“Un errore votare 5 Stelle”. “Sbagliate voi, governano”

La posizione del Fatto Quotidiano sulla decisione dei 5Stelle di salvare Salvini dal processo Diciotti sta suscitando un vivace dibattito fra i nostri lettori. Lo dimostrano le centinaia di lettere ed email che stiamo ricevendo sull’argomento. E non soltanto dagli elettori dei 5Stelle. Alcuni la pensano come noi, altri sono disorientati, altri ancora dissentono dalla nostra linea condividendo quella del M5S. Perciò, come spesso facciamo, pubblichiamo le lettere più interessanti di tutti gli orientamenti (alcune precedenti, altre successive al voto di lunedì). Siamo una grande e libera comunità, con buona pace di chi tenta da 10 anni di affibbiarci etichette e padroni. Ed è bello discutere insieme di questioni di principio come quella alla base del “caso Diciotti”: fino a che punto una scelta di governo può essere penalmente insindacabile? Noi abbiamo detto la nostra: l’accusa di sequestro di persona è molto debole e controversa (ha diviso persino la Procura e il Tribunale del Riesame di Catania); ma, non ricorrendo quell’“interesse pubblico preminente” o “costituzionalmente rilevante” previsto dalla legge costituzionale sui reati ministeriali, era bene che a stabilire la liceità o meno di quell’atto fosse il Tribunale, e non la maggioranza parlamentare allargata per l’occasione a FI. Ora a voi la parola.
Marco Travaglio

 

Ascoltare gli elettori, non i (pochi) iscritti

Carissimo Travaglio,

la speranza che il M5S non solo votasse sì al processo a Salvini, ma non consultasse neppure la sua base, fatta di appena 50.000 iscritti, è stata rapidamente sacrificata al senso di responsabilità verso il Paese (sigh). Ci prendono pure per il culo! M5S ha avuto il mio voto da subito e, speravo, lo avrebbe avuto per sempre. Sbagliavo. Non sono come gli altri, non lo saranno mai e saranno certamente i meno peggio, come Lei ha scritto, ma devono ascoltare non solo i loro iscritti (pochi), bensì i loro elettori (moltissimi), che come per incanto sono certamente crollati dal 4 marzo a oggi. Dovranno fare i conti con il loro agire e lo faranno certamente, quando, me lo auguro, alle prossime Politiche scenderanno a un 15%. (…) Non ci resta che il Fatto Quotidiano su cui contare per obiettività e indipendenza. Per favore non deludeteci.

S. Aulizio

 

Non fermate il cambiamento

Caro Travaglio, e non solo come incipit di missiva, mi sei davvero caro, per un milione di motivi: ti seguo da sempre, ti apprezzo come nessuno, ti ho visto in incontri pubblici vari (ecco il confidenziale tu, anche se non ti ho mai salutato di persona) eppure, dopo gli editoriali del 19 e del 20 non riesco a capire e ti chiedo chiarimenti. Tu che dici: “Che cos’è in fondo il M. 5 Stelle, se non l’ennesimo o forse l’ultimo tentativo della gente perbene (…) di reagire all’illegalità dilagante e strafottente?(…) per non rivedere mai più certe facce e non arrendersi al cinismo della “politica sangue e merda” e del “cambiare non si può”, come puoi essere disposto a sacrificarlo per una presunta prova del nove (in realtà un amo gettato ad hoc) per far abboccare, in nome di un presunto “principio”, quei 5 stelle tiepidi e vacillanti che hanno sposato la tua posizione in proposito? Il principio, in questa circostanza, è servito a chi si oppone strategicamente a questo governo, da quando è nato! E sappiamo bene che non è stato il M. 5 Stelle a scegliersi il partner! Lasciarli dunque lavorare, per quanto possibile, sarebbe stata l’unica cosa da augurarsi, altrimenti vuol dire che anche a te sta bene, in definitiva, “il cambiare non si può” e non lo credo affatto!

