Bindi o perfino Finocchiaro: 5S e la donna del Quirinale

A rilanciare l’idea, due giorni fa, ha provveduto un contiano piuttosto arrabbiato, Stefano Patuanelli: “Vorrei che il prossimo capo dello Stato fosse una donna”. E dietro le sillabe dette al Corriere della Sera dal ministro dell’Agricoltura, c’è innanzitutto la voglia di pungere il presidente del Consiglio, Mario Draghi. L’uomo a cui Giuseppe Conte e un pezzo del M5S imputano la disfatta sulla Rai, col Movimento rimasto con le mani vuote al tavolo delle nomine. E a cui ora i 5Stelle contiani provano a dire che no, non è indispensabile che lui traslochi al Quirinale. Anche per questo da una parte del Movimento soffiano nomi diversi, sempre nella speranza che alla fine Sergio Mattarella conceda il bis, come si augurano sia Conte che Luigi Di Maio.

Nell’attesa, dal M5S parlano di possibili candidate. Come Rosy Bindi, che da presidente dell’Antimafia fu apprezzatissima dai grillini. E come Anna Finocchiaro, a quanto raccontano popolare tra alcuni maggiorenti del M5S a Palazzo Madama. Proprio lei, la veterana del Pd, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato ai tempi della riforma costituzionale Renzi-Boschi, testo di cui fu anche relatrice di maggioranza. Ma Finocchiaro ha comunque costruito rapporti cordiali con alcuni dei senatori a 5Stelle. Ed è un’opzione che da qualche settimana riaffiora nelle conversazioni grilline, come figura di sintesi con Pd e LeU. Lo confermano anche da ambienti dem. “Ma i deputati la pensano diversamente” avverte un big dei 5Stelle di stanza alla Camera. L’ennesimo motivo di divisione nel Movimento dove la frammentazione è regola. A Montecitorio, insomma, è decisamente più popolare Bindi. E comunque, per ora, siamo alle ipotesi che riempiono un’attesa. Mentre a pesare sono i timori, diffusi. E il primo rimane sempre la tenuta dei gruppi parlamentari. Raccontano che Luigi Di Maio sia preoccupato per il rischio di forte instabilità del M5S e di quasi tutti i partiti nel voto segreto per il Colle. Di fatto, un’occasione quasi unica per vendette e operazioni politiche. Per questo un parlamentare giallorosa fa notare: “Matteo Renzi dà per certo il voto anticipato perché vuole mettere i gruppi contro i propri segretari e seminare caos, così da pesare di più al tavolo”. Facile la carta della paura da alimentare nei tanti parlamentari che temono le urne. E il primo nemico di cui il capo di Iv cerca la gola è sempre Conte.

Dopodiché nel M5S lo dicono in diversi: “Berlusconi al Colle non è solo qualcosa di cui sorridere”. L’apertura del Caimano sul Reddito di cittadinanza, rilanciata ieri da forzisti come Anna Maria Bernini e Alessandro Cattaneo, è la conferma che Berlusconi punta a pescare nel malessere grillino e nel corpaccione degli ex 5Stelle. “Ma il Pd sottovaluta il problema, anche se da FI hanno già provato ad avvicinare alcuni dei nostri” dicono dal M5S. Dove la parola Quirinale evoca sempre un verbo: esplodere.

“Al Colle un presidente anti-ammucchiate: al centro c’è solo caos”

Goffredo Bettini, la provoco subito: oggi quale Principe consiglia?

Non consiglio, semmai talvolta influenzo con le mie idee; che esprimo sempre in piena libertà, pubblicamente e alla luce del sole. Sono da cinquanta anni un militante e poi dirigente della sinistra italiana. Se ho ancora qualche ascolto è perché non ho mai avuto l’ansia di conquistare un potere monocratico e diretto che consuma chi lo esercita e lascia una “spina” in chi lo subisce.

La sua ultima festa di compleanno è stata raccontata come un gigantesco patto di Sistema, quali segreti cela ancora e quale pietanza simboleggia l’accordo?

