Droga dello stupro, orge pazze. Il nostro viaggio nel “chemsex”

“Negli ultimi tre anni i sequestri di Gbl e sostanze simili in Italia sono triplicati. Nel 2021, fino a ottobre, il totale è di quasi 50 litri più 12 chili in polvere, in grandissima parte Gbl”. Alessandro Cavalli, colonnello della Guardia di Finanza e direttore della divisione per le droghe sintetiche della Direzione centrale dei servizi antidroga, racconta così a FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez in edicola da domani, il boom delle cosiddette “droghe dello stupro” sempre più al centro della cronaca, dal caso Morisi all’arresto di Claudia Rivelli, sorella dell’attrice Ornella Muti.

Il mensile ha raccolto testimonianze di diverse persone che partecipano a feste chemsex, sesso sfrenato di gruppo, prevalentemente gay, a base di sostanze come Gbl (gamma-butirrolattone), Ghb (acido gamma-idrossibutirrico, di cui il Gbl è precursore), Mdpv (Metilenediossipirovalerone). O, per i consumatori, semplicemente il “G” o la Gina, nei primi due casi, “la Madonna di Pavia” nel terzo.

“Le serate iniziano con le app di incontri come Grindr. Guardi sul telefonino chi c’è intorno a te, metti gli occhi su qualcuno. Scambi qualche messaggio e combini. Poi tu vai da lui o lui viene da te. Due parole e ci si fa una “botta”, cioè si assume qualcosa”. Francesco, assicuratore milanese sui quarant’anni, corpo palestrato, un lavoro regolare che gli impone di finire i suoi party a base di sesso e droga sempre prima dell’alba, il chemsex lo racconta così: “Nel mio caso fumo l’Mdpv nella pipetta di vetro e prendo il G dosandolo con una siringa senza ago. Quando c’è la chimica del corpo, oltre a quella delle sostanze, finisce peggio di un film porno. Nonostante questo si cerca un altro. A quel punto sei in tre e hai bisogno del quarto. Non c’è niente di romantico. È tutto molto crudo, animalesco, primitivo. Con le sostanze ti viene un desiderio pazzesco. Se sei attivo duri tantissimo. Se sei passivo diventi una voragine”.

A Milano, per esempio, dopo il lockdown hanno riaperto “posti dove si organizzavano party a tema, tipo pissing night o fisting night, ma ci sono anche le feste in case private”, racconta il giornalista Alberto Dandolo, grande conoscitore dei segreti delle notti milanesi. “Dopo avere preso droghe per ore e aver perso i freni inibitori, arrivano gli escort e si comincia a fare sesso. Senza preservativo. Tanto che per quanto ne so a causa del chemsex c’è stato un aumento, in particolare nella nuova generazione, di casi di sieropositività. Le malattie trasmesse sessualmente sono aumentate in maniera vertiginosa”.

Anche se i sequestri sono sempre più consistenti, il contrasto a questo tipo di droghe è complesso, afferma il colonnello Cavalli. Vi sono Paesi, come l’Olanda, in cui il Gbl è perfettamente legale e viene utilizzato per smacchiare gli abiti. In altri, spiega, le sostanze da noi considerate illecite “servono invece per dare maggiore stabilità allo yogurt, come avviene in Francia, mentre in Germania le si utilizza per pulire a fondo cerchioni e carrozzerie”.

Non è un caso che Claudia Rivelli abbia cercato di giustificare i flaconi di Gbl trovati in casa sua affermando che servivano “per pulire l’argenteria”. Infatti l’acquisto delle sostanze avviene prevalentemente online, spesso su siti alla luce del sole che commercializzano detergenti, o con viaggi nei Paesi europei dove quelle sostanze circolano liberamente. Le droghe dello stupro “vengono sintetizzate prevalentemente in Olanda, dove la legislazione le permette o comunque le tollera”, spiega ancora il colonnello Cavalli. Tante riunioni di coordinamento con le altre polizie europee non hanno dato grandi risultati. “Ci sentiamo rispondere che essendo prodotti industriali non si può limitarne la vendita”. “Certo – conclude ironico – chi spende migliaia di euro per togliere lo sporco dai cerchioni dev’essere molto ricco”.

Il maltempo flagella la Sicilia. Allagamenti e strade bloccate

Sono centinaiagli interventi effettuati dai Vigili del fuoco in Sicilia a causa del maltempo che negli ultimi 2 giorni ha colpito incessantemente la Regione. A Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, 3 anziani sono rimasti intrappolati dopo che l’acqua ha raggiunto il metro e mezzo dentro la loro casa: a salvarli un gommone del 115. I maggiori danni si sono verificati in Sicilia Orientale, con strade allagate, smottamenti e alberi caduti. La Protezione civile ha indicato un prolungamento dell’allerta meteo: previste anche oggi piogge e forti raffiche di vento.

