“Il re dei Giudei”. Il confronto tra Gesù e Pilato è una pièce senza scenografia

Gesù è davanti a Pilato, prefetto della Giudea durante il regno di Tiberio. È stato portato al suo cospetto dalle autorità locali di Gerusalemme, le quali, dopo averlo arrestato, lo avevano interrogato e avevano ricevuto risposte che lo fecero considerare blasfemo.

Siamo all’interno del pretorio. Ci sono loro due: Gesù e Pilato. L’evangelista Giovanni dischiude la scena di un processo, di un interrogatorio. Il loro è un dialogo secco. I due profili sono netti, ma invisibili. È come se li vedessimo in controluce. Non c’è menzione di gesto, di movimento del corpo. Gesù e Pilato sono silhouette. Contano solamente le parole: è una pièce teatrale senza scenografia.

“Sei tu il re dei Giudei?”, chiede Pilato. Lui conosceva Gesù: era entrato trionfalmente a Gerusalemme, aveva polemizzato con scribi e farisei, il suo arresto aveva reso necessaria la partecipazione dei soldati romani… Ma essere re è altra cosa. Evidentemente l’accusa era arrivata alle sue orecchie. Ed era l’unica accusa –quella di essere un agitatore politico – che poteva indurlo a considerare seriamente il suo caso. Pilato, nel vederlo, gli chiede dunque direttamente, senza giri di parole o dire “tu ti credi…”, “tu pensi di…”. No, duro, diretto: sei tu il re? Gesù risponde, ma senza dire né sì né no. Gira attorno e lo inchioda alle sue fonti. Si capisce da subito che è lui a guidare l’interrogatorio: “Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?”. Perché, se dice questo da sé, Pilato intende re politico; se invece lo dice perché altri gli hanno parlato, allora bisogna capire in che senso. Soprattutto se dice di essere re in senso religioso e messianico. Pilato prova a tirarsi fuori dal ragionamento: “Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me”. Vuole una risposta. E dice subito che le distinzioni e le idee giudaiche non lo interessano. Gli chiede: “Che cosa hai fatto?”. Vuole i fatti, al di là delle interpretazioni. Gesù risponde: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei”. Gesù richiama l’evidenza: un re è circondato dai suoi servitori che avrebbero combattuto per evitare che fosse catturato. Se fosse un re di questo mondo sarebbe un re solo, un re monco, un re orfano di sudditi. Gesù non è re, dunque. Tuttavia, Gesù prosegue: “Ma il mio regno non è di quaggiù”. Dunque è re. Ed è un re che si fa prendere, incatenare, portare in giudizio; un re che non fa domande, ma che risponde alle domande. Un re assurdo.

Allora Pilato gli disse: “Dunque tu sei re?”. Pilato ha davanti a sé una contraddizione, un ossimoro: un re non re. Ma è re: Gesù lo ha detto. Pilato non capisce le distinzioni, e vede un’ammissione compromettente. Il minimalismo delle battute rivela una potenza di fraintendimento, dalla quale però emerge la verità su Gesù. La parola – in questo dialogo serratissimo – torna a Gesù: “Tu lo dici: io sono re”. Gesù confessa la sua identità e la sovranità di Dio, non la sua colpa politica.

C’è una regalità, un potere diverso che l’imputato Gesù sta rivelando e della quale sta dando testimonianza. Una regalità sotto processo. Prosegue: “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Il Regno di Gesù ha a che fare con la verità. Pilato non potrà che rispondere: “Che cos’è la verità?”. Ed esce per dire ai giudei “Io non trovo in lui nessuna colpa”. La verità è spesso incatenata. E sempre innocente.

