Di buon mattino il contraente che ha stravinto rassicura quelli che hanno straperso tramite sms. “Tranquilli, non voglio un rimpasto prima delle Europee, il voto in Abruzzo non cambia nulla”, scrive Matteo Salvini a Luigi Di Maio e al presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Ed è il Salvini ufficialmente gentile ma di fatto crudele, che per tutto il giorno consola il M5S, ricordando che “il Pd è andato peggio” e giurando che “non è un dramma” e che il voto “non avrà ripercussioni nazionali”. Ed è lo specchio del doloroso lunedì del Movimento. Con Di Maio che, sussurrano, “soffre il risultato” e si trincera in colloqui e incontri con i suoi. E con gli ufficiali a 5Stelle che riparlano di regole interne da cambiare, aprendo ad accordi “almeno con le liste civiche, perché altrimenti nelle Regionali non toccheremo mai palla”. E torna in ballo perfino la regola dei due mandati. Una norma aurea ma anche una pietra al collo, perché tanti iscritti vogliono schivare le candidature nei piccoli Comuni, così da giocarsela per il Parlamento nazionale o europeo. “Il vincolo andrebbe abbattuto almeno per le elezioni locali, così potremmo far crescere una classe dirigente di eletti sperimentati” argomenta un big. Ma questo può essere il domani del Movimento, o il dopodomani. Perché Davide Casaleggio, dicono, “è ancora rigido” sul punto, mentre Di Maio è più “aperto”, ma sarà difficile convincerlo a breve. Così nel M5S tiene banco la domanda sul perché sia andata “così male”. Nessuno sperava di vincere, ma l’obiettivo era galleggiare tra il 28 e il 30 per cento, per non venire travolti dalla Lega. Invece si è sprofondati sotto il 20, lontanissimi dai presunti alleati. E i vertici rimangono senza parole, tramortiti.
Lo conferma il silenzio sul blog delle Stelle, dove in tutte le passate Regionali nella mattina post-voto avevano sempre rivendicato un buon risultato contro tutto e tutti (formula più o meno di rito), e invece ieri sul portale si è scritto di altro. Il capogruppo in Senato Stefano Patuanelli invece ci mette la faccia con ilfattoquotidiano.it: “Salvini sa perfettamente che scaricarci avrebbe ripercussioni molto forti anche sul suo elettorato”. Ed è quello che sperano, nel M5S. Però poi c’è la discussione sulla disfatta, “perché è il momento di una seria analisi”, assicura il presidente della commissione Affari europei della Camera, Sergio Battelli.
E il nodo che affiora ovunque si chiama comunicazione. “Non abbiamo raccontato bene quello che abbiamo fatto finora, Salvini invece parla solo di porti e migranti e continua a crescere” geme una fonte di governo. “Manca una regia, dobbiamo mettere in fila i nostri risultati e ricordare che siamo un’altra cosa dalla Lega” riflette un altro maggiorente. Quindi, “dobbiamo tornare a parlare di nostri temi, per esempio di ambiente e giustizia, e non inseguire il Carroccio sull’immigrazione”. Invece in chiaro si manifestano voci critiche, come il deputato pescarese Andrea Colletti: “Dobbiamo essere meno verticistici, non possiamo essere dei pigia bottoni di scelte prese altrove. Bisogna tornare essere meritocratici, senza figli e figliastri”.
E la stilettata è per il capo, Di Maio, a cui il corpaccione parlamentare rimprovera la distanza e la scelta di diversi sottosegretari. Ma sul banco degli accusati finisce anche quello che doveva trascinare alla riscossa, Alessandro Di Battista. “Se ne è fatto un uso pessimo, solo per recuperare consensi” scandisce la senatrice Paola Nugnes. E arrivano i dardi contro “le star di cui non abbiamo bisogno”. Con Di Battista, raccontano, che non si stupisce. Ma in tanti si chiedono se sia stato mandato allo sbaraglio. Usato troppo, e troppo presto. Poi c’è anche lui, Conte, che a Politico.eu promette: “Il voto è stato chiaro, ma abbiamo 4 anni di governo davanti a noi”. Ma dall’esecutivo sono più pratici: “Così perderemo anche le prossime Regionali, a partire dalla Sardegna. E alle Europee come ci arriviamo?”.
Domani invece la giunta in Senato tornerà a riunirsi sul caso Diciotti. “Il voto non influirà sulla decisione sul processo a Salvini”, si sgolano dal Movimento. Ma il gruppo è lacerato. E un 5Stelle la mette così: “Io voterei sì, ma se lo mandiamo a giudizio Salvini farà il martire e a maggio ce lo ritroveremo al 50 per cento”. Imprendibile, per il M5S che finge di consolare.