Due passaporti diplomatici e strani viaggi: fermato Benalla

L’affaire Benalla si fa sempre più intricato. L’ex consigliere per la sicurezza di Emmanuel Macron, già indagato l’estate scorsa per violenza dopo essere stato filmato mentre picchiava alcuni partecipanti al corteo del Primo maggio, è di nuovo posto in stato di fermo da ieri.

Questa volta, Alexandre Benalla deve rendere conto davanti ai giudici di Parigi dell’uso che ha fatto dei suoi passaporti diplomatici dopo essere stato licenziato dall’Eliseo, una volta scoppiato lo scandalo del video con le violenze, il 18 luglio 2018. Il capo di gabinetto di Macron, Patrick Strzoda, sentito in Commissione senatoriale, ha infatti rivelato che l’ex uomo di fiducia dell’Eliseo ha utilizzato i suoi documenti ufficiali “una ventina di volte” tra agosto e dicembre, quindi in modo illecito perché già licenziato, per viaggi in Africa e Israele.

Strzoda sospetta inoltre Benalla di avere falsificato una nota interna per ottenere il secondo passaporto. Perché non ha restituito i documenti? A cosa gli sono serviti? Ha fatto davvero carte false? Quando era stato convocato in Senato a settembre, Benalla aveva assicurato sotto giuramento di aver lasciato i passaporti nel suo ufficio dell’Eliseo, ma lì non c’erano. Perché ha mentito? Si è poi saputo che non aveva restituito neanche un cellulare “criptato” con cui ha continuato a comunicare con il presidente. Restano molti misteri sul giovane “protetto” di Macron e sui privilegi di cui sembra aver sempre goduto. La nuova inchiesta, che dovrà fare luce su questi aspetti, era stata aperta il 29 dicembre, dopo che si era saputo del viaggio in Ciad di Benalla, per incontrare tra l’altro il presidente Déby, pochi giorni prima di una visita ufficiale di Macron nel paese africano. Il fermo può durare fino a 48 ore, dunque domani mattina. Benalla sarà ascoltato di nuovo in Senato lunedì.

“Odio e razzismo, la Polonia come un romanzo di Orwell”

“Parole di odio: è quello che ha ucciso Pawel, questo omicidio è nato dalla cattiveria. Vi dico cosa era più importante per lui: che a prescindere dal colore della pelle, del credo religioso, un cittadino si sentisse bene e accolto qui a Danzica. Ero convinto che scene così non ne avrei viste più, ma le peggiori memorie sono tornate, le persone sono sempre più divise, e la colpa è da attribuire solo alla classe politica”.

Così si esprime Grzegorz Kubicki, da 20 anni caporedattore a Gdansk della leggendaria Gazeta Wyborcza, giornale aperto nel 1989 con il motto Nie ma wolnosci bez Solidarnosci (Non c’è libertà senza Solidarietà). Nelle strade intanto, continua la mobilitazione. Cuori disegnati, cuori di lampadine e sui cartelloni con solo due parole sopra: stop nienawisci, basta odio, una parola che in polacco si dice letteralmente “non vedere”.

La cecità della Polonia xenofoba e destrorsa, che predica valori da Europa bianca, cattolica e sovranista, ha svegliato quel lato del paese che rimaneva sopito, che ritiene che la guerra adesso non è ai confini della patria o intorno alle trincate basi Nato, ma all’interno. I campi di battaglia del passato si sono trasferiti nelle case degli scontenti, ostaggio di propaganda e informazioni false.

La Polonia senza Pawel sta zitta. Nessuno si interroga su Stefan, il ragazzo che ha accoltellato il sindaco per una vendetta, come ha dichiarato: è uno spettro di disperazione da reparto psichiatrico. Quello che invece non è più un fantasma nel paese è l’odio. Ola Ptak, giornalista di Rzeczpospolita, ha scritto: “Finalmente hanno capito che le parole sono reali e possono uccidere le persone”.

