“Vogliono indebolire Conte, è folle guardare al passato”

Quello che c’era dall’inizio sostiene che rimpiangere ciò che è stato è inutile: “Il M5S del 2005, come quello del 2013, non esiste più da anni. Guardare sempre al passato non serve”. Max Bugani, assessore del Comune di Bologna all’innovazione, trasparenza e semplificazione, non ama la nostalgia.

Domani gli iscritti del M5S voteranno per decidere se chiedere o meno il 2 per mille. È il cambio di pelle finale? O un tradimento?

Facciamo paragoni con un passato che non c’è più. Invece vanno fatti i conti con quello che il M5S è oggi e che vuole essere domani. Se vuoi giocare nella politica ai livelli più alti non puoi tenere le mani dietro la schiena, altrimenti gli altri ti colpiscono più facilmente.

Diversi parlamentari sono contrari al 2 per mille. E per Alessandro Di Battista il M5S continua “ad avvitarsi su se stesso”.

Dipende da quali sono gli obiettivi. Tutti sanno quanto voglio bene ad Alessandro. È legittimo lavorare da fuori e organizzare eventi in piazza, fare controinformazione o stimolare riflessioni. Ma per spostare una percentuale dello 0,5 in politica bisogna dialogare, contaminare, confrontarsi. Non voglio insegnare nulla a nessuno, ma a Bologna come M5S stiamo realizzando dei punti che erano nel nostro programma da 10 anni, proprio oggi che siamo in maggioranza con il 3 per cento.

Pensa che Di Battista possa davvero fare un partito?

Questo non lo so. Ma occupare uno spazio da terzo polo quando la destra è al 50 per cento rischia di diventare un regalo a Salvini e alla Meloni.

Giuseppe Conte è un leader sotto assedio, soprattutto interno.

Credo che Conte sia un’occasione per il Movimento. In questo momento mi sembra che alcuni 5Stelle abbiano l’atteggiamento di chi vuole morto Sansone assieme a tutti i filistei. Mi pare chiaro che qualcuno voglia indebolire Conte, ma senza avere un piano B.

Qualche nome?

Ogni giorno leggo di attacchi che vanno a minare l’autorevolezza di Giuseppe. E mi chiedo quale fine abbia chi fa queste cose.

Però anche Conte ha commesso errori, dalla gestione dei capigruppo al diktat Rai presto rientrato.

L’operazione di Conte è tutt’altro che semplice, e se gliel’avevano descritta come tale non volevano il suo bene. Dare forza e identità al M5S che aveva ottenuto i suoi obiettivi principali e che si trovava con mille voci diverse al suo interno non può essere facile. Dopodiché tutti facciamo errori, ma in una squadra tra compagni ci si aiuta.

Grillo lo ha irriso sulla Rai: “È uno specialista dei penultimatum”.

Conosco Beppe da 15 anni e mi ha sempre detto che un comico deve essere pronto a tutto per una battuta.

Lei sta in giunta assieme al Pd e a una coalizione larghissima. Ma l’idea di un Nuovo Ulivo a livello nazionale che effetto le fa?

Io sono stato fortunato perché ho avuto un Pd bolognese e un candidato sindaco con cui condividiamo molti obiettivo, e che hanno chiuso la porta ai renziani e all’area più destrorsa al loro interno. Però ciò è accaduto anche perché per tre anni abbiamo lavorato assieme a un progetto.

Virginia Raggi cos’è oggi? Una risorsa o una rivale per Conte?

Per me prima di tutto è un’amica ed è stato un onore lavorare con lei in questi anni. Virginia sarà fondamentale per far crescere il progetto di Conte.

Quanto costa al Movimento stare nel governo Draghi?

Io sono stato molto critico dall’inizio di fronte a questa scelta. E continuo a soffrire di fronte alle scelte sul lavoro e la legalità.

Il Movimento esploderà nei voti per il Quirinale?

Mi auguro che ci sia massima compattezza, perché il M5S davanti a sé ha una nuova pagina bianca da scrivere e una prateria nel campo progressista su temi come l’ambiente e la legalità. Ma sono solo un mediano e non sarò io a decidere la strada futura.

La sai l’ultima?

 

Amsterdam

Per evitare gli incidenti aerei è stata arruolata una ronda di 19 maiali

In Olanda si applica un metodo peculiare per garantire la sicurezza dei voli e prevenire gli incidenti aerei causati dagli stormi di uccelli, i cosiddetti “bird strike”. A vegliare sui destini dei viaggiatori c’è una ronda di 19 maiali. Lo scrive il Guardian: “Un gruppo di animali è stato arruolato per combattere un pericolo nei cieli sopra l’aeroporto Schiphol di Amsterdam. Un progetto pilota di sei settimane sta studiando se un piccolo branco di maiali può scoraggiare stormi di oche e altri uccelli attratti dalle barbabietole da zucchero scartate nei terreni agricoli vicini. I 19 maiali si stanno godendo la vita su un terreno di 2 ettari tra due piste, trasformando un campo di residui colturali in un paradiso fangoso e mangiando il cibo che attira gli uccelli, che possono scontrarsi con gli aerei e nel peggiore dei casi i casi vengono persino risucchiati nei motori”. Pare che il maggior pericolo nei cieli olandesi siano le oche, il cui numero è decuplicato negli ultimi 50 anni. Il trasporto aereo si regge sulle fattorie.

