Nell’audizione sul bilancio di previsione dello Stato per il 2022, la Corte dei Conti a sezioni unite ha “bocciato” l’articolo 29 sul salvataggio delle “pensioni d’oro” della Cassa previdenziale privatizzata Inpgi 1, la parte – più pagata e più influente – degli iscritti all’Ordine dei giornalisti. Pensioni che verranno trasferite integralmente a carico del sistema pubblico, cioè dell’Inps, senza nemmeno un ricalcolo in base ai contributi effettivamente pagati. “La norma presenta profili di problematicità, potenzialmente idonei a provocare, tra l’altro, effetti emulativi di portata sistemica”, hanno dichiarato i magistrati contabili. In pratica, il precedente dell’Inpgi 1 potrebbe invogliare anche altre Casse autonome (oltre un milione e mezzo i professionisti iscritti) ad attribuirsi “pensioni d’oro”, gonfiate da parametri iper-favorevoli e altri privilegi non sostenibili, contando sul successivo aiuto dello Stato. La Corte dei Conti ricorda di aver ripetutamente e inutilmente richiamato l’“esigenza di adottare severe misure di risanamento in assenza delle quali non sarebbe (stato) possibile garantire il necessario equilibrio dei conti” dell’Inpgi, colpiti dalla crisi dell’editoria, ma anche da esborsi eccessivi: perché “gli squilibri in essere scontano l’erogazione di trattamenti pensionistici decisamente privilegiati nel confronto con altre gestioni del comparto privato e pubblico e segnati da aliquote di rendimento riconosciute sulla parte retributiva dell’assegno sensibilmente superiori a quelle prevalenti in altri comparti”.
Il salvatore dell’Inpgi 1 è il premier Mario Draghi con il suo “Governo dei Migliori” e l’appoggio trasversale praticamente di tanti politici. Draghi, che ha fama di “Robin Hood al rovescio”, che toglie ai poveri per dare ai ricchi, ha deciso di fare questo maxi-regalo alla minoranza privilegiata dei giornalisti dipendenti, che non include i giovani con stipendi bassi né la massa dei precari, sfruttata dagli editori e ghettizzata nel penalizzante Inpgi 2. L’Inpgi 1, oltre a giornalisti, accoglie portaborse, asserviti, lottizzati, faccendieri, direttori affossatori di giornali, residenti in paradisi fiscali, soggetti risultati a libro paga di imprese, banche, enti, perfino servizi segreti. E, soprattutto, una folla di politici di mestiere.
Un esempio è la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che tuona contro il Reddito di cittadinanza e inclusione sociale anti-povertà, ma sembra appoggiare il salvataggio – a spese dello Stato e dei contribuenti – delle “pensioni d’oro” dell’élite degli iscritti all’Ordine dei giornalisti. Meloni conosce bene il problema perché è tra i cosiddetti “politici di mestiere & giornalisti Inpgi 1” che – per un antico “inciucio” – hanno acquisito la tessera dell’Ordine di categoria, in genere con un periodo in giornali di partito (finanziati dallo Stato). Poi, da parlamentari, possono incamerare contributi figurativi gratis dell’Inpgi 1 per decenni, maturando una seconda “pensione d’oro” aggiuntiva al “vitalizio d’oro”. Meloni sa che è imbarazzante: non a caso quando le è stato contestato ha subito precisato di aver rinunciato al raddoppio. Ma perché, da leader dell’opposizione, non tuona contro il governo Draghi? Per solidarietà con i tanti colleghi con la seconda “pensione d’oro”? O appoggia l’alleato della Lega, Matteo Salvini, che ha sostenuto l’Inpgi 1 delegandone il salvataggio al sottosegretario Claudio Durigon, che esordì dicendo “l’Inpgi va salvato a prescindere” ma che poi è saltato per uno scandalo fascio-leghista? Salvini, che fu per un periodo a Radio Padania, sta maturando la “pensione d’oro” aggiuntiva al vitalizio?
