda battuta, perché il loro voto ai 5 Stelle è stato l’ultima possibilità concessa alla politica. Come a dire: “Io vi voto, ma se mi deludete pure voi andate tutti affanculo”. E infatti stanno smettendo di votare.

Chi sta lasciando i 5 Stelle e prima votava a sinistra, al prossimo giro perlopiù si asterrà. Come accaduto in Abruzzo e Sardegna. Dove, infatti, il Pd ha fatto ridere e il centrodestra ha stravinto. Mi duole dirvelo, amiche e amici di sinistra, ma – pur condividendo molte delle vostre paure e istanze – oggi non c’è proprio nulla da esultare. Siamo come sotto scacco. E festeggiare perché a Bonafede succederà Brunetta, se mi consentite l’iperbole brutale, è un po’ come gioire perché sei guarito da un raffreddore ma nel frattempo ti è venuto un ictus.

Mail box

 

“Destra” e “sinistra” scomparse, ma rimane la lotta di classe

Il lungo articolo di Pino Arlacchi sul Fatto del 27 febbraio, getta finalmente un lampo di luce, documentato con fatti e cifre inconfutabili, nella oscurità con cui viene comunicata la vicenda venezuelana e nella palese contraddizione di chi manda “aiuti umanitari” (timeo danaos et dona ferentes!) dopo aver affamato con inaudite sanzioni una nazione che ha tentato, con metodi più che democratici, come Arlacchi sottolinea, di affrancarsi dal gioco delle oligarchie predatorie americane, interne ed esterne. Ma l’articolo è istruttivo anche per ciò che sta accadendo in Italia. È forse possibile che la distinzione “politica” tra la destra e la sinistra tradizionali non esista più, ma non per questo è finita la “lotta tra le classi”: tra quelli che detengono e accumulano la ricchezza e chi non ha di che vivere, sia a livello nazionale che internazionale. Anzi, i primi sono diventati sempre più famelici ed aggressivi ed usano qualsiasi mezzo (altro che democrazia!) per combattere chi tenta, anche timidamente (vedi “i 5 stelle” in Italia), di redistribuire, con i fatti e non con le parole, almeno una briciola di quella ricchezza.

Quindi la compagine grillina si aspetti di tutto dall’“ancien régime”, sia sul piano delle false comunicazione che su quello delle alleanze internazionali, le più innaturali possibili. Si guardi bene inoltre da “quelli che portano doni” alla Salvini, e comprenda che, con alcune leggi, essa si sta “oggettivamente” collocando, in maniera inconsapevole, da una parte precisa di quello scontro tra le classi: la stessa parte che paradossalmente vorrebbe esorcizzare. Quello scontro resta senza quartiere e non ammette “neutralità”, specialmente da chi, avendo il monopolio della ricchezza, alla fin fine detta le regole della formazione delle idee e della loro comunicazione in massima parte. La rivoluzione, o (per dirla in termini “politicamente corretti”) il “cambiamento”, non è purtroppo “un pranzo di gala”, come diceva Mao.

Carlo de Lisio

 

I ripetitori sono pericolosi e la memoria è corta

Tutti i vari comitati e comitatini che un tempo manifestavano contro la presenza sul territorio dei ripetitori per la telefonia mobile, le cui responsabilità hanno accertato la causa di malattie tumorali, si sono dileguati nel nulla. Ora assistiamo solamente al boom della vendita di costosi cellulari e di lunghe code davanti ai negozi in occasione dell’uscita di un nuovo modello.

Michel Giuntini

 

L’assegno aumenta di 7 euro: è una presa in giro?

Sono proprio contento, contentissimo. Solo oggi me ne sono accorto. Rassegnato ormai alla beneficenza forzata a favore dei poveri che aspirano al reddito di cittadinanza, rassegnato a non veder aumentare la mia pensione grazie alla perequazione, ossia all’adeguamento dell’importo con la variazione dell’inflazione; rassegnato a non vedere aumentare la mia modestissima pensione netta di euro 1.248 e qualche centesimo (moglie a carico!), con grande meraviglia, grande gioia ho visto che è aumentata invece di ben 7 euro. Sette euro, lo ripeto in lettere. Stasera pizza con mia moglie per festeggiare. Parleremo della vacanza che con questo aumento potremo fare questa estate. E’ tanto che non andiamo più in vacanza. Oppure converrà acquistare una macchina nuova, che quella vecchia non ne può più? Va bene, dai, c’è tempo per pensarci, intanto, mentre li mettiamo da parte tutti questi soldini in più, ringraziamo questo governo, ringraziamolo di cuore, visto che è così generoso con le pensioncine altrui.

