40 paia di scarpe del monsignore. E poi Dio è sarto

 

Dio. “Il Dio santo è anche sarto”.

Vesti. “Dopo averli lasciati nudi a causa del peccato, il Dio della Bibbia fornisce a uomini e donne uno straordinario guardaroba. Sfilano vesti di porpora, di lino, di bisso, candide e colorate, regali, profumate, damascate, nuziali, ma anche vesti da lutto, stracciate, penitenziali, di sacco, macchiate, logorate (c’è persino una ‘lebbra’ del tessuto). Ci sono abiti cerimoniali e quotidiani, paramenti sacrali e liturgici, ma anche da lavoro e viaggio, veli femminili per il volto e mantelli maschili adattabili a coperta notturna”.

Mitezza. Nella sua Prima lettera (3,3-4), san Pietro ricorda alle donne che il loro ornamento “non dev’essere esteriore, cioè capelli e trecce, collane d’oro, sfoggio d’abiti, ma piuttosto, nel profondo del cuore, un’anima incorruttibile, piena di mitezza e di pace”.

Vestito. “Dio è sarto e vestito al tempo stesso”.

Soldati. “I soldati dunque, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato. Presero anche la tunica, che era senza cuciture, tessuta per intero dall’alto in basso. Dissero dunque tra di loro: ‘Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocchi’; affinché si adempisse la Scrittura che dice: ‘Hanno spartito fra loro le mie vesti, e hanno tirato a sorte la mia tunica’. Questo fecero dunque i soldati” (Gv 19,23-24).

Fede. “La nostra fede cerca di comprendere l’intero cosmo e tutto ciò che esso contiene, come se fosse la tunica senza cuciture della vasta creazione di Dio” (patriarca ortodosso Bartolomeo di Costantinopoli).

Apocalisse. “Nel libro dell’Apocalisse numerosi sono i passaggi nei quali si dice a chiare lettere che gli eletti, i vincitori sono vestiti di una veste bianca. Questo terzo passo fa dell’abito – della veste, del vestito – un qualcosa di proiettato nell’eternità, tutt’altro che frivolo, perché ha oltrepassato anche lo stadio dell’effimera transitorietà”.

Immoralità. “L’immoralità di talune mode dipende, in massima parte, dagli eccessi, sia d’immodestia che di lusso. Quanto ai primi, che praticamente chiamano in causa il taglio, questi debbono essere valutati non secondo l’estimazione di una società in decadenza o già corrotta, ma secondo le aspirazioni di una società che pregia la dignità e la serietà del pubblico costume. Si suol dire sovente, e quasi con inerte rassegnazione, che la moda esprime il costume di un popolo; ma sarebbe più esatto e maggiormente utile dire che esprime la volontà e la direzione morale che una nazione intende prendere, cioè se naufragare nella sfrenatezza oppure mantenersi al livello cui l’hanno innalzata la religione e la civiltà” (papa Pio XII).

Inversione. Nell’antico Testamento è vietato che un uomo indossi vesti femminili, o donne vesti maschili.

Stanze. “Piccole cose: facciamo, per esempio, un viaggio nelle nostre stanze, un viaggio nel nostro guardaroba. Quante paia di scarpe ho? Uno, due, tre, quattro, quindici, venti. Ognuno lo può dire. Un po’ troppo. Io ho conosciuto un monsignore che ne aveva quaranta. Ma, se hai tante scarpe, da’ la metà. Quanti vestiti volta l’anno?” (papa Francesco).

Pudore. “Il pudore è figlio del peccato”.

 

Notizie tratte da Alberto Fabio Ambrosio, “Dio tre volte sarto. Moda, Chiesa e teologia”, Mimesis, pagine 172 12€