*Direttore de “La Civiltà Cattolica”

 

La Gazzetta, Jorginho e un rigore come regalo

Il rigore recentemente sbagliato da Jorginho contro la Svizzera tiene ancora banco tra coloro che delle discussioni calcistiche fanno ragione di vita. Pare che per costoro sia quasi l’unico motivo per cui vale la pena di uscire presto da casa la mattina e godere del privilegio di sfogliare tra i primi la Gazzetta pressoché intonsa messa a disposizione dal bar. Poi, interiorizzate le novità di giornata in religioso silenzio e succhiando un interminabile caffè, parte la discussione. A quel punto è tarda mattinata, la rosea è ormai stata brancicata da chissà quante mani, tant’è che sembra vecchia di giorni, rugosa, quasi sudata per la fatica di ripetere a questo, quello e quell’altro sempre le stesse cose. Ed è il momento ideale per ascoltare le diagnosi dei competenti, magari stando discosti, di spalle e fingendo indifferenza. I quali, nonostante sia passato qualche giorno, discettano ancora del “maledetto” rigore, irremovibili sulle loro posizioni. Perché secondo alcuni era necessario concedere a Jorginho la possibilità di riscattarsi dopo gli errori fatti in precedenza al fine di recuperare l’autostima, mentre di contro si levano voci di dissenso che avrebbero preferito altri rigoristi, facendo i nomi (addirittura uno cita lo stesso Donnarumma). Nel coro si inserisce a un certo punto il parere di un buonista secondo il quale Jorginho potrebbe aver fallito volontariamente al solo scopo di restituire il favore agli svizzeri il cui portiere, parando il rigore a Mbappé contro la Francia, di fatto ci spianò la strada verso la vittoria finale. In meno di un secondo cala il silenzio, segno che la corbelleria appena udita ha disorientato tutti. E dal fondo del bar, là dove possono sedere solo coloro che hanno esibito il green pass, si sente più di un colpo di tosse catarrosa. Che, stante il momento di epico stupore che ha zittito i calciomani, sarebbe meglio definire Qatarrosa.

L’autunno si scalda grazie a “Valentina”, il nuovo anticiclone

In Italia – Non capita tutti gli anni di osservare una depressione longeva come “Blas”, che per due settimane ha vagato tra Baleari, Mar Ligure e Sicilia producendo una varietà di eventi estremi. Sabato 13 novembre violenti temporali e allagamenti hanno colpito da Genova al Pistoiese, e a Scaletta Zanclea (Messina) una colata di fango ha ricordato, pur senza far vittime, il drammatico episodio in cui il 1° ottobre 2009 morirono 37 persone. Domenica 14 alluvione nel Cagliaritano per piogge fino a 140 mm a Capoterra, un morto nel Sulcis. Lunedì piogge battenti in Piemonte e quasi un metro di neve a quota 2.000 m dalla Val Susa alle Alpi Marittime, poi martedì e mercoledì è stata di nuovo la Sicilia a patire i fenomeni più calamitosi. Almeno quattordici tornado e trombe marine, censiti dal gruppo di valutazione delle tempeste “Tornado in Italia”, si sono formati in un’inconsueta sequenza da Selinunte a Pozzallo, con l’episodio più grave a Modica (un morto). Auto semisepolte dalla grandine a Niscemi, straripamento di torrenti a Siracusa, Augusta e Termini Imerese, ma allagamenti pure tra Marche e Abruzzo e presso Otranto (giovedì 188 mm di pioggia a Cerfignano, Lecce). Tempo finalmente tranquillo venerdì e sabato con il tiepido anticiclone “Valentina”, temperature di 15 °C a 1.500 m sulle Alpi, e un mare di nebbia inquinata intrappolato dalle inversioni termiche da Torino alla costa romagnola, in attesa di una settimana nuovamente perturbata e più fredda. Il nuovo Rapporto sulle condizioni di pericolosità da alluvione in Italia dell’Ispra ribadisce la fragilità del Paese con il 14% del territorio esposto a inondazione, comprendendo il 21% della popolazione e il 24% dei beni culturali. Particolarmente vulnerabili le province di Ferrara e Rovigo, che proprio settant’anni fa vivevano il dramma storico dell’alluvione del Polesine.