 

Regno Unito

Il surreale discorso di Boris Johnson: “Il mondo di Peppa Pig è proprio il mio posto preferito”

Sempre a proposito di suini, chissà cosa si era bevuto Boris Johnson prima di parlare di fronte agli industriali britannici. Il primo ministro è noto per il carattere estroso e talvolta bizzarro, ma in questo caso si è superato: in un discorso surreale si è paragonato a Mosè, ha citato Lenin e ha elogiato Peppa Pig. “Il mondo di Peppa Pig è proprio il mio tipo di posto: strade sicure, disciplina nelle scuole, forte enfasi sui sistemi di trasporto. Chi avrebbe mai pensato che un maiale che assomiglia ad un phon, una sorta di asciugacapelli disegnato da Picasso, un maiale che fu rifiutato dalla Bbc, sarebbe finito per essere esportato in 180 Paesi con parchi a tema negli Stati Uniti e in Cina?”. Ok, Boris. La performance del premier ha terrorizzato anche i Conservatori, che cominciano a riflettere sul suo stato di salute. E il portavoce di Downing street è stato costretto a precisare: “Boris Johnson sta bene ed è nel pieno delle sue funzioni di primo ministro”.

 

Brasile

L’influencer che si era sposata con se stessa divorzia dopo solo tre mesi: si è innamorata di un altro

Notizie dal mondo reale: l’influencer brasiliana Cris Galera, nota alle cronache per amarsi a tal punto da essersi sposata con se stessa, ha deciso di divorziare da sé. Separazione consensuale e nessun rimpianto: semplicemente si è innamorata di un altro. Il matrimonio con se stessa è durato appena tre mesi. Questa delirante, tristissima vicenda è stata raccontata, tra gli altri, dal sito Today: “L’avvenente Cris Galera, innamorata di se stessa, ha deciso di sposare Cris Galera per ‘self love’ (…). Con questo gesto la 33enne brasiliana ha dichiarato di voler ispirare altre donne ad esaltare la loro autostima”. Mica una baracconata per elemosinare qualche altro migliaio di follower. “Tre mesi fa la giovane influencer aveva organizzato e celebrato un perfetto matrimonio in chiesa, con tanto di abito bianco, bouquet e servizio fotografico, come nei matrimoni tradizionali”. Aveva giurato di restare accanto a se stessa nella buona e nella cattiva sorte, ma ha retto solo 90 giorni. Poi si è tradita.

 

Abruzzo

L’effrazione dell’orsetto di Roccaraso: irrompe in una pasticceria e si mangia tutti i dolci

Un orso è diventato presenza fissa a Roccaraso, la località sciistica in provincia dell’Aquila. Lo chiamano Juan Carrito, si fa vedere in centro con una certa regolarità e mangia qualsiasi cosa trovi a portata di zampe (esseri umani esclusi, al momento). I guardiaparco cercano di tenerlo lontano dal centri abitati con un blando lancio di petardi, per spaventarlo. Invano. L’ultima impresa è stata in una pasticceria, dove ha spazzolato il banco dei dolci. “È tornato implacabile, di nuovo nel centro di Roccaraso – scrive Abruzzolive –. Juan Carrito continua a mangiare ovunque e a crescere. E a quanto pare non ha ancora nessuna voglia di andare in letargo. (…) L’odore dell’umido, dell’organico, è un forte richiamo per l’orso, figuriamoci cosa può essere stato per lui il profumo che arrivava dalla pasticceria Dolci Sapori della famiglia Cipriani. L’orso ha rotto la ‘zanzariera’, la rete antimosche, ed è entrato mangiando poi di tutto. Dopo l’arrivo di numerose persone è scappato”.

 

Dubai

L’orso dello sceicco fa un danno milionario: distrugge per gioco lo sportello della Lamborghini

Altro giro, altro orso: in questo caso siamo lontani dalle cime appenniniche, si vola in Golfo Persico. C’è qualcosa che accomuna un sacco di ricchi stronzi (si perdoni il francese): collezionare bestie selvatiche. I suddetti ricchi stronzi trattano gli animali come oggetti, per status, come si fa con le automobili. Ma quando l’automobile incontra un animale selvatico, l’automobile è un automobile rotta. In questo caso, l’orso dello sceicco ha distrutto lo sportello. Il riccone si chiama Humaid Abdalla Albuqaish, l’automobile è una Lamborghini Huracan Performante, costa come un trilocale a Garbatella. Il valore deve aver subito una significativa flessione dopo che l’orsetto dello zoo personale dello sceicco si è appoggiato alla portiera, facendola collassare. Il simpatico sceicco si è fatto una risata alla faccia nostra, mentre riprendeva la scena con lo smartphone per pubblicarla a beneficio dei suoi due milioni di follower. Poi ha offerto all’orso un cesto di mele, nascosto sotto al cofano dell’auto mutilata. Ognuno si diverte come può.