Carmelo Dini

 

Le autonomie regionali restano un problema spinoso

Si è aperto in Parlamento il dibattito sulla richiesta delle Regioni Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, per un rafforzamento delle rispettive autonomie, o per ottenere autonomie differenziate rispetto alle altre Regioni a Statuto ordinario. Insomma, dopo la stagione federalista portata avanti dal leader leghista Umberto Bossi, ai tempi dei governi Berlusconi, e dopo due referendum, di cui uno perso dal centrodestra e uno vinto dal centrosinistra, ecco che si riapre la querelle dell’aumento delle autonomie di alcune Regioni del Nord, le quali ovviamente si lamentano di dare allo Stato più di quanto ricevono. Il problema è serio e va affrontato dal governo con grande cautela e probabilmente rinviandolo a dopo le elezioni europee. E invero una ulteriore classificazione delle Regioni tra quelle differenziate o rafforzate, che porterebbe non solo confusione dei ruoli tra Stato e Regioni, ma anche la rincorsa delle altre Regioni escluse per ottenere lo stesso rafforzamento. Orbene, se si pensa che l’esperimento delle Regioni a Statuto speciale (cioè quelle che hanno ottenuto in passato il massimo dell’autonomia), con la Sicilia in testa, tra sprechi e/o conformismo alle leggi nazionali può considerarsi fallimentare (senza usare un eufemismo), non credo sia il caso di rispolverare la questione federalista che può solo tradursi, in buona sostanza, nel mantenimento delle tasse versate allo Stato nelle casse regionali.

Personalmente, come cittadino siciliano, sarei favorevole non tanto all’estensione del rafforzamento delle autonomie ad altre Regioni, quanto all’abolizione delle Regioni tout court, rafforzando (al limite) le autonomie comunali.

Luigi Ferlazzo Natoli

Sussidi. Perché qualcuno protesta contro l’aumento delle pensioni basse?

Dire che l’aumento delle pensioni assistenziali penalizza i lavoratori, che hanno versato tutti i contributi durante la loro lunga vita lavorativa, è falso, perché a questi lavoratori non viene tolto nemmeno un euro di quello che gli spetta. Possiamo dire piuttosto che questo dimostra la natura dell’animo umano. Come nella parabola di Gesù, dove il padrone della vigna dava la stessa paga a tutti anche se avevano lavorato di meno, per il semplice fatto che quelli erano gli accordi presi. Se io ho quello che mi spetta, per quale ragione soffro se un’altra persona sta bene come me, pur avendo lavorato di meno?
Lettera firmata

Caro lettore, è ammirevole il suo approccio stoico alla vita, purtroppo la politica economica non funziona così. O meglio, funziona così soltanto se viene alimentata da deficit e debito crescenti di anno in anno. Sono gli elettori come lei che in questi decenni hanno guardato con sufficienza e disinteresse alle baby-pensioni, agli aumenti a fine carriera per sfruttare il sistema retributivo e gonfiare gli assegni, alle assunzioni clientelari nella Pubblica amministrazione, ai premi di risultato distribuiti a pioggia. Se io continuo ad avere quel che mi è stato promesso, perché devo preoccuparmi di quanto danno al mio vicino? A parte che un tale distacco di solito dura soltanto finché il vicino guadagna meno di noi e non insidia i nostri privilegi, il suo approccio che possiamo classificare come generoso distacco o egocentrismo irresponsabile trascura un piccolo dettaglio. Qualunque provvedimento di spesa, incluso quello a cui lei sembra fare riferimento (la pensione di cittadinanza) è pagato dalle tasse di noi contribuenti. O, nel caso di Paesi in deficit permanente come l’Italia, dall’emissione di nuovo debito su cui graveranno interessi da pagare che ogni anno ridurranno le risorse a disposizione dello Stato. Morale: i soldi che danno al suo compagno di vendemmia nella vigna del Signore sono, in un’ultima analisi, soldi suoi. O al massimo dei suoi nipoti, via debito pubblico. Dovrebbe quindi essere molto attento a come vengono spesi anche se la questione sembra non riguardarla direttamente. Può essere giusto aumentare la paga anche all’impiegato meno produttivo, se le ragioni dell’equità lo richiedono. Ma se invece è soltanto un privilegio clientelare, le conseguenze saranno, alla lunga, pessime. Le basta guardarsi intorno per capire perché.
Stefano Feltri