Nel mondo – L’agenzia meteo americana Noaa comunica che ottobre 2021 è stato il quarto più caldo nella serie globale dal 1880 con 0,9 °C sopra media, e perfino il più caldo in assoluto in terraferma boreale dove è stato superato il recente record del 2019. Negli ultimi giorni ha fatto un freddo particolarmente anomalo solo nella primavera australiana: a Hobart (Tasmania) 2,9 °C in maggio non si erano più registrati dal 1953. Caldo tardivo straordinario invece negli Stati Uniti (37 °C a San Bernardino, California) e in Messico (43 °C), molto mite anche in Europa con minime notturne di 10 °C fino alla latitudine di Scozia, Danimarca e Bielorussia venerdì. Dopo un’estate di incendi e calura inedita con i quasi 50 °C di Lytton, inondazioni definite “senza precedenti” hanno ora sommerso le stesse zone della British Columbia e dello stato di Washington a seguito di piogge fino a 295 mm in tre giorni; due vittime, sconvolte strade e ferrovie che nella valle del fiume Fraser connettono il grande porto di Vancouver al resto del Canada, evacuati i settemila abitanti della cittadina di Merrit, ancora ignota l’enormità complessiva dei danni. Inondazioni pure in Bolivia (7 vittime), nel Nuovo Galles del Sud e ad Assuan, Egitto. Anche quest’anno la calotta glaciale della Groenlandia, tra fusione e distacco di iceberg in mare, ha perso più ghiaccio di quanto ne abbia guadagnato con le nevicate, pari a un bilancio negativo di 166 miliardi di tonnellate stando a un’analisi del team di divulgazione scientifica “Carbon Brief”; la perdita complessiva in 35 anni di misure satellitari è di ben 5500 miliardi di tonnellate di ghiaccio, equivalenti in acqua a 150 volte il volume del Lago Maggiore e a un aumento del livello marino globale di 1,5 cm. Come un boomerang, gli esiti del riscaldamento atmosferico indotto dalle nostre attività ci torneranno indietro tramite questi ghiacciai enormi e lontani, ripercuotendosi lungo tutte le coste del pianeta.

 

Le due facce del fascismo che nessuno vuol vedere

La trasformazione è avvenuta in un tempo molto breve e ha cambiato l’intero senso della vita umana nella parte che si supponeva colta e civile del mondo. Di fronte alla necessità di accogliere popolazioni in fuga dalle guerre, dalla persecuzione e dall’abbandono, da un mondo diventato tragico, l’Europa si è rivelata capace di uccidere e, quando necessario, assassina. Proprio nelle ore in cui una nave di Medici Senza Frontiere fuorilegge secondo le regole italiane e la pratica europea) stava annunciando di avere ritrovato una nave di morti in un punto del Mediterraneo dove sono proibiti i soccorsi, i soldati polacchi famosi nel mondo per le loro Madonne e la loro fervente fede cattolica, hanno sparato con gli appositi cannoni, violenti e lunghi colpi d’acqua gelata verso i profughi ammassati contro il filo spinato polacco o il filo spinato bielorusso. Hanno spazzato e abbattuto migliaia di persone, la metà bambini. La temperatura, cui comunque i profughi erano esposti da giorni, era sotto zero e l’acqua gelida si incrostava subito impedendo persino la fuga. Bisogna ammettere che la vicenda, senza dubbio atroce, è del livello umano e morale della Seconda guerra mondiale. In quell’epoca, opinione pubblica e governi hanno imparato che la sofferenza umana e il prezzo della vita fanno differenza solo se sono fattori utili alla parte che provoca più morte. L’affermazione, tragica e vera, non serve a raccontare la Shoah, ovvero un numero di vittime prescelte così alto da travolgere e distruggere alla fine gli stessi carnefici dell’impresa. Ma serve a spiegare, nel Dopoguerra, una lunga situazione di pace fondata sui morti, occasionali o voluti (immensi danni collaterali), che sono stati necessari per vincere.

Tanti anni dopo, qualcosa è accaduto che non rende più necessaria la dichiarazione di guerra o l’approvazione di leggi razziali per allontanare o eliminare esseri umani inclusi in certe liste. Si è sparso un odore di morte e l’idea che si possano abolire senza formalità le persone che contraddicono la visione del mondo suprematista e bianco, è diventata abituale e non sembra disturbare ciò che molti sembravano credere da persone normali. Tanto che non si oppongono o mostrano di credere che ci sia un senso nella ormai celebre frase di Giorgia Meloni su sua figlia, le vaccinazioni e gli immigrati “clandestini”. “Noi possiamo pure vaccinare il 100% degli italiani, ma quando ti arrivano gli immigrati dall’Africa il virus ritorna. Quindi io devo vaccinare mia figlia, di cinque anni, con un vaccino che non ha terminato la sperimentazione, per consentire agli immigrati di sbarcare illegalmente in Italia. Fatemi capire.”

