Nicolás Maduro è illegittimo, l’Assemblea nazionale eletta in Venezuela nel 2015, viceversa, pienamente legittima. Ma non c’è nessun riferimento esplicito al riconoscimento del Presidente auto proclamato, Juan Guaidò. Il governo italiano, però, “chiede nuove elezioni presidenziali nei tempi più rapidi possibili. Che devono essere naturalmente libere, credibili, trasparenti e devono essere riconosciute come tali dalla comunità internazionale”.
Dopo settimane di incertezze, il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, ieri è intervenuto in Parlamento e ribadendo la linea della neutralità fa comunque un passo avanti verso la posizione della comunità europea sulla vicenda venezuelana. Contemporaneamente, però, mantiene una linea della quale è pienamente convinto: ovvero che non ha motivo per pensare che Guaidò dia più garanzie di Maduro.
D’altra parte, il premier Giuseppe Conte, davanti all’Assemblea di Strasburgo, lo dice chiaro e tondo: “L’Italia non appoggia assolutamente Maduro. Noi non riteniamo che Maduro abbia legittimazione democratica. Chiediamo elezioni libere e democratiche al più presto. Ma non riteniamo che la soluzione sia un presidente autoproclamato, anzi riteniamo che questo rallenterà il processo democratico”.
Il né con Maduro, né con Guaidò viene confermato dalla reazione del ministro degli Esteri venezuelano, Jorge Arreaza: “Il governo italiano è stato molto saggio in questa situazione. Non vuole imporre una soluzione, che è quello che invece vuole fare il governo Usa. Stare dalla parte degli Stati Uniti vuol dire stare dalla parte sbagliata della storia”.
Alla relazione di Moavero si arriva dopo una lunga mediazione tra Lega e Cinque Stelle, condotta nella notte tra lunedì e martedì da Di Stefano e dal sottosegretario leghista, Guglielmo Picchi. E dopo un vertice a Palazzo Chigi. Presenti Conte, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, Moavero, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro e il sottosegretario Giancarlo Giorgetti. Assente Luigi Di Maio.
Da sottolineare che nel testo della mozione Lega-Cinque Stelle, approvata dalla maggioranza sia alla Camera sia al Senato, anche al riconoscimento dell’Assemblea ci si arriva per via indiretta. La vaghezza è il segno che sulla politica estera il governo gialloverde continua a barcamenarsi tra due posizioni non proprio identiche. Ma anche che la volontà di non spaccarsi è predominante.
Uno dei passaggi più controversi del testo è quello sull’impegno a garantire “il necessario flusso di aiuti nel rispetto del diritto internazionale”. Il timore del M5S era che la definizione degli aiuti fosse troppo larga e fosse il varco per aprire ad altri tipi di iniziative. E poi c’è il passaggio sul riconoscimento dell’Assemblea. Che viene fatto solo in maniera indiretta e citando la posizione dell’Unione europea che “ha reiterato il sostegno all’Assemblea nazionale”, e riservandosi, ove non fossero indette le elezioni, “il riconoscimento alla leadership del Paese, ai sensi dell’articolo 233 della Costituzione venezuelana”. La Lega rivendica in questo passaggio la legittimazione di Guaidò, i Cinque Stelle, viceversa, possono ribadire che l’Italia non sta né con Maduro, né con il Presidente autoproclamato. Tanto è vero che la delegazione venezuelana in Italia, ieri, ha rinnovato l’appello al governo perché riconosca Guaidò come capo provvisorio dell’esecutivo.
Nel dibattito in Aula, le opposizioni hanno denunciato le ambivalenze della posizione del governo. Su tutti, l’intervento di Emma Bonino in Senato: “Se Maduro non è riconosciuto da tutti i Paesi europei, compreso il nostro, chi dovrebbe fare il processo elettorale chiaro e limpido? Il processo elettorale non si fa da solo, né in modo assembleare”. E dunque, il governo italiano dovrebbe riconoscere “il governo ad interim Guaidò che deve supplire all’emergenza umanitaria e al processo elettorale”.