Si intitola Fedeltà perché parla di corna, anche se ci vogliono quasi 160 pagine (su 224) per arrivare al primo tradimento o, per la precisione, all’ammissione del primo tradimento. Il resto sono lunghi preliminari, una pletora di dettagli anatomici (“i corpuscoli di Krause del glande”, la “tensione nello scroto”…), “spinte erotiche” che “trasmigrano” qua e là: l’attesa è snervante, un po’ come quella che ha accompagnato l’uscita dell’ultimo romanzo di Marco Missiroli, in libreria da martedì, già incensatissimo sui social e, da mesi, dato per papabile vincitore del Premio Strega 2019. Ma toccherà aspettare, ancora una volta.
I fedifraghi protagonisti sono due sposi 35enni, Carlo e Margherita: lui un fallito – aspirante scrittore, compilatore di cataloghi di professione –, lei un po’ meno, mentre i rispettivi amanti, o agognati tali, sono Sofia, studentessa dal culo sodo (dopo di lei ne verranno altre: agli uomini la fortuna concede sempre un bonus), e Andrea, omosessuale nerboruto (dopo di lui non ci sarà nessuno: alle donne la sfiga concede sempre un bonus). Decisamente più saporito è il contorno dei personaggi minori, a cominciare da Anna, madre di Margherita, spassosa e ilare, atea, ma di cieca fede nella cartomante di Buzzati, da cui si reca spesso per un consulto. Seguono il padre laconico di Sofia, il compagno sdolcinato di Andrea, cani mandati al macello delle lotte clandestine e i Pentecoste, la barbogia famiglia di Carlo.
Pur subodorando le reciproche tresche, né Carlo né Margherita si concedono al dubbio, al sospetto, al mostro verde degli innamorati ingannati: è una gelosia tiepida la loro, una gelosia signorile e protestante; mai una scenata, una litigata, un piatto che vola, un pianto a dirotto (l’unica a concederselo è la signora Anna per il marito “Franchin” morto tempo addietro). Tiepida è anche la temperatura del romanzo – nonostante i numerosi guizzi erotici –, di cui complice è Milano, un set sempre freddino e nebbioso, rarefatto e algido, e nemmeno l’altra location, Santarcangelo, regala sangue e calore nonostante sia in Romagna.
Divisa in due parti – la prima nel 2009, la seconda nel 2018 –, l’opera ambisce a raccontare “l’infantilismo del maschio”, la perdita dell’innocenza e la “fine della giovinezza”, in un simil romanzo di formazione laddove la formazione passa per la castrazione, ovvero la rinuncia al desiderio e altre baggianate di PsicoBanalisi (©Crozza che imita Recalcati), tipo: “Aveva intuito che l’infedeltà poteva significare fedeltà verso se stessa”.
Fedeltà è anche, infine, una lodevole ricerca di stile: una lingua sorvegliata, forse troppo; citazioni sparse, un poco saccenti; un montaggio disinvolto che affastella – non sempre agevolmente – storie e personaggi; intelligenti giochi metalinguistici (soprattutto sulla punteggiatura) e metaletterari. È alto, però, il rischio di sembrare figli di un Valéry minore: “In letteratura la verità è sempre ciò che si ricorda”. Eppure nella vita – anche in quelle fittizie di Missiroli – la verità è sempre ciò che si tenta di dimenticare.
Fedeltà – Marco Missiroli – Pagine: 224 – Prezzo: 19 – Editore Einaudi