L’unico condannato per l’omicidio di Meredith Kercher, Rudy Guede, torna anche formalmente libero per fine pena. Il magistrato di Sorveglianza di Viterbo gli ha concesso la liberazione anticipata per buona condotta. Di fatto Guede è già libero da quasi un anno grazie all’affidamento ai servizi sociali che gli è stato concesso a dicembre 2020. Fino a lunedì doveva tornare a dormire nel carcere (dove ha scontato quasi tutta la sua condanna a 16 anni) dopo il volontariato svolto alla Caritas e come bibliotecario presso il Centro studi criminologici di Viterbo. Guede non ha goduto di alcun privilegio perché è stata applicata la legge che prevede uno sconto di 45 giorni ogni sei mesi espiati. Ora l’ivoriano “vorrebbe essere solo dimenticato”.
Carcere di Torino, blitz in sezione psichiatrica
La Procuradi Torino ha aperto un fascicolo contro ignoti per il reato di maltrattamenti, dopo la denuncia della presidente dell’associazione Antigone, Susanna Marietti, sulle condizioni di vita dentro al Sestante, la sezione psichiatrica del carcere Lorusso e Cutugno del capoluogo piemontese. Nelle venti celle del padiglione, commenta Antigone in una nota, “è reclusa una singola persona detenuta. La cella è piccola, sporca. Al centro vi è un letto in metallo scrostato e sopra è buttato un materasso fetido, a volte con qualche coperta e a volte no”. L’Osservatorio carceri dell’Unione Camere penali ha annunciato che chiederanno il sequestro della sezione, “luogo in cui si consumano reati ai danni dei detenuti”.
Maradona, l’ex amante cubana: “Mi violentò e mi fece drogare”
Durante una conferenza stampa a Buenos Aires, la 37enne cubana Mavys Alvarez Rego ha ribadito le accuse di violenza sessuale e droga contro Diego Armando Maradona, del quale giovedì ricorre il primo anniversario della morte. La donna, che è stata l’amante dell’ex Pibe de oro dal 2000 (quando aveva 16 anni) fino al 2005, ha raccontato che Maradona le “offriva costantemente cocaina” e di averla costretta a fare sesso contro la sua volontà. Grazie a un permesso speciale del governo cubano, l’ex calciatore la fece operare ai seni “perché a lui piacevano grandi”.
“Comportamento antisindacale”: denunciata la stilista Franchi
Nominata Cavaliere della Repubblica dal presidente Mattarella nel maggio scorso, temuta dai lavoratori della sua azienda, terrorizzati dal suo atteggiamento ostile verso i sindacati. Elisabetta Franchi (nella foto), nota imprenditrice emiliana del settore della moda, adesso dovrà rispondere a un ricorso ex art. 28 per comportamento antisindacale depositato dalla Filcams Cgil di Bologna che denuncia la mancanza di confronto in merito a una controversia sull’utilizzo del lavoro straordinario. Sebbene l’azienda sia nata nel 1995 e oggi conti 267 lavoratori in tutta Italia (154 nel bolognese) e un fatturato pre-pandemia di 120 milioni di euro, è solo dal 2020 che i lavoratori hanno trovato il coraggio di iscriversi al sindacato. “L’azienda nel 2020 ha iniziato a imporre ore di straordinario senza contrattarle con i sindacati”, racconta Lorenza Giuriolo, funzionaria Filcams di Bologna. “Le nostre molteplici richieste di confronto, previsto dal contratto – continua – sono state regolarmente ignorate, tanto da costringerci a proclamare uno stato di agitazione con immediato blocco degli straordinari lo scorso 11 novembre”. Ma, nonostante lo sfoggio di glamour e modernità che Elisabetta Franca esibisce sui social, la sua concezione delle relazioni con i lavoratori ricorda più gli anni ’50: l’azienda risponde allo sciopero con un ordine di servizio per obbligare i lavoratori a svolgere lo straordinario lo stesso. L’8 novembre aveva già avviato dei procedimenti disciplinari contro dei lavoratori che non avevano svolto le ore di straordinario richieste. “È un’azienda in cui ci sono luci e ombre – osserva Giuriolo – finora ci si è concentrati sulle luci, è arrivato il momento di parlare anche delle ombre: dell’ossessione del profitto a scapito di qualsiasi considerazione sul benessere psico-fisico dei lavoratori che sono esausti. I picchi di lavoro, se non sono passeggeri, come sembra il caso di Franchi, si devono affrontare con nuove assunzioni, anche temporanee”.
