Prezzi lievitati e saldi “finti”: su Amazon ecco il “Black farsa”

Lo chiamano “Black Friday in anticipo” e ha un appeal niente male: sconti anche oltre il 50 per cento su migliaia di prodotti Amazon, aspettando i saldi di fine mese. Problema: la percentuale di sconto che appare sul sito non corrisponde quasi mai al risparmio reale. Detto altrimenti, se si fosse acquistato lo stesso prodotto un paio di mesi fa, magari lo avremmo trovato allo stesso prezzo o comunque maggiorato di una percentuale ben più bassa di quanto indichi lo sconto.

Per rendersene conto basta utilizzare alcuni software online che monitorano l’andamento dei prezzi degli oggetti in vendita su Amazon, il più noto dei quali è CamelCamelCamel. Basta inserire il link di un prodotto e si ottiene la variazione del prezzo nel tempo, così da farsi un’idea di quanto sia conveniente lo sconto proposto oggi. Prendiamo per esempio una scopa elettrica Polti popolarissima tra i consumatori, quella con le recensioni migliori. Amazon indica un “prezzo consigliato” di 179 euro e un prezzo di saldo (“offerta top”) di 79 euro, con uno sconto del 55 per cento. Vista così fa un certo effetto, dato il possibile risparmio di 100 euro. In realtà, come rivela CamelCamelCamel, nell’ultimo anno il prezzo della scopa elettrica ha raggiunto al massimo i 118 euro (a marzo), per poi assestarsi tra gli 85 e i 105 con oscillazioni frequenti. Un mese fa il prodotto costava 88 euro, poi si è avvicinato ai 100 e adesso, con lo sconto, è a 79. Va da sé che il 55 per cento di sconto sia dunque un’esagerazione figlia di un “prezzo consigliato” che non è mai stato quello della scopa elettrica, almeno nell’ultimo anno. Sapere che un mese fa l’oggetto fosse in vendita a una decina di euro in più rispetto allo sbandierato Black Friday fa ben altro effetto.

Altro esempio. Un tablet Huawei è disponibile a 125 euro, scontato del 40 per cento (il prezzo consigliato è di 209). Numeri che fanno gola, molto più di quanto dovrebbero: il tablet non tocca i 209 euro da febbraio; a marzo si è assestato tra i 130 e i 160; poi da agosto ha avuto qualche picco intorno ai 180 euro, anche se a settembre per due settimane il prezzo è stato fermo sui 130. Praticamente la stessa cifra di oggi, quando però è segnalata come un’offerta imperdibile.

Come si intuisce, il metodo è facilmente verificabile prendendo a campione un po’ di prodotti in sconto, con la sola avvertenza che le promozioni cambiano ogni giorno e che quindi quelli monitorati da noi potrebbero aver cambiato prezzo nel giro di qualche ora. Ma il metodo è replicato con una certa scienza.

Un forno a microonde Hoover – restando anche qui tra gli elementi meglio recensiti dai clienti – costa oggi 99 euro grazie a un apparentemente formidabile 57 per cento di sconto (prezzo consigliato di 229 euro). Per fare la tara alla promozione serve ancora CamelCamelCamel: l’andamento dei prezzi ci mostra come da dicembre 2020 a ottobre 2021 il microonde sia oscillato tra un massimo di 180 euro e un minimo di 99. Da luglio in avanti il prezzo è rimasto pressoché fermo sui 150 euro, poi, proprio a ridosso del Black Friday, all’improvviso è schizzato a quasi 250 euro, prima del brusco calo ai 99 euro di oggi. Morale: chiunque avesse voluto acquistare il microonde da luglio in poi lo avrebbe pagato sui 150 euro (se non di meno), dunque un prezzo svantaggioso rispetto a quello di adesso ma non certo così fuori mercato come il prezzo consigliato di 229. Chi invece aveva adocchiato il prodotto appena prima degli sconti lo ha trovato a un prezzo altissimo. Così, se oggi dovesse rivederlo online, lo sconto gli parrebbe ancor più vantaggioso.

