Piovono milioni su Lombardia e Veneto: è un diluvio di finanziamenti pubblici, per rifare, con la scusa delle Olimpiadi, strade e autostrade, treni e autobus, tirare a lucido le Regioni leghiste. Il miliardo stanziato nel 2019 non bastava. Il ritocchino da 145 milioni aggiunto l’anno scorso con un emendamento sponsorizzato dalla Lega non era sufficiente. Dalla legge di bilancio 2022 arrivano altri 324 milioni, nuovi di zecca, per gli interventi infrastrutturali su Milano-Cortina 2026. Tra opere dirette e indirette, annessi e connessi della manifestazione, gli oneri a carico delle finanze pubbliche sfiorano ormai i due miliardi. E alla cerimonia inaugurale mancano quattro anni. Non male per un’Olimpiade che doveva essere “a costo zero per lo Stato”.
L’ennesimo regalo olimpico è infilato nella manovra che dopo mille ritardi e riscritture è finalmente approdata in Senato. Trovarlo non è facile: non c’è un articolo che stanzia le risorse, spiega destinazione e copertura. I soldi sono infilati nell’ultimo allegato del disegno di legge sui rifinanziamenti: qui tre capitoli di spesa del ministero delle Infrastrutture dedicati ai Giochi vengono ritoccati verso l’alto. Dal 2022 al 2025 16 milioni in più all’anno per “sistemi ferroviari”, 10 per la “mobilità locale”, 55 milioni per la “pianificazione strategica dei sistemi stradali e autostradali”. Come con una bacchetta magica, sono spuntati oltre 300 milioni in più per Lombardia e Veneto, senza dimenticare le province di Trento e Bolzano lambite dal progetto.
Ora si comprende bene la smania di Torino di provare a risalire in corsa sul treno olimpico da cui era scesa tre anni fa. Uno dei primissimi atti del nuovo sindaco Pd, Stefano Lo Russo, è stato infatti archiviare l’era Appendino rilanciando la sua città nella partita dei Giochi, uno dei temi più divisivi per il Movimento 5 Stelle. L’ex sindaca aveva detto no alla candidatura congiunta con Milano-Cortina (il famoso “Mi-To-Co” partorito dal Coni), e poi si era tirata indietro quando il governo aveva garantito che non avrebbe sostenuto economicamente nessuna candidatura. Era un bluff. La Torino a 5 stelle non aveva capito che le promesse sarebbero state tradite. I soldi pubblici stanno ricoprendo i territori leghisti, i governatori Zaia e Fontana si fregano le mani col sindaco di Milano Beppe Sala mentre in Piemonte Lo Russo e Cirio se le mangiano: così il nuovo asse Pd-Forza Italia sta provando a portare a casa almeno qualche gara e qualche impianto, ad esempio il tanto contestato bob che a Cortina sarebbe un’autentica cattedrale nel deserto (non che la piemontese Cesana sia molto meglio), o il pattinaggio che a Baselga di Pinè (Trento) non sanno come ospitare. Ma l’operazione è quasi impossibile: il dossier è chiuso, come ribadito anche dal presidente del Coni Giovanni Malagò.
Lombardia e Veneto non rinunciano a nulla, vogliono incassare fino all’ultimo centesimo. In questo caso parliamo sempre di opere infrastrutturali: strade e collegamenti vari, più o meno indispensabili per il grande evento, che magari erano in previsione da anni e che solo adesso verranno finanziate o realizzate, grazie o con la scusa dei Giochi, questione di punti di vista. Quindi sono tutti soldi che finiranno non al Comitato organizzatore (la fondazione privata che si occupa della parte organizzativa della manifestazione, diretta da Vincenzo Novari), ma alla società pubblica che dovrà occuparsi degli appalti.
Il problema è che questa società ancora non esiste davvero. Il governo, così prodigo a stanziare finanziamenti per le Regioni leghiste, si sta preoccupando molto meno di come spenderli. Tra ritardi burocratici, cambi di governo, e beghe politiche, sono passati due anni e mezzo dall’assegnazione e non si è fatto nulla. Lo scorso giugno il ministro Giovannini ha designato i componenti (amministratore delegato con poteri di commissario sarà Luigi Valerio Sant’Andrea, che ha già ricoperto lo stesso ruolo per i mondiali di sci di Cortina), ma la Spa ancora non si è insediata. Dovrebbe farlo finalmente nei prossimi giorni ma la situazione è già disperata e il compito improbo: realizzare in quattro anni ciò che si sarebbe dovuto fare in sei. Anche se nessuno lo dice, nell’ambiente tutti sanno che sarà praticamente impossibile completare per tempo tutti i lavori pianificati. In Italia siamo abituati così: prima facciamo i grandi eventi, poi le opere che ci servono.