Aiuterebbe l’Inpgi 1, da Bruxelles, anche il Commissario Ue per gli Affari economici ed ex premier del Pd, Paolo Gentiloni, detto “er moviola”, tramite due sodali: Antonio Funiciello, potente capo di gabinetto del premier Draghi e consigliere d’amministrazione dell’Inpgi, che guidava lo staff di Gentiloni a Palazzo Chigi, e il portavoce e deputato Pd, Filippo Sensi, promotore di un emendamento pro-Inpgi 1. “Er moviola” passò un periodo in una testatina di ambientalisti. Il Fatto gli ha chiesto se è nell’Inpgi 1. Ha risposto “no comment”. La domanda gli è stata riproposta e lui resta in silenzio. Forse perché, da Commissario Ue, dovrebbe richiamare Draghi a contenere la spesa pensionistica? Dovrebbe far verificare all’Antitrust Ue se sono regolari gli aiuti di Stato erogati ai privilegiati di un fondo privato? Avrebbe dovuto dichiarare l’Inpgi 1 tra i suoi molti interessi finanziari? O tutela “l’inciucio”? In Europa un altro sostenitore del salvataggio è l’ex presidente dell’Europarlamento e “braccio destro” di Silvio Berlusconi, Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia ed ex del Giornale. Anche l’attuale numero uno dell’Assemblea comunitaria di Strasburgo e Bruxelles, David Sassoli del Pd, è un “politico & giornalista”, ex della Rai. Tajani e Sassoli come sono messi con la seconda “pensione d’oro” dell’Inpgi 1?
I giornalisti dovrebbero controllare i politici. Quindi, un ruolo escluderebbe l’altro. In Italia c’è l’Ordine obbligatorio, che non esiste nei principali Paesi democratici e che la pensa al contrario. Quanti sono i politici due volte privilegiati con la rendita gonfiata dell’Inpgi 1? “Tantissimi in 51 anni e mezzo” sostiene Pierluigi Franz, uno dei sindaci (cioè dei controllori interni della gestione e dei conti) della Cassa, perché – oltre a parlamentari nazionali ed europei – ne sono gratificati “governatori di Regioni, consiglieri regionali e sindaci di grandi città”. Così “l’inciucio” tra il Palazzo e l’Ordine (con l’avallo del sindacato Fnsi), può beneficiare anche politici di mestiere locali con un periodo in testatine e house organ periferici. “Per di più costoro, fino al 1999 – ha spiegato Franz –, si sono visti assurdamente pagare dall’Inpgi 1 addirittura la quota che doveva essere trattenuta per legge come lavoratori se fossero rimasti in servizio. Questa norma cambiò solo dopo una meritoria campagna di stampa condotta da Vittorio Feltri sul Giornale”. Ora almeno si devono versare la parte minore per avere i contributi figurativi gratis.
Negli anni 90 il Giornale di Feltri si dissociò, insieme al manifesto, dallo sciopero generale dei media, indetto dal sindacato Fnsi (appoggiato dall’Ordine) per ottenere la privatizzazione dell’Inpgi. La protesta servì a evitare i tagli imposti dallo Stato al sistema previdenziale pubblico dei comuni cittadini. Così rimasero le “pensioni d’oro” e altri privilegi (contributi più bassi e rivalutazione più alta rispetto all’Inps, rendite anticipate per cinquantenni, mutui agevolati, generosi sussidi di disoccupazione, eccetera). Il Corriere della Sera, che rivelò lo scandalo dei “vitalizi d’oro”, sollevò dubbi di correttezza e di sostenibilità nel tempo sulla privatizzazione. In caso di insolvenza, lo Stato avrebbe dovuto garantire solo la pensione sociale minima. Ma prevalse la convinzione che i potenti “politici & giornalisti Inpgi 1” avrebbero comunque salvato la Cassa privata con denaro pubblico per non perdere la seconda “pensione d’oro”. Feltri è neo “politico & giornalista” al Comune di Milano per Fratelli d’Italia. Ha ammesso la pensione Inpgi 1 maturata “a 54 anni” da “circa 180mila euro” (lontana dalle più ricche della Cassa). Ora non denuncia più. Tace anche il M5S anti-privilegi.
Nel 2011 il Giornale indicò come “politici & giornalisti Inpgi 1” Massimo D’Alema e Walter Veltroni del Pd, Gianfranco Fini e Maurizio Gasparri della destra, il centrista Clemente Mastella. A D’Alema chiese provocatoriamente di rinunciare alla seconda “pensione d’oro”. In uno scontro in tv, Fini accusò Veltroni di essere un baby percettore del vitalizio parlamentare: secondo varie fonti 9.850 euro mensili quando aveva solo 49 anni (poi ridotti per i ricalcoli promossi dal M5S). Ma i due politici di mestiere sorvolarono sulle seconde rendite Inpgi 1, relative a periodi negli organi di partito Secolo d’Italia e Unità. In Parlamento ce ne sarebbero varie decine di ogni colore, che pressano per aiutare Draghi nel salvataggio. Meloni, Salvini, Gentiloni, Tajani, Sassoli e i loro colleghi, però, dovrebbero capire che la seconda “pensione d’oro” ai “politici & giornalisti” finora la pagava la Cassa privata. Se Draghi scarica sullo Stato questo maxi-regalo ai privilegiati, gli elettori che pagano le tasse lo apprezzerebbero?