Maxi-truffa da 27 mln sull’energia: 22 arresti Il costo ricadeva sulle bollette dell’elettricità
Cinque società in capannoni vuoti, rette da prestanome, in Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia. Comunicavano al Gestore dei Servizi Energetici lavori come il rifacimento del cappotto di condomini. Stando alle indagini iniziate nel luglio 2019 dalla Procura di Aosta, e passate con il loro ampliarsi alla Dda di Torino, quegli interventi di efficientamento però non esistevano, se non nel database ove venivano caricati. Rappresentavano il primo anello di una maxi truffa allo Stato, stimata in 27 milioni di euro, nonché di operazioni di riciclaggio, per 14 milioni. All’alba di ieri, martedì 15 ottobre, nell’operazione “Carta Bianca” – condotta dalla Guardia di finanza di Aosta e dalla Polizia criminale di Duisburg, sotto l’egida dell’agenzia europea Eurojust – sono finite in arresto, tra Italia, Germania e Svizzera, 22 persone. In tutto 113 gli indagati. Per gli inquirenti, con le false comunicazioni dei lavori, le società (delle “Energy Service Company”) ottenevano dei “certificati bianchi” che monetizzavano rivendendoli, su un apposito mercato, ai grandi distributori di luce e gas. Questi ultimi li possono acquistare per dimostrare il raggiungimento di obiettivi annui di risparmio di energie primarie, cui sono tenuti per legge, ricevendo in cambio un contributo dalla Cassa per i Servizi Energetici e Ambientali. L’acquisizione dei titoli viene finanziata dai compratori anche con gli “oneri di sistema” prelevati in bolletta ai clienti. I distributori, hanno appurato i finanzieri, erano all’oscuro della provenienza illecita dei titoli dalle “E.S.Co.”, ma così concepito il sofisticato meccanismo criminale finiva con l’originare rincari della spesa per aziende e famiglie. Le cinque società fantasma sono state ricondotte ad una “cabina di regia”: quattro persone, accusate di associazione a delinquere, radicate nel torinese. Sono 95 i progetti ritenuti falsi presentati nel 2016, con proventi assicurati per 5 anni. Il riciclaggio, invece – a suon di fatture false, bonifici all’estero e “spalloni” che riportavano il denaro in Italia avveniva attraverso gruppi di indagati tra Campania e Puglia, tra i quali un commercialista di Napoli e un ex bancario. Assieme agli arresti, disposti dal Gip di Torino Francesca Firrao, decine le perquisizioni eseguite. Sono spuntati, oltre ad ingenti somme in contanti, orologi di lusso per 100mila euro, due ville da sogno a Ischia e Ventotene e criptovalute (in particolare, un “ballet” con bitcoin e Usdt per un controvalore vicino ai 500mila euro). Tutto sequestrato.
Sistema Tempest: 3 miliardi per aerei pilotati e droni
Due miliardi subito, un miliardo in un secondo momento. L’Italia si prepara a investire tre miliardi sul sistema Tempest, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale di A/R n. Smd 36/2021, relativo allo sviluppo di una architettura complessa e interoperabile basata su un “Sistema di sistemi” di combattimento aereo di sesta generazione – Future Combat Air System. Ieri è stato il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare Luca Goretti, nell’audizione davanti alle Commissioni riunite Difesa di Camera e Senato, a illustrare il programma. L’orizzonte temporale cui si guarda parte dal 2035, quando uscirà di scena l’F-2000 Typhoon e dovrà entrare in servizio “un nuovo Sistema d’Arma che dovrà essere in grado di cavalcare le sfide che si presenteranno nei successivi 30-40 anni e che sono sfide tecnologiche, ambientali e culturali prima che sfide operative portate da nuove minacce”. F35 e Typhoon operano nei tre domini classici: Aerospaziale, Terrestre e Marittimo. Già oggi, invece, ha proseguito il capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, “assistiamo a uno sviluppo rapidissimo e sempre più frequente di attività perturbanti da, attraverso e verso gli altri due nuovi domini: Cyber e Spazio”. Il programma coinvolge Italia, Gran Bretagna e Svezia: non proprio un formato fortissimo. Senza contare che il nostro Paese ha già ingenti investimenti in F-35 e Eurofighter.