La pietanza è la mozzarella di bufala. È stata, infatti la “bufala” giornalistica più clamorosa degli ultimi tempi. Ho invitato in una festa informale, ironica, affettuosa, amici vecchi e nuovi. Anche alcuni politici; solo quelli con i quali ho un vero rapporto umano e di stima. È surreale pensare che lì si siano discusse le strategie per l’avvenire. Anche l’informazione risente della meschinità del dibattito pubblico italiano.

A proposito: c’erano anche Conte e Fuortes: vista la reazione del leader del M5S alle nomine qualcosa non ha funzionato.

Non ha funzionato perché né Conte né Fuortes hanno parlato di Rai.

Passiamo all’analisi di fase: Renzi alla Leopolda ha tumulato l’alleanza con Pd e M5S. Più che un campo largo è un camposanto. O no?

Non credo che Renzi abbia la forza di tumulare alcunché. Ci sono molte forze in movimento per distruggere la prospettiva politica dell’alleanza tra il Pd e i 5S. Eppure Letta si è rafforzato e ribadisce una prospettiva unitaria e Conte, nonostante una campagna demolitoria e sprezzante che ha dovuto subire, resiste e combatte. I sondaggi danno il suo partito ben oltre il 15% e, dopo la vicenda della Rai, c’è stata un’impennata del suo gradimento tra gli italiani. Renzi e non solo lui utilizzano parole liquidatorie e aggressive nei confronti degli altri partiti: vogliono distruggerli, toglierli dal campo. Al contrario io rivolgo un augurio a Renzi: egli afferma che c’è una grande prateria per una forza liberale e autenticamente riformista. Bene, la occupi, passi dalle parole ai fatti. Lavori in positivo, invece di insultare gli altri. Il punto è che tutti i molteplici leader che evocano questa prospettiva centrista, all’atto pratico non riescono a concludere nulla. Difendono i recinti dei loro giardinetti, altro che prateria…

Lei ha più volte rivendicato di essere un garantista: però qualcosa di sinistra su Renzi lobbista e conferenziere può dirla.

Non combatterò mai Renzi o chicchessia sul piano giudiziario. C’è, tuttavia, un tema di opportunità. Ma non riguarda solo Renzi. Una persona che intende comandare e decidere nella sfera pubblica deve dare l’esempio per essere credibile. Non è moralismo. È politica. La società è sempre più divisa in due. C’è un’élite privilegiata che non comunica più con la gente normale. Frequenta università, scuole e ospedali diversi; possiede case, macchine, vestiti diversi; consuma e va in vacanza in modi diversi. Chi sta sotto non vede più la possibilità di migliorare, chi sta sopra non si accorge delle sofferenze e del malessere che serpeggiano nella società. Se anche per un attimo la classe dirigente politica dà l’impressione di imitare e favorire il mondo dei vincitori e di abbandonare quello dei vinti, si incrina la democrazia, si allarga l’antipolitica e si producono nuove ingiustizie.

L’elezione del capo dello Stato è destinata a cambiare gli equilibri. Non le chiedo profezie, ma solo una previsione, la sua.

Sono per un presidente di garanzia per tutti; che faccia rispettare la Costituzione e dia prestigio all’Italia nel mondo. Un presidente forte: perché deve essere in grado, dopo questa fase d’emergenza, di riaprire una sana dialettica politica tra il centrodestra e il centrosinistra. Guai a pensare che serva tagliare le ali agli schieramenti per favorire un confuso corpaccione di centro. Aumenterebbe l’astensionismo, diminuirebbe la rappresentanza, si aprirebbe la strada a ipotesi tecnocratiche ancora più distanti dal Paese reale. Considero la destra un avversario da battere; spero che la sinistra riconquisti anche i consensi popolari lì perduti. Ma non mi auguro nel campo avverso un deserto di rappresentanza, che porterebbe fuori dal gioco democratico-parlamentare un pezzo dell’elettorato italiano. Semmai mi auguro che i partiti della destra italiana recidano con più nettezza i loro legami circa ogni pulsione violenta o antistituzionale.

