Sono d’accordo con Marco Travaglio che ci sia del nuovo nell’atteggiamento della maggioranza sulla legge che modifica la Costituzione per introdurre il referendum propositivo. Quanto questo sia nuovo, è prudente attendere il testo riformulato dalla relatrice per poterlo accertare, visto che su diversi punti si è riservata di presentare riformulazioni e alcune riguardano la possibilità di sottoporre a referendum propositivo aspetti che vengono catalogati sotto la voce modifiche ai regolamenti europei, che fino a prova contraria sono trattati internazionali e quindi non sottoponibili a referendum. L’introduzione del quorum di approvazione del referendum è un passo avanti, anche se troverei più equilibrato inserire anche un quorum di partecipazione (più alto) in quanto la partecipazione al voto potrebbe essere un tratto distintivo (positivo o negativo) di un solo punto di vista, mentre il voto dovrebbe sempre essere sempre personale e segreto.
Il testo delle modifiche costituzionali, pur essendo migliorato, resta 10 volte più lungo dei due commi precedenti dell’articolo 71: basta prevedere l’introduzione di principio del referendum propositivo e rinviarne l’attuazione alla legge attuativa, approvata dalla maggioranza assoluta delle Camere. Una legge che potrebbe modificare le modalità di raccolta delle firme, rendendola meno costosa e più semplice. Il centrosinistra ha sbagliato nel 2001 con le modifiche alla Costituzione, il centrodestra nel 2005, non c’è ragione di seguirne il pessimo esempio. Il referendum abrogativo può essere promosso anche da 5 consigli regionali: per analogia dovrebbe essere possibile anche in questo caso e questo suggerirebbe di inserire la modifica costituzionale all’articolo 75.
Per i casi di inammissibilità dei referendum propositivi va indicato con chiarezza quanto previsto dall’art. 75 (leggi tributarie, di bilancio, di amnistia e indulto, trattati internazionali). Inoltre andrebbe aggiunto che sono improponibili referendum che possano prevedere spese di cui solo il lavoro parlamentare è in grado di indicare le coperture. Il ruolo della Consulta è mal collocato, di fatto il suo parere arrivati alla soglia di 100.000 firme (o anche di 200.000) può diventare una sorta di malleveria per arrivare a 500.000 firme.
Inoltre se la Corte si pronuncia prima del voto delle camere, i promotori non hanno interesse a dichiararsi soddisfatti e quindi il doppio voto che contrappone testo delle camere e proposta referendaria è quasi certo. In alternativa al doppio voto su testo delle Camere e testo dell’iniziativa referendaria – che porterebbe al di là delle intenzioni a una contrapposizione tra voto popolare e voto parlamentare – sarebbe preferibile l’entrata in vigore ordinaria della legge che risponde alle richieste dei 500.000 firmatari e se i promotori non sono d’accordo possono sempre adire al referendum abrogativo, magari abbuonando la raccolta delle firme.
Va definito inoltre il numero massimo di referendum da svolgere nel corso della legislatura, se sono abbinabili e questo dovrebbe riguardare sia i referendum abrogativi che quelli propositivi. Ad esempio in ogni legislatura non dovrebbero essere presentati più di 3 referendum propositivi, ciascuno distante almeno 18 mesi dall’altro, in modo che gli elettori possano votare a ragion veduta.
In conclusione, condivido l’apprezzamento per la novità, ma ritengo indispensabile riaprire la discussione a tutto campo, in modo da realizzare un passo avanti nella partecipazione democratica, evitando nello stesso tempo di sminuire ulteriormente il ruolo del Parlamento, senza il quale tutta l’architettura istituzionale del nostro paese ne risentirebbe pesantemente. Altrimenti nessuno dovrà stupirsi se riemergerà una tentazione presidenzialista che sarebbe un rimedio peggiore del male che dichiara di voler curare.