La paura c’è ed è palpabile, tanto che se chiedi in giro i ragazzi ti rispondono, ma a patto dell’anonimato: “Le città sono cresciute, nelle campagne sono rimasti i poveri, quello è il bastione elettorale di Kazynsky (il fondatore del Pis, il partito della legge e dell’ordine, ndr) non hanno soldi per comprare giornali, sono incazzati, non sanno neppure che il governo gli sta lavando il cervello. Le nostre tv sono come i mass media di 1984 di Orwell: creano un nemico, poi gli scatenano contro l’odio. Contro la carriera, la famiglia, la vita di Adamovicz hanno gettato odio. Rendono il popolo stupido facendosi pagare il canone. Le provocazioni hanno funzionato: il presidente è morto. Al potere ci sono i fascisti, ma se scrivi che l’ho detto, non scrivere il mio nome”.

Conferma queste parole lo storico redattore politico della Wyborcza, dall’ufficio di Varsavia, Roman Imelski: “La nostra tv è in stile Cremlino, è a rischio l’indipendenza del nostro sistema giudiziario, vogliono renderci una seconda Ungheria. Nel 2014, quando il Pis è arrivato al potere, tutto è cambiato. Mentre il governo faceva propaganda contro i migranti che ci chiedeva di prendere l’Europa, in Gran Bretagna facevano propaganda contro i migranti polacchi per la Brexit. Il nostro governo che sulla carta è russofobico, ha come primo alleato il più putiniano dei politici d’Europa: il primo ministro dell’Ungheria, Orban. Qui tutto ormai è tutto un paradosso”.

La Varsavia del Sejm, il Parlamento, si dichiara ufficialmente affranta. Il leader de facto della Polonia, Jaroslaw Kaczynski, presidente del partito Pis, parla di “grande dolore” per la morte del primo cittadino di Danzica che fino a ieri aveva denigrato per le sue aperture sociali.

Ora calerà il silenzio, fino al giorno dei funerali del sindaco di Danzica, domenica prossima. Wojtek Szczucki si definisce figlio d’Europa e vive a Berlino. All’amico che sta per arrivare dalla Polonia ha chiesto di portargli i quotidiani da conservare, perché questi sono giorni storici.

“Due cose possono succedere adesso: i nostri politici realizzano che questo gioco dell’odio è pericoloso e il delitto sarà l’ultimo tragico capitolo che ha provocato la morte di Pawel. O non lo capiranno, e delle tragedie successive, questo lo ricorderemo come il primo passo”.

Mail Box

 

La divisa da pompiere significa tolleranza e sacrificio

Il ministro Salvini continua ad apparire in tv con le giacche delle forze dell’ordine e dei Vigili del fuoco. Da pompiere veterano, dissento da lui per i seguenti motivi: l’ingresso nel Corpo nazionale è dettato da durissime selezioni, psicofisiche attitudinali, con prova di mestiere: si giura sul rispetto della Costituzione e non si discrimina nessuno, indipendentemente dalla religione, dalla razza, dalle opinioni politiche, dal colore della pelle.

Qui noto con grande fastidio, la discrasia comportamentale del ministro. Il vigile del fuoco vede cose che il ministro Salvini non riuscirà mai neanche a immaginare e si diventa umili, compassionevoli e tolleranti nei confronti di chiunque. Il Corpo nazionale si trova in fondo alla classifica europea dei salari, in media 1.300 euro al mese. È invece fra i primi posti nell’Eurofire per basso numero di eventi e decessi. Il vero distintivo sulla divisa del corpo dei vigili del fuoco sono una normativa all’avanguardia sulla prevenzione degli incendi, sui materiali e soprattutto grande professionalità a tutti i livelli, svolta con vero spirito di abnegazione.

Se il ministro Salvini vuole proprio dimostrare sensibilità e attenzione, può farlo con aumenti di organici, adeguamenti salariali e stipendi come tutti gli altri corpi dello Stato. Altrimenti è solo “chiacchiere e distintivo”.

