Jiro Taniguchi è venerato come il maestro manga più amato dagli occidentali soprattutto per la sua produzione della maturità, che ora, a due anni dalla sua morte, Panini Comics sta ristampando: storie raffinate, dove succede poco o pochissimo, stati d’animo riassunti in un solo segno, in una minuscola differenza tra una vignetta e l’altra. Ne L’uomo che cammina si vede, appunto, soltanto un uomo che cammina, Gourmet è una lunga successione di manicaretti (certo, oggi con Instagram non sembra una gran novità). Pare quasi impossibile che si tratti dello stesso disegnatore che nel 1985 pubblicava Enemico, una serie che solo ora arriva in Italia per Rizzoli Lizard, su testi del collettivo di sceneggiatori M.A.T. Invece di atmosfere rarefatte e vignette candide ci sono combattimenti, sparatorie, torture, inseguimenti nella foresta. Il detective privato Kenichi viene reclutato per scoprire cosa è successo al fratello Yûji, che guida la multinazionale di famiglia, Seshimo. Come accadeva allora spesso nei fumetti americani, l’ambientazione è di fantasia (lo Stato di “Nasencio”) ma dovrebbe evocare quelle situazioni di colpi di Stato, dittature militari e indicibili affari privati che erano la norma negli anni Settanta-Ottanta. Lo sviluppo della trama ha la credibilità di un film di Rambo o di uno con Charles Bronson, c’è perfino il cane da compagnia che si scopre feroce animale da combattimento e la segretaria che in realtà è una guerrigliera. Ma nell’insieme Enemigo si apprezza per due ragioni: per leggere un Taniguchi così diverso da quello più conosciuto e perché rivela quanta ibridazione ci fosse già trent’anni fa tra l’immaginario occidentale, anzi, strettamente americano, e quello orientale.