 

Uccelli monogami

Problemi di coppia: sempre più albatri divorziano per colpa del riscaldamento globale

Tra le insospettabili vittime del riscaldamento globale ci sono anche i matrimoni tra albatri. Quei maestosi, bellissimi volatili, messi in versi da Baudelaire, sono animali monogami. O meglio, lo erano: pare che tra gli effetti dei cambiamenti climatici ci siano anche i loro “divorzi”. Lo scrive La Stampa, anzi Lazampa.it: “Gli uccelli monogami come gli albatros dai sopraccigli neri si separano dai loro partner molto raramente, solo quando le cose proprio non funzionano. Ma una nuova ricerca ha svelato un picco di ‘cause di divorzio’ riconducibili al riscaldamento globale. La scoperta non convenzionale è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica The Royal Society“. I ricercatori “hanno accertato che le temperature della superficie del mare insolitamente calde hanno drasticamente aumentato la probabilità di rottura”. E questo perché “le condizioni ambientali difficili possono interrompere i processi di riproduzione, facendo separare alcune coppie che altrimenti sarebbero rimaste insieme”.

 

Repubblica dei cavalli

Entusiasmante ritratto di Acciaio, “lo stallone berbero” regalato dagli algerini a Mattarella

Il vicedirettore di Repubblica Francesco Bei ci regala un pregiato affresco equino sul nuovo sito La Repubblica dei cavalli. Il protagonista del suo feuilleton è Acciaio, “lo stallone berbero di Mattarella”. È stato donato al capo dello Stato in occasione della recente visita in Algeria. Repubblica (dei cavalli) non trattiene l’entusiasmo: “Il berbero, considerato a torto in Occidente come una sorta di cugino povero del più famoso ‘arabo’, è al contrario un cavallo le cui origini affondano nella Storia con la maiuscola”. Pure Napoleone, apprendiamo, “si innamorò in Egitto di uno stallone di questa razza, fra l’altro con un mantello molto simile a quello regalato a Mattarella dagli algerini, e mai più si volle separare dal suo fidato Marengo, ritratto nel celeberrimo quadro di Jacques Louis David mentre si impenna sui posteriori”. E ora Mattarella dove lo mette Acciaio? Dopo un periodo di quarantena, pare sarà portato alla tenuta presidenziale di Castelporziano. Vai a vedere che per non separarsi dal cavallo, come Napoleone, finirà per rassegnarsi al bis.

L’Ilva continua a inquinare e si lavora tra i gas tossici

“Pensare che un’amministrazione locale debba entrare in conflitto con lo Stato significa non conoscere le regole della democrazia. Il Comune di Taranto è più Stato di qualunque altro”. Vincenzo Cardellicchio è il nuovo commissario prefettizio che dovrà traghettare il Comune ionico fino alle prossime elezioni amministrative. Dopo l’esperienza alla guida del Comune di Cerignola in provincia di Foggia, sciolto per infiltrazioni mafiose, la nomina di Cardellicchio a Taranto è stata la conseguenza delle dimissioni di 17 consiglieri comunali, di opposizione e maggioranza, che hanno interrotto l’azione amministrativa di centrosinistra guidata da Rinaldo Melucci.

Eletto nel 2017 e da sempre in sinergia col presidente pugliese Michele Emiliano, Melucci ha avuto un rapporto burrascoso con Ilva, oggi guidata da Acciaierie d’Italia, la joint venture tra la multinazionale Arcelor Mittal e lo Stato attraverso Invitalia: nel 2020 ha infatti firmato un’ordinanza per spegnere l’area a caldo dello stabilimento, la più inquinante. Il Tar gli aveva dato ragione confermando che a distanza di 9 anni dal sequestro del 2012, l’ex Ilva continuava a essere un pericolo per la salute dei tarantini. Il Consiglio di Stato, però, ha ribaltato la sentenza del Tar e riconfermato la possibilità di continuare a produrre e inquinare. Ma la linea dell’amministrazione non era cambiata e con quella posizione chiara, Melucci si sarebbe seduto al tavolo con Franco Bernabè, presidente di Acciaierie d’Italia, per discutere il nuovo piano industriale che dovrebbe portare alla decarbonizzazione in dieci anni. Con le dimissioni dei consiglieri, alcuni dei quali vicini alla maggioranza e dinanzi a un notaio come avvenne a Roma per Ignazio Marino, le cose sono cambiate.

Il nuovo commissario, infatti, non sembra voler perseguire la linea dell’ex sindaco. Del resto, Cardellicchio è un tecnico nominato dallo Stato che oggi è socio della fabbrica. “Lo Stato – ha aggiunto Cardellicchio incontrando la stampa – ha preso cura di quello che era divenuto un problema locale e nazionale e il commissario farà sicuramente parte della città-Stato di Taranto”. Una cura che, però, non ha ancora portato i benefici sperati dai tarantini. Ed è proprio su questo che si concentrerà la punta di Report, il programma di Sigfrido Ranucci che andrà in onda questa sera alle 21:15 su Rai Tre. L’inchiesta curata da Luca Bertazzoni, che entra a far parte della squadra di Ranucci, racconterà come a distanza di quasi 10 anni le cose non siano davvero cambiate. Preoccupano ancora i livelli di inquinamento, i danni sulla salute per gli abitanti del quartiere Tamburi e soprattutto per i bambini di Taranto. E anche dal punto di vista economico c’è qualcosa che non torna: proprio quando nel pianeta c’è una alta domanda di acciaio, invece di fare soldi, Acciaierie d’Italia li perde. Un miliardo in due anni mentre i competitor italiani ed europei stanno macinando utili, comprese le imprese del gruppo Arcelor Mittal. E poi ancora le condizioni di lavoro degli operai attraverso video girati all’interno dello stabilimento che Report ha ottenuto: immagini che mostrano operai impegnati nel recupero del materiale polveroso a ben 40 metri d’altezza, sotto i nastri trasportatori: prodotto che contiene idrocarburi e metalli ed è particolarmente nocivo per la salute. E poi le immagini del lavoro nella pancia dell’altoforno in rifacimento: uomini al lavoro accanto a mezzi meccanici in un inferno di polveri pericolose.

