Niente autorizzazione allo sbarco per la Sea Watch. Nel giorno in cui Matteo Salvini viene formalmente accusato dal Tribunale dei ministri di sequestro di persona, per aver “negato” – dal 17 al 24 agosto scorso – lo sbarco della Diciotti, la storia si ripete. È il braccio di ferro del Viminale. Uno strappo che si consuma anche con la giustizia – “sarò un sequestratore”, annuncia il ministro, “anche nei prossimi mesi” – commentando le notizie del Tribunale dei ministri. Al Fattorisulta che la Sea Watch ha chiesto il Pos – place of safety – a Libia, Italia e Malta. E nessuno ha ancora risposto.
Al netto di una sola differenza – il Diciotti era un pattugliatore della Guardia Costiera italiana, la Sea Watch la nave di una Ong – la situazione è specularmente opposta a quella dell’agosto scorso. in quel momento il barcone era in acque maltesi, e l’Italia chiedeva l’intervento di La Valletta, oggi la Sea Watch è in acque italiane. E la situazione in mare peggiora.
In mare un sorriso è apparso sul volto degli otto ragazzini quando un capodoglio ieri ha affiancato la nave che da giorni cerca un porto dove far sbarcare i 47 migranti salvati al largo di Tripoli. Ma i bollettini meteo hanno riportato l’equipaggio alla realtà, costringendoli a confrontarsi con il ciclone Mediterraneo, la previsione di onde alte sette metri, vento gelido e pioggia.
Era il 19 gennaio scorso quando la Sea Watch, a 50 miglia dalle coste libiche, aveva potuto solo osservare la solitudine delle due scialuppe di salvataggio che vagavano in mare. Il giorno prima erano annegate 117 persone. Per loro, la Sea Watch non era riuscita ad arrivare in tempo, ma poi s’è imbattuta in un’altra imbarcazione in avaria 47 migranti, donne, uomini e bambini. Il 22 gennaio la nave dell’Ong s’è diretta a Lampedusa. “Cercavamo riparo dal maltempo, ma Lampedusa è troppo piccola e bassa per offrire riparo”, spiega l’inviato di Carta Bianca (Rai3) Giuseppe Borello, unico giornalista italiano a bordo. “Nel frattempo sono state inviate richieste per trovare un porto sicuro”. Malta avrebbe addirittura negato il transito e la possibilità di ripararsi nelle acque territoriali. Ieri sera, superate le acque di Siracusa la Sea Watch s’è diretta prima verso lo Stretto di Messina per poi invertire la rotta: per attraversare lo Stretto occorre una comunicazione ufficiale ed entrare in acque territoriali italiane. “Nessuno sbarcherà in Italia. Pronti a mandare medicine, viveri e ciò che dovesse servire ma i porti italiani sono e resteranno chiusi”, ha avvisato il leader della Lega Salvini vedendo nel tragitto della nave “una provocazione”. Anche il Ministro Luigi Di Maio ha assicurato “supporto medico e sanitario”, invitando però la Ong “a puntare la prua verso Marsiglia”.
Nel frattempo 20 organizzazioni umanitarie hanno chiesto “che la legge sia rispettata e che queste persone vengano fatte sbarcare in un porto sicuro”. E dopo il primo cittadino di Palermo Leoluca Orlando, anche il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, ha dato il via libera all’accoglienza, predisponendo la macchina dei soccorsi.
Ha anche contattato il ministero sollecitando Salvini “a voler consentire l’attracco di tale nave nel Porto di Siracusa”. “Le condizioni a bordo sono difficili – dicono al Fatto dalla Sea Watch – i migranti sono traumatizzati e raccontano le torture subìte in Libia. Molti di loro dormono all’aperto perché non c’è posto per tutti sottocoperta. E il tempo peggiora”.