“La maggior parte delle attività politiche si è spostata fuori dai partiti e si svolge nelle fondazioni, che dovrebbero essere trasparenti a 360 gradi: bilanci chiari, comprensibili e pubblici su tutte le entrate e le uscite. Il finanziamento delle fondazioni può essere un sistema per pagare tangenti”. Sono passati diversi anni da quando Raffaele Cantone, allora presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, pronunciò queste parole. Sugli obblighi di trasparenza delle fondazioni da allora sono intervenute addirittura due leggi, ma le cose non sono cambiate molto. Lo dimostrano i siti delle tantissime fondazioni, think tank e associazioni legate a politici italiani. Poche di queste strutture pubblicano infatti i bilanci, e ancora meno sono quelle che comunicano informazioni sui loro finanziatori.
L’ultimo rapporto di Openpolis, che da diversi anni si occupa del tema, dice infatti che nel 2020 erano attive in Italia almeno 105 organizzazioni di questo genere (153 sono quelle censite dal 2015, contando anche think tank e associazioni politiche), ma solo nel 29% dei casi pubblicano i propri bilanci e solo nove di loro, l’8% del totale, l’elenco dei donatori.
Fondazioni sotto accusa
Non basta però essere trasparenti per evitare l’accusa di aver violato il Codice penale. I casi di Fondazione Open, Comitato Change e Comitato Giovanni Toti Liguria sono emblematici. Pur essendo tra le poche strutture in Italia ad aver reso pubblici bilanci e nomi dei propri sostenitori, tutte e tre sono finite al centro di inchieste giudiziarie per finanziamento illecito.
Le Procure di Firenze (caso Open) e di Genova (comitati Change e Giovanni Toti) sostengono infatti che queste strutture, ufficialmente autonome, siano in realtà delle articolazioni di partito, cioè veicoli usati per raccogliere denaro senza farlo passare sui conti dei rispettivi movimenti politici.
La stessa accusa riguarda la Fondazione Eyu, creata nel 2017 da Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd ai tempi della segreteria di Matteo Renzi, oggi senatore di Italia Viva. Bonifazi è stato appena rinviato a giudizio dal Tribunale di Roma perché la Eyu nel 2018 ha ricevuto bonifici per 150 mila euro dal costruttore Luca Parnasi. Il quale – sostiene la Procura capitolina – con quei versamenti voleva finanziare il Pd.
Con una motivazione molto simile andrà a processo, a Roma e a Milano, Giulio Centemero. Il tesoriere della Lega ha fondato nel 2015 la Più Voci, un’associazione formalmente slegata dal partito guidato da Matteo Salvini. Pochi mesi dopo essere stata creata, la Più Voci ha ricevuto 250 mila euro da un’azienda di Parnasi (basata a Roma) e altri 40 mila euro dalla catena di supermercati Esselunga (basata a Milano). Si vedrà come andranno a finire inchieste e processi.
Gli altri comitati renziani
Quando si tratta di comitati e fondazioni attivi nella raccolta fondi, Renzi è stato sicuramente uno dei politici più attivi negli ultimi anni. Oltre ad Open, che dal 2012 al 2018 ha incassato donazioni per 6,7 milioni di euro, ci sono almeno altri due veicoli che sono stati usati in questi anni, dopo la chiusura di Open, per racimolare soldi da privati. Uno si chiama “Ritorno al Futuro – Comitato di Azione Civile Nazionale” ed è stato attivo nel 2019. In quell’anno, ha incassato 620 mila euro. Tra i donatori più generosi ci sono stati Davide Serra (Algebris Investments), Gianfranco Librandi (Tci Telecomunicazioni), Daniele Ferrero (Venchi), Lupo Rattazzo (Neos): tutti imprenditori che negli anni precedenti avevano regalato soldi anche a Open.
Sempre nel 2019, e anche nel 2020, è stato attivo anche il “Comitato Leopolda” 9 e 10, che ha raccolto in tutto 543 mila euro, di cui oltre la metà arrivati dal solito Librandi, deputato di Italia Viva e imprenditore nel settore dell’illuminazione.
Sommando gli incassi di Fondazione Open, Ritorno al Futuro – Comitato di Azione Civile Nazionale e Comitato Leopolda 9 e 10, il totale fa 7,9 milioni di euro. È il denaro raccolto in nove anni da queste tre strutture formalmente slegate da Renzi.
Leggi e regole del gioco
Per rendere più trasparenti i rapporti finanziari di fondazioni, associazioni e think tank, negli ultimi anni il Parlamento ha varato ben due leggi sotto il governo Conte I. Nel 2019, prima la Spazzacorrotti e poi il decreto Crescita hanno infatti modificato le regole del gioco.
Oltre alle strutture che finanziano i partiti, oggi sono equiparate ai movimenti politici tutti gli enti privati i cui organi direttivi o di gestione sono composti per almeno un terzo da politici che negli ultimi sei anni hanno ricoperto incarichi nel Parlamento italiano, in quello europeo, nei Consigli regionali o nei Comuni con più di 15.000 abitanti. Ciò significa che tutte le fondazioni con queste caratteristiche devono pubblicare la lista dei propri donatori, proprio come i partiti? No. Come verificato da Openpolis, infatti, delle 105 organizzazioni (tra fondazioni, associazioni e think tank) attive nel 2020, solo nove pubblicano sul proprio sito l’elenco dei donatori. Fanno parte delle altre 96, tanto per fare degli esempi: la Free Foundation di Renato Brunetta, ministro della PA; la Fondazione Italianieuropei, di cui il ministro della Sanità, Roberto Speranza, è membro del comitato d’indirizzo; la Fondazione Italia-Usa, che ha tra i suoi consiglieri delegati Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento.
Pochi i dati disponibili
In teoria, esiste uno strumento utile per velocizzare la ricerca, cioè per sapere chi foraggia le fondazioni senza dover passare al setaccio centinaia di siti internet. È il registro delle erogazioni liberali pubblicato sul sito del Parlamento: oltre tremila pagine ricche di nomi e cifre. Analizzandole, si scopre però che le fondazioni citate sono solo tre. C’è la Fondazione De Gasperi, presieduta da Angelino Alfano, fino a tre anni fa ministro degli Esteri: dal 2019 a oggi ha incassato 150 mila euro di contributi privati. Tra i maggiori donatori spiccano Intesa Sanpaolo (50 mila euro), Consiglio Nazionale del Notariato (15 mila euro), Federazione Nazionale Tabacchi (10 mila euro), Federfarma Lombardia (10 mila euro).
Nello stesso periodo, ha ricevuto in totale 174 mila euro la Fondazione Democrazia Cristiana (che prima si chiamava Fondazione Fiorentino Sullo), creata dall’ex ministro Gianfranco Rotondi. Le più generose con lui sono state due imprese note: 10 mila euro sono arrivati dal Gruppo Cremonini, multinazionale della carne; la stessa cifra è stata versata dal gruppo Toto, attivo nel mercato delle concessioni autostradali, delle costruzioni di strade, ferrovie e impianti d’energia.
Terza e ultima fondazione presente nel registro parlamentare è Farefuturo. Nel consiglio direttivo siedono due parlamentari: Giuseppe Basini, deputato della Lega, e Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e presidente Copasir. Negli ultimi tre anni Farefuturo ha percepito 61.500 euro da privati. La donazione più ricca, 7 mila euro, è firmata San Carlo de Nancy, ospedale del gruppo Gvm, presieduto dal re della sanità privata, Ettore Sansavini. Una goccia di trasparenza nel mare oscuro delle fondazioni.