Ma non solo. L’ex Governatore Nichi Vendola, che parla per la prima volta dopo la condanna a 3 anni e 6 mesi nel maxi processo “ambiente svenduto”, difende la sua storia e nega l’ultima accusa mossa da Giorgio Assennato, l’ex dg di Arpa Puglia che condanna la scelta della giunta Vendola di aver ignorato nel 2010 le proposte di Arpa di ridurre la produzione dell’Ilva nei giorni di vento. E ancora uno scambio di battute con Fabio Riva, condannato a oltre 20 anni di carcere, che sostiene che i soldi che la famiglia ha incassato negli anni siano rimasti a Taranto. Insomma l’eterno nodo salute-lavoro che lo Stato non riesce a sciogliere e che, come Report svelerà questa sera, ha dei costi decisamente alti. Per tutti. Ma non per i nuovi padroni dell’acciaio italiano.

SuperPass&Omicron: record di tamponi più che prime dosi

Forse il “Super Green Pass” che entrerà in vigore dal 6 dicembre non è sufficientemente persuasivo. O forse la paura della nuova variante sudafricana del virus, Omicron, ha innescato una corsa ai test. Fatto sta che negli ultimi sette giorni, da domenica 21 novembre all’altro ieri, sabato 27, i green pass emessi a seguito dell’esecuzione di un tampone (che continuano ad essere la stragrande maggioranza di quelli nuovi rilasciati) sono stati oltre 4,7 milioni. E numeri così non erano mai stata raggiunti nemmeno nel periodo a cavallo del 15 ottobre, quando è scattato l’obbligo del certificato verde sui luoghi di lavoro. Dal 14 al 20 del mese scorso, infatti, ne erano stati rilasciati poco più di 4,4 milioni. Questo nonostante le prime dosi siano, in ogni caso e per la prima volta da tempo, in aumento.

Ieri i primi shot somministrati sono stati 28.385, sabato sono stati 28.018 e venerdì 25.607, a fronte della media di poco più di 17mila somministrazioni quotidiane della settimana scorsa. Segno che qualcosa si muove ma non ancora abbastanza, dato che le percentuali dei non vaccinati continuano ad essere a doppia cifra in tutte le fasce di età fino ai 59 anni. Una conferma arriva dal Friuli Venezia Giulia, che da oggi sarà l’unica regione in giallo in Italia. Qui le prenotazioni delle prime dosi dopo l’annuncio della nuova stretta sono più che raddoppiate ma restano ancora poche: da 800 sono passate a duemila. E resta quella quota del 13% della popolazione che il vaccino ancora lo rifiuta. Anche se i pazienti in terapia intensiva sono già 27, quelli negli altri reparti 276. Intanto, mentre nel Paese continuano a crescere i casi di Covid 19 – ieri con 12.932 nuovi contagi è stata superata la soglia dei 5 milioni dall’inizio dell’epidemia – l’attenzione si concentra sulla nuova variante. Ed “è giusto essere preoccupati”, come osserva il ministro della Salute Roberto Speranza, “ma senza precipitare i giudizi”. Anche perché per avere dati scientifici su Omicron bisognerà attendere qualche settimana.

Le informazioni che arrivano dal Sudafrica sembrano essere abbastanza rassicuranti. “La nuova variante provoca una malattia leggera senza sintomi importanti”, ha spiegato Angelique Coetzee, presidente dell’associazione dei medici sudafricani. Precisando però che le persone anziane o affette da malattie sono comunque a rischio. Secondo Coetzee, i sintomi sono molto diversi, non si manifesta, per esempio, la tipica perdita del gusto e dell’olfatto. “Alcuni colleghi mi stanno dicendo che questi soggetti sono in prevalenza paucisintomatici”, ha detto ieri Giorgio Palù, presidente di Aifa, l’Agenzia nazionale del farmaco, durante la trasmissione “Mezz’ora in più” (Rai Tre). “Non hanno sintomi come la mancanza di olfatto, hanno mal di testa, cefalea e qualche rialzo di febbre, staremo a vedere”, ha proseguito Palù. Ma non è ancora chiaro, secondo l’Oms, se la nuova variante sia più contagiosa delle altre e se possa causare una malattia in forma più grave. “I dati preliminari – precisa l’Organizzazione mondiale della sanità – suggeriscono che ci sono dati crescenti di ospedalizzazioni in Sudafrica, ma ciò potrebbe anche essere dovuto all’aumento del numero delle persone infettate, piuttosto che a una infezione specifica con Omicron”.

Nell’attesa molti Paesi hanno sospeso per precauzione tutti i voli in arrivo. Lo ha fatto il Marocco, per due settimane. Così Israele, che ha chiuso le frontiere.