La frase allarma perché non è di parte, è insensata. Ma tutta la campagna no-vax è insensata e tutto il frenetico manifestare contro il Green pass è insensato. Ciascuna di queste posizioni corrisponde al 20% che è il peso che i sondaggi attribuiscono al partito della Meloni. Ma la decisione di non votare ha raggiunto il 50%. Quell’astensionismo sostiene il non senso crudele di un’Italia di destre che potrebbe anche diventare governo (per proteggere dai ” clandestini” infetti la figlia della Meloni) o la parte di italiani che continuano ad approvare i suprematisti bianchi che invadono il Senato di Washington o la sede di un grande sindacato italiano.

Ma ora veniamo a sapere che la parte in rivolta e sprezzante del Paese non è fatta di scatti occasionali e di iniziative di gente di cattivo carattere. Così come i tribunali americani scoprono legami coerenti e una certa organizzazione fra i gruppi che hanno organizzato l’assalto al Campidoglio di Washington, la polizia italiana ha cominciato a rivelare che coloro che sembrano provare una certa irritazione caratteriale per i Green pass sono anche coloro che hanno già pronte liste di luoghi da vandalizzare, di persone da punire, di politici da accusare e di vendette da portare a termine. Ma c’è anche la scoperta contraria: i fascisti delle piccole legioni semi-clandestine fondate sui muscoli, scoprono che si diventa tanti, non con i pellegrinaggi a Predappio, ma lavorando sul terreno no-vax e no-pass e nella fiorente campagna di fake news contro medici, medicine e produttori di medicine, tutti sospetti (apertamente accusati) di immensi profitti personali. La denuncia non riguarda la corruzione, che preoccupa poco il tipo umano di cui stiamo parlando. Riguarda la scienza, che inganna per vocazione e vuole governare con le sue bugie, creando una “dittatura della sanità” e un dominio dei medici. Due squallidi demi-monde (la caccia mortale ai profughi, la credenza paranoica e ubbidiente a tutto ciò che non è scienza) si incontrano e si saldano. Potete non chiamarlo fascismo, se volete. Loro non si offendono. Basta che il danno che portano sia grave, in vite umane e diritti.

 

Renzi da Giletti, alias Pietro Ammicca

 

“Vorrei fare un appello: a Giuseppe Conte dategli almeno Rai Gulp”.

Battutissima di Matteo Renzi alla Leopolda

 

Perché si continua a parlare di Matteo Renzi a “Otto e mezzo”, contrapposto a Marco Travaglio e Massimo Giannini, mentre non ci si ricorda di Matteo Renzi intervistato una settimana dopo da Massimo Giletti a “Non è l’Arena”? Perché, ovvio, il pubblico della politica apprezza una sana scazzottata molto di più del nuoto sincronizzato. E, perché, la comunicazione delle mezze misure non funziona mai. Soprattutto quando sei il conferenziere che si fa profumatamente pagare da despoti arabi mandanti di feroci assassinii.

Se al tuo indirizzo della Fondazione Open vengono recapitati articolati progetti per scatenare la “character assassination” contro i 5Stelle e il “Fatto” non puoi un minuto dopo fare Maria Goretti, povera stella, e contorcerti in spiegazioni imbarazzanti che nulla spiegano. Se intendi lasciare traccia (e sei hai le palle per farlo), rivendica semmai il tuo diritto a farti strapagare, per dire, da un Lukashenko o da un Kim Jong-un che troppo diversi da un Bin Salman non sembrano (o a perseguitare i tuoi nemici come meglio ti pare).

Il senatore di Scandicci che preferisce scegliere la comfort zone della Leopolda, ben protetto dalla claque, per vendicarsi dei cattivacci che gli hanno fatto la bua, può al massimo accendere i titoli del giorno dopo ma non migliorare granché la sua (cattiva) reputazione. Quanto a Giletti, il temuto un tempo inquisitore dell’“Arena” Rai, al cospetto dei due Matteo si trasforma nell’intervistatore che strizza l’occhio (a Salvini) e non affonda mai il colpo. Efficace quando a proposito delle nomine Rai, eternamente di stampo politico, dice a Renzi: “Non faccia il vergine e martire”. Ma se poi quello replica rivendicando “la riforma”, non puoi lasciarlo passare indenne. Al Matteo d’Arabia, il Pietro Ammicca dei talk (ricordate il grande Gigi Proietti?) non ha chiesto nulla di Rondolino&compagni. Se pensava di fargli un favore ha reso solo più dimenticabile il colloquio.