Dazn: “Niente stop alla seconda utenza”

“Nel rispettodi coloro che usano in modo corretto la condivisione e con l’obiettivo di tutelare l’interesse dei nostri abbonati, nessun cambio verrà introdotto nella stagione in corso”. Lo ha comunicato Dazn dopo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi sull’ipotesi di uno stop alla doppia utenza. “Fin dall’inizio del Campionato di calcio di Serie A abbiamo constatato un considerevole incremento di comportamenti non corretti che non può essere ignorato”, precisa la società. “Per concludere, auspichiamo che l’attenzione sollevata dalle indiscrezioni circolate, porti a una riflessione seria e concreta sul tema degli abusi contrattuali e della pirateria, aspetti che riguardano tutto il mondo delle Ott e non solo Dazn”.

Marcia nazi a Varsavia, Ue boccia legge contro l’aborto

Sventolando la bandiera nazionale bianca e rossa, ieri, decine di migliaia di neofascisti ed esponenti dell’estrema destra polacca hanno partecipato alla controversa “marcia dell’indipendenza” che si tiene regolarmente ogni anno a Varsavia. Alla celebrazione, appoggiata dai nazionalisti al potere, si è sempre opposto il sindaco liberale di Varsavia, Rafal Trzaskowski, che quest’anno ha tentato di impedirla anche per evitare la diffusione del virus nel Paese. Dopo aver bruciato il tricolore tedesco, i manifestanti – tra cui c’erano anche esponenti di Forza Nuova – hanno dato alle fiamme una foto dell’ex presidente del Consiglio europeo, il polacco Donald Tusk.

Alla parata delle forze armate ha presenziato il capo di Stato Andrzej Duda, mentre il premier, Mateusz Morawiecki, ha detto che la nazione, ieri come oggi, è sotto attacco: è bersaglio di una “guerra di nuovo tipo”, dove “le munizioni sono dei civili”. Si riferiva alla crisi in corso al confine bielorusso, dove continuano ad ammassarsi migliaia di migranti che tentano entrare in Europa. Intanto Jaroslaw Kaczynski, – fondatore del Pis, Partito diritto e giustizia al potere -, ed eminenza grigia del Paese, ha invitato il leghista Matteo Salvini a dicembre per discutere del tema delle “frontiere europee”.

Mentre l’Ue è pronta a colpire il regime del presidente Aleksandr Lukashenko con un quinto pacchetto di sanzioni, una richiesta di revoca del Parlamento europeo arriva al Sejm, Parlamento polacco: i deputati Ue “ribadiscono la loro ferma condanna per la sentenza pronunciata dal Tribunale costituzionale che impone un divieto di aborto pressoché assoluto e mette a repentaglio la salute e la vita delle donne”. Il monito arriva dopo le manifestazioni di pochi giorni fa, tenutesi in 30 delle maggiori città del Paese: le proteste sono esplose quando una trentenne, cui era stato impedito di abortire nell’ospedale di Pszczyna, ha perso la vita.

E Bolloré creò Zemmour. “L’orco”punta all’Eliseo

Tra i diversi soprannomi che i giornalisti francesi attribuiscono a Vincent Bolloré c’è quello di “ogre”, l’orco, per l’avidità che l’imprenditore bretone ha sempre dimostrato negli affari. Ora il patron del colosso dei media Vivendi (presente anche in Mediaset e Tim), sembra voler contare anche nel dibattito per le presidenziali del 2022. C’è lui dietro l’ascesa di Eric Zemmour, il controverso opinionista di estrema destra che, pur non essendo ancora ufficialmente candidato all’Eliseo, sta rubando potenziali elettori a Marine Le Pen, tanto da averla superata nei sondaggi (raccoglierebbe il 18-19% al primo turno, contro 15-16% per la leader del Rassemblement National) e da essere considerato favorito nella sfida al ballottaggio contro Macron. Già editorialista al Le Figaro, il “personaggio” Zemmour si è plasmato negli ultimi anni soprattutto in tv a CNews, che anche il New York Times ha paragonato a Fox News, di Rupert Murdoch.

