La proposta di legge di Iniziativa Popolare (LIP) per i beni comuni, illustrata su queste pagine dal prof. Ugo Mattei, è estremamente pericolosa, nonostante il brand di Stefano Rodotà. L’impianto culturale sottostante e le norme qualificanti del testo sono, certo involontariamente, sinergiche al paradigma liberista e ne allargano il dominio sui residui spazi sociali ancora preservati dai beni pubblici.
Per motivare tale affermazione, richiamo l’epicentro della LIP. L’art 1, comma 3, Lett c), al terzo paragrafo prevede: “Titolari di beni comuni possono essere persone giuridiche pubbliche o soggetti privati”. Qui, a parte la riduzione del pubblico a semplice “persona giuridica” pari-ordinata ai soggetti privati, si programma di sottrarre alla sfera pubblica e affidare a titolarità privata i beni comuni. Va sottolineato che, nella LIP, i soggetti privati possibili titolari dei beni comuni non sono definiti. Secondo i proponenti, dovrebbero essere cooperative di milioni di cittadini, dove “uno vale uno”. Nella realtà, invece, “il sapiente uso contro-egemonico dell’autonomia privata”, previsto dal prof. Mattei, giocherebbe a favore proprio di imprese nazionali o multinazionali. Anche perché la LIP è Legge Delega (nella versione presentata dal Pd a febbraio 2010 al Senato). Quindi, si affidano al governo i decreti attuativi. Vuol dire che il governo (Salvini?), in coerenza con i generici principi di delega, potrebbe emanare decreti per consentire l’attribuzione, tramite gara, della titolarità dei beni comuni a qualunque tipologia di soggetto privato. Così, potrebbe essere indetta una gara per la titolarità del Colosseo, di una foresta in Umbria o di una spiaggia in Calabria tra la cooperativa “Stefano Rodotà”, da un milione di euro di capitale, e la Pirelli R.E. di ChemChina da 60 miliardi di fatturato. Così, si consegnerebbero, tramite il mercato, i beni pubblici e la connessa “fruizione collettiva” allo sfruttamento capitalistico e al profitto, esplicitamente previsto dalle norme.
Attenzione: è necessario introdurre in legislazione la categoria di bene comune e consentirne la gestione partecipata e l’autogestione ai lavoratori, agli utenti, ai cittadini, di un ampio insieme di beni pubblici. È anche necessario correggere gli articoli del Codice Civile oggetto della LIP per garantire la funzione pubblica della proprietà privata. A tal fine, il prof. Paolo Maddalena ha elaborato un’efficace proposta in via di presentazione alla Camera. È, invece, un clamoroso autogol proporre i beni comuni come categoria alternativa ai beni pubblici e prevederne la titolarità privata. È un autogol frutto dell’ideologia dell’imminente sollevazione delle “moltitudini comunitarie” e dell’“autonomia del sociale” contrapposta allo Stato-strumento immanente del capitale.
Va, al contrario, confermata la nostra Costituzione dove la proprietà è pubblica o privata, dove la proprietà privata è vincolata a irrinunciabili funzioni sociali, dove lo Stato è comunità e la forma necessaria all’espressione della sovranità popolare. Stato non è governo. Privatizzazioni e liberalizzazioni sono opera dei governi. Lo Stato è la posta in gioco del conflitto sociale e della dialettica politica, ricorda in un bel post su senso-comune.it Marco Adorni.
Amara conclusione: nella fase storica davanti a noi, schiusa dall’insostenibilità sociale del neo-liberismo, è davvero difficile costruire una cultura e un soggetto politico utile a ridare valore costituzionale a lavoro e sovranità popolare. Oltre alla destra nazionalista, si deve affrontare, da un lato, la sinistra riformista ancora subalterna all’europeismo liberista e, dall’altro, la sinistra antagonista di ottime intenzioni, ma di fatto funzionale al dominio dell’economico sul sociale attraverso iniziative di ulteriore smantellamento dello Stato e privatizzazione dei beni pubblici.