“We need Big data, but we also need big emotion”. Per sentirlo parlare al Global Citizen Forum c’è anche chi ha speso fino a 2.300 dollari, necessari ad assicurarsi l’ingresso alle conferenze e alla cena di gala. Per non deludere gli ascoltatori, Matteo Renzi sceglie la strada del sentimentalismo, con un gioco di parole a metà tra la letteratura rosa adolescenziale e lo slogan di un sito di incontri online: abbiamo bisogno dei big data, ma anche di grandi emozioni.
Per essere a Ras al-Khaima, un’oretta d’auto da Dubai, Renzi ha fatto i salti mortali. Subito dopo l’ospitata ad Atreju alla festa di Fratelli d’Italia, sabato è partito per gli Emirato Arabi spostando gli appuntamenti con Matteo Salvini e Giovanni Toti per discutere di Quirinale. Troppo importante l’ennesimo evento tra emiri e sceicchi, anche perché nel board dell’organizzazione non-profit che organizza il Forum ci sono Cherie Blair, moglie di Tony, e Moe Al Thani, membro della famiglia reale del Qatar.
Negli Emirati, Renzi interviene due volte. La prima domenica, con un quarto d’ora di discorso in solitaria. E poi ieri, intervistato in un dibattito sulla crisi delle istituzioni globali insieme all’ecuadoregna Maria Fernanda Espinosa e all’ex presidente delle Mauritius, Ameenah Gurib-Fakim. Ma è nello one-man show che Renzi dà il meglio. Passeggia sul palco, gesticola, carica di mostarda ogni “very very” che gli esce dalla bocca: “Immaginare il futuro da qui al 2030 non è facile, soprattutto per la politica – ammette in un inglese che qui ci permettiamo di profanare –, ma la grande differenza sarà tra quelli che credono nella cittadinanza globale e quelli che credono nel sovranismo”.
Forse gli Emirati Arabi non saranno il nuovo Rinascimento dell’Arabia Saudita, ma di fronte ai componenti del Consiglio federale seduti in platea è meglio non farsi trovare preparati con gli elogi: “Se 30 anni fa mi avessero detto che gli Emirati avrebbero fatto meglio dell’Italia in termini di turismo non ci avrei creduto, invece grazie al grande lavoro che avete fatto oggi ci avete superato in molti aspetti”. Poi arriva il momento più romantico e Renzi non si tiene: “Future is in motion, but also in emotion”. “Andremo nello Spazio, ma dobbiamo anche riscoprire le nostre anime”. Per finire col già citato bisogno di “grandi emozioni”, antipasto di quel che Renzi snocciola il giorno dopo durante la tavola rotonda sulla “governance globale”.
L’ex premier scherza sulla fragilità degli esecutivi italiani, ricordando che “da qui a dieci anni probabilmente avremo altri nove governi” e che “la politica italiana è la cosa più difficile da capire, peggio della scienza e delle istituzioni europee”. L’idea che a fare e disfare i governi in Italia sia lo stesso Renzi non entra neanche di striscio nella lussuosissima sala conferenze del Waldorf Hotel.
Il senatore semplice ha parole al miele per Mario Draghi, grazie al quale “siamo tra i migliori in Europa per numero di vaccinazioni”. Ma quando gli chiedono che ruolo giocherà nei prossimi cinque anni e se ha l’ambizione di tornare al governo, sembra ghignare: “In Italia tutti possono tornare (applausi in sala, ndr) quindi non è un discorso di mie ambizioni, ma di cose ordinarie”. Subito dopo però Renzi torna a volare alto: “Il mio sogno più grande sarebbe lavorare con i giovani, fare qualcosa per le prossime generazioni”. Un involontario déjà-vu di quando Silvio Berlusconi fantasticava di ritirarsi dalla politica per aprire ospedali pediatrici in Africa e costruire università insieme agli amici Vladimir Putin e George W. Bush.
La conclusione del panel è un po’ spiazzante. Chiede il presentatore: “Ti posso dare un dollaro, un euro, una frazione di bitcoin o un pezzetto d’oro. Cosa prendi?”. Visti i tempi che corrono, Renzi ne esce da patriota: “Mi ricordo del debito pubblico italiano, quindi preferisco gli euro”. Nel dubbio, meglio farlo presente ai facoltosi emiri in sala.