“Io sono un cristiano e sono un amante della verità. Io non schedo i fedeli, confesso anche le prostitute. Io non ho bisogno di mostrarmi come seguace di papa Francesco, io sono un seguace di papa Francesco. Io non posso, però, permettere che la preghiera diventi uno strumento politico per Roberto Formigoni”, è furente Don Cesare Nisoli, pro rettore del santuario Santa Maria del Fonte di Caravaggio, nel Bergamasco. Cos’è accaduto nel luogo in cui il 26 maggio 1432, il mese mariano per eccellenza, la Madonna apparve a Giannetta de’ Vacchi, una contadina moglie di un alcolizzato?
L’ex governatore lombardo, condannato in appello a sette anni e mezzo per corruzione, deve affrontare l’udienza dell’ultimo giudizio (terreno), fissata per giovedì in Cassazione. Allora il comitato amici di Formigoni, formato soprattutto da esponenti di Comunione e Liberazione, ha trascorso un pomeriggio di preghiera al Santuario, sabato 16 febbraio. Un momento di afflizione e speranza collettiva per supplicare, chissà, un intervento divino sul cammino di Formigoni.
Il giorno prima, il venerdì a otto minuti dalle tredici, come rammenta lo stesso Don Nisoli, il pro rettore riceve una lettera dall’avvocato Giuseppe Zola, già vicesindaco di Milano. Zola chiede di affidare la celebrazione, assieme al prete del Santuario, anche a monsignor Luigi Negri, vescovo emerito di Ferrara. Negri è un ciellino, un conservatore, un fiero oppositore del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. Don Nisoli rifiuta l’incarico a Negri e informa Zola che c’è la turnazione per chi dice messa. Quel sabato non tocca neppure al pro rettore, impegnato nel rosario dopo l’eucarestia.
Zola rassicura Don Nisoli che Roberto, il “Celeste”, non sarà presente, verrà omaggiato e sostenuto in assenza, perché gli amici si riuniscono dinanzi all’altare e può bastare. Nel Bergamasco si diffonde la notizia del raduno dei formigoniani, così Don Nisoli firma un comunicato per smentire pure quelli che insinuano una donazione al Santuario per l’evento e per non mescolare Santa Maria del Fonte e le traversie giudiziarie di Formigoni: “Non si vuole criticare né discutere l’intenzione, che è nel cuore di qualche fedele. Si ricorda, però, che la messa è e resta l’atto con il quale la comunità cristiana rende grazie a Dio di tutti i suoi benefici rinnovando l’offerta di Cristo sulla croce. Non si può correre il rischio che venga trasformata in occasione per un gesto di solidarietà umana”. La Nuova Bussola Quotidiana, un giornale online di cattolici distanti da papa Francesco, bacchetta Don Nisoli con un articolo del direttore Riccardo Cascioli e un titolo inequivocabile: “A Caravaggio vietato pregare per Formigoni”. Il pro rettore s’infuria, replica a Cascioli: “Quante falsità, perché? Il gruppo di ciellini, circa un centinaio, non è che li ho contati, ha partecipato alla messa e poi si è fermato per il rosario. Io non ho chiuso le porte, non lo farei mai. Le porte della Chiesa sono aperte. A tutti”.
Cascioli punzecchia Don Nisoli e cita un incontro al Santuario con attivisti Lgbt. “Che c’entra? Quelli erano omosessuali impegnati in un percorso di fede con un prete. Vi ripeto: io non commento le condotte di Formigoni, ma non potevo schierare il Santuario a pochi giorni da una sentenza. La preghiera si fa sinceramente. Non è necessario far sapere che si prega e per chi si prega”. Questa bizzarra diatriba ha i connotati giusti per proseguire all’infinito, ma il significato va oltre Formigoni, oltre l’avvocato Zola, oltre il pro rettore. Caravaggio svela una Chiesa divisa, lacerata, nervosa, un parlamento cattolico con maggioranza e opposizione, chi è tradizionalista, chi progressista, chi denuncia la deriva del lassismo, chi rivendica la misericordia di Francesco. Troppa confusione. Anche solo per pregare.