Ancora: Amazon propone una mini lavastoviglie Candy a 239 euro, il 32 per cento in meno rispetto ai 349 “consigliati”. Qui l’andamento dei prezzi mostra ancor meglio la tecnica appena descritta nel caso del forno a microonde. Da marzo a luglio la lavastoviglie costa 300 euro, poi il prezzo crolla e per tutta l’estate rimane intorno ai 260. Un mese prima del Black Friday, ecco l’impennata: il costo sale fino ai 349 “consigliati” giusto in tempo per poi ricalare, con lo sconto, a 239. Un’offerta molto buona se paragonata a quanto si sarebbe speso due settimane fa, ma piuttosto limitata (circa il 10 per cento) se si tiene conto del prezzo che la lavastoviglie ha mantenuto per mesi.

Ancora diverso il caso di un elettro-stimolatore muscolare Tesmed. Qui il prezzo consigliato (199 euro) non è neanche mai stato sfiorato negli ultimi 12 mesi, ma il prezzo in saldo (74 euro) viene tarato su quella cifra, restituendo così uno sconto monstre del 62 per cento. Basta inserire i dati su CamelCamelCamel per accorgersi che da novembre 2020 l’apparecchio è costato quasi sempre un centinaio di euro, con un paio di picchi a 120 durati qualche giorno e ben più frequenti sconti tra i 70 e gli 80 euro. Ma c’è di più: a settembre, anche senza Black Friday, l’elettro-stimolatore era sceso proprio a 70 euro, cioè meno di quanto costi adesso. Tutti elementi che rendono tutt’altro che eccezionale il 62 per cento di sconto che appare oggi su Amazon.

E agli esempi citati si aggiungono centinaia di casi simili che evidenziano stesso modus operandi. Interpellato sul tema, Amazon Italia minimizza: “I prezzi al dettaglio fluttuano continuamente così come fluttuano i prezzi sul nostro sito poiché cerchiamo sempre di rendere disponibile il prezzo più basso per i nostri clienti. Lavoriamo costantemente per offrire ciò in cui crediamo, che è anche quello che i clienti cercano, ovvero prezzi bassi, ampia selezione e consegne rapide, e lavoriamo duramente per fornire tutte e tre le cose, sempre”.

Al netto della buona fede rivendicata dall’azienda, resta dunque non smentito il tema di sconti le cui percentuali che compaiono al cliente sono ingigantite rispetto all’andamento dei prezzi dei prodotti in offerta. Buono a sapersi, per chiunque abbia in mente di fare acquisti attratto dai saldi.

Finnegans Wake, Joyce e l’arte dell’intraducibile

 