Giuseppe Romeo

 

Propongo una “pizza sospesa” in solidarietà con Sorbillo

Non sono napoletano ma sento una particolare vicinanza con quella città per la cultura che ha donato con le eccellenze e per quante persone ironiche e umane ho incontrato tra le sue vie.

Purtroppo c’è la camorra, che vuole sottomettere un popolo, che invece reagisce.

Come ha fatto Gino Sorbillo, proprietario della sua storica pizzeria, colpito nuovamente da una bomba della malavita. Siamo in molti – in tutto il Paese – a essere orgogliosi del suo coraggio, ma vorremmo anche dargli un segno concreto del nostro sostegno.

Pertanto, chiederei al sindaco Luigi de Magistris di istituire un conto corrente – garantito dal Comune di cui è alla guida – affinché si possa donare il costo di una “pizza sospesa” fino ad arrivare alla somma necessaria per i lavori di ripristino della pizzeria di Gino Sorbillo.

La criminalità organizzata si batte con l’onestà organizzata.

Massimo Marnetto

 

Godetevi le cene “inciucio” ormai vi restano solo quelle

L’articolo del direttore Travaglio sulla “cena delle beffe” svela di un raduno di persone che va al di là di ogni comprensione logica. Una riunione talmente variegata che se non conoscessimo la storia del nostro paese, dove l’inciucio era il collante di ogni governo, non ci avremmo creduto. Con quella strana legge elettorale che non poteva far vincere nessuno forse volevano arrivare ancora al solito governo tecnico, ma il 32% del Movimento 5 Stelle li ha spaventati. Ma si mettano il cuore in pace, qualunque cosa succeda non governeranno mai più con il loro vecchio sistema.

Omero Muzzu

 

I calmi parlamentari inglesi, dei “lord” rispetto ai nostri

Volevo far notare come il Parlamento britannico nei suoi componenti, stia seduto composto, senza aver di fronte un giornale, un telefonino, una qualsiasi cosa che serva per distrarsi e non ascoltare il dibattito. Al contrario il nostro Parlamento usa e abusa pure della manina. Un voto per la democrazia britannica? Otto.

Giovanni Colasanti

 

L’Europa chiede scusa adesso, ma piange sul latte versato

Il presidente Juncker a fine mandato ha ammesso che con l’austerità si è esagerato. Ma è tardi. Quando c’è stata la crisi greca dov’era la solidarietà?

Gabriele Salini

 

DIRITTO DI REPLICA

Ho letto l’articolo di Marco Lillo del 16 gennaio “A quell’incontro non si doveva andare”. Nell’articolo è scritto tra l’altro quanto segue: “C’erano poi alcuni ex membri del Governo Berlusconi come Giulio Tremonti e Gianni Letta, ecc”. Al proposito mi permetto di fare notare che nella sera della serata ero a Mosca.

Giulio Tremonti

Nel passaggio citato dell’articolo ci riferivamo agli ospiti previsti sulla locandina dell’evento, non a quelli che poi sono effettivamente andati (e questo vale anche per l’avvocato Alberto Bianchi, pure lui dato per presente e invece assente). Se non era chiaro, grazie alla precisazione del professore Tremonti, ora lo è.

M.L.

 

I NOSTRI ERRORI

Per un errore redazionale, una frase del testo di ieri di Barbara Spinelli sulla Brexit è uscita incompleta. Questo il testo corretto: “Quel che si spera è che preservi unilateralmente, come primo atto, i diritti dei residenti inglesi nel proprio territorio: raccomandando l’allineamento delle procedure nazionali in materia di residenza e permessi di lavoro alle ‘migliori pratiche’ già prospettate in alcuni Paesi membri, e garantendo che tali diritti includano non solo il soggiorno nei singoli Stati ma anche il libero movimento nell’intero spazio dell’Unione”. Ce ne scusiamo con l’autrice e con i lettori.