B. È patriota? Allora Verdini è Silvio Pellico

Sul momento, quando Giorgia Meloni esclamò: “Vogliamo un patriota al Quirinale e non accettiamo compromessi”, intonai l’Inno di Mameli, impettito e con la mano sul cuore vibrante. Subito però mi domandai chi tra i molteplici candidati potesse essere definito patriota da capo a piedi, vestito e calzato. Ella non dubitò: il prode Berlusconi, perché indomito difese l’interesse nazionale, e fu perciò “mandato a casa dalle consorterie europee” (e il Piave mormorò non passa lo straniero, zum zum). Mentre per Draghi la liderissima non ebbe purtuttavia elementi per dire se fosse “patriota”. E qui cascò l’asino, perché nella mia visione piuttosto ginnasiale la parola patriota era sempre associata alle solenni litografie di Ciro Menotti e dei martiri di Belfiore, condannati al patibolo dall’odioso occupante austriaco. E la domanda sorse spontanea: il patriota candidato al Colle doveva necessariamente essere votato all’estremo sacrificio? Immagine forte quella dell’ex Cavaliere che, novello Garibaldi (però in camicia nera), incita i mille del Quirinale (arruolati a suon di talleri): “O Roma o morte”. Poiché sul sacro Colle giammai salirà il Pd (che per l’orgoglio e per la fame volea il nemico sfogare le sue brame). Addolora, tuttavia, che la Sorella d’Italia non abbia riscontrato, con assoluta certezza, nel Migliore fra tutti quegli “elementi” patriottici così evidenti, per dire, nell’intrepido La Russa o nell’ardimentoso Lollobrigida. Mentre, patrioti leggendari, in quel di Atreju si strinsero a coorte il baldo Cassese e l’eroico Pera. Purtroppo, impossibilitato a presenziare, fu il Silvio Pellico di Fivizzano ristretto prima nello Spielberg di Rebibbiae ora nelle anguste magioni, l’indomito carbonaro Denis Verdini. Che così esortava i virgulti Fratelli Cairoli, Amato e Casini: l’Italia s’è desta, siam pronti alla morte (be’ non esageriamo), dov’è la Vittoria? Al quarto scrutinio, scovate il cecchino. Le porga la chioma Cartabia chiamò. Che schiava di Roma Iddio la creò. Poropò.

Colle, il totonomi horror: Draghi, B. e la Guardasigilli

Chi vorreste al Quirinale? Analizziamo i vari profili.

Bersani. Sarebbe il nome più bello, e proprio non lo eleggeranno mai.

Draghi. Resta il favorito. Se lui vuole, è già presidente della Repubblica in pectore. Ma non si sa se vuole. Qualora fosse interessato all’opzione (ormai Draghi ha un potere tale che può usare la Costituzione come un menu à la carte), il Santissimo Mario diverrebbe il vero e proprio Dominus. E l’Italia slitterebbe ancora di più verso una Repubblica semipresidenziale sotto mentite spoglie. Il voto anticipato si avvicinerebbe, ma neanche tanto. Larga parte dei peones travestiti da parlamentari sanno che non verranno mai rieletti. Quindi si imbulloneranno alla poltrona, perché non si è mai visto un tacchino festeggiare il giorno del Ringraziamento. Un governicchio in grado di reggere l’ultimo anno di legislatura, guidato da un Quisling che obbedisce zelantemente a Draghi, sarebbe facilissimo da tirare su. Si è visto di peggio e vedremo (ancora) di peggio.

Cartabia. Ciclicamente evocata quasi che fosse una divinità, ha qualche chance perché a questo giro potrebbe essere (finalmente) la volta buona di una donna al Quirinale. Bello. Solo che Cartabia, con la Casellati, è il nome femminile peggiore tra quelli che circolano in questi giorni. La sua “riforma della giustizia” è orrenda e meriterebbe proteste in piazza. Altro che Quirinale.

Berlusconi. Non ha mezza possibilità reale. Se ne parla per fare casino e – soprattutto – per tirare la volata a un berlusconiano doc. Quindi a un Silvio sotto mentite spoglie e appena più digeribile. Berlusconi è irricevibile per storia personale (non solo giudiziaria) e purtroppo non è neanche il ritratto della salute. Non può andare al Quirinale. Ma anche solo il fatto che se ne parli mette una tristezza sconfinata. Siamo un Paese senza alcuna speranza politica.

Bonino. Il suo nome viene fatto ogni volta che si vota per il Quirinale. C’è chi la adora e chi la detesta. Per me sarebbe migliore delle varie Cartabia, ma peggiore di tante altre papabili.