ELEMENTI DI STILISTICA COMICA

ricominciare. Un mezzo espressivo tipico dello stile grottesco, dicevamo la volta scorsa, è l’elenco: Rabelais, quando rimpinzava di parole la calza della befana di una sua frase, le sceglieva in base alla somiglianza fonetica, non in base al significato: coglione incarnativo, branditivo, positivo, gerundivo (Spitzer, 1910); e abbiamo visto che formava neologismi aggiungendo affissi a parole note (derivazione: colossivo) o parole a parole (composizione: prepuziotripudi, circumbilivaginazione). Quattro secoli dopo, anche Joyce si fa guidare dall’orecchio per comporre Finnegans Wake (1939), che farcisce di lunghe liste e di metaplasmi (Qc #16). Molti di questi sono parole-valigia (fusione di più lessemi) e pun (giochi di parole sugli omofoni e sugli omonimi): per esempio, spiegano Enrico Terrinoni e Fabio Pedone, che hanno completato la versione italiana dell’opera, quando Joyce scrive riverrun sta indicando river, run, err (errore, errare), river Anne (in FW, dove i cinque personaggi principali interpretano tutti gli altri, Anna Livia Plurabelle è anche il fiume Anna Liffey, che attraversa Dublino), l’italiano riverràn, il triestino rivarà, l’inglese reverie, e Genesi 2,10 (“a river runs out of Eden”). Altri metaplasmi sono quasi-omofonie con segmentazione: leggendo creep o’er skull (“strisciano sul teschio”) si sente crepuscule. Con la loro ambiguità, i metaplasmi fanno saltare la regola sociale che determina cosa sia e cosa non sia rilevante all’applicazione dei termini, sicché il libro di Joyce genera letture tanto ostiche quanto innumerevoli. Servono guide esperte per attraversarne la giungla, poiché FW crea difficoltà a tutti i livelli (linguistico, cognitivo e contestuale): non solo le parole, molte delle quali prese da lingue e dialetti diversi, sono condensate, segmentate, modificate ogni volta che tornano in scena (la parola tauftauf diventa Toffy Tough, e poi douche douche, e poi altro ancora); ma, come loro, anche le frasi, i personaggi e le storie si ripresentano più e più volte, trasformati senza requie dall’autore (la teoria dei ricorsi storici di Vico ispira testo e narrazione del libro). Il traduttore, insomma, ha di che sbizzarrirsi: diventa più che mai un ri-creatore. Quarant’anni fa, Luigi Schenoni rese riverrun con fluidofiume, tralasciando le allusioni secondarie, che giusto un avventore dotato del plurilinguismo, della cultura e dell’orecchio di Joyce riesce a cogliere: significati che comunque nessun neologismo di arrivo potrebbe indicare tutti insieme (benedette le note, una servitù necessaria). Nel lettore, la gioia della scoperta di significati nascosti si ripete a ogni parola; ma bastano pochi paragrafi a frastornarlo: FW è un distillato, e il whiskey va sorbito a sorsi, non tracannato. Nabokov, che pure amava i giochi di parole, giudicò infelice l’esperimento; e altri studiosi avrebbero preferito che Joyce si fosse limitato alle distorsioni intellegibili delle prime stesure, senza complicare la vita a tutti in questo modo. C’è una certa gloria nell’essere incompresi, scriveva Baudelaire; ma così è andarsela a cercare. Come se non bastasse, l’italiano si presta ai pun di omofonia molto meno dell’inglese, e le traduzioni ingegnose inceppano il meccanismo magico che fa sorgere significati plurimi alla lettura: il prodigio delle implicazioni sonore sparisce, come è evidente leggendo la traduzione in italiano, fatta dallo stesso Joyce, del capitolo su Anna Livia Plurabelle: “T’hanno mai imparato l’ebro all’iscuola, antabecedariana che sei? È proprio siccome circassi io a mal d’esempio da tamigiaturga di prossenetarti a te. Ostrigotta, ora capesco! Mairavrei credutala così bassenta. Non l’hai scorta al suo varone, a dondolarsi su un vacillavimine, con un foglio spartito in samassi di sigle, come chi suonasse chissà quale anienia, su un villanacello senza groppa né lanciando il nekkerelogio, per arre ed ore, lo spunto, il mariggio e la bellandata, coi fatti in altro stato, la gola alla larga speloncata, con sbrindelloncini per dentispazzini, sciuperandosi in fame solitaria, ingiusto il decreto di corte marziale, la zazzera irta per mella ventura, le frangie cascantigli giù sugli uocchi, agognizzando la vista stellata, e i gambi di colza e le mute ondine, i villi nuovi, le civette vecchie, e tutta la meschia che gli valse Parogia”. Il lettore sprovveduto ne resta confuso come il vigile apostrofato da Tognazzi con la supercazzola prematurata. Se ha ragione Beckett (1929), FW non andrebbe tradotto: “La sua scrittura non riguarda qualcosa. È quel qualcosa”. Puoi tradurre una sinfonia di Mahler? La frase limpida dello storico Edgar Quinet, citata da Joyce in francese nel libro II (“Oggi, come ai tempi di Plinio e di Columella, il giacinto prospera nelle Gallie, la pervinca in Illiria, la margherita sulle rovine di Numanzia e mentre intorno a loro le città hanno mutato dominatori e nomi, e molte sono entrate nel nulla, mentre le civiltà si sono scontrate e distrutte, le loro generazioni pacifiche hanno traversato le epoche e sono arrivate fino a noi, fresche e ridenti come nei giorni delle battaglie”), assume per contrasto un nitore mozzafiato. I fiori che prosperano sulle rovine delle antiche città sono l’immagine del distacco dalla Storia, che ripete sempre gli stessi eventi (l’ascesa e la caduta dei potenti e degli imperi): è uno dei temi principali di FW. Lo stile di quella frase sta allo stile di FW come il ritratto di papa Innocenzo X dipinto da Velazquez sta al papa che urla di Francis Bacon. Le metabole verbali e narrative di Joyce, come quelle iconiche di Bacon, sono parodie il cui ethos smette di essere divertente, cambia di segno, si fa tragico. Provate a leggere una delle ultime parole del libro, mememormee (“ricordati di me”), con la voce soffiata: vi verrà la pelle d’oca come se Tognazzi vi apostrofasse dall’oltretomba. La lingua del sogno è la lingua dei morti. L’inconscio è l’aldilà. Il Liffey è il Lete. Si beve per dimenticare. E per

