Sono già tempi complicati, per l’avvocato che prova a guidare i Cinque Stelle. E poi c’è sempre la variabile Beppe Grillo, pronto a scagliare anatemi o almeno battute al curaro. Quindi meglio premunirsi, deve aver pensato Giuseppe Conte, che ieri ha messo le mani avanti sulla votazione degli iscritti del Movimento sull’accesso al 2 per mille, iniziata ieri a mezzogiorno per concludersi oggi alla stessa ora. “La base scelga liberamente, se passa il no non cambia nulla” ha precisato ieri su Facebook l’ex premier, che non vuole intestarsi un’eventuale sconfitta.
Quindi, ecco un post in cui ricorda: “Questa votazione è l’approdo di un percorso iniziato dalla richiesta di molti attivisti che si adoperano sui territori per fare politica sana”. Come a dire che l’ha chiesto la base, il 2 per mille. E d’altronde, aggiunge Conte, “i gruppi parlamentari di Camera e Senato hanno concordato pressoché unanimemente di aprire a questa forma di finanziamento. Per parte mia, ho preso atto di questa richiesta”. Ma nessuna spinta per il sì. Piuttosto, una promessa: “Se prevarrà un voto favorevole, mi impegnerò per garantire che queste somme siano destinate a favorire l’azione politica sui territori e l’elaborazione di nuovi progetti a beneficio delle comunità locali e nazionali”. Insomma, i soldi andranno ai territori. E può essere la chiave della votazione, sostiene un big del Movimento, convinto che “vincerà il sì, perché gli attivisti volevano e si aspettano i fondi”. Ma se dovesse andare diversamente sarebbe un altro bel problema per Conte, anche perché le restituzioni degli eletti languono. Nell’attesa, un grillino della vecchia guardia come Danilo Toninelli ribadisce il suo no: “Il M5S deve evolversi, lo sappiamo tutti. Ma non è detto che lo debba fare diventando come gli altri partiti”. E pollice verso arriva anche da un altro senatore, Primo Di Nicola: “L’idea di attingere a soldi pubblici rischia di rappresentare un passo decisivo verso l’omologazione del M5S alla vituperata partitocrazia”. Non a caso ieri pomeriggio Conte ha provato a respingere l’accusa in un’intervista con il Corriere.it: “Il Movimento resterà un movimento, non sarà un partito in senso tradizionale, ma ci sarà una maggiore articolazione interna, con distinzioni di ruoli e apporti”.
L’ex premier si riferisce alla segreteria, che dovrebbe essere votata giovedì e venerdì dopo vari rinvii. E a far slittare le votazioni sui cinque vicepresidenti – da ratificare – e su comitati tematici e referenti territoriali ci sarebbe anche una lunga trattativa con il comitato di Garanzia, quello composto da Virginia Raggi, Luigi Di Maio e Roberto Fico. Perché soprattutto Raggi ha chiesto e ottenuto la nomina di un nuovo notaio come certificatore delle votazioni sul web. “Abbiamo perso settimane soprattutto per questo…” sussurra un big. Uno dei molti 5Stelle che guardano con sospetto alle mosse dell’ex sindaca di Roma, perché temono una sua scalata al vertice Movimento. Paure esagerate, forse. Ma che confermano un clima.