Bindi. Ecco: per esempio Rosy Bindi. Avrebbe il profilo perfetto e sarebbe sideralmente più autorevole e indicata di una Finocchiaro (che qualcuno nel Pd vorrebbe masochisticamente rimettere in corsa), ma come Bersani non ha alcuna chance. Purtroppo.

Casini. Ma stiamo scherzando? (No, non stanno scherzando).

Violante. L’emblema dell’“inciucismo” più sfrenato. Da sempre. Quindi, ora più che mai, uno così può giocarsela eccome.

Augias. Lo voterei subito. Come voterei subito Segre (che però non vuole), Piero Angela e profili analoghi. Ma la vita è solo dolore, quindi stiamo parlando del nulla.

Pera. Cioè Marcello. Pare che sia il nome forte di Verdini. Qualche possibilità ce l’ha, ma il suo nome è stato fatto troppo presto e pare anzitempo bruciato. Il profilo a cui pensa il centrodestra è però di questo tipo. O peggio. Molto peggio.

Cunial. Peccato che compirà 50 anni a luglio e non abbia l’età necessaria per essere eletta. Spiace molto. Penserei però già a lei per il settennato del 2029.

Feltri. Meloni e Salvini lo volevano al Quirinale (sul serio!) già sei anni fa. E nel frattempo Feltri si è fatto eleggere a Milano con Fratelli d’Italia. Sarebbe leggendario averlo presidente della Repubblica. Pensate anche solo ai discorsi di fine anno o agli apericena che organizzerebbe. Una figata pazzesca!

Concludendo: comunque vada, andrà malino. Forse male. Verosimilmente malissimo. Daje!

 

Cingolani, un ministro incapace: noi verdi chiediamo le dimissioni

Alla luce di quanto fatto finora dal ministro Cingolani, chiederne le dimissioni è diventata una necessità, per questo abbiamo lanciato una petizione, che annovera come primi firmatari, eminenti personalità del nostro Paese, tra cui Maurizio Pallante, Tomaso Montanari, Marco Boato, Gaetano Pascale, Alberto Perino, Lucia Cuffaro, Padre Alex Zanotelli. (…). La transizione ecologica può rappresentare un’opportunità imperdibile per il nostro Paese in termini di rilancio economico e creazione di nuovi posti di lavoro (…) e non possiamo rischiare di perdere questo treno per l’incapacità manifesta di un Ministro che di fatto ostacola la transizione ecologica. A Roma abbiamo manifestato chiedendo le dimissioni di Cingolani e presentando un dossier (…).

Di seguito, alcuni di questi:

Alla Cop26 di Glasgow, Cingolani ha confermato l’irrilevanza dell’Italia sul palcoscenico internazionale, lasciandola fuori da qualsiasi iniziativa di rilievo ed esponendosi al ridicolo quando il nostro Paese ha firmato al fotofinish il BOGA (Beyond Oil and Gas Alliance) solo “come Stato amico” che impegna le nazioni aderenti a non finanziare più alcuna attività esplorativa ed estrattiva al di fuori dei propri confini nazionali (…) dopo solo pochi giorni, Cingolani ha confermato l’ok dell’Italia al finanziamento delle trivellazioni nell’Artico, con la garanzia di Sace e Cassa Depositi e Prestiti, da 500 milioni di euro fino a un miliardo. (…) Cosa intende fare Cingolani sul gas e sul nucleare nella discussione in corso a livello europeo se classificarli come investimenti sostenibili o meno? La Commissione europea è in procinto di pubblicare un atto delegato della tassonomia Ue, ovvero quel provvedimento che mira a introdurre un’“etichetta di sostenibilità” che dovrebbe così orientare gli investimenti pubblici e privati. Possiamo sapere se Cingolani sarà il portavoce dell’industria fossile che vuole definire “verde” il gas? C’è forse un accordo sottobanco con la Francia, affinché entrino nucleare e gas nella tassonomia Ue, in modo che i nostri cugini d’oltralpe possano dirsi soddisfatti e continuare ad investire nel nucleare? E infatti, Cingolani, ogni volta che ne ha occasione sponsorizza il nucleare.