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La figlia di Duterte e il figlio di Marcos per le presidenziali

La figlia del presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, Sara Duterte, ha registrato la sua candidatura alla vicepresidenza nelle elezioni del 2022 ed è stata scelta per correre in tandem con Ferdinand Marcos jr. figlio dell’ultimo dittatore del Paese Ferdinand Marcos (che governò, con l’appoggio americano dal 1965 al 1986) e di Imelda, la first lady nota per il lusso sfrenato e le 2700 paia di scarpe. Questa settimana Sara Duterte si è ritirata dalla corsa per la rielezione a sindaco della città meridionale di Davao, manovra che le ha consentito di candidarsi alla vicepresidenza. Inoltre, in un altro colpo di scena, secondo alcune speculazioni l’attuale presidente Duterte potrebbe correre per la vicepresidenza facendo concorrenza alla figlia.

Allarme smog: a Delhi scuole chiuse da domani

Il “chief minister” di Nuova Delhi Arvind Kejriwal ha predisposto una serie di misure straordinarie, a partire dalla chiusura delle scuole da domani e per una settimana, a causa dei livelli eccezionali di smog che persistono sulla città e che, in questo periodo dell’anno, aumenta drasticamente a causa della pratica del debbio (l’incendio degli scarti di vegetazione) nelle campagne. Le lezioni proseguiranno online. Nello stesso periodo, i dipendenti pubblici lavoreranno in remoto e ai dipendenti privati è consigliato di fare lo stesso. È bloccata inoltre l’attività nei cantieri. La decisione è stata presa in una riunione di emergenza del governo della città. Il governo sta inoltre lavorando a una proposta per imporre un lockdown a Delhi.

Ennesimo massacro in carcere tra bande di detenuti: 58 morti

Una guerra per bande nel penitenziario El Litoral, la prigione più popolata di Guayaquil, ha provocato 58 morti e 12 feriti. Il bilancio è stato confermato dal governatore della provincia di Guayas, Pablo Arosemena. Secondo il quotidiano Expreso le violenze nel padiglione 2 sono durate ben 14 ore prima che i reparti antisommossa riuscissero a riportare i detenuti dentro le celle. Molte violenze sono state divulgate dai carcerati con video sui social network. Un’altra rivolta nello stesso carcere, avvenuta il 29 settembre, aveva provocato la morte di 120 detenuti in seguito a scontri tra bande di narcos. Nel 2021 nelle carceri dell’Ecuador ci sono state 265 morti violente: 180 a El Litoral. L’ennesimo massacro pone interrogativi sull’efficacia dello stato d’emergenza decretato dal presidente Guillermo Lasso a ottobre per fornire maggiori poteri alle forze di sicurezza.