Sempreì ieri la Regione Lazio ha predisposto i tamponi molecolari sui 133 passeggeri a bordo del volo atterrato a Fiumicino e proveniente dal Sudafrica su cui viaggiava il manager Eni, il cosiddetto paziente 1, risultato contagiato dalla variante. Per il governo italiano l’unica strada da seguire resta quella della vaccinazione: “Mentre facciamo la terza dose abbiamo bisogno di recuperare persone che non si sono vaccinate”, ha ribadito Speranza. Quanto ai bambini dai 5 agli 11 anni, dopo il via libera arrivato dall’Ema al vaccino Pfizer l’autorizzazione dell’Aifa è attesa questa settimana.

Lo dice anche Pfizer: “Pochi dati sul rischio miocardite nei bimbi”

“La sicurezza a lungo termine del vaccino Covid-19 nei partecipanti da 5 a 12 anni di età sarà studiato in 5 studi di sicurezza post-autorizzazione, compreso uno studio di follow-up di 5 anni per valutare le sequele a lungo termine di miocardite/pericardite post-vaccinazione”, si legge nelle conclusioni generali sul rapporto rischio-beneficio dei vaccini pediatrici (5-11 anni). A scriverlo nero su bianco, nel “briefing document” di 82 pagine presentato alla Fda americana, è la stessa multinazionale farmaceutica Pfizer. Che sottolinea: “Il numero di partecipanti all’attuale programma di sviluppo clinico è troppo limitato, per rilevare qualsiasi rischio potenziale di miocardite associato alla vaccinazione”.

Negli Stati Uniti sono 28 milioni i bambini tra 5 e 11 anni che potrebbero essere vaccinati, dopo il via libera accordato dalla Fda. A fronte di tassi di ospedalizzazione pediatrici che oscillano da 0% a 2% e dei decessi da 0% a 0.03%, la comunità scientifica – come raccontato da settimane dal Fatto – è divisa. L’ultimo sondaggio lanciato dal sito di formazione continua per operatori sanitari, Medscape.com, ha registrato la significativa esitazione dei medici verso le vaccinazioni anti Covid per gli under 12. Tra gli intervistati, il 30% di quelli che hanno figli tra i 5 e gli 11 anni ha detto che non vorrebbe farli vaccinare; il 9% era incerto.

In Italia, secondo i dati riportati dall’Istituto Superiore di Sanità, gli under 11 deceduti per Covid da inizio pandemia sono 10, e tutti presentavano co-patologie importanti. Nel nostro Paese manca un’indagine epidemiologica che indichi quanti siano i bambini già guariti da Covid, mentre negli Stati Uniti, i Cdc-Centers for disease control and prevention hanno dichiarato che circa il 40% dei più piccoli avrebbe già contratto e superato il Covid. Questa valutazione potrebbe essere importante al fine della vaccinazione, almeno stando alle valutazioni di Paolo Gasparini, presidente Sigu (Società Italiana di Genetica Umana): “È opportuno agire come abbiamo sempre fatto per altre malattie virali. Se ci sono anticorpi circolanti non si procede con vaccinazione, ma si segue e si monitora la quantità di anticorpi nel tempo per comprenderne l’andamento”. Inoltre, “statisticamente sono rarissimi i casi in cui i bambini che contraggono il Covid manifestano forme acute, altrettanto rari sono i ricoveri”. Finora, anche le conseguenze indirette di Sars-Cov2, come la sindrome di infiammazione multi-sistemica pediatrica (Pims), sembrano essere limitate.

Uno dei motivi principali per cui sarebbe opportuno vaccinare i bambini riguarda la possibilità che i piccoli possano essere “riserva” del virus. Vaccinare i più piccoli servirebbe a bloccare i contagi e la circolazione del virus. In Gran Bretagna, alcuni autorevoli ricercatori hanno preso posizione su questo. Sunetra Gupta, epidemiologa di malattie infettive dell’Università di Oxford, e Carl Heneghan, medico di pronto soccorso del National Health Service e professore ad Oxford, hanno scritto: “Vaccinare i bambini può essere un bene per tutti solo se questo riduce i livelli di infezione nella comunità. Tuttavia, mentre i vaccini Covid-19 quasi certamente forniranno una protezione a lungo termine contro gravi malattie e morte, i loro effetti di blocco delle infezioni sono incompleti e molto probabilmente transitori. Non sono sterilizzanti in modo efficace. Ciò significa che in realtà non vi è alcun beneficio collettivo, a fronte di danni individuali ai bambini”.

Un’altra questione aperta è quella secondo cui i bambini sarebbero “super-diffusori”. A questa domanda provano a rispondere due ricercatori. “I bambini si infettano di meno, e sono meno infettivi”: scrivono Saul Faust, docente di immunologia pediatrica e malattie infettive all’Università di Southampton, e Alasdair Munro, ricercatore Malattie infettive pediatriche e membro di The Lancet Covid-19 Commission. I due autori descrivono una raccolta di studi internazionali sui “focolai” familiari: i bambini non erano il caso di innesco del virus nelle famiglie.

Ma mi faccia il piacere

Sinceri democratici/1. “Bisogna trovare modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione… Bisognerà trovare un sistema che dosi dall’alto l’informazione. Deciderà il governo, ispirato e istruito dalle autorità sanitarie” (Mario Monti, senatore a vita, In onda, La7, 27.11). Dal Minculpop al Minculmonti.