Eredità Alberto Sordi, assolti gli imputati: “Nessun raggiro”

Il pianoordito da notai, avvocati, autisti e domestici per impossessarsi dell’intero patrimonio di Aurelia Sordi non è mai esistito: assolti l’autista Arturo Artadi, il notaio Gabriele Sciumbata, gli avvocati Francesca Piccolella e Carlo Farina e i quattro domestici della signorina Aurelia. “Il fatto non sussiste”. Erano accusati di aver aggirato la sorella di Alberto Sordi, scomparsa nel novembre 2014 all’età di 97 anni. Sola, ricca e famosa, per i pubblici ministeri quella donna non avrebbe avuto gli strumenti per difendersi dall’aggressione patrimoniale messa in atto dalle uniche persone che le stavano intorno. Così aveva acconsentito alla donazione al personale di servizio di 2,3 milioni di euro, che secondo gli inquirenti costituiva una sorta di “prova generale” del successivo raggiro. Poco dopo infatti Artadi, autista storico di Sordi, avrebbe ottenuto la procura speciale che gli avrebbe consentito di poter usufruire dell’immenso patrimonio della donna. Secondo l’accusa vi erano tutti i sintomi di una “demenza degenerativa” di cui avrebbero approfittato gli imputati. Ma il tribunale ha sconfessato questa tesi.

“Come un branco di animali”: arrestati 5 ragazzi per lo stupro di gruppo di una sedicenne

“come un branco di animali”. Sono queste le parole utilizzate dal giudice per le indagini preliminari per descrivere quanto successo nel Canturino, in provincia di Como, lo scorso luglio. Gli animali sono cinque ragazzi tra i 17 e i 19 anni, tre di origine albanese, due marocchina, accusati di concorso in violenza sessuale di gruppo, lesioni, sequestro di persona, figli di famiglie che gli investigatori definiscono “normali”, in assenza di situazioni particolarmente degradate, studenti (anche se di fatto pare non frequentassero le scuole). La preda è una ragazza di 16 anni, chiusa in casa per tre ore e stuprata selvaggiamente.

Le ordinanze di custodia cautelare, tre firmate dal gip di Como, due dal gip del Tribunale dei Minori di Milano, sono state eseguite ieri mattina. L’episodio risale allo scorso 14 luglio: i ragazzi, amici fra loro, un paio di precedenti per droga, avevano invitato quattro minorenni a trascorrere il pomeriggio con loro. Ragazze conosciute per le frequentazioni scolastiche o dei luoghi di ritrovo del centro città. Avevano bevuto e assunto droghe, poi all’arrivo delle ragazze era scattata quella che gli inquirenti definiscono “dinamica da branco.” Le ragazze vengono chiuse in una stanza e minacciate di venir buttate giù da una finestra, se avessero osato chiedere aiuto. Quindi il gruppo si accanisce in particolare contro una di loro, sedicenne, che viene presa di mira, spostata nei vari locali dell’appartamento, presa a morsi quando tenta di difendersi. Passano alcuni giorni prima che una segnalazione arrivi ai carabinieri di Rebbio, popoloso quartiere alla periferia di Como. L’indagine preliminare si sdoppia tra Procura di Como e Procura minorile, e porta alle richieste di ordinanze di custodia cautelare: ieri sono finiti tutti in carcere. I due minorenni sono anche accusati di spaccio, per avere detenuto e offerto alle ragazze della marijuana.