Putin, un buffetto a Minsk: ma la “colpa” è della Polonia

Vladimir Putin dice una cosa e fa l’opposto. Ieri ha sconfessato pubblicamente Alexander Lukashenko e al tempo stesso ha mandato i paracadutisti russi in supporto dell’esercito bielorusso. Giovedì Lukashenko ha minacciato di tagliare la fornitura di gas verso l’Unione europea se la Polonia non accoglierà i migranti che si trovano al confine. Anche se attraversa tutto lo Stato il gas non è bielorusso, bensì fa parte delle forniture di Mosca e i paesi europei. Angela Merkel ha sentito telefonicamente Vladimir Putin due volte questa settimana, chiedendogli di mediare le posizioni di Lukashenko. “La Russia era, è e rimarrà un Paese che adempie a tutti i suoi obblighi nel fornire gas ai clienti europei” ha detto Putin dal Cremlino, sottolineando inoltre che l’interruzione della fornitura di gas “danneggerebbe le relazioni fra la Bielorussia e la Russia”. Nella stessa intervista Putin ha lanciato una stoccata anche ai leader europei accusandoli di lasciar agire i militari polacchi che “picchiano i migranti, sparano sopra le loro teste, di notte accendono sirene e luci nei luoghi dove sono accampati, dove ci sono bambini e donne negli ultimi mesi di gravidanza”. Putin non aveva ancora terminato di parlare con i giornalisti quando il ministero della Difesa di Mosca ha comunicato la morte di due paracadutisti russi impegnati durante un’esercitazione in Bielorussia. Poco distante dal confine polacco. Secondo Minsk l’addestramento serve a preparare i due alleati per rispondere rapidamente a minacce come quelle che si profilano “con l’aumento di attività militari vicino alla frontiera”. Varsavia ha inviato al confine 20 mila soldati e ha istituito una fascia di tre chilometri lungo tutta la linea di frontiera in regime di emergenza. Area a cui è vietato l’accesso ai civili. Anche l’Unione europea ha chiesto alla Polonia di inviare nell’area di crisi gli uomini di Frontex, l’agenzia europea incaricata della sicurezza e controllo dei confini. Varsavia ha ribadito che preferisce fare da sola.

Il Sultano vuol recuperare popolarità a spese dei curdi

Che la Turchia di Recep Tayyip Erdogan non sia un paese per chi aspira a vivere in uno Stato democratico è un fatto ormai acclarato da anni, ma il giro di vite contro i partiti di opposizione e tutti coloro che non sono allineati, specialmente se di etnia curda, sta, se possibile, aumentando ulteriormente. Molti analisti leggono questa recrudescenza come un tentativo del presidente-autocrate di contrastare il diminuire del suo indice di popolarità in vista delle elezioni del 2023.

Questa volta il capro espiatorio è la moglie dell’avvocato Selahattin Demirtas, il parlamentare leader del partito democratico dei popoli filo curdo (Hdp) incarcerato dal 2016 con l’accusa di avere legami con il Pkk, l’organizzazione dei lavoratori curdi fondata da Ocalan, inserita nella lista dei gruppi terroristici. Basak Demirtas, insegnante di professione, è stata condannata assieme al proprio medico in primo grado a due anni e mezzo di prigione per un errore di battitura nel referto medico seguito a un aborto spontaneo avvenuto nel 2015. La professoressa curda è stata accusata di frode perché la ricetta, in cui le erano stati riconosciuti cinque giorni di congedo dal lavoro, era stata rilasciata durante una visita avvenuta l’11 dicembre 2015, ma erroneamente datata 14 dicembre, tre giorni dopo.

“La condanna a 2,5 anni di carcere per un mero errore materiale riguardante una cartella clinica è spaventosa e dà la misura dello stato preoccupante in cui versa la magistratura turca. È una sentenza politica”, ha dichiarato su Twitter Nacho Sánchez Amor, relatore del Parlamento europeo sulla Turchia. La colpa della quarantenne è l’aver sposato e sostenuto Selahattin Demirtas, il politico più odiato da Erdogan e il più bersagliato dai giudici perché è riuscito a portare, grazie ai tanti voti ricevuti anche da molti elettori di etnia turca, il partito da lui fondato in Parlamento nel 2015, impedendo così al partito di Erdogan, Akp, di raggiungere ancora una volta la maggioranza assoluta. L’Hdp, che Erdogan sta cercando di mettere fuori legge, era riuscito infatti a superare la soglia di sbarramento del 10 per cento. Le 100 accuse, la maggior parte per terrorismo, a suo carico prevedono ben più di un ergastolo se fossero confermate. L’anno scorso e quest’anno la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ordinato l’immediato rilascio di Demirtas, stabilendo che la sua detenzione va contro “il concetto di società democratica”. In un’intervista a ottobre, Basak Demirtas ha affermato che a lei e alle due figlie non è stato permesso di fargli visita dall’inizio della pandemia.