Tina Montemurro

 

Se i 5 Stelle sono il meno peggio lo siete anche voi

“Cara Laura, potevano aspirare a diventare il meglio. Finiranno per diventare il meno peggio”. Questo concetto espresso da Marco Travaglio e diretto al M5S e in particolare a Luigi Di Maio lo trovo ingiusto e cattivo. Anche io speravo che F.Q. poteva aspirare a diventare il meglio e invece devo accontentarmi che divenga il meno peggio dei giornali.

Michele Lenti

 

Deluso, non li ho scelti neanche in Abruzzo

Carissimo direttore, ho letto il Suo articolo sul voto espresso sulla piattaforma Rousseau. Sono perfettamente d’accordo. Il movimento 5 Stelle ha scavato la propria fossa. Il 4 marzo alle elezioni politiche ho votato per il movimento sopra indicato, ma alle recenti votazioni nella mia regione Abruzzo, vivo a Pescara, non mi sono comportato come il 4 marzo perché temevo ciò che è avvenuto e cioè la non autorizzazione a procedere nei confronti del ministro M. Salvini. Per quanto riguarda il Reddito di Cittadinanza e la Quota Cento, reputo che siano misure moralmente giuste, contesto soltanto che siano state finanziate in deficit mentre potevano essere sovvenzionate recuperando la grande e vergognosa evasione fiscale.

Antonio Ammirati

 

Il vaccino al virus saranno le elezioni

Ha perfettamente ragione il direttore, in meno di un anno, un virus ha infettato i 5stelle ma contro i virus esistono i vaccini che si chiamano elezioni. Presto Salvini passerà all’incasso e allora noi delusi e incazzati elettori 5stelle un bel vaffa scriveremo nell’urna.

Ivan Garini

 

Ho votato sì, ma il voto si rispetta

Voglio esprimere il mio disappunto per il suo editoriale odierno, in particolare in cui Lei mette in risalto che il virus del berlusconismo ha infettato un po’ tutto il mondo M5S. Anche io ho votato per il sì all’autorizzazione, ma in democrazia bisogna accettare il risultato finale emerso e rispettare quanto gli iscritti a Rousseau hanno espresso. Voglio, anzi, manifestare gratitudine per aver permesso agli iscritti di potersi esprimere. Anche Lei, nel corso degli ultimi mesi ha apprezzato un cambiamento nel Movimento nell’accettare candidature dalla società civile, la probabile alleanza con altre liste civiche ed incarichi governativi a personalità che provengono da esperienze diverse. Anche il reato di abuso di ufficio sarebbe corretto distinguerlo da chi piazza un proprio parente/amico, da chi invece viene attaccato dalle opposizioni per mero opportunismo politico. Qui nessuno ha rubato, intascato tangenti o favorito qualcuno. Il M5S si sta adeguando certamente, ma questo non significa che rinneghiamo i valori essenziali per cui è stato creato e le nostre cinque stelle sono ancora la nostra stella polare da seguire. il nostro gruppo dirigente è stato l’unico a non voler interloquire con B. e di questo bisogna darne atto, non vedo come Di Maio e gli altri Ministri stiano mercanteggiando le loro poltrone. Non saremo più i duri e puri come dieci anni fa, ma l’atteggiamento degli iscritti e del gruppo dirigente non sta assolutamente rinnegando quanto Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno predicato sin dall’inizio. Sembra che talvolta Lei ed, in particolare i suoi collaboratori del Fatto, specialmente in tv, esageriate nel criticare il M5S per dimostrare all’opinione pubblica che non siete il quotidiano di riferimento di questi innominabili “grillini”.

Andrea Caneva

 

Pubblicate gli articoli 68 e 96 della Carta

Caro direttore, perché non pubblicate i 2 articoli della Costituzione, il 68 e il 96 mi pare, tirati in ballo a proposito e sproposito in questo bailamme di parole sul processare Salvini per la Diciotti? Magari con la disamina fatta da Di Pietro a Coffee Break su La7: molto chiara ancorché tecnico giuridica, fatta dal simbolo di Mani pulite, persona al di sopra di ogni sospetto (di piaggerie di parte) con il dono della semplicità nel parlare.