Sinceri democratici/2. “Ormai la questione è se le piazze No-vax sono una espressione di un libero dissenso, da tollerare anche e soprattutto perché prive di basi scientifiche e razionali, oppure un pericolo… da arginare e reprimere” (Domani, 23.11). Ma soprattutto: ‘sta Costituzione ce serve o nun ce serve? Perchè, se nun ce serve, e io dico che nun ce serve, levamola, sotterràmola, prosciugamola, asfaltamola!

Sinceri democratici/3. “Sarei ridicolo a discutere con Crisanti su chi ha ragione sul vaccino ai bambini, mi improvviserei scienziato e non lo sono. Alcuni di voi si improvvisano comunicatori, su questi discorsi sul vaccino ai bambini si finisce che la gente vada ancora più in paranoia. Ci sono i convegni e i congressi per dire certe cose, se voi le ripetete in prima serata, la gente si spaventa e non capisce più niente” (Beppe Severgnini, Otto e mezzo, La7, 25.11). Quindi gli scienziati possono ancora parlare in tv, ma solo se Severgnini è d’accordo. Sennò solo convegni e congressi, dove non li sente nessuno.

Fluid gender. “Draghi e Macron, oltre un minuto di stretta di mano: amicizia fraterna” (Corriere della sera, 27.11). E sono solo i preliminari.

Pestaggi misti. “Brigate miste alle frontiere: gestiremo insieme i migranti” (Clément Beaune, segretario di Stato francese agli Affari Ue, Messaggero, 27.11). “E se eravamo in tre, te menavamo in tre” (Alberto Sordi, Riusciranno i nostri eroi… di Ettore Scola, 1968).

Facci ridere. “Selvaggia Lucarelli ha preso una testata da un No vax… Non credo all’alibi che fosse irriconoscibile, dubito che non l’avessero notata… Forse non hanno riconosciuto tanto la sua faccia mascherata, ma le sue note (e percepibili) ansie di passare inosservata” (F.F., Libero, 23.11). Tutta ‘sta pippa per farci sapere che lui rosica perché non lo riconoscono neppure senza la mascherina.

Il principe dei fori. “È con Davigo che salta la separazione imputato-indagato” (avv. Giuliano Pisapia, eurodeputato Pd, Foglio, 26.11). Con Pisapia per avvocato, invece, salta la separazione imputato-condannato al massimo della pena.

La svolta. “Dopo 23 anni di politica, per la prima volta sono stato ammesso a presentare il mitico libro di Vespa, il che vuol dire che sono finalmente qualcuno nella politica. Prima ero probabilmente un peone, un paria, una seconda fila, non avendo questo onore. Oggi è la vera svolta, entro nella Serie A della politica, sono molto grato di questa occasione che mi viene data” (Enrico Letta, segretario Pd, alla presentazione del libro di Vespa con Giorgia Meloni, 17.11). In effetti, sono soddisfazioni.

Quelli che le fake news/1. “Il governo Draghi è riuscito a ottenere la maggioranza dei fondi – aiuti e prestiti – del Next Generation Eu” (Maurizio Molinari, Repubblica, 28.11). Per la cronaca, la maggioranza dei fondi del Next Generation Eu l’ha ottenuta Conte.

Quelli che le fake news/2. “Retromarcia Rai. Conte annuncia il ritorno in tv e Grillo lo punge” (Foglio, 24.11). “Stop alla Rai, la frenata di Conte. E Grillo: specialista in penultimatum” (Corriere della sera, 24.11). “Grillo irride il dietrofront sulla Rai di Conte” (Stampa, 24.11). “Rai, Conte cala le braghe” (Verità, 24.11). “Conte si rimangia l’Aventino sulla Rai e Grillo lo sfotte” (Giornale, 24.11). Per la cronaca, Conte non si è mai rimangiato la decisione di non mandare nessun 5S nei programmi della Rai.

Quelli che le fake news/3. “Se non avesse truccato il curriculum con i suoi studi all’estero (New York University), “Conte non sarebbe poi così male” (Francesco Merlo, Repubblica, 24.11). Per la cronaca Conte non ha mai scritto nel curriculum di avere studiato alla New York University, ma di avere “perfezionato e aggiornato gli studi” in quello e in altri atenei esteri, come hanno confermato diversi suoi colleghi.

Lezioni di satira. “C’è veramente qualcuno che pensa che questa “roba” sia satira? È solo una vergogna #basta (Alessia Morani, deputata Pd, contro una vignetta di Mannelli sul Fatto, Twitter, 24.11). Se no?

Il Migliore. “Serve cultura tecnica per le professioni del futuro come il digital manager, non serve studiare le guerre puniche quattro volte” (Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, 24.11). E così ora sappiamo che lui non le ha studiate nemmeno una volta.

Hammamet sull’Arno. “Renzi novello Craxi” (Dubbio, 23.11). Magari.

Il titolo della settimana/1. “Confindustria critica la manovra” (Libero, 23.11). Quindi pure ‘sta manovra non è poi così male.

Il titolo della settimana/2. “I riformisti hanno un leader naturale: Maria Elena Boschi” (Piero Sansonetti, Riformista, 25.11). Per dire come sono messi.