Nel frattempo prosegue il pressing di Erdogan nei confronti del presidente americano Biden e del suo omologo russo Putin per ottenere il via libera a una nuova operazione militare nella striscia settentrionale della Siria a maggioranza curda, appena oltre il confine turco, contro le Unità popolari curde siriane, Ypg, che furono la fanteria degli Stati Uniti e quindi della coalizione internazionale formatasi nel 2014 per combattere l’Isis. La scusa per invadere nuovamente i cantoni curdi siriani, che formano il cosiddetto Rojava, è stato l’omicidio di due poliziotti turchi. Da tre anni le truppe turche controllano brutalmente con le milizie sunnite finanziate da Ankara sia il Rojava sia la provincia di Idlib, roccaforte dei ribelli islamisti anti Assad. Biden e Putin però sono contrari a una nuova invasione anche perché alcuni plotoni di loro soldati si trovano nel Rojava a presidiare i pozzi petroliferi. Ma Erdogan continua a ripetere che “la Turchia è comunque determinata ad eliminare le minacce provenienti dal nord della Siria”.

“Il Covid è stato invano. Draghi&C. tutelano solo un sistema oligarchico”

Nel suo primo romanzo Yanis Varoufakis, che da ministro delle Finanze in Grecia sfidò l’austerità à la Merkel, ci offre racconti da un mondo di mercati senza capitalismo, di democrazia senza oligarchia, di società senza ingiustizie. In poche parole, Un altro presente (La nave di Teseo). Ne ha parlato al Fatto.

Nel libro tenta di delineare proposte per “un altro presente”. Perché un romanzo e non un saggio?

Quando spiego il mondo presente e passato, non sono molto in disaccordo con me stesso. Invece, lo sono spesso nell’elaborazione di un mondo che ancora non esiste. Per rispettare questa ambivalenza ho popolato la narrazione di diversi personaggi, ognuno dei quali porta una prospettiva diversa della mia visione, o di persone che rispetto. All’inizio ho orchestrato i dibattiti tra i personaggi per esporre il mio pensiero. Presto i personaggi hanno acquisito vita propria e i loro dibattiti mi hanno sorpreso con intuizioni inedite.

Nel libro prevede che la banca centrale apra un fondo fiduciario per ogni neonato. Enrico Letta ha proposto una dote ai giovani italiani finanziata con le tasse sui grandi patrimoni, ma l’idea è stata respinta da Draghi. In cosa è diversa la sua proposta?

Nella mia, il fondo fiduciario per ogni neonato – o un reddito di base per ogni adulto – è finanziato direttamente dalla banca centrale. Sono favorevole a tassare i super-ricchi, ma è impossibile raccogliere sufficiente denaro con una patrimoniale. Per questo i progressisti dovranno essere coraggiosi, sfidando Draghi e compagnia. Se oseranno mettere in dubbio la proposta, ricorderemo loro che stanno stampando trilioni per l’oligarchia di banchieri e corporazioni. Perché non darli direttamente ai cittadini? Diranno che l’albero dei soldi è per pochi.

Oggi l’Ue sembra essere su una nuova strada: Next Generation EU, una banca centrale più attiva, spesa pubblica più flessibile. È questa la nuova normalità?

Durante la pandemia la Bce ha stampato altri 2 trilioni di euro perché l’Ue rimanesse sulla stessa strada. Il NgEu garantirà ingenti somme ai pezzi grossi, ma a livello macroeconomico e sulla transizione verde è insignificante. La pandemia ci ha dato un’opportunità di cambiare strada ma i leader europei hanno impedito che ciò accadesse.