Anch’io avrei preferito che Salvini fosse sentito dal giudice (e probabilmente “assolto”) proprio per non essere – e apparire – un privilegiato extra lege, ma dopo la spiega di Di Pietro credo che non ci sia nulla da obiettare a chi ha ritenuto di non sottoporre Salvini ai giudici in base all’art. 96 della Costituzione che ne riconosce e stabilisce il diritto di non sottostare ai giudici per aver “difeso” l’interesse nazionale (lo sbarco dei migranti: scusa penosa e deleteria). Tanto meno lo si può considerare un “sequestro”, così come sono stati trattati per 5 giorni i migranti, assistiti decentemente mi pare. Tanto più che era una pressione per l’Europa menefregista.

Campanini Marzio

Caro Campanini, quei due articoli li abbiamo pubblicati più volte e li ho citati anch’io in vari articoli. È il quesito della piattaforma Rousseau che li manipola “ad usum Salvini”.

M. Trav.

Martina-richetti la burla del vocale

C’è quella canzone ultrapop di Tommaso Paradiso che fa: “Ti mando un vocale di dieci minuti”. Ecco: le primarie del Pd prendono una piega un po’ da burletta, un po’ da pezzo commerciale. Il “vocale” – nel senso di audio whatsapp – l’ha mandato Matteo Richetti ai suoi collaboratori più stretti. Non ci sono parole dolci, ma un lungo sfogo nei confronti di Maurizio Martina, il candidato alla segreteria a cui Richetti ha prestato il suo appoggio: “Per me la mozione (Martina, ndr) è finita. Ho cancellato le iniziative, io non ci vado in Toscana a dire votate Martina… Martina può andare a cagare. Ha voluto preferire i De Luca e i Lotti e compagnia? Da noi non avrà nessun sostegno”. Alla faccia della canzone d’amore. Il vocale di Richetti è finito in mani poco affidabili, visto che è stato rapidamente girato alla stampa, probabilmente da qualche fonte della mozione Zingaretti. Lo stesso deputato modenese – un tempo renziano, ma specie in questi giorni non va più di moda – non è così ingenuo: è difficile pensare che non avesse previsto quest’esito. Il messaggio comunque è passato: Richetti chiedeva più considerazione, diciamo, per i “richiettiani”, chiunque essi siano. Martina pare aver recepito: i due hanno fatto subito pace. Il candidato non serba rancore: “Era solo un momento di tensione, l’abbiamo superato”.

Diciotti, 41 dei 177 migranti sequestrati chiedono i danni all’esecutivo

Tra i 42 mila e i 71 mila euro. A tanto ammonta la somma complessiva che le 41 persone che ritengono di essere state “detenute illegittimamente” sulla nave Diciotti hanno chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro dell’Interno Matteo Salvini. È tutto scritto nero su bianco, nella richiesta di risarcimento danni che alcuni migranti, ospitati dopo lo sbarco presso le strutture del centro Baobab, hanno depositato al tribunale civile di Roma. Negli atti in cui si ipotizza una violazione dei diritti costituzionali e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, viene sottolineata “l’illegittima detenzione dei ricorrenti sulla nave Diciotti dal 16 agosto 2018 al 25 agosto 2018, di cui i primi 4 giorni senza che fosse consentito l’attracco della nave nei porti italiani ed i successivi 6 giorni nel porto di Catania senza che fosse consentito lo sbarco sulla terra ferma” . “Permettetemi di rispondere con una grassa risata – ha affermato Salvini – non prendessero in giro gli italiani, la pacchia è finita, i barconi non arrivano più, al massimo gli mandiamo un Bacio Perugina”.

Esteri, la Cooperazione dimenticata: da un anno si aspetta il direttore

Poltrona vuota. Da undici mesi. L’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo (Aics) è operativa appena dal 2016, ma dall’aprile dell’anno scorso è rimasta senza direttore. Il Governo finora non ha pensato a sostituirlo (la nomina spetta al premier Giuseppe Conte).