Baraccopoli di San Ferdinando: mercoledì le ruspe, ma nel ghetto vivono ancora 2 mila persone

Il rischio di disordini è alto nella tendopoli di San Ferdinando. Il ricordo della rivolta di Rosarno del 2010 non poteva non riaffiorare quando ieri la polizia e alcuni mediatori culturali sono passati baracca per baracca per notificare l’ordinanza di sgombero firmata dal sindaco Andrea Tripodi. Tradotto in francese, inglese e arabo, il provvedimento (che può essere appellato al Tar) parla di uno sgombero finalizzato “alla bonifica e alla demolizione di quanto intorno alla tendopoli è stato abusivamente realizzato”.

Dopo i trasferimenti volontari negli ex Sprar e nei Cas per i pochi migranti che avevano i requisiti, stando a quanto sarebbe stato riferito, le ruspe entreranno in azione mercoledì prossimo. Il tutto senza che nessuno abbia spiegato dove andranno i quasi 2 mila lavoratori stagionali che vivono all’interno del ghetto.

Proprio perché non c’era un’alternativa, fino a ieri non aveva avuto seguito il tweet del ministro dell’Interno Matteo Salvini che dopo la morte di Moussa Ba nell’incendio del 16 febbraio, via social ordinava lo sgombero della baraccopoli. D’altronde, una settimana dopo quel tweet, da ambienti istituzionali era trapelato che da Roma non era arrivato nessun input per un’azione di forza. Qualcosa nelle ultime ore evidentemente è cambiato e fonti del Viminale sostengono che a ogni extracomunitario regolare sarà assicurata una sistemazione nei circuiti ufficiali dell’accoglienza e tra questi anche i Cara. Con la sua ordinanza, il sindaco ha ricostruito le criticità di una “baraccopoli edificata e popolata abusivamente” dove “negli ultimi 14 mesi si sono ripetuti gravi incendi, di natura dolosa o più probabilmente causati da stufe e accessori di fortuna utilizzati per riscaldarsi, che hanno causato la morte di tre ospiti”.

“Non siamo contrari allo sgombero – commenta Abdel Ilah El Afia della Flai-Cgil – ma chiediamo che a questi ragazzi venga data un’alternativa per arrivare a fine stagione. Parecchi di loro stanno lavorando nelle campagne”.

Addio ad Augusta Schiera, mamma dell’agente Agostino ucciso in un agguato nell’89

Aveva un sorriso triste e una volontà caparbia di arrivare alla verità. La mattina del 5 agosto 1989 due killer in moto le avevano strappato suo figlio Nino, la nuora e il nipotino che portava in grembo: a 80 anni appena compiuti se n’è andata Augusta Schiera, la mamma dell’agente Agostino, ucciso a Palermo due mesi dopo il fallito attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone e un mese dopo il suo matrimonio. “La sua felicità è durata un mese e 4 giorni”, diceva sempre di suo figlio, stritolato da un mistero di Stato segnato da depistaggi ancora irrisolti. Nella camera ardente Falcone confidò al commissario di polizia, Saverio Montalbano: “Quest’omicidio è stato fatto contro di me e contro di voi”.

Volto dolente, mai silenzioso, Augusta non ha smesso di chiedere verità e giustizia, partecipando, fino a quando non si è ammalata, a convegni e manifestazioni, promuovendo la cultura della legalità sempre accanto al marito Vincenzo, con la sua barba bianca che cresce da 30 anni e che lui dall’omicidio non ha più tagliato, simbolo della verità negata. E ripetendo che “la verità è dentro lo Stato”. E anche lei, come sottolinea il presidente della commissione regionale antimafia Claudio Fava, era diventata “un simbolo cui dobbiamo molto”: non si è mai arresa, né rassegnata, e ogni volta che ha preso un microfono lo ha fatto per ribadire la sua fiducia nella giustizia e nei magistrati che hanno riaperto il caso e che, oggi, forse, sono ancora più vicini a una svolta. Lei stessa non si è limitata a gridare la voglia di verità delegando la ricerca: “Abbiamo preso i 26 faldoni del processo – disse a Firenze nel 2014 durante un incontro – e li stiamo leggendo: ora si riapre il caso. Finché avrò un filo di vita continuerò a lottare per avere giustizia”. I funerali sono previsti domattina nella cattedrale di Palermo, il sindaco Leoluca Orlando ha disposto la presenza del Gonfalone della città.