In questa situazione, chi rappresenta Draghi?

Draghi è un uomo intelligente, che rappresenta l’aristocrazia finanziaria fautrice dell’attuale sistema monetario. Un sistema che impone austerità permanente ai Paesi mentre elargisce generosità a sé stesso. L’eurozona ha generato crisi enormi: poteva crollare o salvarsi stampando euro per coprire la bancarotta di Stati e società. Draghi ha convinto Merkel a seguire la seconda opzione: hanno imposto prestiti predatori agli Stati e regalato montagne di euro a chi non ne aveva bisogno. La presidenza Draghi alla Bce ci ha dato un’eurozona più stabile, al costo di una stagnazione perpetua nel continente, che si frammenta e arretra rispetto a Usa e Cina.

Il dibattito sulle regole europee è congelato fino alla formazione del nuovo governo tedesco. C’è un’alternativa ai rigidi vincoli a cui siamo abituati?

C’è sempre un’alternativa alle idee stupide e non c’è idea più stupida del Fiscal Compact. Ma non esistono prospettive di cambiamento sostanziale delle regole. Un governo tedesco in cui l’equilibrio del potere è detenuto dal partito liberale non condurrà a un allentamento del freno costituzionale sul debito. Potrà esserci un aumento del rapporto consentito debito/Pil dall’attuale 60% al 100%. Ma anche così per raggiungerlo ci vorrebbe una spinta di austerità irragionevole per l’Italia, figuriamoci la Grecia!

È tornato in voga lo scontro Stato-mercato. È possibile costruire “un altro presente” sfuggendo ai vecchi schemi interpretativi?

Chi discute lo scontro Stato-mercato? La grande finanza, che si agita all’idea che la banca centrale possa ridurre i miliardi che stampa per conto suo? Non credo: ama la Bce, un’entità statale. Le grandi imprese, che festeggiano i miliardi del Recovery Fund? Adorano il sistema statale che le renderà molto più ricche. Le grandi banche, che continuano a vivere perché salvate dagli Stati? Non credo: ringraziano lo Stato nelle loro preghiere ogni sera. L’unica volta che l’oligarchia tira fuori la distinzione tra Stato e mercato, dicendo che il privato è sempre meglio del pubblico, è quando vuole impedire politiche che aiutino i deboli.

Cosa deve cambiare per un altro presente in Ue?

Il demos deve tornare al centro. Misure a sostegno dei molti, per disinnescare i pochi.

Le ultime elezioni amministrative italiane hanno visto un astensionismo di circa il 60%. La democrazia sta morendo?

Democrazia per Aristotele è un sistema di governo in cui i più poveri – la maggioranza – prendono le decisioni importanti. Non l’abbiamo mai avuta e la gente lo sa. Abbiamo vissuto sotto varianti di oligarchia. L’apatia elettorale non è un fallimento del sistema, è una sua caratteristica progettuale. I progressisti devono sapere che il sistema non è pensato per essere democratico: può diventare tale solo dopo uno scontro con i suoi proprietari de facto.

Abbiamo osservato il fallimento occidentale in Afghanistan, svelato da Wikileaks nel 2010. Quale sarà il verdetto nel processo sull’estradizione Assange?

Non lo so, so però che abbiamo il dovere di batterci perché Julian venga liberato e i suoi persecutori – messi in imbarazzo dalle rivelazioni di Wikileaks sui loro crimini contro l’umanità – siano perseguiti e incarcerati.

La rivista dell’Isis minaccia Di Maio

La rivista dell’Isis Al Naba torna a minacciare l’Italia e il ministro degli Esteri, pubblicando una foto di Luigi Di Maio in occasione del vertice della coalizione anti-Daesh del giugno scorso a Roma insieme al Segretario di Stato Usa Antony Blinken. Nell’articolo dal titolo “Perché il Califfato li spaventa!” anche un accenno alla conquista di Roma: “Il profeta prevedeva che Roma sarebbe stata conquistata, questi tiranni cercano di rinviare un destino che è inevitabile, anche se radunano eserciti, media, intelligence e altro”, si sostiene nell’articolo corredato dalla foto di Di Maio e Blinken, che non sono però direttamente citati nel testo. Già nel luglio scorso il titolare della Farnesina aveva ricevuto minacce sulla stessa rivista.