Un vuoto che pesa, perché l’Agenzia ha proprio il compito di dare impulso alla cooperazione e distribuire finanziamenti nei paesi in via di sviluppo. Non parliamo di bruscolini, ma di circa 600 milioni di euro l’anno che sono destinati alle ong, ma anche a istituzioni dei paesi esteri (università, ospedali, centri di ricerca) e soggetti profit, cioè imprese. Per non dire dei progetti sviluppati e realizzati direttamente dall’Aics (infrastrutture, per esempio). L’anno scorso il direttore in carica, Laura Frigenti, lascia l’incarico e viene reso pubblico il bando per il suo successore. La commissione incaricata di selezionare i candidati individua una terna: Emilio Ciarlo (dirigente dell’Aics), Flavio Lovisolo (responsabile della sede regionale di Tunisia, Libia, Marocco e Mauritania) e Luca Maestripieri (Vice Direttore della Direzione Generale per la Cooperazione e lo Sviluppo del ministero).

E qui tutto si blocca. Che cosa succede? C’è chi dice che il ritardo sia dovuto ad approfondimenti amministrativi sui curricula dei candidati. Chi sottolinea che l’individuazione della terna è arrivata nel periodo a cavallo tra i governi Gentiloni e Conte, in quel lungo interim post elezioni affidato ad Angelino Alfano. Insomma, l’esecutivo giallo-verde si sarebbe trovato sul tavolo nomi diversi da quelli che aveva in mente. I più critici parlano di “poco interesse da parte dell’esecutivo a trazione leghista per la cooperazione”.

Ipotesi. Ma quella poltrona vuota attira sempre più l’attenzione. L’Agenzia ha un’attività di rilievo: si parla di oltre mille progetti attivi nel mondo. Nel 2017 le uscite hanno toccato i 502 milioni e per il futuro sono state deliberate spese per 645 milioni. Di questi 131 per affrontare il cambiamento climatico, 83 per la salute, 63 per la sicurezza, 44 per la pace e la stabilizzazione delle aree a rischio, 21 per l’educazione. Tra i paesi dove l’Aics ha investito di più ci sono Etiopia e Afghanistan. A regime la pianta organica prevede 240 persone, ma ci sono anche 20 sedi all’estero. Siamo ancora lontani da altri paesi europei: l’agenzia inglese Dfid ha un budget di interventi di quasi 10 miliardi, quella tedesca ha finanziamenti pubblici per oltre 2 miliardi cui si aggiungono almeno 600 milioni di fondi europei. L’Afd francese è anche una banca per lo sviluppo con un budget intorno ai 10 miliardi.

Per questo nel 2014 venne decisa la nascita dell’Aics, diventata operativa nel 2016. Ma dopo appena due anni è rimasta senza testa. Oggi la struttura è retta ad interim dal vicario Leonardo Carmenati che ha svolto un lavoro apprezzato. Ma senza un direttore nel pieno delle sue funzioni l’Aics rischia di perdere peso. E finanziamenti anche europei (oltre 100 milioni nell’ultimo anno).

Segreteria, deroghe e “vice”: Di Maio vince su Casaleggio

La rivoluzione all’incontrario dei Cinque Stelle, da barricaderi a dirigenti di partito tutti struttura e moderazione, partirà presto. E porterà referenti regionali, una segreteria politica che nessun 5Stelle vuole chiamare segreteria e la rimozione del limite dei due mandati, per i consiglieri comunali e probabilmente anche per i sindaci dei piccoli centri. Con la prima votazione sul web, quella sulla linee generali per un nuovo M5S, che arriverà da qui a pochi giorni sulla piattaforma Rousseau. Perché ieri a Roma il capo, Luigi Di Maio, ha ottenuto il via libera del Garante che si era già arreso all’inevitabilità del nuovo, Beppe Grillo.