FQ

Brexit. Lavoro, gli italiani non saranno più equiparati ai cittadini britannici

 

Gentile redazione, mi scuso per la domanda minuta, ma sono una madre avvolta da dubbi e pochissime certezze, dopo questo caos totale causato dalla Brexit: mio figlio vive e studia a Londra, quindi (credo) in un regime che resterà pressappoco invariato a prescindere dalle decisioni politiche; la questione (sempre “credo” e ora anche temo) potrebbe mutare nel momento in cui deciderà di restare in Inghilterra per trovare lavoro. È così, oppure sto solamente esagerando? E soprattutto, quali saranno le nuove regole? Le nuove limitazioni? Vi ringrazio per l’attenzione.

Alessia Gervasoni

 

Gentile Alessia, purtroppo non c’è, al momento, una risposta univoca alla sua domanda; e non vi sono certezze da contrapporre ai suoi dubbi. Al momento, non si sa di sicuro se la Brexit ci sarà – molto probabile – e quando, se sarà hard – senza intese – o se sarà gestita da un accordo fra le parti, l’Ue e i 27 insieme e la Gran Bretagna.

Il calendario che era fino a mercoledì plausibile – Brexit al via il 29 marzo, due anni di transizione, poi un nuovo regime di rapporti tra Unione europea e Regno Unito sancito dall’intesa ora bocciata – non è più attuale, anche se potrebbe tornare a esserlo.

In quel contesto, suo figlio aveva – relativamente – poco da temere: fino alla fine della transizione, nulla per lui sarebbe cambiato, a parte l’eventuale fastidio di qualche maggiore controllo all’ingresso in Gran Bretagna; dopo, i cambiamenti sarebbero stati funzione dell’intesa e, comunque, i diritti acquisiti sarebbero stati garantiti.

Adesso la situazione è più fluida, anche se fin quando è studente, suo figlio non dovrebbe subire scossoni. Diverso il discorso quando volesse immettersi nel mercato del lavoro: non sarebbe più equiparato a un cittadino britannico, in quanto cittadino dell’Ue, ma a un immigrato. Certo, se suo figlio fosse residente da dieci anni in Gran Bretagna – ma non credo sia il caso, se è lì per studiare – potrebbe richiedere, e avrebbe interesse a farlo subito, la residenza permanente, che lo metterebbe di fatto al riparo da ogni contraccolpo.

Mi spiace non poterle essere di maggior aiuto, ma i nostri amici britannici ci e si complicano la vita con pervicacia, da mille giorni a questa parte.

Giampiero Gramaglia

D’Urso-Giò, il flop di ascolti credendosi True Detective

È strano che Canale 5 non abbia affidato a Barbara D’Urso le previsioni del tempo. Un vuoto che si sente, soprattutto da domenica, quando in una delle poche zone libere del palinsesto Barbara ha abbandonato accessori, smalto e rossetti ton-sur-ton per indossare il castigato camice della Dottoressa Giò. Nel ventennale dalla prima stagione, gli ascolti sono stati deludenti, specie se paragonati alle maratone pomeridiane (oltretutto su Rai1 non c’era Mara Venier, ma il Sassuolo). Forse qualcuno avrà scambiato il debutto per una replica, magari qualcun altro non ha capito che si trattava di una fiction. Nei panni di una wonder ginecologa la D’Urso non è una campionessa di credibilità, d’accordo. Ma questo ritorno in cui, superato un ingiusto processo, Giò riprende il suo posto in ospedale con l’obiettivo di creare un centro antiviolenza per le donne, resta più verosimile delle sceneggiate a cui ci ha abituato in Pomeriggio 5. Meglio lo speculum della dottoressa Giò delle colonscopie degli ospiti che esibiscono corna, figli segreti e gossip bene assortiti dagli autori. Come può una simile novelliera della domenica pomeriggio trasformarsi nella rivale di Don Matteo la domenica sera? Anche al più boccalone degli spettatori qualche dubbio viene. Invece a Mediaset non fanno una piega, come se La dottoressa Giò potesse vedersela non solo con Don Matteo ma anche con True Detective. Qualcuno spieghi a Pier Silvio, con il dovuto tatto, che siamo nel 2019: l’evo del dottor Giò Evan.