Al momento i fan di Draghi sembrano essere solo Meloni e Salvini.

La partita del Colle è ancora tutta da giocare. Salvini non mi pare abbia deciso. Ora è prioritario contrastare la ripresa della pandemia e varare la legge di Bilancio.

Il governo si è impantanato. Draghi teme il Covid come “grande elettore” contro di lui.

Il governo Draghi ha svolto un lavoro importantissimo. Occorre un grande senso di responsabilità dei partiti e contemporaneamente occorre coltivare da parte dell’esecutivo un ascolto nei loro confronti. Sapendo che ognuno di loro ha sacrificato qualcosa di sé in una alleanza così larga.

I giallorosa come possono andare avanti?

Impegnandosi nella costruzione di un campo largo, che per essere largo deve bandire veti, pregiudiziali, personalismi e volontà egemoniche.

Conte le sembra un leader debole? Paga la dalemizzazione di Di Maio? Lei è un esperto della materia dai tempi di Veltroni.

Conte non è affatto un leader debole. Subisce attacchi micidiali proprio perché continua a stare in campo e a riscuotere simpatie e consensi. Ha governato bene, Draghi su tanti aspetti continua la sua azione. Ha contribuito alla formazione dell’attuale governo. Sta cambiando il M5S in direzione di un partito ecologista, popolare, europeista e attento alle fasce più deboli della società. Valuta positivamente l’adesione del suo movimento al gruppo dei Socialisti e Democratici a Bruxelles. Quale interesse avrebbe il campo democratico a indebolirlo o disarcionarlo? L’interesse possono averlo solo i nemici di un nuovo e civile bipolarismo. I fautori di una ammucchiata di potere, in grado di destrutturare il sistema politico italiano per passare la mano a un comando delle élite economiche e finanziarie internazionali dominanti in Occidente.

“Noi 5S in aula contro Uggetti. Di Maio? Io non chiedo scusa”

Massimo Casiraghi è il cittadino di Lodi (oggi consigliere comunale del Movimento 5 Stelle) che nel 2016 si è costituito parte civile nel processo in cui il sindaco della sua città, Simone Uggetti, era accusato di aver confezionato il bando per la gestione delle piscine comunali su misura di chi poi ha vinto la gara. Condannato in primo grado, Uggetti è stato assolto in appello.

Casiraghi, si è pentito della sua scelta?

No. Nel maggio 2016, quando scoppiò lo scandalo e Uggetti fu arrestato, io ero un attivista locale del Movimento 5 Stelle. Chiedemmo al Comune di Lodi di costituirsi parte civile contro il sindaco e gli altri imputati. Senza avere risposta. Intanto Uggetti restava sindaco. A un certo punto, la giunta disse no, prese la decisione formale di non costituirsi parte civile. Decisione poi confermata dal commissario che a giugno arrivò a sostituire sindaco e giunta che si erano dimessi. Intanto però, nell’udienza del 21 luglio 2016, avevo chiesto di costituirmi io, assistito dall’avvocato Marcello Pistilli, in sostituzione del Comune di Lodi.

All’udienza del 13 settembre 2016, il Tribunale di Lodi accoglie la sua richiesta: sulla base della norma che disciplina la cosiddetta “azione popolare”, che conferisce al cittadino elettore il “diritto di far valere in giudizio le pretese che in via ordinaria spetterebbero al Comune o alla Provincia”.

Sì, eravamo convinti che il no della giunta potesse essere viziato da un potenziale conflitto d’interessi. I giudici del Tribunale accolsero la mia richiesta, che fu poi confermata anche dalla Corte d’appello. I giudici respinsero tutte le richieste degli imputati di estromettermi dal processo. Così ottenemmo la nostra prima vittoria: aver dato ai cittadini un diritto in più. Lo abbiamo fatto a spese nostre, con i soldi raccolti da cittadini e attivisti del Movimento 5 Stelle. E naturalmente lo abbiamo fatto sapendo che non avremmo mai avuto nulla in cambio: un eventuale risarcimento sarebbe andato al Comune di Lodi.