E soprattutto ha strappato l’assenso anche di Davide Casaleggio, l’uomo della piattaforma web, che nel voto lacerante della Diciotti ha ballato come una nave in tempesta. E che con il nuovo M5S, radicato sui territori, perderà ovviamente potere. Però “è andata molto bene”, giura Di Maio ai suoi dopo il pranzo a tre all’Hotel Forum, la consueta tana romana di Grillo. Ed è nella pancia dell’albergo assediato da cronisti e telecamere che il capo politico parla e media. Con il fondatore, che da mesi era lontano, non per sua scelta, dalla stanza dei bottoni. E con il Casaleggio che nei luoghi di comando ha tutti i suoi ufficiali e che quando c’è decidere viene sentito. Ma che non ha mai avuto (e voluto) un profilo da politico, e che è impopolare nel corpaccione parlamentare: a cause delle restituzioni, di Rousseau e di altro.

Era lui il più dubbioso sulla svolta. Ma Di Maio gli aveva già spiegato che non si poteva più aspettare in un incontro a Milano la scorsa settimana, poche ore dopo il tonfo in Abruzzo. E il capo della piattaforma era uscito d’umore nero dal confronto. Però a Roma ha accettato il salto nella nuova fase. “Ormai il vecchio Movimento non c’è più, bisogna adattarsi” avrebbe detto Grillo durante l’incontro. Un assist comunque prezioso per Di Maio, che si era arrabbiato per il tweet beffardo del fondatore sulla Diciotti (“Si vota sì per dire no”), ma che nel vertice romano trova nell’artista una buona sponda. Però concede anche qualcosa. E toglie dal tavolo l’ipotesi di una cabina di regia, che non piaceva a Casaleggio. Piuttosto, si costruirà una segreteria “leggera”, costruita per deleghe tematiche (dall’ambiente al lavoro), che probabilmente verranno conferite a 5Stelle non di governo per non creare figure con troppo potere. Un “filtro”, dicono dai piani alti, necessario per sgravare Di Maio di tante delle questioni che gli piovono addosso.

Ma la parte più rilevante sarà la rivoluzione sui territori, invocata da tempo dal veterano Max Bugani, l’uomo di collegamento tra la casa madre di Milano e Di Maio, storico amico di Grillo. Così si pensa a dei coordinatori (o segretari) regionali, che dovranno vigilare sugli iscritti, parlare con imprese e associazioni di categoria e chiudere accordi con le liste civiche per le amministrative. E poi c’è il tema del doppio mandato. La prima urgenza, “perché un eletto in un paesino o in un consiglio municipale non vorrà mai ricandidarsi a livello locale, ma giocarsela per la Regione o il Parlamento”.

Però ormai il M5S fatica a trovare candidati per le amministrative. Così per gli eletti nei Comuni il limite verrà tolto, anche per creare una classe dirigente, fatta di amministratori con dieci anni di esperienza. “Quella che la Lega ha e noi no” come riassume un big. Ma il limite dovrebbe saltare anche per i consiglieri nelle circoscrizioni e per i sindaci dei centri più piccoli. “Ci sarà una discussione con gli iscritti, innanzitutto su alcune regole che riguardano i consiglieri comunali” conferma Di Maio uscendo dal Forum. E un dimaiano doc come il sottosegretario Mattia Fantinati giura: “La stella polare sarà sempre la democrazia diretta digitale, per evitare oligarchie e cacicchi locali”. Insomma, l’obiettivo è fondere web con struttura locale. E in fretta, perché “Luigi vuole chiudere le votazioni prima delle Europee”. Per mostrare un M5S più solido, di governo. E poi la partita in autunno in Emilia Romagna è già vicinissima.

 

Don Albanesi: “Anche io sono stato adescato in seminario”

“Sacerdoti da mandare al diavolo, indegni”. Con queste parole don Vinicio Albanesi, durante il programma Il diario di Papa Francesco in diretta su Tv2000, definisce gli educatori che abusarono di lui ai tempi del suo seminario. Nel primo giorno del summit indetto dal Vaticano per combattere la pedofilia nel clero che coinvolge vescovi da oltre 190 Paesi, il presidente della Comunità di Capodarco si unisce alle denunce dichiarando: “Cristo è stato un guaritore. C’è chi purtroppo con le parole provoca ferite e anche la morte”. Il riferimento è diretto in parte alle persone “malevoli, subdole e delittuose” che lo molestarono 50 anni fa. Parole forti, pronunciate con amarezza ma senza esitazione, perché “i vigliacchi erano loro”. Don Vinicio ha dovuto convivere con questo segreto per tanto tempo prima di trovare la forza di parlarne, ma non ha permesso che la sofferenza lo divorasse né che ostacolasse il suo percorso spirituale. Infatti il prelato afferma di non aver mai provato sensi di colpa per quanto accaduto. Questo gli ha permesso di abbracciare il sacerdozio senza timore, con “spirito aperto, solare, bello”.

