Se non fosse per l’intervento sopra le righe del viceministro Lorenzo Fioramonti e per l’intemerata del battitore libero Alessandro Di Battista, visto da questa sala congressi del centro di Roma, il governo gialloverde avrebbe già perso la sua metà. Come musica di sottofondo hanno scelto la hit di Alice Merton, No roots, ma tutta la scenografia è costruita affinché il Movimento Cinque Stelle possa provare a riprendersi proprio le sue, di radici. E per farlo deve necessariamente cancellare gli alleati di Palazzo Chigi, i nemici numero uno delle Europee che si terranno tra soli 120 giorni.
Nell’invito spedito ai giornalisti, il concetto era sfumato: “Dedicheremo un momento importante anche alla presentazione della misura Quota 100 – scrivevano nella email – che consentirà a centinaia di migliaia di cittadini di andare in pensione”. Ma della riforma previdenziale targata Lega, sono rimasti solo i pannelli sopra il palco. A favor di telecamere, alle spalle degli oratori c’è solo la scultura in polistirolo dedicata al reddito di cittadinanza. L’altra, quella realizzata per celebrare Quota100, è rimasta dietro le quinte, nel corridoio laterale della sala. Tanto per evitare di mescolare il sacro col profano. E infatti Quota100, al convegno in cui tra gli oratori c’è anche il premier Giuseppe Conte, viene solo citata qua e là, come uno strumento utile a liberare posti di lavoro per i giovani.
Matteo Salvini deve rimanere fuori dalla porta. Così, lo evoca polemicamente solo il già citato Fioramonti: “La diseguaglianza aumenta i crimini. Forse questo lo dovrei dire anche al nostro ministro degli Interni, mi dispiace che non ci sia”. Di striscio, lo nomina anche il redivivo Di Battista, quando accenna a “quella storia di essere subalterni”: “Sono orgoglioso – dice l’ex deputato – di aver costretto politicamente la Lega a votare il reddito di cittadinanza”. Ricorda, ancora Di Battista, che quella era una delle battaglie con cui hanno cominciato Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Tradotto: noi non siamo cambiati, non abbiamo tradito le origini, men che meno con il contratto di governo.
Che sia aria di campagna elettorale, lo ammette lo stesso Luigi Di Maio quando ricorda che i colori e l’organizzazione della kermesse assomigliano molto a quelli della presentazione della squadra dei ministri del 2 marzo scorso. Lui nel ruolo di anchorman (“Ottimo l’ingresso”, è il commento della comunicazione quando “Luigi” comincia a parlare fuori campo e poi raggiunge il palco camminando dalla platea), il blu istituzionale, gli interventi che alternano “tecnici” e politici.
La card per il sostegno economico sarà il “santino” con cui il Movimento girerà l’Italia: “Non andate sui territori a dire cosa abbiamo fatto – ha detto ieri Di Maio ai suoi – ma spiegate come si ottiene il reddito di cittadinanza”. L’operazione, però, è appena cominciata e perfino i più vicini al vicepremier confessano che la strada è tutt’altro che in discesa: “Abbiamo dovuto fare in fretta, stiamo lavorando come pazzi: noi gli abbiamo spiegato che sarebbe stato meglio aspettare dopo l’estate, ma le Europee sono adesso: non c’è stato niente da fare”.