Parisi-Cuccarini, il sovranismo indossa il tutù

Io l’ho capito quando Pamela Anderson ha detto la sua sul nostro governo attaccata dal ministro dell’Interno Salvini e quando Giancarlo Magalli ha detto la sua sul nostro governo ringraziato dal ministro Salvini che il problema dei maître-penseur, in Italia, sarebbe diventato ben presto più impellente di quello del reddito di cittadinanza.

E infatti, è arrivato perfino il giorno in cui lo scontro destra vs sinistra è finito per diventare affare di due note intellettuali, politiche e attiviste nel campo della sforbiciata: Heather Parisi e Lorella Cuccarini.

Lorella, vittima da anni della sindrome di Scavolini, eternamente convinta di essere “la più amata dagli italiani”, certa di essere il Giuseppe Garibaldi delle cucine in travertino, ha visto nel ritorno del sovranismo, nel rispolvero della parola “italiani” la sua nuova giovinezza. Si è quindi lanciata in dichiarazioni forti: “In Italia ci sono 5 milioni di poveri. E mi dite che bloccare l’immigrazione è di destra? È sacrosanto. Vorrei che il papa parlasse anche d’altro, oltre che di migranti”.

Prima gli italiani, insomma. Del resto è la più amata dagli italiani, mica dai ghanesi.

Il giorno in cui una fabbrica di cucine del Ghana la farà testimonial delle sue cucine hi-tech con finiture in microcemento, allora si vedrà, per ora lei è antiglobale.

Appena ha letto le sue dichiarazioni, Heather Parisi, la sua nemica di sempre, l’extracomunitaria che più volte le ha rubato il lavoro, quella che mentre Lorella è contro le unioni civili lei invece è perché i gay facciano quel che vogliono, non ha perso occasione per risponderle. E lo ha fatto con un tweet che, da solo, ha sprigionato più energia livorosa di un test nucleare a Mururoa: “Ci sono, in ordine rigorosamente di importanza, ballerine d’étoile, ballerine soliste e ballerine di fila e, da oggi, anche ballerine sovraniste. O forse no, solo sovraniste”.

Come a dire: molla la politica e pensa a ballare. Anzi, no, sei una pippa anche in quello.

La risposta della Cuccarini non è ancora arrivata, ma si mormora che la più amata dagli italiani sia in camera di consiglio con Pippo Baudo e Giampiero Ingrassia da circa 24 ore per decidere sul da farsi.

Nel frattempo, ha ricevuto gli immancabili ringraziamenti via Twitter dal ministro dell’Interno Salvini, il quale in segno di riconoscimento nella giornata di domani toglierà la divisa della polizia per indossare calzamaglia e scaldamuscoli.

La Parisi, nel frattempo, si gode l’ovazione su Twitter. Lei, la cicala-cicala-cicala, conosce bene i punti deboli della più amata e sa perfettamente che le rigorose, integre, disciplinate formiche – perfino quelle sovraniste – nel loro piccolo si incazzano.

Corriere, Fca e Cisl contro l’ecotassa (per auto da ricchi)

Mercoledì sera, tre milioni di lettori del Corriere.it vengono informati che l’ecotassa decisa dal governo per favorire l’acquisto di auto meno inquinanti mette a rischio “centomila posti di lavoro”. L’articolo di apertura del sito rilancia un comunicato del segretario della Fim Cisl, Fabrizio Bentivogli, e titola: Ecotassa “favorite solo automobili straniere. Penalizzati 14 modelli Fca”. Segue il sommario: “L’allarme della Fim Cisl: il provvedimento rischia di distruggere l’industria italiana dell’auto e migliaia di posti di lavoro. Favorite 28 vetture estere, penalizzati 14 modelli di Fca tra cui la 500X e la Renegade 2000 diesel. Eccoli tutti”. La lettura del pezzo, che riporta il documento del sindacato, le dichiarazioni di Bentivogli e del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, suscita però parecchie perplessità. Prima di tutto per la lista. Il Corriere.it ricorda (nell’articolo, ma non nella titolazione) che 9 dei 14 modelli penalizzati portano il marchio Maserati. Si tratta delle auto diesel e benzina Ghibli B, 4 p B, Gran Turismo B, Gran Cabrio B, Ghibli D, 4 p D, Levante, Gran Turismo D, Gran Cabrio D. Tutte macchine bellissime che nei modelli base costano tra i 72 mila e i 129 mila euro. Chi si intende di auto sa però che in genere vengono vendute super accessoriate e che quindi il loro prezzo reale sale di parecchio.