“Fate i nomi o sarete spazzati via”

Le manipolazioni, le violenze, gli aborti, gli insulti e le umiliazioni. Nelle testimonianze delle vittime ascoltate durante il vertice contro la pedofilia in Vaticano trasuda tutto il dolore delle infanzie rubate . Impossibile restare indifferenti: “Qualcuno ha pianto”, confessa mons. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente dei vescovi d’Europa, intercettato in una pausa dai lavori. C’è una donna africana coinvolta in una relazione perversa con un prete per 13 anni. Iniziò tutto quando era quindicenne. Non era una bambina, ma quello che le è successo ha dell’incredibile: per tre volte è rimasta incinta e per tre volte è stata costretta ad abortire. Aveva paura di lui, a ogni rifiuto veniva picchiata. Il sacerdote l’aveva resa completamente dipendente a livello economico. La ragazza non aveva il diritto di avere dei fidanzati: ogni volta che ne aveva uno e lui veniva a saperlo, tornavano le botte: “Sento di avere una vita distrutta”.

Poi le parole di un uomo cileno, che racconta di quanto sia stato complicato compiere il passo della denuncia: “La cosa più difficile”. E, una volta trovato il coraggio, ecco il colpo di grazia: “Mi hanno trattato da bugiardo, mi hanno voltato le spalle e mi hanno detto che io, e altri, eravamo nemici della Chiesa”. È uno schema diffuso un pò in tutto il mondo. Le vittime che avrebbero bisogno di rispetto e di cura, spesso trovano solo derisione: “Bisogna farci guarire, esserci vicini, bisogna accompagnarci. Voi siete i medici dell’anima e tuttavia, salvo rare eccezioni, vi siete trasformati in assassini dell’anima. Quale terribile contraddizione”, denuncia. Quindi parla un uomo asiatico che ha subito aggressioni seriali, violentato per oltre cento volte. A distanza di decenni convive con traumi e flashback, come in un incubo infinito. Anche per lui il problema sono stati i superiori generali: “Ogni volta che ne parlavo hanno coperto gli abusatori e ciò a volte mi uccide”. In Oriente, dice, il fenomeno è una bomba a orologeria. Quindi la richiesta ai capi di tutti i vescovi: “Se volete salvare la Chiesa, dobbiamo darci una mossa e indicare gli autori. Con nome e cognome”.

E con concretezza è la regola che invoca il Papa. “Il santo Popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre. Ci vuole concretezza”, ha così aperto i 4 giorni di lavori il pontefice argentino.

“Concretezza dinanzi alla piaga degli abusi sessuali perpetrati da uomini di Chiesa a danno dei minori”, su cui chiede ai capi degli episcopati e degli ordini religiosi riuniti nell’aula del Sinodo di ascoltare “il grido dei piccoli che chiedono giustizia”, oltre a “trasformare questo male in un’opportunità di consapevolezza e di purificazione”

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“Bergoglio era il confessore del prete pedofilo Grassi”

Da quando è Papa, non è più tornato nel suo Paese, nella sua Argentina. Jorge Maria Bergoglio è stato negli ultimi mesi negli Emirati Arabi, a Panama, in Lituania, Lettonia, Estonia, in Irlanda, in Cile e Perù. Ma mai un viaggio nella sua Buenos Aires, sua città natale, dove per molti anni fu Arcivescovo, prima di essere nominato Papa nel 2013. Secondo l’avvocato Juan Pablo Gallego – il più famoso difensore delle vittime argentine di abusi sessuali da parte del clero cattolico – la risposta è semplice: “Per il caso Don Julio Grassi. I punti tuttora oscuri del passato di Bergoglio sono tutti qui”.