Tradita dalla Lega (e mollata dal M5S): Appendino perde le finali di tennis

Come un doppio fallo sul match point: Torino perde le Atp Finals di tennis, il prestigioso torneo fra gli 8 migliori giocatori al mondo di tennis, proprio quando sembrava in grado di aggiudicarsele. Mancano i soldi: servivano circa 80 milioni di euro di garanzie statali e il governo non le ha firmate. Non è bastata neanche la proroga di due settimane che la FederTennis era riuscita a strappare: ieri è scaduto il termine e la federazione non ha potuto far altro che mettere nero su bianco l’assenza della fidejussione. Una lettera che sa tanto di rinuncia. E di sconfitta per Chiara Appendino, tradita dalla Lega ma in parte mollata pure dal suo M5S che forse non ha creduto fino in fondo nel progetto.

I buoni auspici sembravano esserci tutti: una città moderna, un piano ambizioso, anche il sostegno del governo visto che i 5 stelle inizialmente erano entusiasti dell’evento, fondamentale per dimenticare la beffa dell’esclusione di Torino dalle Olimpiadi 2026 e rilanciare il consenso di Appendino. Invece proprio politico è stato il problema: il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, che ha in mano la delega allo sport, non ha firmato le garanzie. Prima ha preso tempo, poi ha accampato scuse di natura finanziaria, quindi di tipo legislativo (su quale fosse il provvedimento più adatto).

Tutti validi pretesti per non appoggiare un evento che avrebbe portato tanti vantaggi al Movimento, nessuno alla Lega. E i leghisti di dare una mano agli alleati/rivali in un momento così delicato non avevano alcuna intenzione. Non senza avere nulla in cambio, almeno. Ad esempio con un bel finanziamento pubblico ai Giochi di Milano-Cortina (che si sono candidate promettendo di autofinanziarsi) i soldi per il tennis sarebbero saltati fuori. Ma il Movimento non ha voluto cedere su una delle sue battaglie storiche (“niente sprechi olimpici”). Men che meno sul Tav, altro mega-progetto che passa da quelle parti, sta molto a cuore a Matteo Salvini e invece il contratto di governo prevede di “ridiscutere integralmente”. La Lega ha rilanciato con un ddl ad hoc da approvare in parlamento: proposta tardiva (ci sarebbero voluti mesi, mentre l’assegnazione è a marzo), che puzzava di “trappola”; così i 5 stelle avrebbero dovuto esporsi direttamente con un voto politico, dopo essersi schierati in passato quasi sempre contro i grandi eventi sportivi (come la Ryder Cup di golf).

Insomma, la Lega ha fissato un prezzo alto e il Movimento ha deciso di non pagarlo. Non per il tennis, non per Torino e tantomeno per Chiara Appendino: anche perché ultimamente i rapporti con Luigi Di Maio si sono molto raffreddati, dopo la lettera che la sindaca ha scritto al Fatto sul caso Diciotti, per cui è stata anche ripresa nell’assemblea interna dopo la votazione . Così anche l’ultima chance della proroga è sfumata: proprio a cavallo della scadenza e dei giorni decisivi, Giorgetti è partito per gli Usa, abbandonando il dossier sul tavolo di Palazzo Chigi. Il modo più semplice per testimoniare il disinteresse del governo e far morire la candidatura. Restano in corsa Tokyo e Londra, organizzatrice uscente e favorita per mantenere la competizione.

Inchiesta Mose, i grandi accusatori patteggiano 2 anni

I grandi accusatori della vicenda Mose, tra i quali Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo, indagati a loro volta principalmente per corruzione, hanno patteggiato oggi la pena concordata con i pm Stefano Buccini e Stefano Ancillotto davanti al Gup Gilberto Stigliano. Gli indagati, in una prima fase dell’inchiesta avevano raccontato il sistema di tangenti che ruotava attorno al Mose. Da lì era nata l’operazione che aveva portato nell’estate 2014 all’arresto di 35 persone, tra cui l’ex governatore Galan, l’ex assessore regionale Renato Chisso, l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. A loro volta poi indagati, ieri hanno patteggiato Piergiorgio Baita (ex Amministratore delegato della Mantovani), Claudia Minutillo (imprenditrice, ex segretaria di Giancarlo Galan), Mirco Voltazza, Nicolò Buson e Pio Savioli. I primi tre, che dovevano rispondere di corruzione e frode fiscale, hanno chiuso la vicenda giudiziaria con 2 anni, gli altri con 1 anno e 8 mesi. Per tutti pena sospesa. Il giudice ha disposto anche confische complessive per circa 24 milioni, la maggior parte a carico di Baita e Buson.