(…) Nel Pnrr ha stanziato solo 780 milioni di euro per la qualità dell’aria nelle città, incurante degli studi, come quelli dell’agenzia europea per l’ambiente, secondo cui in Italia ogni anno oltre 50 mila persone muoiono a causa dello smog nelle maggiori città, determinando un costo economico e sociale di oltre 40 miliardi di euro all’anno. Le risorse economiche destinate all’elettrificazione delle auto e all’infrastruttura di ricarica sono irrisorie e allontanano ancora di più l’Italia dall’Europa. La Germania ha lanciato un piano che prevede un milione di ricariche elettriche e 15 milioni di auto elettriche entro il 2030. (…) Nel Pnrr destina solo 600 milioni di euro alla depurazione, nonostante l’Italia sia stata condannata dalla Corte di Giustizia per violazione della direttiva europea sulla qualità delle acque. Mostra un totale disinteresse verso la natura e la biodiversità, come attesta la sua recente apertura a possibili abbattimenti dei lupi, specie a rischio di estinzione e con un ruolo determinante

Correnti e carrierismo: cartabia peggiora il Csm

All’interno dell’Associazione nazionale magistrati sono sorti molti anni fa dei gruppi organizzati, essenzialmente in ragione di diverse visioni culturali della funzione giudiziaria e dei valori che la ispirano. Negli anni ci sono state scissioni e aggregazioni che hanno movimentato la vita associativa. Attualmente i gruppi rappresentati nel Comitato direttivo centrale dell’Anm sono cinque: Area (che raggruppa Magistratura democratica e Articolo 3) con 11 eletti Magistratura indipendente, con 10 eletti, Unità per la Costituzione con 7 eletti, Autonomia e indipendenza, con 4 eletti e Articolo 101 con 4 eletti (i riferimenti degli articoli sono alla Costituzione della Repubblica).

Nel corso del tempo i gruppi si sono organizzati in modo più o meno stabile ed efficiente e tuttora quelli più organizzati (come è ovvio che sia) ottengono un maggior numero di eletti. L’organizzazione ha talora innescato fenomeni volti a premiare più l’appartenenza e la fedeltà al gruppo che il merito, come del resto accade in qualunque forma di vita associativa. In contrapposizione a questo fenomeno erano sorte Autonomia e indipendenza e da ultimo Articolo 101 che, disperando di poter eliminare queste degenerazioni, propone il sorteggio, se non dei componenti, almeno dei candidati al Consiglio superiore della magistratura. La prevalenza dell’appartenenza sul merito è una grave degenerazione, posto che i magistrati sono reclutati per concorso e quindi per merito, mentre la loro progressione economica e nelle funzioni viene poi talora influenzata da ragioni diverse dalla capacità professionale e dall’impegno.

Più volte sono state approvate leggi elettorali per il Csm con il dichiarato scopo di indebolire le correnti, che hanno però sempre ottenuto il risultato contrario. Nel predisporre una nuova legge elettorale dopo le vicende che hanno colpito l’attuale Csm, secondo notizie di stampa, il ministro della Giustizia professoressa Cartabia ha annunciato un sistema maggioritario con collegi binominali, a turno unico, con un’unica preferenza e con un correttivo volto a garantire la rappresentanza delle minoranze. È probabile che anche questa riforma otterrà il risultato contrario a quello che si dichiara di voler perseguire. Un sistema maggioritario potrebbe assegnare la maggioranza dei seggi al Csm a una sola corrente e comunque consentirà una rappresentanza maggiore alle due correnti più forti, relegando a posizioni di minoranza le altre. Nella prima ipotesi la corrente di maggioranza tenderà a creare alleanze con i componenti laici (quelli eletti dal Parlamento) che riterrà più vicini alle proprie posizioni, così accentuando la “politicizzazione” della magistratura. Nella seconda ipotesi saranno probabili accordi fra i due gruppi più rappresentati con il reiterarsi di fenomeni quali quelli delle nomine “a pacchetto” (uno a me e uno a te), che è un’illusione sperare di impedire solo con il vincolo di procedere a nomine in ordine cronologico di scopertura dei posti direttivi o semidirettivi da coprire.