Dopo l’assoluzione in appello, però, il leader dei 5 Stelle Luigi Di Maio chiese scusa al sindaco Uggetti con una lettera al Foglio: “Sull’arresto dell’ex sindaco di Lodi ho contribuito a esacerbare il clima. Mi scuso… Le modalità con cui lo abbiamo fatto, anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli”. Lei, Casiraghi, vuole unirsi a queste scuse?

No. Non ho nulla di cui scusarmi perché la nostra è stata una battaglia giusta e fondata, e questa è la seconda sentenza che lo riconosce. Se Di Maio ha da chiedere scusa per suoi comportamenti, è un problema suo. Io e gli attivisti locali del Movimento e i cittadini che ci hanno sostenuto non abbiamo niente di cui scusarci: siamo anzi fieri delle nostre battaglie che avevano come unico fine quello di difendere e accrescere i diritti dei cittadini e la loro partecipazione alla vita della città.

La sentenza d’appello, che pure assolve, dice che il cittadino Massimo Casiraghi aveva diritto a costituirsi parte civile nel processo.

Sì, mi dà ragione sul potenziale conflitto che ipotizzavo dentro la giunta comunale. La sentenza infatti dice: “A giudizio della Corte, tale condivisibile interpretazione trova ragione e fondamento, in relazione alla astratta possibilità di conflitto con l’ente territoriale, configurabile (ed è il caso di specie) ove i membri della giunta siano chiamati a dover decidere sulla costituzione in giudizio dell’ente comunale al fine di pretendere un risarcimento del danno, proprio nei confronti del soggetto che ha proceduto alla loro nomina”. Cioè il sindaco.

La sentenza d’appello però assolve Uggetti e i suoi coimputati, sostenendo che non si devono “punire indiscriminatamente le mere irregolarità formali attinenti all’iter procedimentale”; che “il bene tutelato dalla legge” non è la “mera regolarità formale dell’asta”, ma “l’interesse della Pubblica amministrazione”. Dunque “la turbativa non ricorre in presenza di qualsiasi disordine relativo alla tranquillità della gara, essendo necessaria una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della Pubblica amministrazione e all’interesse dei privati di poter partecipare alla gara”.

A me pare che la legge debba tutelare la regolarità delle gare e l’accesso alla pari di tutte le aziende alle aste, e non un astratto “interesse della Pubblica amministrazione”. Ma questa è una questione da giuristi, aspetto la Cassazione, se ci sarà.

Camorra, nasce Comitato liberazione

Si è costituitoufficialmente ieri, nel Parco Verde di Caivano, il “Comitato di liberazione dalla camorra dell’Area Nord di Napoli”, una realtà in cui confluiscono chiese, associazioni di volontariato, rappresentanti delle istituzioni e cittadini con l’intento di costruire una nuova esperienza in una delle zone a più alta infiltrazione mafiosa d’Italia. Il comitato opererà nell’area che comprende Afragola, Arzano, Caivano, Casalnuovo, Casandrino, Casoria, Frattamaggiore, Melito. Si tratta di posti “erroneamente definiti periferia”, dicono i promotori, ma che a conti fatti sono “il corpo centrale della Città metropolitana di Napoli: un territorio che “è Italia, è Europa”, ma dove “la democrazia è spesso sospesa”

“Riforma della sanità? Come fece Formigoni”

Per protestarecontro la nuova riforma sanitaria della Lombardia, Marco Fumagalli, consigliere regionale per il Movimento 5 Stelle, ha deciso di vestirsi imitando lo stile dell’ex presidente Roberto Formigoni. “Dal momento che i contenuti della (non) riforma sono in perfetta continuità con il modello della sanità regionale pensato da Formigoni e portato avanti da Maroni – ha spiegato Fumagalli durante una seduta – ho provato a vestire i panni del Celeste per tentare di comprendere come si possa continuare a promuovere questo modello”. Il 5Stelle ha definito intollerabile che la Regione “non faccia tesoro dei propri errori, ma prosegua imperterrita su di una strada che devia dal modello nazionale”.

