Sanremo 2018. La canzone si intitolava I migranti. L’aveva scritta Guccini per Iacchetti. Baglioni la scartò. “Ci dissero che, visto il tema e l’autore, l’avrei cantata non in gara, ma come ospite”, ricorda Enzino.
E invece?
Non ne sapemmo più nulla. Mi son chiesto se Francesco e Claudio avessero litigato da giovani, Questo piccolo grande amore contro L’avvelenata.
Ha seguito la polemica tra il direttore del Festival e il ministro degli Interni?
Un bisticcio che giova a tutti e due. Ma Salvini non può contestare a un cantante che da decenni si spende per l’accoglienza a Lampedusa di esprimere liberamente il proprio pensiero. Lo delegittimi per il mestiere che fa? È roba da dittatori, un atteggiamento che neanche Mussolini. Deve essere il ministro di tutti, non di una fazione. Mette a disagio vivere nella stessa terra di uno che si camuffa da eroe indossando la felpa della polizia e impiega il tempo a ridicolizzare i cittadini che hanno opinioni diverse dalla sua. A Salvini, si direbbe, interessano solo razze dalla pelle bianca e gli occhi chiari. Nel mio spettacolo dico: andiamocene tutti, noi italiani, e vediamo come si comporta chi vorrebbe solo l’immigrazione di badanti estoni bionde di vent’anni.
Iacchetti, la canzone sui migranti è parte di uno dei monologhi di “Libera nos Domine”, il suo recital che torna da stasera al Teatro Delfino di Milano.
Oggi e domani entreranno gratis i senzatetto e i disoccupati della città. Tutti devono poter partecipare al dibattito sulla libertà: il nostro meraviglioso Paese è afflitto da politici che ci rincretiniscono. In Francia, dove una rivoluzione l’hanno già fatta, quando sono incazzati scendono subito in piazza. Noi italiani, invece, che come ricorda Guccini in Libera nos Domine siamo andati a costruire il mondo e ci hanno sempre accolti, ci sentiamo smarriti e delusi.
E lei invoca sul palco l’intervento di Dio.
Sì, ma per questioni più cruciali della Finanziaria. Gli imputo l’errore di aver creato cose meravigliose che tra duecento anni non esisteranno più, che i nostri pronipoti non vedranno. Gli dico: Dio, scendi tu in persona, stavolta non mandare il fratello di Gesù. Non vorrai farti dare del vigliacco. Dubito che verrà, in ogni caso. Forse non esiste, se consente all’Isis di tagliare gole.
Se decidesse di farlo, Dio dovrebbe misurarsi con il potere dei social.
Mi chiedo se quei due presunti geni di Jobs e Gates non siano stati degli imbecilli. Ci hanno regalato una tecnologia fantastica, ma non hanno saputo arginare l’orrore delle chat dove un ragazzo bullizzato si butta dal balcone, e dove, nel deep web, puoi ingaggiare sicari o comprare armi nucleari.
E dove i politici costruiscono consenso.
L’ultimo che godeva della mia stima era stato Berlinguer, malgrado i compromessi con la Dc. Dopo, un disastro. Avrei frustato sulle chiappe tutti i leader del Pd, a cominciare da D’Alema. Mi sono entusiasmato per il Grillo dei Vaffa Day, l’ho emulato e poi gli ho chiesto il nome di un buon avvocato per le troppe querele. Beppe mi ha confidato: io di legali ne ho undici, mi sono costati i soldi di una carriera. I Cinque Stelle? Erano un movimento, ma quando vai al governo diventi subito un partito.
A proposito di Dc, Gaber era ferocissimo nell’invettiva di “Io se fossi Dio”, e proprio nei giorni traumatici del dopo-sequestro Moro.
Se i brigatisti avessero liberato Moro, quel sistema di potere sarebbe caduto molto prima. Anche stavolta in scena canto Gaber: Quando sarò capace di amare, una perla sui sentimenti traditi. E oltre alle mie, canzoni di Jannacci e Faletti. Maestri come non ne sono nati più, neanche a cercarli con il lanternino nei talent.
Questo è uno Iacchetti da teatro-canzone doc.
Si sorride, si piange. Non vedrete lo sciocco mascherato da donna dalla De Filippi, né il battutista di Striscia. Da Ricci è un’isola felice, ma anche Antonio sottolinea che sì, facciamo satira per avvicinarci alla verità, ma la tv non è verità. È un narcotico: ci nutriamo di programmi allucinanti dove mostri che ammazzano moglie e figli vengono trattati da star. E ci basta una partita della Champions per accantonare i nostri problemi. Ci sbraniamo davanti a una birra tifando e odiando.
Il teatro è un rifugio?
A Milano ne chiudono tre all’anno. Per difendere la cultura anche gli autori dovrebbero svegliarsi. Basta con Pirandello e Plauto. Molière ha rotto i coglioni. Devono scrivere del nostro tempo, tirare fuori le unghie. E se voglio ridere vado a vedere Proietti. Sperando che non arrivi un politico che gli dica: Gigi fai il comico, non lanciarti in tirate sociali.
A Striscia ha fatto furore la gag di lei innamorato della Isoardi.
Elisa è stata al gioco. L’ho vista una sola volta alla sagra del tartufo di Alba, anni fa. Ragazza fantastica. Però a essere la fidanzata di un ministro fai una vita di merda. Le chiedo: ma come avevi fatto a innamorarti di quello, che non è neanche bello? Deve essere uno molto intelligente. Se alle elezioni prenderà davvero il 40 per cento vorrà dire che è stato astuto. E che gli italiani amano le sue felpe. O che sono impazziti.