 

Il soldato di Mantova, la sposa non vergine e il valore dell’amicizia

Dai racconti apocrifi di Pietro Aretino. Diego era un bravo soldato di Mantova che aveva perso un occhio nella guerra, e al ritorno aveva sposato Ada, la ragazza più formosa della città. Al risveglio dopo la prima notte di nozze, Ada vide Diego seduto sul bordo del letto. Guardava il muro. “Tesoro, perché sei così triste?” gli chiese Ada. “Perché mi hai fatto fare la figura dello sciocco” disse Diego. “Ho dato per scontato che tu, una ragazza di buona famiglia, fossi vergine, ma non era vero. E non me lo hai detto.” Ada lo cinse, sussurrandogli all’orecchio: “In primo luogo, non me lo hai chiesto. In secondo luogo, non credevo fosse appropriato per una ragazza entrare in argomento. E in terzo luogo, dopo tutto, che differenza fa?” “Bè, che quando ti ho sposato, non eri integra,” disse Diego. Ada cercò di farlo ragionare: “Io ho preso te in sposo e anche tu non sei integro: non ti manca forse un occhio?” Controvoglia, Diego annuì: “Sì, è vero, ma sono i miei nemici ad avermelo fatto perdere.” “E allora?” disse Ada. “Nel mio caso, sono stati i miei amici”.

Dal quadernetto apocrifo del piccolo George di Cambridge. Tema: “Una famiglia povera”. Svolgimento: “C’era una volta una famiglia povera. Il babbo era povero, la mamma era povera, i bambini erano poveri. Il cameriere, la cuoca, la tata, lo chaffeur erano poveri. Tutti i domestici erano poveri. Era una famiglia veramente povera.”

Dalle novelle apocrife di Alfredo Panzini. Il Passatore, un brigante che con la sua banda desolava la Romagna, era detto “cortese” perché, quando rubava un anello a una donna, le diceva frasi galanti, tipo: “Signora, una mano così graziosa non ha bisogno di ornamenti”. Un giorno, le suore del convento di Cesenatico, per paura di quella banda famigerata, flagello dei dintorni, chiesero aiuto a un gruppo di soldati di ventura. Gli uomini si stabilirono in un’ala del convento per un mese: coltivarono l’orto, ripararono il chiostro in rovina, protessero le monache dai malintenzionati. Quando fu il momento di congedarsi, il loro capo si levò il cappellaccio nero davanti alla Madre Superiora e si presentò. No, non era il Passatore.

Dai taccuini apocrifi di Ignazio Isler. Luigi XIV aveva la passione per le minorenni. Se ne incaricava un certo Lebel, con i suoi agenti. Quando ne trovavano una, pagavano alla famiglia un prezzo che variava secondo il punto di fusione della coscienza paterna, ovvero secondo la paura delle conseguenze in caso di rifiuto.

Dai racconti apocrifi di Cesare Zavattini. La felicità è formata, in gran parte, di diversivi. Esempi: la felicità dell’industriale che vernicia le sedie in ferro del giardino; la felicità del commesso della Rinascente che sa suonare il flauto traverso; la felicità dell’impiegata che nei vasi in terrazzo ha piantato vegetali commestibili e due piante di rose; la felicità del professore di greco che sa riparare i campanelli elettrici di casa; e la felicità dell’onesta signora borghese che finalmente riesce a commettere un’infedeltà.

Dai racconti apocrifi di Alberto Moravia. Un orologio si ferma se un piccolo granello di polvere si insinua in un punto delicato dell’ingranaggio. Dopo una settimana, l’orologiaio ce lo consegna sorridendo: “Adesso va alla perfezione. 500 lire.” Cosa ha fatto? Nulla: ha aperto la cassa e ci ha soffiato dentro. Però le 500 lire se le merita lo stesso: ha saputo soffiare sul punto giusto.