Per questo a qualunque persona minimamente dotata d’intelletto appare francamente esagerato ritenere, come evidentemente ritiene Bentivogli, che i pochi acquirenti italiani di una Maserati decideranno di rinunciarvi a causa della tassa una tantum contro l’inquinamento, solo perché dovranno sborsare 2.000 euro in più al momento dell’acquisto. Se ho i soldi e voglio un’auto così, me la compro punto e basta. Anche perché, se scelgo una Porsche o una Jaguar, la tassa la pago lo stesso.

Il comunicato della Cisl e l’articolo questo però non lo dicono. Così come non riportano i prezzi di listino dei vari modelli e l’ammontare dell’ecotassa (prevista a scalare a seconda dell’inquinamento). I lettori vengono invece informati già dal sommario che la Cisl lancia l’allarme sulla più accessibile Fiat 500x (2000 diesel). È un fatto curioso, almeno stando a quanto scrive Quattroruote. Secondo l’autorevole mensile, questo modello di Fiat 500 ha emissioni di anidride carbonica pari a 144 grammi per chilometro, mentre il limite oltre il quale si paga l’ecotassa (1.100 euro, primo scaglione) è di 161 grammi. Ma si deve trattare di una svista, come doveva essere una svista l’inserimento nell’elenco Cisl pure della Fiat Panda 1.2 Easy (modello non citato nell’articolo). Nella lista del Corriere.it compaiono invece una Renegade (2000 diesel), una Giulietta (1.4 B), una Giulia (2.0 B) e una Stelvio (B). Stupisce però il fatto che il sindacato non abbia chiesto a Fca come mai la nuova Giulietta 1.4 a benzina inquini di più rispetto al modello vecchio che, al contrario, non avrebbe pagato nessun ecobonus. Per quanto riguarda la Giulia, gli acquirenti possono invece stare tranquilli. Vi sono altri due allestimenti con lo stesso motore per i quali il sovrapprezzo non c’è, mentre per la Renegade si può sempre comprare la cilindrata inferiore. In ogni caso, dati alla mano, l’allarme lanciato da Cisl e Corriere appare ben poco fondato. È invece vero che Fca, a differenza di molti concorrenti, non produce ancora modelli ibridi o elettrici. Ma questa non è una notizia. È solo un errore di un’azienda alla quale, in un mondo ideale, sindacato e libera stampa dovrebbero chiedere conto.

L’eterno ritorno di B. tra Topolino e Mao

Sarà proprio il caso che tutti noi notisti, commentatori, noi insomma operatori dell’informazione (sia detto senza offesa), sia quelli pagati da lui o da suo fratello sia quelli che l’hanno sempre considerato un avversario della democrazia, vadano ad accendere un cero a San Francesco da Sales, patrono dei giornalisti, per la notizia del ritorno di Silvio Berlusconi.

E chi se l’aspettava, in questo mortorio di scaramucce tra europeisti e sovranisti e di polemiche stantie su popolo e élite, tanta sfacciata fortuna? Saranno mesi favolosi, segnati dalla riscossa di uomo di cui a questo punto, dopo aver pensato tutto il peggio, è lecito sospettare persino la buona fede, altrimenti perché mai un 82enne con gli acciacchi fisici e morali di B. dovrebbe imbarcarsi in un’impresa come una campagna elettorale per le europee, dopo aver sfiorato la galera e aver logorato fisico e faccia, per quanto rabberciata in cliniche apposite, nella poco commendevole vicenda che è stata tutta la sua vita, se non fosse sospinto dalla convinzione sincera di poter salvare l’Italia e il sogno europeo?

