ELEMENTI DI STILISTICA COMICA
Dalla volta scorsa stiamo dando una sbirciatina al Finnegans Wake di Joyce (ce ne sono altri?). Abbiamo notato alcune coincidenze con lo stile grottesco di Rabelais: la passione per le liste e per le parole modificate (metaplasmi, cfr. Qc#17).
Le liste. I cataloghi, come testimoniano quelli biblici e quelli omerici, nacquero come registri (di mercanzie, di soldati, di nascite e morti), ma il Medioevo di Rabelais li usava, sotto forma di erbari, bestiari, manuali &c., per dare ordine al mondo. L’accumulo per enumerazione di elementi eterogenei si confaceva al gusto medievale per la meraviglia, che non distingueva fra il bello e il bizzarro (Eco, 1986). La lista eclettica è una manna per scrittori come Rabelais e Joyce poiché l’abuso torrenziale di elenchi parodia il sapere enciclopedico e la pedanteria degli eruditi; sbeffeggia sin dall’aspetto grafico due qualità che rendono bello un testo di stile tradizionale, l’integrità e l’armonia; è il mezzo più immediato per fare una caricatura satirica del proprio tempo, dato che il catalogo di elementi eterocliti sabota i codici della propria epoca; infine poiché infonde una gioia infantile nel lettore, come si può verificare leggendo l’elenco dei titoli del “mamafesta” di Anna Livia Plurabelle: “The Augusta Angustissimost for Old Seabeastius’ Salvation, Rockabill Booby in the Wave Trough, Here’s to the Relicts of All Decencies, Anna Stessa’s Rise to Notice, Knickle Down Duddy Gunne and Arishe Sir Cannon, My Golden One and My Selver Wedding, Amoury Treestam and Icy Siseule, Saith a Sawyer til a Strame, Ik dik dopedope et tu mihimihi, Buy Birthplate for a Bite, Which of your Hesterdays Mean Ye to Morra? Hoebegunne the Hebrewer Hit Waterman the Brayned, Arcs in His Ceiling Flee Chinx on the Flur, Rebus de Hibernicis, The Crazier Letters, Groans of a Britoness, Peter Peopler Picked a Plot to Pitch his Poppolin…” (prosegue così per altre due pagine e mezzo); e come si rileva dal brano dove Rabelais, raccontando della pugna fra macedoni e corinzi, ci informa che “gli uni forbivano corsaletti, lucidavano corazze, ripulivano bardature, frontali, cotte, brigantine, celate, baviere, cappelline, bipenni, elmi, morioni, maglie, cotte, bracciali, cosciali, ascellette, gorgerine, gambali, pettorali laminati, usberghi, palvesi, scudi, calzari, gambiere, solerette, sproni. Gli altri apprestavano archi, fionde, balestre, proiettili, catapulte, falariche, granate, recipienti, cerchi e lanciafuochi, baliste, scorpioni, e altre macchine belliche per respingere e distruggere le torri d’assedio; aguzzavano ronche, picche, rampiconi, alabarde, ramponi, lance e zagaglie, forconi ferrati, partigiane, clave, azze, dardi, dardelli, giavelline, giavellotti, spiedi; affilavano scimitarre, spadoni, pafurti, spade, verdunesi, stocchi, pistole, aste, daghe, mendozine, pugnali, coltelli, lame, verrettoni”. Sono spassi innanzitutto sonori.
I metaplasmi. FW pullula di pun (giochi di parole sugli omofoni e sugli omonimi), segmentazioni, parole-valigia alla maniera di Lewis Carroll (Lewd’s carol in FW, con allusione alla sua passione per le bambine), e sciarade, una decina delle quali sono di 100 lettere, stanno per “tuono”, e segnalano momenti epocali: per esempio, ba babadalgharaghtakammi narronnkonnbronntonner ronntuonnthunntrovarrhou nawnskawtoohoohoordenen thurnuk! segnala la caduta di Adamo ed Eva: dentro ci troviamo, dopo il riferimento iniziale alla torre di Babele, la traduzione di “tuono” in varie lingue (ungherese, hindu, arabo, giapponese, finlandese, greco, francese, italiano, inglese, portoghese, svedese, danese, irlandese), e l’italiano “camminarono”. La sciarada più simpatica, per me, resta sempre “moocow”, all’inizio di “Ritratto di un artista da giovane”: unisce moo (il muggito) e cow (la mucca), e il suo suono evoca di proposito “mucca”. In FW mi fanno molto ridere i metagrafi di sostituzione omofonica (“Who ails tongue coddeau, aspace of dumbillsilly?” per “Où est ton cadeau, espèce d’imbécile?”).
Le allitterazioni. Rabelais e Joyce componevano a orecchio, seguendo assonanze e ritmi, sicché entrambi avevano anche il gusto per l’allitterazione, cioè per la ripetizione rilevante di consonanti (“from swerve of shore to bend of bay”) e di vocali (“a way a lone a last a loved”). Le allitterazioni danno una colorazione irlandese all’inglese di FW: “Tilling a teel of a tum, telling a toll of a teary turty Taubling”, “It made ma make merry and sissy so shy and rubbed some shine off Shem and put some shame into Shaun”, “Are we speachin d’anglas landadge or are you sprakin sea Djoytsch?”, “Totalled in toldteld and teldtold in tittletell tattle” (Lemos, 2010). Quando Joyce correggeva il testo durante la stesura, l’allitterazione era la sua strategia principale: “After the whole beanfest”diventa “after the same barbecue” e infine “after that same barbecue beanfest”. L’uso dell’allitterazione è molto simile a quello delle parole-valigia. Una differenza è tecnica: barbecue e beanfest non potevano essere fuse insieme, come invece accade per penisulate, che collega pen, penis, isolate e peninsular, la parola che appare nella prima versione (Franco, 1995). L’altra differenza è che l’allitterazione evoca analogie, essendo l’effetto onomatopeico condizionato dal significato delle parole (Attridge, 1988), mentre le parole-valigia, come gli altri metaplasmi, fanno detonare la denotazione. FW è un divertente chaosmos (chaos + cosmos) con cui l’irlandese Joyce punisce l’inglese oppressore rendendolo straniero rispetto alla sua stessa lingua. “Punire”, spiega Lemos (2010), “è una parola ‘ambiviolenta’” (FW 518.2): è ostile, ma contiene il gioioso pun. “How will you pun? You punish me?” (Ulysses, 361).
(82. Continua)