La carta sull’affaireRonaldo, quella che “teoricamente non dovrebbe esistere”, in effetti ancora non c’è. La Procura di Torino giovedì ha nuovamente inviato la Guardia di Finanza nella sede della Juventus poiché, dopo primo sequestro del 26 novembre, non s’è trovata. La gestione di Cristiano Ronaldo è uno dei punti più misteriosi dell’indagine condotta dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai due sostituti Ciro Santoriello e Mario Bendoni. Inchiesta che vede indagati, con l’accusa di concorso in falso in bilancio di una società quotata in borsa, Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici, Stefano Bertola, Stefano Cerrato e, da giovedì, anche il capo dell’ufficio legale Cesare Gabasio. È proprio con Gabasio che parla il direttore generale Cherubini quando, intercettato dai finanzieri, discute di Ronaldo e della “carta” in questione. “Ti dico solo questo”, dice Gabasio, “ho fatto un discorso con, col pres (verosimilmente Andrea Agnelli, ndr) stamattina, no? Solo gli ho detto io non arriverei a far la causa contro di loro […] Fede ti spiego solo perché noi abbiamo quella carta lì che, quella carta famosa che non deve esistere teoricamente, no?[…] quindi sai se salta fuori abbiam … ci saltano alla gola tutto sul bilancio i revisori e tutto […] poi magari dobbiamo fare una transazione finta”.
Par di capire innanzitutto che la “carta” in questione sia collegata all’idea che è preferibile non avviare cause con lo staff di Ronaldo (segno che un contenzioso avrebbe potuto esserci). Inoltre – ed è il dato più importante per la Procura, considerato il reato per cui procede – se la “carta” saltasse fuori i revisori potrebbero aver qualcosa da ridire sul bilancio. E qualcuno potrebbe “saltare alla gola”. Gabasio aggiunge: “non arriverei all’estremo […] di fare una causa perché poi quella carta lì che loro devono tirar fuori non è che ci aiuti tanto a noi […] nel nostro bilancio”. Il punto è che se la “carta” contenesse notizie che andavano per legge comunicate e allegate al bilancio, per la Juventus, si tratterebbe di un enorme guaio giudiziario. L’accusa è infatti molto chiara: gli indagati, secondo la Procura, “riportavano in modo difforme dal vero, nei ‘fatti di rilievo avvenuti dopo il 30 giugno 2021’, alla voce ‘Cessioni Definitive’ i valori economici della cessione del calciatore Dos Santos Aveiro Cristiano Ronaldo alla società controparte Manchester Uniteci al prezzo di 15 milioni”. La frase chiave secondo gli inquirenti è quella in cui si attesta che “il valore di cessione potrà incrementarsi di massimi 8 milioni al raggiungimento di obiettivi sportivi”. Ma gli indagati avrebbero omesso di “esporre gli effetti di una scrittura privata” violando il principio che prevede la comunicazione di “fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio” e “l’obbligo di indicarli con nota integrativa”. La Finanza ci ha provato, il 26 novembre, a chiedere agli indagati di consegnare la “carta” evocata da Gabasio: “Nonostante specifica richiesta, non è stato rinvenuto né prodotto dalla parte”. I finanzieri hanno richiesto a Cherubini, Gabasio, Agnelli, Nedved, e all’ad Arrivabene di “esibire la scrittura privata (…) concernente il rapporto contrattuale e le retribuzione arretrate” di Ronaldo ma hanno ottenuto un “riscontro negativo”. In sostanza: nessuno gliel’ha consegnata. Non solo. Interrogato dai pm, Arrivabene ha sostenuto di “non essere a conoscenza né dell’esistenza, né dell’ubicazione di tale documento”. E così giovedì i finanzieri si sono ripresentati, indagando e perquisendo anche Gabasio, oltre che gli uffici della sede bianconera.
A renderlo noto è stata la stessa società torinese con un comunicato in cui ha ribadito la sua collaborazione “con gli inquirenti e con la Consob” e ha dichiarato che “confida di chiarire ogni aspetto di interesse degli stessi, ritenendo di aver operato nel rispetto delle leggi e delle norme che disciplinano la redazione delle relazioni finanziarie, in conformità ai principi contabili e in linea con la prassi internazionale della football industry e le condizioni di mercato”. La Juve ha anche depositato in Consob il supplemento al prospetto informativo sull’aumento di capitale da 400 milioni nel quale ha precisato che l’inchiesta – incentrata, com’è noto, sulle presunte plusvalenze a specchio per centinaia di milioni in tre anni – “non configura un mutamento negativo rilevante da consentire alle banche di recedere dagli impegni di garanzia in relazione all’aumento di capitale”. Però poi aggiunge che “se, per quanto l’ipotesi sia remota, l’aumento di capitale fosse eseguito solo parzialmente, affluirebbero al Gruppo risorse finanziarie in misura limitata” e, “in assenza di ulteriori tempestive misure” la “capacità del Gruppo di mantenere il presupposto della continuità aziendale nell’arco di Piano verrebbe meno”. Lo scenario sarà “remoto” ma è pesante.