Lanciata nel 2016, quando Bolloré ha preso il controllo di Canal Plus, CNews (ex I-Télé) si è affermata soprattutto dal 2018, sulla scia della crisi sociale dei “gilet gialli”, proponendosi come alternativa ai media “tradizionali”, dicendo di voler rompere con il politically correct e di voler dibattere anche di temi delicati, come delinquenza o immigrazione, non sempre però supportati da fatti. Per tre anni, Zemmour vi ha tenuto una rubrica quotidiana, Face à l’Info, nella quale ha veicolato le sue le teorie complottiste della “sostituzione etnica”, le sue idee misogine e razziste, anti-Islam e anti-immigrazione. Idee per le quali è stato condannato più volte per incitamento all’odio razziale. A marzo, il Consiglio superiore dell’audiovisivo ha anche inflitto una multa di 200 mila euro a CNews dopo che Zemmour aveva definito i migranti minorenni non accompagnati “ladri, assassini e stupratori”. La tv ha più che raddoppiato la sua audience. A maggio, per la prima volta, ha anche sorpassato BFM Tv, prima rete di all news in Francia, in termini di ascolti. Il 9 settembre, Zemmour, già in aria d’Eliseo, ha riunito più di 850 mila telespettatori. Pochi giorni dopo, l’authority dell’audiovisivo ha deciso di contabilizzare il suo tempo di parola nei media, come si fa per gli uomini politici, e la tv ha dovuto sospendere la trasmissione. Il 28 ottobre, la Commissione dei sondaggi ha ripreso la tv per aver gonfiato i risultati di uno studio d’opinione a vantaggio di Zemmour. Alcuni osservatori pensano che CNews abbia riempito un vuoto del panorama mediatico francese, orientato piuttosto a sinistra.

A sei mesi dal voto per l’Eliseo, la tv è oggi uno strumento di potere nelle mani di Bolloré, che non ha mai nascosto né le sue idee politiche, né la sua vicinanza ad alcuni uomini politici. Nel 2007, sollevò polemiche la vacanza di Nicolas Sarkozy, appena eletto presidente, sul lussuoso yacht dell’amico magnate e sostenitore. Bolloré è uno degli uomini più potenti di Francia. Nella classifica Forbes dei più ricchi, è al 538° posto nel mondo, al 14° in Francia, con un patrimonio di 5,8 miliardi di euro nel 2020. Nel 1981 riprese l’industria cartaria di famiglia, fondata nel 1822, che era in difficoltà, e la trasformò, nel corso degli anni e delle acquisizioni, in una tentacolare holding presente in diversi settori, dalla mobilità elettrica (è lui ad aver lanciato le Bluecar) ai trasporti e logistica (dubbiosi molti suoi investimenti nei paesi africani, che gli hanno dato problemi con la giustizia), dalla musica (Universal Music Group) ai video giochi (Gamelolft), dalla pubblicità (Havas) all’editoria. A settembre Vivendi ha preso il controllo del gruppo Lagardère (salendo al 45%), attivo nel retail degli aeroporti (con i negozi Relay), nell’editoria (Hachette) e nei media, ereditando la radio Europe 1, il settimanale Le Journal du Dimanche e l’influente rivista Paris Match. A ottobre il direttore della redazione di Paris Match e del JDD, Hervé Gattegno, è stato allontanato senza spiegazioni. Ma in molti pensano che sia a causa della sua aperta avversione a Eric Zemmour. A fine settembre, il magazine ha pubblicato in copertina una foto rubata del polemista, che è sposato, mentre fa il bagno al mare abbracciando la sua più stretta collaboratrice, la 28enne Sarah Knafo. Alcuni giorni prima, Gattegno aveva anche pubblicato un editoriale sul JDD col titolo: “Zemmour, più profeta di sventura che cavaliere del rinnovamento”.

De Klerk, l’ultimo leader bianco: assieme a Mandela abolì l’apartheid e vinse il Nobel

Ultimo presidente bianco del Sudafrica, Frederik de Klerk è morto ieri all’età di 85 anni. Fece uscire dal carcere Nelson Mandela, detenuto per 27 anni, e – dopo le elezioni del 1994 – ne divenne il vicepresidente. Insieme, i due uomini, figure simbolo della fine dell’apartheid in Sudafrica, avevano ricevuto l’anno prima il Nobel per la Pace. Era uno di quei rari momenti in cui il mondo sembra migliore: in Europa il comunismo era crollato e l’Urss s’era dissolta; in Medio Oriente l’Onu era riuscita a ristabilire la legittimità internazionale cacciando l’Iraq dal Kuwait; e in Africa, l’apartheid finiva. La notizia del decesso è stata data dalla Fondazione a lui intitolata: “È con la più grande tristezza che la Fondazione FW de Klerk annuncia la morte serena dell’ex presidente nella sua casa di Fresnaye, dopo aver combattuto contro il cancro”.