Almudena Grandes l’anima di Spagna e “Le età di Lulù”

Non è stata soltanto l’autrice de Le età di Lulù, Almudena Grandes. Madrilena classe 1960, la scrittrice spagnola è morta ieri a sessantun anni, malata da tempo di un odioso cancro. Quel romanzo corporeo impastato di libertà e desiderio con cui esordì nel 1989 – e da cui il regista Bigas Luna trasse un film – segnò nemmeno trentenne il suo ingresso nel panorama letterario mondiale, venendo tradotto in più di venti lingue. Inizia così una carriera di successi (in Italia tutti apparsi per l’editore Guanda) con Ti chiamerò venerdì (1991), Malena: un nome da tango (1995), Atlante di geografia umana (1998). L’obiettivo principale della sua letteratura è sempre stato chiaro: ricordare per restituire al Novecento spagnolo l’epica che gli mancava.

Come i coetanei Javier Cercas e Fernando Aramburu, Grandes è sempre stata impegnata sul fronte della Storia e della politica affinché dissotterrare la memoria colmasse il vuoto identitario della sua generazione e di quelle a venire. Non a caso, inizia nel 2010 con Inés e l’allegria un ciclo portentoso di sei Episodi di una guerra interminabile: un inarrestabile e generoso incrocio di personaggi e vicende vere ma dimenticate, ripescate dagli anni più oscuri del secolo appena volto al termine, dalla presa del potere di Franco alla Germania nazista, fino alla dittatura argentina del 1976.

El País, il giornale di cui è stata firma di riferimento, la saluta sottolineando il suo impegno nel raccontare le vite dei perdenti. Le vite di coloro che davano I baci sul pane (un suo titolo del 2005): un gesto che fino a qualche tempo fa si insegnava a dare al cibo caduto a terra, che non doveva essere per nessun motivo sprecato o buttato. Una lezione di felicità dimenticata, ma che per fortuna noi lettori potremo sempre ritrovare nei suoi magnifici romanzi.

Roberto Andò porta sulla Rai Letizia Battaglia e la sua storia

Pappi Corsicato ha ultimato le riprese del suo settimo film intitolato Di più non basta mai e interpretato da Giuseppe Maggio, Margherita Vicario, Carolina Sala e Sandra Ceccarelli. Scritto dal regista napoletano con Luca Infascelli, prodotto da Mompracem e Rai Cinema e girato tra Roma e Milano racconta le vicende di un ragazzo, Toni (Maggio), che conduce con la moglie Paola (Vicario) una vita normale ma piena di entusiasmo e di passione.

L’incontro casuale con la giovane e facoltosa Chiara (Sala) riaccenderà in lui la voglia di riscattarsi e costruire una nuova vita realizzando il suo sogno segreto di diventare un artista. Le esistenze dei tre personaggi si intrecceranno in un pericoloso triangolo amoroso che cambierà per sempre il corso delle loro esistenze.

“Letizia Battaglia” è una miniserie di Roberto Andò dedicata alla 86enne fotografa palermitana in prima linea con i suoi scatti sin dagli anni di piombo in Sicilia fino alla fondazione nel 2017 del suo Centro Internazionale di fotografia ai Cantieri culturali alla Zisa.

Interpretata da Isabella Ragonese e sceneggiata dal regista con Monica Zapelli e Angelo Pasquini, è stata realizzata dalla Bibi Film fra Palermo e Roma e andrà in onda in primavera su Rai1.

Roberto Andò ha dichiarato: “Letizia si ribella al destino di figlia subordinata e di moglie oppressa, divenendo una vera combattente che nell’arco di mezzo secolo, con tenacia e coraggio, grazie all’enorme talento profuso per il giornale L’Ora, verrà riconosciuta tra le più grandi fotografe del mondo. Il nostro racconto è legato allo sguardo di una donna affascinante e sensuale costretta a misurarsi col crimine, lo sguardo di una fotografa che non vuole soggiacere al rito della morte, e che per non rassegnarsi alla paura estrae dalla morte la poesia dalla vita”.

Cavagnola, Casate e la gara con gli asini per decidere il luogo della nuova chiesa

