“Truffatore maniaco, nemico del popolo, corrotto”. Pawel Adamovicz, il sindaco di Danzica pugnalato sul palco durante un concerto di beneficenza, veniva descritto quotidianamente dalla tv pubblica come un “cancro della Polonia e della sua democrazia”. Dall’ottobre 2017 al 13 gennaio scorso, giorno dell’omicidio, il giornalista Krzysztof Leski, di servizi contro il sindaco filo-europeo ai telegiornali governativi ne ha contati almeno cento alla Wiadomosci Tvp.
“Ma sono diverse centinaia, se si calcolano anche talk show, servizi radio, edizioni serali dei tg, programmi delle tv private: i membri del Pis, partito Legge e Giustizia, con la loro versione della realtà, sono ovunque. Tutti avevano alzato il tiro contro Adamowicz da quando aveva annunciato l’anno scorso di volersi ricandidare”. Intanto Piattaforma civica, partito del sindaco e del presidente europeo Tusk, annuncia formalmente il boicottaggio dei media filogovernativi polacchi. Jacek Kurski, direttore della Tvp, ribatte minacciando querela a tutti quelli come Leski che citano l’emittente come responsabile del clima di odio diffuso nel Paese. L’ossessione per la verità, Leski la coltiva dall’era della Cortina di ferro: “Lavoravo per la stampa clandestina quando c’erano i sovietici, numeravo gli attacchi personali già allora”. Ma rispetto all’era comunista la differenza è sostanziale: “I comunisti ignoravano l’opposizione, che ufficialmente non esisteva, la nominavano magari una volta ogni 7, 8 settimane, era relegata al silenzio. I media governativi odierni invece parlando dell’opposizione tutti i giorni, con un livello di odio che dall’epoca dei due blocchi è aumentato del 1000%. Ma hanno mantenuto la metodologia sovietica, quella che chiamo “propaganda dei successi” delle autorità, ripetono quanto il nostro governo sia perfetto 24 ore su 24 su tutti i canali”. L’odio ai microfoni delle tv, via etere e web. Questo processo ha avuto una genesi precisa e un’origine concreta in Polonia secondo Leski: “L’incidente aereo in Russia, a Smolensk, nel 2010, in cui perse la vita l’ex presidente Lech Kazynsky, insieme a 88 membri delle autorità del governo e dell’esercito polacco. Da allora le teorie complottiste, i cospirazionisti hanno cominciato ad apparire ovunque, dal 2010 il Pis ha cominciato ad aprire siti, impossessarsi dei media e così, a cascata, siamo arrivati fino a qui oggi”. Ira polacca con accento britannico di questo ex corrispondente della Bbc e Daily Telegraph. Ha la voce arrabbiata e triste al telefono: “Ho 60 anni, sono un pensionato, questo fa di me un pessimista. Presto questo omicidio verrà dimenticato, andrà peggio di prima. Adamowicz non era l’unico obiettivo: lo sono tutti i liberali, dal sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowki all’ex presidente Lech Walesa. L’Italia ora è il puppy, pupazzo preferito della tv pro-governativa polacca. Ho visto almeno 50 servizi sul vostro governo anti-migranti che lotta in nome del popolo italiano a Bruxelles. Salvini viene presentato come un combattente per il budget dello Stato”.
Lesky, che legge solo Gazeta Wyborzca e Polish newsweek, è consapevole che il problema dei media è endemico: “Non c’è una sola fonte di notizie che ritengo totalmente affidabile e non solo in Polonia. Siamo nell’era della post-verità e l’odio non è un problema polacco, ma europeo, americano, mondiale. Stiamo tutti andando nella stessa oscura direzione, il deterioramento è cominciato, quello che conoscevamo come giornalismo è finito. E non ne è solo responsabile l’odio e chi lo diffonde come i populisti: è la superficialità ad aver ucciso il giornalismo. Solo i giornalisti indipendenti con fonti indipendenti potranno salvarci, that’s it, è proprio tutto qui”.