Avvocato Gallego, è una storia, questa, che racconta l’ascesa e la caduta di Padre Julio César Grassi. Chi è?

Tutto iniziò nel 2002, con la trasmissione tv Telenoche Investiga. Qui furono rese note alcune denunce per presunti abusi contro Grassi, il fondatore di Felices los niños, un’associazione molto nota per salvare dalla strada minori in condizioni di povertà e droga. Padre Grassi, da noi in Argentina, era una vera e propria istituzione: il sacerdote più mediatico del Paese. Bergoglio, quando era Arcivescovo di Buenos Aires, era stato anche il prete confessore di Grassi.

Cosa raccontavano le denunce?

Grassi ha abusato di ragazzi tra gli 11 e i 17 anni. Per anni. La mia prima denuncia raccolta fu quella di un giovane che chiamerò ‘Gabriel’. Parlava di essere stato vittima nel 1996 di “crimini aberranti, abusi reiterati, per soddisfare i bassi e deviati istinti di Julio César Grassi”. Oggi, dopo 17 anni, posso finalmente dire che, dopo un processo molto contorto, dopo che i miei assistiti sono stati pubblicamente denigrati, in alcuni casi minacciati, abbiamo vinto: ho ottenuto proprio ieri l’iscrizione di Grassi – condannato a 15 anni di carcere per abusi sessuali ripetuti su minori – nel Registro Nacional de Violadores Sexuales. Nel giorno di inizio del summit di Bergoglio sulla pedofilia. Io credo nei simboli.

Padre Grassi sarebbe uno tra molti. Cosa c’entra Bergoglio?

Incontrai Bergoglio nel 2006, non era ancora Papa. Io già assistevo legalmente Gabriel, e altre vittime di Grassi. Lui si presentò chiuso, severo e diffidente. Bergoglio, in tutti questi anni, “non ha mai lasciato la mano a Grassi”, come lo stesso padre ha più volte dichiarato.

Non è un reato.

No, certo. Ma fu commissionata, dalla Conferenza Episcopale argentina, proprio quando il cardinal Bergoglio ne era presidente, una contro-inchiesta sul caso, mirata a distruggere la credibilità delle vittime. Lo sforzo per avere giustizia si è così moltiplicato. Grassi poi era difeso da 25 avvocati tra i più rinomati del Paese: alcuni hanno dichiarato di essere stati pagati dalla Chiesa. Quando abbiamo iniziato, con Gabriel, la sola idea di portare padre Grassi davanti a un tribunale era follia: è stato uno degli uomini più potenti della Chiesa argentina, quasi quanto Bergoglio, era uno tra i 10-15 invitati all’insediamento dei ogni nuovo Presidente. Si dice anche, in ambienti ecclesiastici, che Bergoglio sarebbe ancora il confessore di Grassi: e nella Chiesa vige un principio secondo cui il confessore non ha l’obbligo di denuncia di eventuali reati del fedele che si confessa. Bergoglio sapeva. E sono certo che non torni qui per questo.

Perché secondo lei?

Come è possibile che Grassi, nonostante la condanna della Corte suprema argentina, continui a essere sacerdote? Perché non è stato ridotto allo stato laicale? Per una decisione personale di Bergoglio, ne sono certo.

Sono accuse pesanti, le sue.

Ma le perizie sono chiare: Grassi è un delinquente sessuale! È stato condannato, e adesso il Papa ha una bomba che gli è esplosa in faccia. Io penso anche che Bergoglio non abbia alcun interesse reale, nonostante questo summit iniziato a Roma, nell’indagare la pedofilia nella Chiesa: è il peso degli eventi a spingere a farlo.

È la prima volta in cui la Chiesa organizza un incontro così. Siete stati invitati? Avete mai incontrato il Papa?