Anpal sul Rdc: “540 mila beneficiari hanno trovato lavoro mentre ricevevano il sussidio”
Mentre una marea di imprenditori, diversi politici e buona parte dell’opinione pubblica li definivano “fannulloni”, 540 mila beneficiari del Reddito di cittadinanza hanno trovato un lavoro mentre ricevevano il sussidio. Se questi si sommano a quelli che un’occupazione già ce l’avevano al momento in cui hanno chiesto il sostegno, il totale fa 720 mila. Si tratta di quasi un terzo dei percettori presi in carico dai centri per l’impiego, che però non hanno inciso molto in questi numeri. Ieri il commissario straordinario dell’Anpal, Raffaele Tangorra, è stato sentito dalla Commissione Lavoro della Camera e ha annunciato a breve la pubblicazione di un report di cui ha anticipato alcuni risultati. Ai Centri per l’impiego sono stati indirizzati poco meno di 1,9 milioni di persone tra quanti prendono il Reddito di cittadinanza. Di queste, 328 mila erano già occupate al momento dell’accettazione della domanda; altre 566 mila avevano avuto un rapporto di lavoro nei tre anni precedenti. Quasi metà del totale, insomma, era formata da lavoratori o ex lavoratori che, ciononostante, si trovavano con livelli di Isee e guadagni al di sotto delle soglie richieste per il sostegno anti-povertà. Ma il dato più rilevante sono le oltre 540 mila persone che hanno firmato un contratto dopo aver iniziato a ricevere l’assegno mensile statale. Il Rdc, quindi, non ha avuto l’effetto di fungere da disincentivo al lavoro, malgrado l’esiguo ammontare – circa 550 euro di media – e malgrado il sistema penalizzante per cui accettando un contratto la somma ricevuta viene decurtata. Da queste cifre non emerge tuttavia un successo dei centri per l’impiego nel ruolo di mediazione. Le persone che hanno trovato lavoro sono il 32% di quelle che hanno firmato il patto di servizio; tra quelle invece che non l’hanno firmato, la percentuale è comunque al 29%. In pratica, essere stati avviati dai centri aumenta del 10% le possibilità di successo; forbice che si allarga al 20% al Nord e si restringe al 2% al Sud. Il deputato M5S, Claudio Tucci, sostiene che “questi dati smontano la bufala per cui chi prende il Reddito preferisce stare sul divano” e rilancia sulla proroga per i 2.400 navigator che, a meno di ripensamenti da parte del governo, perderanno il lavoro il 31 dicembre. La legge di Bilancio – avendo Draghi preso per buona la narrazione sui “divanisti” – resta però fortemente punitiva per i beneficiari del Reddito.
Suicidio assistito, primo sì in Italia. Dubbi sul farmaco
Dopo il diniego dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (Asur), una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona, due diffide legali all’Asur, Mario (è un nome di fantasia) è il primo italiano a ottenere il parere del Comitato etico per l’accesso legale al suicidio assistito. L’uomo, 43 anni, è paralizzato dalle spalle ai piedi da 11 anni a causa di un incidente stradale in auto e da anni si batte per il via libera. “Ora mi sento più leggero. Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni”, ha riferito Mario dopo aver letto il parere del Comitato etico, come riferisce l’Associazione Luca Coscioni. “La strada più convincente sono le cure palliative”, ha commentato la Pontificia Accademia per la Vita. Intanto la Regione Marche ha chiarito che “sarà il Tribunale di Ancona a decidere se il paziente potrà avere diritto al suicidio medicalmente assistito. Il Comitato Etico da parte sua ha sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco”.