Dalla Genesi apocrifa di José Saramago. Giardino dell’Eden. Adamo a Dio: “Pssst! Ho altre costole. Hai altre fighe?”.

 

Aiuto: un impostore s’è spacciato per Sallusti

Due sere fa, a Otto e mezzo, il direttore di Libero Alessandro Sallusti ha scoperto l’esistenza di un impostore che per anni si è spacciato per lui frequentando le redazioni a sua insaputa. Alla triste rivelazione ha contribuito Marco Travaglio, che replicando all’accusa di “pubblicare dossier falsi”, ha ricordato a Sallusti i tempi del “metodo Boffo”, quando Il Giornale pubblicò un rapporto di polizia farlocco sulla presunta omosessualità dell’ex direttore di Avvenire Dino Boffo. Una fake news che l’allora direttore Vittorio Feltri scaricò proprio su Sallusti, incolpandolo davanti ai pm della polpetta avvelenata. Panico in studio. Sallusti (quello che oggi dirige Libero) balbetta: “Non era Il Giornale! L’aveva pubblicata Nuzzi su Libero”. Una fake news degna di quella su Boffo: tutti sanno che la notizia uscì sul Giornale. Ma erano anni difficili, quelli con l’omonimo impostore in agguato: ora Sallusti accusa il Fatto di aver inventato che B. chiamasse “culona inchiavabile” Angela Merkel. Ma, come mostrato da Travaglio a Otto e mezzo, il Giornale e poi Libero pubblicarono vari articoli cavalcando la storia della “culona”, complimentandosi con B. del soprannome azzeccato (prima che B. ne rivendicasse, vantandosi con Friedman dei complimenti di Schröder). Tipo la prima pagina: “Caduta di Berlusconi: è stata la culona”. Firma: Alessandro Sallusti. O chiunque si celasse dietro quell’oscuro nickname.

Isola del Giglio, parte la caccia ai mufloni: “Rovinano i campi”

Parte domani l’operazione di abbattimento dei mufloni – una trentina circa – nell’Isola del Giglio (Grosseto): la caccia durerà fino al 31 marzo. L’associazione “Vitadacani” e la “Rete dei Santuari di animali liberi” hanno inviato una diffida al Parco dell’Arcipelago toscano, che ha deciso per l’abbattimento, sottolineando anche come abbia “disatteso quanto assicurato”, ovvero “di aver scelto una soluzione non cruenta”. “L’eradicazione è necessaria perché i mufloni danneggiano le produzioni agricole in modo irreparabile”, ha detto il sindaco del Giglio, Sergio Ortelli.

Premiata l’inchiesta di Maurizi su Wikileaks

La quintaedizione dell’European Award Investigative and Judicial Journalism è andata a Stefania Maurizi e a Fanpage. Il premio, ideato da Massimo Scuderi, ha l’obiettivo di rintracciare le personalità che rappresentano l’espressione del giornalismo giudiziario e investigativo europeo. Maurizi, giornalista del Fatto Quotidiano, ha ricevuto il riconoscimento per il lavoro fatto in questi anni su Julian Assange e Wikileaks, ricostruito nel libro Il potere segreto, uscito negli scorsi mesi per Chiarelettere. Premiato anche il team Backstair di Fanpage (composto da Sacha Biazzo, Luigi Scarano e Salvatore Garzillo) per l’inchiesta “Lobby nera” su Fratelli d’Italia a Milano.

Esplosione di Caserta, morta pure Giuseppina

Salgono a due le vittime per il crollo della palazzina di due piani a Cancello Scalo, frazione di San Felice a Cancello, nel Casertano, verificatosi venerdì. Dopo Mario Sgambato, trovato schiacciato sotto una pesante trave di un solaio, ha perso la vita anche la moglie Giuseppina Sammaciccio. La donna, 74enne come il marito, era stata estratta viva dai Vigili del fuoco dopo quasi sette ore sotto le macerie. Sammaciccio è morta all’ospedale Cardarelli di Napoli, dove era stata portata a causa delle ustioni che le ricoprivano il 70% del corpo. Dagli accertamenti è emerso che la casa non era in cemento armato, ma in muratura di tufo. L’esplosione, provocata forse da una fuga di gas, l’ha fatta crollare come un castello di carte.