“Dentro Reggina Celi c’è ’no scalino, chi nun salisce quello non è romano”. Quello scalino descritto negli “stornelli di malavita” della canzone popolare romana, Giammarco Marzi lo risalirà da vincitore. Lui, che nel carcere era entrato dal portone sbagliato, a breve ci tornerà passando per quello principale, in qualità di tutor del progetto “A Piede Libero”, messo in piedi dalla onlus “Semi di Libertà”. Un’iniziativa che gli darà la possibilità di trasmettere la sua trentennale esperienza di artigiano delle calzature a un gruppo di detenuti, per aiutarli a imparare un mestiere e a reinserirsi nella società.
Giammarco è colui che ha realizzato i sandali francescani che Roberto Gualtieri ha portato in dono a Papa Francesco, nel primo incontro con il Pontefice da sindaco di Roma. “Quando me l’hanno detto non ci credevo – racconta, emozionato – è stata una delle più grandi gioie della mia vita”. Un pezzo unico quello fatto arrivare a Bergoglio. “Per fare sandali così di solito ci metto poco più di un quarto d’ora – dice – Per lui ci abbiamo messo 5 ore, eravamo agitatissimi e abbiamo voluto fare tutto in maniera maniacale”.
Giammarco non parla volentieri del periodo né dei motivi che lo hanno portato in cella. “Il carcere ti cambia la vita – spiega –. È un’esperienza dura, e rischi di entrare in un vortice di criminalità. Io sono stato forte. Non tutti hanno la stessa caparbietà. Per me avrà un significato particolare tornare a Regina Coeli, rivedere quelle stanze, parlare con quelle persone. Lo farò da uomo libero e realizzato”. Ora guarda avanti: “La cosa più importante sarà dare la possibilità a persone che hanno incrociato, loro malgrado, le maglie della giustizia, di potersi riscattare totalmente”. Insieme ai sandali è stato consegnato a Papa Francesco un porta breviario, in pelle, realizzato dal laboratorio pelletteria ‘Fila Dritto’. Deborah Magnanti e Katia Romagnoli, due artigiane che hanno investito nel progetto, non hanno vissuto l’esperienza del carcere. “Ci confrontiamo alla pari, senza pregiudizi – racconta Deborah – Partiamo dal presupposto che un’esperienza del genere può succedere a tutti, nessuno è un santo. Il dono al Papa? Eravamo tese, l’abbiamo dovuto realizzare in un pomeriggio”.
L’esperienza di “Semi di Libertà” e dei laboratori di pelletteria e calzature ha visto molti detenuti tornare a una vita normale dopo la reclusione. Natasha, 39 anni, ha dovuto vivere una doppia discriminazione. Donna delle pulizie, di etnia rom, nel 2012 è stata licenziata da un asilo privato a causa delle proteste dei genitori: “Non volevano una zingara vicina ai loro figli – racconta – ma io non ho nemmeno mai vissuto nei campi”. Dopo aver perso il lavoro, non riuscendo a trovarne altri, è arrivato l’errore. “Ho commesso un reato, non mi nascondo – dice – e il giudice mi ha fatto scontare tutte le pene prese da minorenne. Mi hanno condannato a 8 anni e 10 mesi, ne ho trascorsi 5 in carcere. Ora ho pagato”. Grazie a “Semi di Libertà” ha trovato una nuova occupazione: “Faccio le pulizie in una pizzeria in centro. Spero che assumano anche mia figlia. Ho trovato un posto dove non vengo giudicata perché zingara ma per il lavoro che faccio”.
Uno dei progetti della onlus si chiama “Economia Carceraria”. In questo contesto è nato il pub “Vale la Pena”, birreria molto nota nel quartiere Appio. Qui c’è Rodrigo, 25 anni, brasiliano. Un’infanzia normale, un lavoro da massaggiatore, un matrimonio a 20 anni. A luglio 2018, in difficoltà economica, un amico lo convince a fare un viaggio da San Paolo a Roma come corriere della droga: 4 kg di coca, 3.500 dollari subito sul conto. Ma arrivato a Fiumicino viene arrestato: “Ho visto per la prima volta il Colosseo in manette mentre mi portavano a Regina Coeli”. Agli inquirenti non ha dato dettagli, avrebbe messo a rischio la famiglia. Così viene condannato come narcotrafficante: 9 anni e 9 mesi. “In carcere mi ha salvato il calcio – racconta – I camorristi mi volevano sempre in squadra con loro. Mi sono affidato alla religione e ho imparato l’italiano”. Per un periodo ha fatto credere ai suoi di essere morto, per la vergogna. “La mia ex moglie mi ha aiutato a pagare un avvocato – ricorda – che mi ha messo in contatto con la onlus”. Ora Rodrigo lavora al pub fino alle 21, studia da bartender e sogna di restare in Italia. “A marzo sarò libero, l’Italia mi ha accolto mettendomi in galera, vero. Ma mi ha anche salvato la vita”.
Il prossimo passo per “Semi di Libertà” sarà probabilmente la cura del verde pubblico a Roma. “Abbiamo proposto all’ufficio del sindaco di creare un servizio su base volontaria di manutenzione delle aree verdi – racconta Paolo Strano, presidente della onlus – vorremmo chiamarlo ‘Azioni di Pubblica Utilità’ ”. Un’iniziativa simile (“Mi riscatto per Roma”) fu messa a punto dall’ex sindaca Virginia Raggi con la garante comunale dei detenuti, Gabriella Stramaccioni. “Quell’esperienza fu molto positiva – spiega Strano – ora speriamo di ‘demilitarizzarla’ e di renderla partecipativa coinvolgendo cittadini e associazioni”.