Come avrete notato, siamo in quella fase che precede l’elezione del presidente della Repubblica, rubricabile sotto il titolo “Fantaquirinale”. E non solo per le fantasie del povero Silvio, che davvero ci crede. Così tanto che ha perfino cambiato idea sul Reddito di cittadinanza, da “un disastro che spingerà molti a non cercare lavoro, e molti che lavorano a lasciarlo” (2018) a giusta misura di aiuto alla povertà: “Gli importi che sono finiti a dei furbi che non ne avevano diritto sono davvero poca cosa rispetto alle situazioni di povertà che il reddito è andato finalmente a contrastare” (l’altro giorno). Qualcuno pensa che il Berlusca ce la possa fare, noi no: le sette vite che aveva, politicamente parlando, le ha consumate tutte. Detto ciò, nel totonomi che infuria in queste settimane non c’è nulla di strano: è sempre accaduto. Gentiloni, Amato, Casini (e il resto a seguire, compreso il rinnovato protagonismo di Mario Monti): tutto serve a tenere sottocoperta le manovre vere.
La partita è attorno a due nomi, e purtroppo si consuma a danno delle regole, in entrambi i casi. Il primo è quello di Sergio Mattarella, che non sa più come fare a dire che non intende concedere il bis. Ieri (momento distopico) i senatori del Pd Luigi Zanda e Dario Parrini, hanno annunciato la presentazione di una proposta di riforma della Costituzione in cui si esplicita il divieto di rielezione. Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato dem, ha spiegato la ratio della norma: “Se vogliamo agire seriamente dopo ciò che ha detto Mattarella, questa proposta di riforma dobbiamo presentarla ora, perché se lo facessimo dopo sembrerebbe di voler colpire il futuro nuovo capo dello Stato”. In verità, ci informa Il Corriere della Sera, “la speranza (inconfessata) del Nazareno, è anche quella di lasciarsi una porticina aperta. Per un bis di Mattarella, il secondo e ultimo doppio mandato della Repubblica, in caso di emergenza”.
E quale sarà l’emergenza? Metti caso che l’emergenza si ripresenti proprio sotto forma di emergenza (sanitaria) in gennaio, i partiti potrebbero andare in ginocchio sui ceci da Mattarella per chiedergli di restare. In via “emergenziale” appunto, magari con un lockdown in corso. Potrebbe il capo dello Stato sottrarsi? Mica per altri sette anni, giusto il tempo per traghettare il Paese alla scadenza della legislatura e – cosa più importante – consentire a Mario Draghi di terminare il suo mandato per traslocare al Colle. L’attuale premier, dicono i ben informati, lo desidera molto. E la sparata del ministro Giorgetti sul “semipresidenzialismo de facto” risponde proprio ai desiderata di Draghi, che a 74 anni potrebbe chiudere in bellezza un cursus honorum di tutto rispetto. Fino a poche settimane fa si pensava di aggirare l’ostacolo mettendo a Palazzo Chigi un “uomo di Draghi” per consentire a Draghi medesimo di coronare il sogno del Colle. Poi si è capito che per tenere insieme le forze politiche di maggioranza, che saranno sempre più nervose in vista della scadenza elettorale, una controfigura non basterà. Dunque torniamo sempre al punto di partenza: servirà un numero di magia per accontentare tutti, cioè Draghi e i partiti, che vogliono scongiurare elezioni anticipate. Le quali, in caso di un improvviso nervosismo del premier, sarebbero in suo pugno (perfino più di ora). Se Draghi minaccia di andarsene, loro sono fritti. Ora tutto questo scenario dovrebbe suggerire a lor signori una cosa che predichiamo da tempo: la politica personalistica (cioè che si basa esclusivamente sulla figura di un singolo) è assai pericolosa. Era vero per il vecchio B., per l’ormai defunto Matteo ed è vero anche per il più rispettabile Draghi. Alla fine troveranno un trucco, ma sarà sempre a discapito delle regole. Che a furia di essere forzate, non serviranno più a niente, lasciando il campo libero a ogni scorribanda…