Salvo che quel che resta del gruppo di Unità per la Costituzione (prima dello scandalo che ha investito l’attuale Csm era il gruppo maggioritario ed è stato ridimensionato dalle ultime elezioni per il Comitato direttivo centrale) non cancelli ogni rappresentanza dei due gruppi più piccoli (cioè proprio quelli che contestano le degenerazioni) ottenendo tutti i seggi di rappresentanza delle minoranze, i magistrati candidati dai gruppi minori non saranno in grado di contrastare eventuali accordi e saranno perciò destinati a ottenere sempre meno voti alle elezioni successive fino a diventare irrilevanti.

I rimedi radicali proposti da alcuni, come vietare le correnti o introdurre il sorteggio, sono incostituzionali, dal momento che la Costituzione consente libertà di associazione e prevede l’elettorato attivo e passivo in capo a tutti i magistrati. In ogni caso non sarebbero efficaci: anche senza denominazioni o statuti formali rimarrebbero rapporti di fatto tra le persone, mentre candidati o componenti sorteggiati non potrebbero comunque che subirne l’influenza. La malattia è stata aggravata dalla riforma di ordinamento giudiziario del 2006 che ha scatenato una forte spinta carrieristica in magistratura, in contrasto alla previsione costituzionale secondo la quale i magistrati si distinguono tra di loro solo per diversità di funzioni (art. 107 comma 3 della Costituzione). Si tratta di ripensare quella riforma perché se non si individua la causa della malattia non è possibile adottare rimedi adeguati a curarla. Muoversi nell’illusione che la sola riforma del sistema elettorale possa evitare le degenerazioni che si sono verificate è, a tutto concedere, una buona intenzione, ma si sa che le vie per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni.

 

L’abito di un cardinale, i “perché” sulla Meloni e la discoteca di Rimini

Per difendersi da questa civiltà intesa al successo, non resta che coltivare la pazienza cordiale e la volontà silenziosa, affinché la nostra vita prosegua serrata, e si arricchisca senza sperperare nulla. E poiché la vita ideale si sviluppa per profondità e modo (essa è tema, è forma), non c’è niente di meglio che affidare il nodo delle inquietudini contemporanee alle proprie Pagine di diario.

Mia nipote doveva fare una ricerca sulle domande retoriche, cioè quelle domande che non necessitano di alcuna risposta, tipo “Quante volte te lo devo dire che l’Italia è un Paese reazionario?” Mi chiedeva degli altri esempi. Su due piedi le ho snocciolato questi: perché Giorgia Meloni vuole uscire dal “pantano della repubblica parlamentare” per entrare nel “futuro della repubblica presidenziale”? Perché i membri del suo partito non festeggiano il 25 aprile? Perché Giorgia Meloni ha rinnegato il fascismo solo dopo la pubblicazione dell’inchiesta Lobby Nera di Fanpage? Perché Enrico Letta va ad Atreju? Perché Enrico Letta si schiera per il maggioritario, che favorisce populismi e sovranismi, invece di promuovere il proporzionale con sbarramento al 5%? Perché Zingaretti si fa fotografare mentre finge di fare a braccio di ferro con Storace, entrambi sorridenti, il Colosseo sullo sfondo? Perché i giornaloni vogliono un Presidente della Repubblica condiviso anche con la destra che non abbraccia mai l’antifascismo, principio fondante della nostra Costituzione? Perché i giornaloni attaccano la Cgil? Perché Forza Nuova non è stata sciolta dopo l’assalto alla Cgil? Perché non esistono distributori di chewing gum già masticato?

A Rimini c’è una discoteca che sembra il Duomo. Come fai a distinguere i due edifici? Le ragazze che incontri in Duomo sono molto più carine.

Domenica scorsa in Duomo ho incontrato una ragazza che possiede la miscela incandescente delle modelle tristi di Romeo Gigli: sesso, fragilità, abbandono. Davvero molto graziosa. Penso abbia una grande vagina. Spero solo non sia una di quelle che al ristorante sono sempre lì a lisciarsi i capelli, e per tenerti alla larga stanno sempre male: raffreddore, influenza, mal di testa, contusione al torace, eccetera. Chissà, magari un giorno scivolerà nella vasca da bagno, batterà la testa e capirà che mi ama.

