Ha un volto e un nome la prima vittima identificata del naufragio nel Canale della Manica in cui mercoledì sono annegati in 27, compresi una donna incinta e tre bambini. Maryam Nuri Mohamed Amin, 24 anni, riconosciuta da alcuni familiari, veniva da Ranya, un villaggio curdo nel nord dell’Iraq, e si era imbarcata sul gommone naufragato per fare una sorpresa al fidanzato già residente in Gran Bretagna. Si sono mandati messaggi fino all’ultimo. Una cugina, affranta, ha detto a Sky News: “Chi lascia la propria casa per l’Europa ha le proprie ragioni e le proprie speranze. Chiedo ai governi di Francia e Gran Bretagna di aiutarli in un modo diverso, invece di obbligarli a scegliere di imbarcarsi, che è una scelta di morte”.
Ma Francia e Gran Bretagna sono lontanissime sulla questione immigrati: i rapporti diplomatici, già molto tesi per le molte ricadute di Brexit e per il dossier Aukus, sono ai minimi per la profonda irritazione con cui Parigi ha reagito alla lettera che Boris Johnson nei giorni scorsi ha inviato a Macron, via Twitter, in cui rendeva note le proposte di Londra per risolvere la situazione. Modalità di lavoro considerata poco seria dall’esecutivo francese, che ha per questo sospeso l’invito della ministra britannica dell’Interno Priti Patel al vertice che si terrà oggi a Calais con Olanda Germania, Belgio e Unione europea proprio per esaminare vie alternative alla crisi. Il veto è un duro messaggio politico, ma funzionari britannici saranno presenti al tavolo dei negoziati, che continuano. C’è un’intesa di massima sulla condivisione di risorse di intelligence sui trafficanti, come sull’incremento di sistemi di sorveglianza tecnologica (droni o binocoli a infrarossi per la visione notturna) ma l’Eliseo, per ragioni di sovranità, si oppone all’idea del pattugliamento congiunto in territorio francese. L’obiezione di fondo è di approccio: Londra vuole puntare sull’aumento della vigilanza, Parigi, che già impiega 600 gendarmi 24 ore al giorno e ha chiara la difficoltà di presidiare metro a metro 65 chilometri di costa, propone invece una soluzione molto diversa: la creazione, in territorio francese, di centri di valutazione e smistamento delle richieste di asilo, gestiti in collaborazione con i funzionari britannici. Rigetta invece radicalmente la principale richiesta di Londra, che vuole rimandare indietro i migranti senza nemmeno valutarne le circostanze: alcuni hanno parenti in Gran Bretagna e sarebbero quindi candidabili al ricongiungimento familiare, altri sono vittime collaterali di interventi militari occidentali. Alcuni, infine, sono ex collaboratori delle istituzioni britanniche in Afghanistan, magari con i documenti in regola ma bloccati dalla difficoltà di partire sotto il regime talebano, dove quella collaborazione significa morte certa.
Ma a Westminster è in dirittura d’arrivo un disegno di legge, firmato Patel, che restringe i diritti dei rifugiati e classifica il soccorso come reato penale.