Sospettiamo ci sia lo zampino di Tajani, inopinatamente da due anni presidente del Parlamento europeo (una specie di trojan ivi introdotto per rendere potabile il pregiudicato quale “argine contro i populismi”), già più volte candidato a succedergli alla guida di FI insieme ad altre decine di ignari disgraziati tra generali in pensione, carabinieri, presentatori Tv e finanche Frattini. Va’ a sapere cos’hanno in mente.

B. sembra ieri che lo vedemmo suonare il piano per i poveri ospiti dell’ospizio di Cesano Boscone condannati ai suoi servizi sociali; invece ieri, dalla Sardegna, dove è andato a sponsorizzare la candidatura alle amministrative di qualcuno di cui noi e forse anche lui ignoriamo l’identità, annuncia il ritorno, e anche questo è un déjà-vu di un déjà-vu, una iper-smagliatura nella matrice slabbrata della sua parabola; del resto lui vive nell’eterno presente, nell’imperituro sabato sera della vita. Delirando di comunisti da fermare e di impero cinese che ci domina, il novello studioso di geopolitica somaticamente sempre più simile al Topolino ibridato con Mao Tse Tung dell’artista pop Troy Gua ha dichiarato: “Ho deciso per senso di responsabilità di andare in Europa, dove manca il pensiero profondo sul futuro del mondo”; e vuole portarlo lui, il pensiero profondo, l’uomo che ha fatto della fatuità, dell’apparenza e della vanità una missione di vita.

Ora, a questo campione di responsabilità che da mesi gli organi di stampa e le Tv prendono sul serissimo come se fosse non diciamo uno statista ma una persona affidabile, gli è preso l’uzzolo di battere i 5Stelle, anche se a rigor di logica per la FI europeista il nemico più diretto sarebbe la Lega, con cui però governa regioni e città. Fa niente se fino a ieri era incandidabile, e l’Europa gli interessava solo per la Champions e per la Corte di Strasburgo, a cui era ricorso lamentando la violazione dei suoi diritti umani nella speranza di ridiventare politicamente agibile, fermo poi bloccare tutto perché della verità e dei diritti, tanto più umani, a lui niente è mai fregato e gli è bastata la riabilitazione del Tribunale di sorveglianza di Milano.

Pare abbia detto, ieri in Sardegna: “Con la mia conoscenza, le mie esperienze e la mia capacità di convincere, penso di poter far capire ai cittadini europei che rischiamo di allontanarci dai valori occidentali”, i famosi valori che inoculò nel Paese l’amico di Gheddafi e socio di Dell’Utri; il mecenate di Ruby Rubacuori, la prostituta minorenne che si presentò al presidente del Consiglio, che ci credette, come nipote di Hosni Mubarak, circostanza poi verificata dal Parlamento italiano soggiogato da lui e dai suoi soldi; il frequentatore taglieggiato di poco di buono, dropout, spacciatori cubani; il propiziatore di bavagli alla stampa e di 41 leggi ad personam. Quanti bei ricordi.

Sarà Silvio a unire l’élite e il popolo, perché dove non arriva la sua azione salvifica (la rivoluzione liberale, ancora in fieri), arriva la fine della sua “divisività”, conclamata pure dal Pd post-larghe intese. Due mesi fa Renzi diceva che “dovremmo chiedere scusa a Berlusconi”, e del resto è lo stesso che un giorno che stava male di stomaco equiparò berlusconismo e antiberlusconismo (fu al meeting di Cl del 2015: “Il berlusconismo e per alcuni aspetti l’antiberlusconismo hanno messo il tasto pausa al ventennio italiano, impedendoci di correre”, e vabbè).

