La riforma del Coni è stata solo l’antipasto. Il governo si prepara a toccare le fondamenta del sistema sportivo italiano, dalla vecchia legge 91/1981 sul professionismo alla Melandri sui diritti tv, passando per i procuratori e gli stadi. Cambierà tutto, ma ci vorrà tempo. Subito, invece, arriva una nuova stretta sui reati da stadio: Daspo ancora più lunghi e conferma dell’arresto in flagranza differita, con modifica del codice penale. Forse non è un caso che ieri alla presentazione di Sport e Salute spa, la nuova società governativa che strapperà al Coni le competenze sullo sport di base (ma anche sul finanziamento e sul controllo delle Federazioni), ci fosse Matteo Salvini, oltre al sottosegretario Giancarlo Giorgetti e al 5 Stelle Simone Valente. Lo sport è al centro dei pensieri del governo gialloverde, come dimostra il collegato approvato in consiglio dei ministri. La rivoluzione per il momento è solo promessa perché tutta da fare. C’erano due correnti di pensiero: scrivere una legge dettagliata che entrasse subito nello specifico, o delineare solo dei principi generici. È passata la seconda linea, con un’eccezione: la parte sulla sicurezza è già strutturata, come annunciato dal ministro Salvini dopo gli scontri di Inter-Napoli.
Le nuove disposizioni prevedono pene ancora più severe e specifiche per chi commette reati durante manifestazioni sportive. Come il Daspo, che resta di massimo 5 anni ma aumenta ulteriormente per i recidivi: in questo caso si passa fino a 6-10 anni, addirittura 12 in caso di violazione del provvedimento in corso. L’altra grande novità è in realtà una conferma: l’arresto in flagranza differita, che permette il fermo fino a 48 ore dopo l’evento ed era stato introdotto in via temporanea con scadenza nel 2020, diventa permanente. In più viene ritoccato il codice penale, con aggravante specifiche per questi reati, a cui viceversa viene negata la tenuità.
Nella delega, però, c’è molto altro. A partire dalla riforma del Coni, che dovrà essere completata delineando le rispettive competenze con Sport e salute spa: al primo alto livello e preparazione olimpica, alla seconda la base e la scuola; il principio è chiaro, i nodi da sciogliere (finanziamenti e uffici territoriali) pure. La delega più corposa e delicata forse è quella che riguarda i lavoratori dello sport, perché andrà a toccare la vecchia legge 91/1981 sul professionismo e sul vincolo sportivo (che non sarà cancellato, al massimo rivisto): nascerà la figura del “lavoratore sportivo”, con un regime fiscale e previdenziale specifico (è uno dei punti che sta più a cuore al sottosegretario M5S Valente). E ancora: conflitto di interessi e obbligo di trasparenza sulle commissioni per i procuratori. L’ennesima legge sugli stadi, che guarda alla “sicurezza e modernità” degli impianti ma anche alla “redditività” (per alcuni costruttori è sinonimo di speculazione). Nuove regole di sicurezza sulla neve, dopo le recenti tragedie (obbligo di casco da sci non solo per i minori).
Ci sono anche delle assenze: manca, ad esempio, il “semiprofessionismo”, che chiedeva il mondo del calcio per la Serie C (ma serve pure a basket, pallavolo e settore femminile); la parola non è menzionata, in compenso viene introdotta una specie di apprendistato che garantirà forti sgravi per la “formazione” degli atleti (giovani o al di sotto di un certo stipendio), ossigeno puro per i campionati minori. Niente Federazione dello sport scolastico, ma arrivano dei nuovi centri sportivi nelle scuole per coordinare le attività motorie e i giochi studenteschi. Per tutto servirà tempo e pazienza: le deleghe vanno da due mesi a un anno, a seconda della complessità. La vera riforma, anzi le riforme, devono ancora arrivare.