Anac: serve più trasparenza sulle auto blu
È opportuno che enti e amministrazioni pubblichino l’elenco delle auto di servizio di cui dispongono, inserendo dati e numeri sui propri siti istituzionali, prevedendo misure specifiche contro gli abusi. Così l’Anac, dopo aver ricevuto segnalazione di uso improprio, sollecita più trasparenza sulle auto blu per evitare corruzione e sprechi di risorse pubbliche. Simbolo della casta, negli ultimi anni si sono succeduti numerosi interventi per “razionalizzare e ridurre i costi” delle berline di Stato. Tra le disposizioni c’è anche l’obbligo di contarle. Nella prima decade del 2000, l’Italia aveva il poco lusinghiero primato mondiale (addirittura 600mila auto si stima), mentre nel 2020 erano 26.627, di cui 734 a uso esclusivo con autista, secondo l’ultimo censimento diffuso quest’estate dal Dipartimento per la Funzione Pubblica. Che però ha registrato un calo della partecipazione degli enti: solo il 66% ha risposto. Rispetto al 2018, le auto sono calate del 21%, ma c’è stata un’inversione rispetto al 2019: + 3,7.
Amara, “Storari e Davigo a processo per i verbali”
La Procura di Brescia chiede il rinvio a giudizio per l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo e il pm milanese Paolo Storari, indagati per rivelazione di segreto d’ufficio, per aver divulgato i verbali degli interrogatori in cui l’ex avvocato dell’Eni, Piero Amara, rivelava l’esistenza di un asserito gruppo massonico chiamato Loggia Ungheria. Amara ne parlò tra il dicembre 2019 e il gennaio 2020 a Storari e al procuratore aggiunto Laura Pedio. Un paio di mesi dopo, Storari consegnò una copia informale di alcuni verbali a Davigo, allora membro del Consiglio superiore della magistratura: per cautelarsi, a suo dire, temendo l’inerzia investigativa della sua Procura su quanto dichiarato da Amara.
Davigo gli aveva assicurato di avere titolo a ricevere quei documenti, poiché al Csm non è opponibile il segreto. In seguito, Davigo comunicava informalmente l’esistenza dei verbali sulla Loggia Ungheria all’ufficio di presidenza del Csm e ad alcuni consiglieri.
Ora sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se Storari e Davigo dovranno essere processati. Nel capo d’imputazione si legge: “Una volta ricevuti i documenti, Davigo consegnava informalmente e senza alcuna ragione ufficiale, ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Ardita, copia degli atti al consigliere del Csm Giuseppe Marra”. E poi ad altri consiglieri del Csm. Davigo non commenta la richiesta dei pm bresciani e dichiara che quello che ha da dire lo dirà al giudice.
Restano sotto indagine a Brescia altri quattro magistrati della Procura di Milano. I procuratori aggiunti Fabio De Pasquale e Laura Pedio e il sostituto Sergio Spadaro (ora alla Procura europea) sono indagati per omissione di atti d’ufficio perché – secondo le accuse di Storari – avrebbero evitato di valorizzare e depositare nel processo Eni-Nigeria atti d’indagine che, a suo dire, provavano la non attendibilità di Vincenzo Armanna, ex manager Eni diventato grande accusatore della compagnia petrolifera. Nei giorni scorsi, Eni ha chiesto al Tribunale di Roma di sequestrare ad Armanna 52 milioni di euro. Su De Pasquale e Spadaro le indagini sono concluse e la settimana prossima i due saranno sentiti, su loro richiesta, a Brescia. Su Pedio, invece, l’indagine è ancora aperta.
Per il procuratore milanese Francesco Greco, che ha appena lasciato il suo ufficio dopo aver concluso il mandato, la Procura di Brescia ha già chiesto l’archiviazione, su cui ora dovrà decidere il gip. Intanto Greco è stato sentito dal Csm, per tre volte, nei giorni scorsi. A fare domande, soprattutto il consigliere Nino Di Matteo, a cui l’ex procuratore ha spiegato i fatti (già ricapitolati nelle relazioni inviate alla Procura di Brescia, alla Procura generale di Milano e al Procuratore generale della Cassazione): nessuna inerzia investigativa sulla Loggia Ungheria e nessuna prova nascosta ai giudici del Tribunale.