Gli abbiamo scritto, sì. Gabriel, personalmente: Bergoglio non ha mai voluto incontrarci. Né siamo stati invitati a Roma. E comunque non ha senso alcun summit, se prima non si discute seriamente di cancellare l’immunità per i preti pedofili. Grassi, per esempio, dal carcere di Campana dove è detenuto da 5 anni, continua a indossare l’abito talare, potrebbe volendo celebrar messa, non ha ricevuto sanzioni ecclesiastiche. Tra 10 anni, quando uscirà di prigione, potrebbe persino essere eletto nuovo Papa.

“L’aria è troppo inquinata”, sigilli agli stabilimenti Eni

Sigilli agli stabilimenti Eni Versalis di Priolo Gargallo e Sasol Spa di Augusta, e ai depuratori di trattamento delle acque di processo (Tas) di Melilli (Priolo Servizi Scpa) e Priolo (Industria Acqua Siracusana Spa).

Secondo l’indagine della Procura di Siracusa, gli impianti avrebbero emesso in atmosfera, tra gennaio 2014 e giugno 2016, materiale di “natura inquinante e molesta sotto il profilo odorigeno”. I periti incaricati dai magistrati avrebbero rilevato che “la qualità dell’aria nel territorio interessato si sia fortemente degradata”. La Procura contesta reati ambientali, di responsabilità amministrativa degli enti ed emissione in luoghi pubblici di sostanze idonee a creare molestie. Indagate 19 persone che hanno ricoperto incarichi di responsabilità nelle aziende coinvolte.

Gli impianti potranno continuare a esercitare, i gestori saranno chiamati a produrre entro 90 giorni un programma per ricondurre nei limiti delle emissioni in atmosfera, e procedere alle opere di adeguamento entro 12 mesi.

“Bambino nero sei brutto, girati”. Accuse a un maestro elementare. Il Miur: “Sospeso in via cautelare”

Sospensione cautelare, è la misura che il Ministero dell’Istruzione ha preso in attesa di ulteriori accertamenti nei confronti di un insegnante delle elementari accusato di atteggiamenti razzisti verso due alunni di una scuola primaria di Monte Cervino, quartiere di Foligno. Nella città umbra infatti è si è diffusa ieri la notizia, poi confermata dal preside, che un maestro avrebbe messo in punizione un bambino di colore ed esclamando di fronte a tutta la classe: “Ma che brutto questo bambino nero. Bambini non sembra anche a voi brutto? Girati così non devono guardare”. Il piccolo ha dovuto guardare fuori dalla finestra dando le spalle ai compagni . Il maestro si èdifeso parlando di “un esperimento sociale” ispirato ad altri visti in Rete. Anche la sorellina maggiore, che frequenta la quinta elementare nello stesso istituto, avrebbe subito quel trattamento. A rivelarlo sono stati i genitori dei due bambini su Facebook con un post, poi rimosso, in base a quanto gli hanno raccontato i figli. Poi si sono rivolti a un legale. Dal Ministero è partita la richiesta di accertamenti all’Ufficio scolastico regionale dell’Umbria, fanno sapere dagli uffici di Viale Trastevere. Se l’episodio di razzismo fosse confermato, scrive il ministro Marco Bussetti su Twitter “saremmo di fronte a un fatto gravissimo. Da condannare”. “Felici di apprendere che dal Miur sono stati predisposti provvedimenti urgenti. Certi atteggiamenti sono inammissibili” ha scritto in una nota Gilda Sportiello, deputata Cinquestelle della commissione Affari sociali. Nicola Fratoianni di LeU ha presentato un’interrogazione parlamentare, per il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti “se i fatti saranno accertati, il maestro non dovrà più mettere piede in nessuna scuola”. “Certi cattivi maestri sono da mettere all’angolo”, ha detto Mariastella Gelmini di Forza italia. Parlano di “episodi anacronistici. Qualsiasi forma di xenofobia va condannata e perseguita” i frati del Sacro convento di Assisi. La vicenda è “un fulmine a ciel sereno” per il sindaco di Foligno Nando Mismetti “nella nostra città si sono sempre fatti progetti di integrazione, anche nelle scuole”.