Bonus edilizi, la stretta e il caos sui lavori

Bonus edilizi bloccati da 24 ore fino a data da destinarsi. O meglio fino a quando l’Agenzia delle Entrate non riuscirà a raccapezzarsi con le nuove norme introdotte dal dl Anti-frodi per evitare gli utilizzi abusivi degli sconti. Disposizioni che, tuttavia, introducendo ulteriori controlli e passaggi nell’iter di approvazione dei bonus, hanno di fatto mandato fuori uso il sistema. I tecnici dell’Agenzia devono infatti adeguarlo velocemente; forse ci riusciranno entro la prossima settimana. Intanto da venerdì nessuno può più comunicare al fisco l’utilizzo della cessione del credito o dello sconto in fattura.

Tutta colpa del caos normativo scatenato dalla scelta del governo Draghi di inserire le modifiche in un decreto ad hoc entrato in vigore subito, tanto da aver fatto scattare uno stop alla piattaforma per la procedura di richiesta dei bonus. Ma che potesse andare a finire male non era difficile da capirlo. Ci hanno provato per giorni i 5 Stelle spiegando che si sarebbe corso “il rischio di una situazione caotica tale da vanificare gli effetti della proroga” e che sarebbero bastate delle “correzioni per evitare di bloccare i lavori in corso e quelli che stanno per iniziare”. Non a caso, il M5S aveva chiesto che le modifiche potessero essere discusse con un emendamento in manovra.

La storia è invece nota. Il dl prevede l’improvvisa estensione del visto di conformità (e delle asseverazioni della congruità dei prezzi) a tutti i bonus edilizi: sul sito delle Entrate si dovrà caricare la documentazione non solo per il Superbonus (come è stato finora) ma anche per le ristrutturazioni, il bonus facciate (quello al 90% scade a fine anno, per tutto il 2022 la detrazione sarà del 60%) e tutti gli altri ecobonus. Questo ha fatto sì che anche tutti i lavori già iniziati si sono fermati per adeguarsi ai nuovi adempimenti, con tutti i costi del caso da sostenere e che non erano mai stati preventivati. Ma la procedura, che torna così a complicarsi, prevede anche altre limitazioni. Si parte con i “paletti irrinunciabili” messi dal premier Mario Draghi che prevedono la regola del limite di reddito Isee a 25 mila euro per i proprietari delle villette, che dovranno essere “prime case”, e fanno calare la la platea di un terzo. E poi c’è l’introduzione dei prezzi massimi previsti per ogni opera, in modo che le fatture non possono essere più gonfiate. Il fisco ha scoperto frodi per 800 milioni di euro di crediti inesistenti. D’ora in avanti, le Entrate potranno bloccare l’erogazione del credito per un mese nel caso sospetti che i costi dei lavori e la relativa cessione del credito siano troppo alti.

Sul fronte delle proroghe, in manovra i bonus (sismabonus, infissi, caldaie, recupero edilizio, impianti di climatizzazione, colonnine, fotovoltaico, mobili e verde) vengono rifinanziati per tre anni, fino al 2024, mentre il superbonus 110% arriva fino al 31 dicembre 2025 ma la detrazione cala: sarà del 70% per le spese sostenute nell’anno 2024 e del 65% per quelle sostenute nel 2025. Secondo le stime presentate nella relazione tecnica alla manovra, il superbonus costerà poco più di 14 miliardi dal 2022 al 2037. Mentre per l’agevolazione sugli interventi effettuati da condomini e persone fisiche, il costo stimato è di 13 miliardi, per gli interventi sulle villette con tetto Isee è di 795 milioni e per le case popolari è di 96 milioni. Intanto le domande restano in stand-by.