Un caso lo hanno raccontato le cronache torinesi de Il Corriere e della Stampa, l’altro è andato in onda nell’ultima puntata di Non è l’Arena su La7. Un ragazzo di Milano, vaccinato e in possesso di Green pass, positivo al Covid con sintomi lievi e dunque in quarantena, in barba a tutte le regole è andato a Torino per incontrare la fidanzata, superando indisturbato tutti i controlli dal Frecciarossa al ristorante, all’hotel (che almeno, secondo legge, ha fatto partire la segnalazione alla Questura, che ha denunciato il giovane per la violazione della quarantena). Il programma di Giletti invece ha trasmesso un servizio in cui un inviato girava per Napoli tra cinema, ristoranti e treni con il Green pass di un’altra persona, peraltro a casa in quarantena in quanto positiva. A ogni controllo, tutto regolare.
Il pass , anche nella versione Super, ha dunque un baco: non viene revocato in caso di infezione. Eppure il Dpcm del 17 giugno 2021 (norma recepita dai successivi decreti convertiti in legge) prevedeva esplicitamente la possibilità di revocare il certificato “in caso di nuova positività accertata dopo avvenuta vaccinazione o guarigione”. L’azienda sanitaria locale di riferimento avrebbe dovuto comunicare il codice identificativo del pass del positivo per inserirlo poi in una black list. Peccato che questo non sia mai avvenuto. Il Fatto lo raccontò già il 14 agosto, quando il bug – lo stesso anche per la prima certificazione verde – fu denunciato dall’esperto informatico Matteo Flora, dal professore di cybersicurezza del Politecnico di Milano Stefano Zanero e dall’avvocato Carlo Piana. L’app VerificaC19 non era infatti implementata per avere e riconoscere un’eventuale revoca. Non solo: il pass italiano doveva – e deve tuttora – adeguarsi alla normativa del digital Covid certificate europeo, che vieta per motivi di privacy le informazioni sullo stato di salute del possessore del documento: “Rispetto ad agosto – racconta Matteo Flora – è cambiata solo una cosa: l’app, da circa un mese, è abilitata per avere una revocation list, ma solo per i pass falsi. I famosi certificati a nome Hitler o Topolino sono stati revocati, ma solo perché eliminare un falso non crea alcun problema di privacy. Il nodo della normativa europea è sempre lo stesso”. Eppure di black list abbiamo continuato a sentir parlare in questi mesi, nonostante la possibilità di revoca via app VerificaC19 (e solo per i Green pass falsi) esista da non più di un mese. Ma che una revocation list non sia mai esistita lo certifica adesso anche il governo. “Il ministero della Salute – informa l’Ansa – sta lavorando per attivare la temporanea revoca del Green pass alle persone che, già in possesso del certificato verde, risultino in seguito positive al Covid.
Al momento questo tipo di revoca non è prevista dalle norme europee in alcun Paese, ma vige la legge secondo cui un positivo al virus commette un reato se viola la quarantena. A quanto si apprende da fonti di governo, il ministero – che sta spingendo per una norma a livello europeo – sarebbe pronto ad attivare in Italia il sistema di revoca per positività del Green pass, in attesa che il Garante della Privacy possa dare il suo ok nei prossimi giorni”. E si starebbe effettivamente studiando un sistema sul modello della non fortunatissima app Immuni che “mascheri” i dati in modo che non siano troppo esposti e permetta non solo di revocare ma magari semplicemente di “sospendere” (e magari aggiornare) il pass. Pure l’Europa starebbe per ammorbidire la posizione sulle revoche. Di fatto, però, la black list era impossibile anche per altri motivi: “Ogni regione – sostiene Roberto Testi, responsabile della Prevenzione dell’Asl To1 – ha il suo sistema di gestione dei positivi e delle quarantene e non comunicano tra loro. Questo non significa che non si possa fare. Ma di fatto non accade”. Insomma, il Green pass ha un problema e la soluzione non è esattamente dietro l’angolo.