L’abito di un cardinale: mozzetta rossa chiusa da 12 bottoncini, rocchetto bianco in cotone con maniche a tre quarti ornato di pizzi e ricami, fascia rossa di seta alla vita, con frangia, e sottana rossa di lana fine con bottoncini fino ai piedi. In testa, zucchetto rosso e berretta rossa a quattro angoli e tre spicchi, o cappello nero a saturno ornato da cordone e fiocchi, o mitria di seta bianca damascata. Se Gesù si imbattesse in un cardinale, credo scoppierebbe a ridere.

Foggia, appalti truccati. Arrestato dg ospedale

Il direttore generaledel Policlinico Riuniti di Foggia Vitangelo Dattoli è stato posto agli arresti domiciliari insieme ad altre 5 persone – due dirigenti, uno dei Riuniti e l’altro della Asl; due imprenditori e un faccendiere – per turbativa d’asta e falso ideologico in un’inchiesta della Procura di Foggia che riguarda due appalti da 36 milioni per il servizio di elisoccorso ordinario e da 2,6 milioni di euro per il trasporto aereo di organi. Gli indagati, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, “sono arrivati pur di favorire il concorrente privato da loro sponsorizzato, a offrirgli in anteprima le note riservate della concorrenza, a recepire i rilievi tecnici per predisporre i capitolati o pronunciarsi sulle predette note”.

Foto di Hjorth bendato, carabiniere a processo

È accusato di avere scattato la foto di Christian Gabriel Natale Hjorth, uno dei due ragazzi americani condannati all’ergastolo per l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, mentre era bendato in stato di fermo in una caserma dell’Arma e di avere diffuso quell’immagine in una chat whatsapp. Per questo il carabiniere Silvio Pellegrini, che finì indagato per abuso d’ufficio e rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, ieri è stato rinviato a giudizio. Sulla vicenda ha avviato una indagine pure la Procura Militar. Durante l’udienza preliminare l’avvocato Andrea Falcetta, difensore dell’imputato, ha ottenuto dal giudice la trasmissione degli atti in Cassazione che dovrà decidere a chi spetta proseguire nel giudizio.

Processo “Pedigree”, condannati 15 imputati

Tutti condannatii 15 imputati del processo “Pedigree” contro la cosca Serraino. La sentenza di primo grado è stata emessa ieri dal gup Tommasina Cotroneo che ha accolto la richiesta della Dda di Reggio Calabria. Il giudice ha condannato a 15 anni e 4 mesi di carcere Francesco Russo, ritenuto il capo locale della famiglia. Giudicati colpevoli anche il boss Maurizio Cortese (14 anni e 4 mesi di carcere), oggi collaboratore di giustizia, e il pentito Seby Vecchio. L’ex assessore comunale di Reggio Calabria e poliziotto è stato condannato a 4 anni, 10 mesi e 20 giorni. Per i pm, Vecchio era il politico di riferimento della cosca Serraino che gli garantiva “pacchetti di voti” in cambio di favori.

Eni a Report: “No a Recommon in tv parla male di noi”

L’ufficio legale di Eni attacca Recommon, sostenendo che l’ong anticorruzione e il suo rappresentante Antonio Tricarico non possono essere degni interlocutori del servizio pubblico televisivo italiano. La compagnia petrolifera ha inviato una lettera a Report, protestando preventivamente contro l’intervista a Tricarico annunciata per la puntata del programma di Rai3 andata in onda ieri sera. “Non si comprende la rilevanza (al di là della legittimazione, competenza o autorevolezza dell’interlocutore che Report intende assegnare ad Antonio Tricarico al punto da eleggerlo quale interlocutore di un servizio pubblico) dei commenti rispetto alla reputazione di Eni, se non per danneggiarla senza legittimo motivo”: così, con periodare faticoso, scrive Eni al programma di Rai3.

Reagisce Recommon, ricordando di essere tra le ong che hanno dato origine, con un esposto alla Procura di Milano, alle indagini sulla presunta corruzione internazionale di manager Eni in Nigeria (il processo di primo grado si è concluso con assoluzioni). “Recommon ritiene inqualificabili i toni e il merito della comunicazione inviata dal direttore dell’ufficio legale dell’Eni e denuncia l’intimidazione con intento diffamatorio rivolta nei confronti di Recommon e del suo rappresentante. È in atto un grave attacco alla libertà di stampa da parte della più importante multinazionale italiana”, scrive Recommon, che chiede “la solidarietà dei media e della società civile”.