Nessun testa a testa, gli exit poll hanno toppato un’altra volta. La Sardegna la vince il centrodestra, e pure a mani basse. Lo spoglio delle schede – che è cominciato ieri mattina alle 7 e che quando siamo andati in stampa era ancora incompleto per un centinaio di sezioni su 1800 – ha raccontato tutta un’altra storia rispetto a quella di domenica sera: Christian Solinas è governatore dell’isola con il 48 per cento dei voti, lo sfidante di centrosinistra Massimo Zedda è fermo al 33.
Solinas, dunque, porta a casa un vantaggio di quasi 15 punti. E vanno ancora meglio le liste del centrodestra che lo sostenevano: toccano quota 52. Dentro, la fa da padrona la Lega, che sfiora l’11,5 per cento e tira la volata al Partito sardo d’Azione, di cui è segretario lo stesso Solinas.
Il patto di ferro tra i due era stato siglato alle elezioni nazionali del 4 marzo: il neo governatore della Sardegna è stato eletto al Senato nelle liste della Lega e adesso entra nel palazzo della Regione anche grazie alla campagna elettorale che Matteo Salvini ha fisicamente condotto per lui.
A dirla tutta, il rapporto tra le energie spese dal ministro dell’Interno e il risultato finale, non è un trionfo: è vero che il Carroccio è al suo esordio alle Amministrative isolane – alla tornata del 2014 non si era presentato – ma è altrettanto evidente che i 75 mila voti conquistati nelle urne l’altro ieri sono quasi 20 mila in meno rispetto a quelli dell’anno scorso. Lui, Salvini, la mette così: “Ricordo solo che l’anno scorso prendemmo insieme al Partito sardo d’azione l’11 per cento, oggi insieme prendiamo il 22”.
La non autosufficienza e il messaggio a Di Maio
Il centrodestra vince grazie agli azionisti sardi che segnano un risultato storico, il 9,8 per cento, il doppio di cinque anni fa. Forza Italia perde più della metà dei consensi: passa da 126 mila voti del 2014 a poco più di 50 mila. Ma Silvio Berlusconi, ieri, ha avuto buon dire nel sostenere che “Salvini non è autosufficiente”. All’elezione di Solinas contribuiscono i 30 mila voti di Fratelli d’Italia, che ne prende 10 mila in più delle ultime regionali, e un discreto elenco di liste (in totale erano 11) che raccolgono complessivamente altri 120 mila voti.
Anche se non trionfa, Salvini gode. E ieri, raccontando di uno scambio di sms con Luigi Di Maio, ostentava superiorità: “Non c’è mica bisogno che lo conforti io…”, rispondeva a chi voleva sapere se i due si fossero sentiti al telefono.
Eppure, di consolazione, il leader dei Cinque Stelle ne ha bisogno. Lungi dall’essere primo partito, come erroneamente gli exit poll gli avevano fatto credere, il Movimento si ferma addirittura qualche decimale sotto al 10 per cento, al 9.7. Poco consola il fatto che non si possa fare il confronto con le Regionali di 5 anni fa, quando Beppe Grillo non concesse a nessuna lista l’uso del simbolo M5S. Alle Politiche del marzo scorso, quasi un elettore sardo su due aveva dato fiducia ai grillini. Adesso il Movimento è praticamente sparito. Il confronto in numeri assoluti è devastante: 370 mila gli elettori di un anno fa, 63 mila quelli di oggi. Qualcosa in più va al bibliotecario di Cagliari, Francesco Desogus, che i Cinque Stelle hanno candidato presidente: 79 mila i voti sul suo nome.
Nemmeno la tesi dell’astensionismo regge: stavolta l’affluenza alle urne è stata del 53,7 per cento, hanno votato solo 15 mila persone in più rispetto alle scorse Regionali, quando gli elettori grillini erano teoricamente rimasti a casa. Rispetto alle Politiche, invece, c’è un calo di 100 mila votanti: ma nemmeno in questo caso si può dare la colpa alla disaffezione, visto che di voti, i Cinque Stelle, ne hanno persi quasi tre volte tanti.
Il Pd dimezzato e l’ala sinistra che cresce
Calo significativo anche per il Pd, che ha governato la Regione fino a ieri con Francesco Pigliaru. In termini assoluti, l’area del centrosinistra perde quasi 100 mila voti dalle regionali del 2014. Il grosso delle uscite è tra i democratici, che dimezzano i consensi di cinque anni fa, da 150 mila a 88 (il trend in discesa era cominciato con i 128 mila voti delle Politiche). In controtendenza l’area sinistra della coalizione, che poi è quella da cui proviene Massimo Zedda: Liberi e Uguali è al 4 per cento, Campo Progressista sopra il 3. Un bacino che supera i 45 mila voti, un po’ più su rispetto ai 35 mila raccolti da Sel nel 2014 (allora però Michela Murgia da sola ne prese 76 mila) e ai 27 mila del 2008. Zedda comunque vince a Cagliari, la città di cui è sindaco: prende il 44 per cento dei voti, contro il 40 di Solinas. Motivo per cui, ragiona, può restare al governo dell’amministrazione.