Uno Bianca, “la targa ha una vittima in più”

Nella targa affissa nel “Giardino della memoria” a Rimini in ricordo delle vittime della banda della Uno bianca, riconsegnato alla città sabato scorso dopo la riqualificazione, ci sarebbe un nome in più. È quello di Fathi Ben Massen, tunisino ucciso a Rimini il 19 dicembre 1990 davanti al bar Blue Line, durante un assalto in cui furono ferite altre 7 persone. “Va rimosso”, ha detto l’avvocata Donatella De Girolamo, difensore di Roberto Savi, uno dei capi della banda, perché l’omicidio non sarebbe opera del gruppo. “Non so chi abbia fatto la lista, se la Questura o la Prefettura, non ce lo siamo inventato”, ha replicato Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione vittime: “Verificheremo e se non c’entra lo rimuoveremo”.

L’Anpi incalza Palazzo Chigi: “Che fine ha fatto lo scioglimento di Forza Nuova?”

“Siamo qui per rompere il silenzio e rilanciare al governo la richiesta di scioglimento di Forza Nuova”. Con queste parole il presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, ha inaugurato ieri la conferenza stampa che ha riunito il Forum delle associazioni antifasciste e della Resistenza. E che è partita da una domanda eloquente, come da titolo dell’evento: “A quando lo scioglimento delle organizzazioni fasciste?”.

Il tema sta diventando motivo di irritazione tra le sigle che ricordano la lotta partigiana. Un mese fa il Parlamento ha infatti approvato due mozioni che, seppur con toni meno decisi di quanto sperassero le associazioni, chiedevano al governo di Mario Draghi di “valutare lo scioglimento” di Forza Nuova e degli altri partiti neo-fascisti, visto anche il clamore suscitato dall’assalto e dalla devastazione della sede nazionale della Cgil, a Roma, di pochi giorni prima.

A quel clima di grande indignazione non sono seguiti i fatti: “Da quel giorno non abbiamo avuto nessuna notizia – è l’amarezza di Pagliarulo, confortato anche dalle parole di Serena Colonna (Anppia), Mariapia Garavaglia (Anpc), Dario Venegoni (Aned) e del costituzionalista Massimo Villone – eppure siamo davanti a quel caso straordinario di ‘necessità e urgenza’ che secondo la legge Scelba imporrebbe di intervenire. Non siamo noi a chiedere lo scioglimento di Forza Nuova, è la Costituzione a farlo”.

La delusione nei confronti di Palazzo Chigi è la stessa di alcuni parlamentari che si sono fatti promotori delle mozioni anti-fasciste. Emanuele Fiano (Pd) assicura che, visto il silenzio del governo, il centrosinistra chiederà un incontro con la ministra Luciana Lamorgese. La dem Monica Cirinnà stronca invece la decisione dell’esecutivo di affidarsi a un “gruppo di esperti” per valutare i termini legali della questione: “Nessuno sa niente di questa struttura. Né chi ne faccia parte né cosa stia facendo. Ma io so solo che in politica c’è una regola aurea: quando non vuoi fare qualcosa, crea un gruppo di lavoro. Così farai passare del tempo e potrai dire che te ne stai occupando. È del tutto inutile”. E in effetti azioni concrete o posizioni pubbliche del governo non se ne sono viste. Lo staff di Draghi, interpellato dal Fatto, preferisce non commentare: segno che il tema resterà in freezer. Aspettando che sia la magistratura a imporre un eventuale stop a Forza Nuova o che, più probabilmente, il governo cada prima che la questione torni sulle prime pagine.