Ma è inutile star qui a rimestare, la vita è dell’eterno divenire, B. lo sa bene. A rinfacciargli tutte le sue malefatte (adesso è persino indagato per le stragi di mafia) si rischia di ripetere la scena di Amore e guerra in cui Woody Allen affronta Napoleone: “Lei è un tiranno e un dittatore e dichiara guerre”, e Napoleone: “Perché sta elencando i miei meriti?”.

Gela: associazione contro i tumori contro i vertici Eni

È stata presentata ieri l’istanza per costituirsi parte civile nel processo che coinvolge i vertici dello stabilimento Eni di Gela da parte dell’associazione Farc&C, in prima linea sul territorio nella lotta contro i tumori. Sono 22 i rinviati a giudizio dalla Procura con accuse varie, tra cui disastro ambientale innominato. “Il nostro è un dovere morale e civile per i pazienti oncologici morti, per quelli malati e per quelli che si ammaleranno”, fa sapere Angela Lo Bello, presidente di Farc&C. Al momento non esiste un registro tumori. Nel processo, oltre a Comune, Regione e ministero dell’Ambiente, si erano già erano costituiti un centinaio di cittadini, tra cui numerose donne con figli affetti da patologie respiratorie, cardiocircolatorie e malformazioni. Eni è accusata di danni all’ambiente e contaminazione di aria, acqua e sottosuolo: “L’associazione si ritiene danneggiata dalle condotte di reato contestate, perché hanno indubbi riflessi sull’incolumità e sulla salute pubblica”, fa sapere il legale di Farc&C Imbruglia. Ma per Eni “eventuali patologie tumorali non sono in alcun modo correlabili alle attività dello stabilimento”. L’udienza è fissata per il 21 febbraio.

Scontri Inter-Napoli: arrestato Ciccarelli, leader dei “Viking”

Nuovi sviluppi nelle indagini sugli scontri di Santo Stefano prima di Inter-Napoli tra frange della curva nerazzurra, insieme a degli ultras del Varese, e i supporter del Napoli che si è conclusa con la morte di Daniele Belardinelli, legato a “Blood & Honor”, gruppo di tifosi varesini di estrema destra. Grazie alla testimonianza della vedova di Belardinelli sono stati arrestati Nino Ciccarelli, fondatore dei “Viking” interisti, e Alessandro Martinoli, membro di “B&H”. La donna è stata sentita il 14 gennaio scorso dal gip Guido Salvini e avrebbe raccontato che la notte di Natale Belardinelli avrebbe ospitato Marco Piovella, capo ultrà dei “Boys San” dell’Inter attualmente in carcere, lo stesso Martinoli – che sarebbe stato presente anche quando Belardinelli è stato portato in ospedale dopo essere stato investito da un suv – e altri tifosi nerazzuri, in un incontro “che è stato certamente propedeutico all’organizzazione dei fatti del giorno seguente”. Piovella, che aveva messo a verbale di essere stato ospite da Belardinelli, aveva taciuto sulla presenza di altri ultras per evitare di far riferimento a un incontro per accordarsi per il blitz, mentre Martinoli avrebbe organizzato con Belardinelli e altri la trasferta a Milano. Gli inquirenti stanno indagando su un gruppo di 180 persone tra tifosi interisti e napoletani per gli scontri in via Novara e tra questi c’era pure Ciccarelli. Scrive il gip Salvini nell’ordinanza di arresto della pericolosità del fondatore dei “Viking”che sarebbe in grado di condizionare psicologicamente gli altri tifosi. Ciccarelli, 49 anni e alle spalle 12 anni di carcere, un Daspo di 5 anni ancora in corso e un’assoluzione in secondo grado per morto di un tifoso ad Ascoli nel 1988, è accusato di rissa aggravata e omicidio volontario. Lo ha riconosciuto dal collaboratore alle indagini Luca Da Ros, che lo ha visto in una foto e ha dichiarato di averlo visto al “Cartoon’s pub” dove i gruppi si erano trovati prima degli scontri.