Debbo alla funambolica penna del conterraneo Antonio Balbiani (1838-1889), alla guida al lago di Como da lui compilata, la scoperta di fatti e fattacci accaduti su queste rive. Non metto nessuna delle due mani sulla loro veridicità. Tuttavia il leggerli può essere motivo di diletto a cominciare da quanto accadde in quel di Lezzeno (sponda orientale, ramo comasco), in epoca imprecisata com’è costume delle leggende. A quel tempo indefinibile la chiesa parrocchiale di Lezzeno era la Madonna del Ceppo, cosa che non piaceva punto agli abitanti delle frazioni. Costoro, rigorosamente osservanti, non si perdevano una messa e per assistervi si dovevano sorbire un notevole pezzo di strada col bello, e così poteva anche andare, e col cattivo tempo, fattore che invece ostacolava la pratica religiosa. Ai lezzenesi residenti poco importavano le fatiche dei frazionisti, anzi facevano spallucce alle proteste di quelli sull’eccessiva lontananza di quell’unica chiesa e sulla necessità di trovare una soluzione. Cosicché si giunse a un punto critico quando, irritati oltre misura dalla noncuranza con cui i propri appelli cadevano nel vuoto, i frazionisti finirono per convincersi che fosse giunta l’ora di passare delle parole ai fatti. Quali che fossero le misure che avrebbero dato sostanza ai fatti non è dato sapere. Ciò che è certo è che lo scontro era ormai nell’aria e si sarebbe concretato se un benpensante del luogo non fosse intervenuto con una proposta: costruire una nuova chiesa, in situazione un poco decentrata, così da accontentare tutti. Eccellente soluzione che il galantuomo si sarebbe tenuto per sé, se solo avesse immaginato le conseguenze. Perché i frazionisti furono tutti d’accordo, a patto che la nuova chiesa sorgesse nella loro frazione, pretesa che complicò ulteriormente la situazione, già di per sé calda. E, visto che l’idea era partita da lui, al galantuomo che s’era messo di mezzo venne affidato il compito di risolvere il busillis. Fu così che, probabilmente riflettendo che i quadrupedi avrebbero agito meglio là dove i bipedi continuavano a fallire, approdò all’idea di affidare il verdetto agli asini. Propose allora alle due frazioni più lontane dal centro, Cavagnola e Casate, una gara a cavallo di asini: partendo ciascuno dalla propria frazione, i cavalieri si sarebbero corsi incontro e nel punto esatto ove si fossero incrociati, ecco!, lì sarebbe stata eretta la nuova chiesa. Fin qui, niente di che, visti i tempi. Ciò che stupisce è quello che accadde dipoi, come riferito dalla cronachetta. Perché quelli della Cavagnola, o perché abili cavalieri o perché avessero “largheggiato in biada con gli animali”, corsero molto più degli altri, giungendo pressoché a ridosso della frazione avversaria e lì incrociandosi. Così che la palma della vittoria toccò alla Cavagnola ma il luogo della nuova chiesa fu molto prossimo a quelli di Casate. Se a quelli della Cavagnola non venne il sospetto che correndo così tanto avrebbero solo favorito gli avversari non è dato sapere. Così come non sappiamo se quelli di Casate invece avessero agito di furbizia. L’unico dato certo è che gli asini non ebbero alcuna responsabilità circa la conclusione della vicenda essendosi comportati come tali. Asini appunto, ma guidati dalla volontà dell’uomo.

L’indole e il cuore italiano raccontato in cento volti

Dopo aver compiuto un viaggio analogo nella geografia e nella storia della Penisola (nel nostro Cento luoghi di-versi. Un viaggio in Italia, uscito da Treccani nel 2020), ci è parso naturale riempire di figure vive quel paesaggio: perché in Italia, davvero, l’uno non esiste senza le altre, e il “volto amato della Patria” (formula in voga tra Otto e Novecento, in cui echeggiano le riflessioni di John Ruskin) non si dà se non nelle infinite rifrazioni dei volti delle donne, degli uomini, dei bambini (e dei cani e dei gatti…) italiani. Senza nasconderci gli abissi, senza compiacerci nell’oleografia.

Ritrarre l’indole e il cuore degli italiani (degli individui e delle professioni, dei potenti e famosi e degli ignoti, dei ricchi e dei poveri, dei belli e dei brutti, dei geniali e degli stolti, dei buoni e dei cattivi…) è l’impossibile che le prossime pagine provano a far accadere: tra associazioni più lineari, altre più imprevedibili, impensate, altre ancora pensate per contrasto o per provocazione. Impossibile, per fortuna, è arrivare a un ritratto sintetico, univoco, privo di contraddizioni, leggibile in un senso solo. Nelle pagine di questo libro vi accompagnerà sempre un doppio sguardo, frutto di un costante incrocio di diverse e talvolta antitetiche modalità che fanno da ponte e da porta tra antico e moderno, singolare e universale, concreto e astratto, visibile e invisibile, drammatico e ridicolo, tenero e feroce. Tutto questo nella consapevolezza che nessuna chiave di accesso, da sola, consente di arrivare a una presa dell’occhio e della mente certa, definitiva; a maggior ragione di fronte a un puzzle (l’Italia, gli italiani) perennemente in fieri, che perciò stesso impone di mettere a frutto la tastiera più vasta e variegata di toni e timbri e colori e melodie o dissonanze a disposizione. A partire dalla coppia principe dei media che abbiamo scelto: i versi e le immagini, dal cui cortocircuito possono sortire risultati sorprendenti.

Ecco perché, in questa nostra ricerca sul volto italiano, è necessario e vitale cogliere innanzitutto, grazie alla poesia, ciò che sta dentro (l’anima, il carattere, l’interiorità, l’umanità…), per metterlo in intima connessione con la rappresentazione della sua esteriorità: il volto, il corpo, l’espressione, il moto, l’atteggiamento. È da questo ponte poetico, infatti, da questa porta stretta, che passa l’arte grandissima (su su fino ad Antonello, a Raffaello, a Bernini…); ma anche la foto di cronaca, l’illustrazione, lo scatto per l’album di famiglia, il monumento, la banconota, il fotogramma di un film: fino a comporre una galleria di visi e di sguardi percorrendo la quale non siamo più certi di essere noi a guardare e non invece a essere guardati, non i giudicanti ma i giudicati, non i vivi ma i transeunti.