“L’uomo di De Luca avvertì la ditta su gara d’appalto”

Fu ascoltata dalla Procura di Torino l’intercettazione che diede il via all’ultima indagine sul “Sistema Salerno”, o se preferite “Sistema De Luca”. Autunno 2016, al telefono l’assessore deluchiano al Commercio Dario Loffredo – i recenti verbali del ras delle coop Vittorio Zoccola lo indicano nel ‘cerchio magico’ che comanda a Salerno insieme al deputato Piero De Luca – parla con uno dei responsabili di “Buongiorno Italia”. È la società torinese che da tre anni si è occupata dell’allestimento delle bancarelle natalizie a Salerno, grazie a una convenzione e senza gara. Torino indaga su di loro per altre vicende. E quando appura che la conversazione non ha attinenza con la sua inchiesta, la trasmette ai pm salernitani. In questa telefonata Loffredo, indagato per concorso in turbativa d’asta insieme ad altre quattro persone, avrebbe dato rassicurazioni a “Buongiorno Italia” sull’esonero della Tosap. Stavolta, Natale 2016, i mercatini andranno a gara – ritenuta poi truccata – e nel fascicolo sono contenute altre intercettazioni tra Loffredo e il presidente degli ambulanti salernitani, Aniello Pietrofesa, che per la procura guidata da Giuseppe Borrelli avrebbe avuto un ruolo di mediatore tra il territorio e “Buongiorno Italia”.

Secondo l’avvocato di Loffredo, Giovanni Annunziata, “non è facile ricostruire, dopo oltre 5 anni, un contatto presuntivamente telefonico ma il profilo di legalità che ha accompagnato Loffredo in tutta la sua carriera fa ritenere che verrà prosciolto”.

“Stalking sulla ex”. Varriale a processo col rito immediato

Enrico Varriale a processo per stalking. La Procura di Roma ha chiesto e ottenuto dal gip il rito immediato per il giornalista di Rai Sport. L’accusa riguarda il presunto stalking effettuato questa estate ai danni dell’ex compagna. La prima udienza è fissata al 18 gennaio. Il 30 settembre Varriale, difeso dall’avvocato Fabio Lattanzi, era stato interrogato in piazzale Clodio davanti al gip Monica Ciancio, che aveva disposto il “divieto di avvicinamento a meno di 300 metri dai luoghi frequentati dalla persona offesa” e di “non comunicare con lei neppure per interposta persona”. “Le condotte poste in essere dal Varriale danno conto di una personalità aggressiva e prevaricatoria, evidentemente incapace di autocontrollo”, scriveva il giudice. “Nessuna prova schiacciante come scritto da alcuni giornali. La procura e il gip come in tutti i processi per stalking hanno chiesto l’immediato. Siamo confidenti che Varriale sarà prosciolto”, ha detto il legale. La Rai ha fatto sapere che l’ex vicedirettore “non andrà in onda finché non sarà chiarita l’indagine”.

“Il fatto non è più reato”: assolto generale Del Sette

Sono stati assolti “perché il fatto non è più previsto della legge come reato” il generale Tullio Del Sette (ex comandante generale dei Carabinieri), il generale Antonio Bacile e Gianni Pitzianti (delegato del Cocer-Cobar). In base alla riforma del 2020 sull’abuso d’ufficio non è penalmente perseguibile l’atto o il provvedimento compiuto con discrezionalità: per questo motivo decade l’accusa per i tre imputati, che rispondevano del “trasferimento e demansionamento” nel 2015 di tre militari dell’Arma in servizio in Sardegna.

L’inchiesta era approdata a Roma da Sassari per competenza territoriale. A processo non erano state ammesse le intercettazioni, in virtù della sentenza ‘Cavallo’ della Cassazione, e con la modifica del codice penale sull’abuso d’ufficio, i difensori hanno chiesto l’assoluzione per i loro assistiti, richiesta accolta dal giudice. “Grande soddisfazione da parte del generale Del Sette che ha vissuto con grande dignità e riserbo questo momento di oggettiva sofferenza”, ha commentato l’avvocato Carlo Bonzano.