La chiameremocon un nome di fantasia, Aurora. È poco più di una bambina, ha solo 13 anni quando la madre e il suo compagno la utilizzano come strumento per consegnare la cocaina senza rischi e per eludere i controlli. Ora che non ha nemmeno 17 anni e mamma e patrigno sono stati arrestati, Aurora è stata assegnata a una zia insieme al fratellino. La sua storia fa capolino in alcune pagine dell’ordinanza di arresto notificata ieri a 12 persone accusate di traffico e spaccio di droga. Indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata e della Direzione distrettuale antimafia della procura di Napoli guidata da Giovanni Melillo, gli inquirenti vogliono fare luce sull’omicidio di Mariano Bottari a Portici nel 2014, ma il filo dell’inchiesta si dipana verso la scoperta di una piazza di spaccio di cocaina a Ponticelli, quartiere di Napoli est. L’appartamento della coppia dove vive anche Aurora è il centro organizzativo del mercato di droga. Ed Aurora viene coinvolta, e pare consapevole che i ‘pallini’ che le chiedono di consegnare non contengono zucchero. Lo stupefacente infatti veniva confezionato in ”pallini” da 0,2, 0,5 e 0,8 grammi, venduti ad un prezzo compreso tra i 55 e i 60 euro al grammo, a secondo della “quotazione” sul mercato.
Nel novembre 2015 i carabinieri ascoltano tre telefonate e una intercettazione ambientale in cui si fa riferimento al ruolo della bambina. La prima avviene tra il venditore e il cliente, si concorda un appuntamento. La seconda avviene tra madre e patrigno di Aurora, i due parlano attraverso cellulari intestati a un tunisino e a una rumena. “We”. “Adesso viene Aurora, sotto il balcone, no. Stiamo entrando nel vialone, mi senti?… Buttamene uno (il pallino, ndr), non quello di tua mamma, quell’altro là, hai capito?”. Poco dopo un microfono ascolta Aurora e patrigno in auto, lei ha appena sceso la droga. “Aurora, prendimi prima il coso (il narcotico, nrd), poi te ne sali e vai”. “Stiamo aspettando l’uovo”. È il linguaggio della consegna della droga al patrigno venditore. Che sia destinata al cliente, lo dimostra la terza telefonata. Avviene tra il venditore e destinatario della merce. Si fissa un appuntamento in pizzeria.
Agli atti dell’ordinanza di circa 230 pagine firmata dal Gip Egle Pilla c’è anche un’altra intercettazione in cui il patrigno di Aurora suggerisce a suo fratello di portarsi appresso la figlia “che è meglio”.
Secondo i carabinieri è un modo per far capire che la bambina può tornare utile per nasconderle la droga addosso. Il fratello ha tre figlie piccole, la più grande ha dieci anni in quel momento, la più piccola quattro. L’ordinanza non chiarisce con chi delle tre si sia presentato all’incontro. Ma ce n’è abbastanza per certificare quello che per gli investigatori e per la procura antimafia napoletana era un modus operandi: usare minorenni e bambini per trafficare droga, per occultarla. Nell’ambito di piccole ‘imprese familiari’. Dove ognuno fa quel che vuole o che può, a seconda delle attitudini. Aurora portava la cocaina da qui a lì su ordine del patrigno e della madre. A soli 13 anni.