Dall’Isis all’anarchia, il 2018 dell’Intelligence

Jihadismo, immigrazione, vitalità dei gruppi anarco-insurrezionalisti. Se l’anno scorso la priorità comunicativa dell’Intelligence – perché l’impegno resta lo stesso – sembrava essere la cybersecurity, questa volta la relazione annuale si è concentrata sulle minacce legate all’instabilità geopolitica e alla dialettica politica. “La minaccia jihadista non può considerarsi esaurita – ha detto ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha la delega all’intelligence e che ha presieduto la presentazione – .La minaccia è tutt’altro che sconfitta”, E nonostante i passi avanti, non c’è “ancora rischio zero”.

Jihad. Sebbene sia a lungo apparsa in regressione in ambito europeo – si legge nella relazione – la minaccia jihadista è rimasta all’attenzione dell’intelligence”. Una mappatura del fenomeno dalla geografia “tanto vasta quanto articolata”, una “jihad globale” che può reagire “ai rovesci sul terreno con rapidi aggiustamenti tattici” e “sopperire all’indebolimento della centrale di comando e controllo con l’attivazione, anche in via autonoma, delle propaggini regionali”. In Europa si manifesta nelle azioni di “lupi solitari” ed estremisti “in cerca di autore”, nel “persistere di warning su progettualità terroristiche riferibili sia a cellule dormienti sia a nuclei di operativi appositamente instradati verso il Vecchio Continente”. In Italia si contano 138 foreign fighters, il web si conferma il luogo preferito di propaganda e proselitismo mentre ci si concentra sempre più sul fenomeno dei “radicalizzati in casa” che potrebbe sfociare in violenza.

immigrazione. Nel 2018, gli arrivi via mare sono diminuiti dell’80%”. Particolare attenzione, come su indicazioni del governo, è stata rivolta alla “sponda Sud del Mediterraneo” e alla Libia dove l’intelligence si è concentrata sugli “aspetti strutturali e di contesto in grado di innescare nuove ondate migratorie” e sul rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi. Gli “sbarchi occulti” restano “sporadici e non strutturali” mentre è chiaro il coinvolgimento di organizzazioni e reti criminali, “un attivismo che interessa tutte le fasi del business”. Soprattutto sulla rotta libica dove c’è una “persistente operatività di strutturati sodalizi delinquenziali capaci di adattarsi agli sviluppi sul terreno”.

Eversione. Sul versante dell’eversione interna, gli 007 hanno rilevato una crescente radicalizzazione dell’anarcoinsurrezionalismo “capace di tradurre in chiave offensiva gli appelli istigatori della propaganda d’area”. Strategico anche il coinvolgimento nelle mobilitazioni della popolazione straniera. Attivi anche i movimenti dell’ultradestra che dimostra “pronunciata vitalità” e che “ha riproposto le sue consolidate linee di tendenza: competizioni ‘egemoniche’ e fluidità di rapporti, interesse ad accreditarsi sulla scena politica mantenendo uno stretto ancoraggio alla ‘base’, propensione ad intensificare le relazioni con omologhe formazioni estere”.

Cyber.Nella approfondita relazione, che ha un focus anche sul contrasto allo spionaggio digitale, un dato sembra avere particolare rilevanza: il numero degli attacchi cybernetici nel 2018 si è quintuplicato. Un numero, si spiega nella relazione, che deriva anche dall’aver sviluppato maggiori capacità di rilevamento e classificazione, in modo da avere anche una mappatura più precisa dello scenario. I target sono prevalentemente sistemi informatici di pubbliche amministrazioni centrali e locali (72%) mentre gli attacchi riconducibili prevalentemente agli hacktivisti (Anonymous Italia, LulzSec Ita e AntiSec Ita).