Nato nel 1936 a Johannesburg, da una famiglia insediatasi quasi tre secoli prima, di origine ugonotta – il cognome de Klerck deriva dal francese Leclercq –, membro della Chiesa riformata olandese, il giovane Frederik studiò Giurisprudenza e si dedicò alla politica sulle orme del padre, presidente de Senato e più volte ministro, e del nonno, premier negli anni 50. De Klerk fu a capo del National Party, poi divenuto New National Party, dal 1989 al 1897 e fu capo dello Stato dal 1989 al 1994. Con la sua autorità, accompagnò il Paese alla fine dell’apartheid. Avviò i negoziati con l’African National Congress, il movimento dei neri, che si conclusero con l’estensione dei diritti civili, fino ad allora riconosciuti solo ai bianchi, a tutte le etnie del Paese.

Mandela, scomparso nel 2013, era di 18 anni più vecchio. Quando s’incontrarono per trattare, sapevano entrambi che l’apartheid era al tramonto. De Klerk ne era convinto già prima di divenire presidente, perché nel Paese si intensificavano le proteste organizzate dall’Anc, che non potevano più essere represse con la violenza. Del resto, un numero crescente di sudafricani bianchi capivano l’insostenibilità della situazione, avendo tra l’altro assistito a quanto accaduto in modo traumatico nei Paesi confinanti, specie la Rhodesia. Inoltre, le sanzioni comminate dall’Onu soffocavano l’economia nazionale, nonostante le ricchezze di cui dispone il Paese. Infine, le novità nel contesto internazionale, finita la Guerra fredda, esponevano il Sudafrica alle crescenti pressioni dei Paesi partner – a partire dagli Stati Uniti, dove l’apartheid era finita trent’anni prima.

Voto nel 2022? Mai! La pensione non si tocca

Se la stabilità della legislatura è un valore, se questo valore garantisce la governabilità, se la governabilità è fondamentale per arginare il ritorno della pandemia, per completare la campagna di vaccinazione, per gestire al meglio i fondi del Pnrr, ma soprattutto per non mandare a casa anzitempo (orrore!) il governo dei Migliori (con il premier Migliore incorporato). E se, dunque, con lo scioglimento anticipato del Parlamento tutto questo ben di Dio andrebbe perduto, se, se, se forse il merito non potrebbe essere, un pochino, anche dei 5Stelle? Prendiamo il documentato articolo del Messaggero

di ieri, a firma Diodato Pirone, dal titolo: “Onorevoli in fuga dal voto: 3 su 4 perdono la pensione”. Sommario: “Contributi in fumo per i neo parlamentari con le Camere sciolte prima di settembre 2022”. Riassunto: “Dal primo gennaio 2012 non esistono più i vitalizi e da quella data (entrata in vigore della legge Fornero) ai parlamentari in carica viene assegnata una pensione sulla base dei contributi versati purché per almeno 4 anni e mezzo. L’assegno (di circa 1.500 euro mensili) scatta a partire dai 65 anni di età o da 60 anni se si viene eletti per due o più legislature”. Attenzione però: “Se la legislatura s’interrompe il parlamentare vede sfumare anche i contributi versati che dopo quattro anni e passa ammontano a 50.000 euro”. Sapete quanti sono i neo eletti che rischiano l’osso del collo? La bellezza di 690 (il record delle matricole spetta alla Lega con il 92% degli eletti mentre nel M5S si oscilla tra il 70 e l’80% tra Camera e Senato). Tutto, quindi, nasce dall’abolizione dei vitalizi, decisa dal governo Monti alla fine del 2011, ma è innegabile che la misura “anticasta” sia un cavallo di battaglia del M5S fin dai tempi del “Vaffa”. Senza contare la forte pressione esercitata insieme al Pd (proposta Richetti) quando si è trattato di applicare il sistema contributivo anche alle pensioni degli ex parlamentari. Non è finita, perché oltre alle pensioni a forte rischio dei 690 con la prossima legislatura scatterà il taglio dei parlamentari (da 630 a 400 deputati, da 315 a 200 senatori), riforma anche questa promossa e sostenuta dal Movimento. Assodato dunque che le prossime liste elettorali saranno un bagno di sangue, non si comprende per quale motivo l’intero Parlamento (o quasi) dovrebbe accelerare la propria fine. Ingloriosa e al verde.

Mail Box

 

 

La faziosissima rassegna stampa di Radio Radicale

Ieri mattina ho avuto occasione di ascoltare la rassegna stampa di Radio Radicale condotta da Alessandro Barbano, e devo confessare che sintonizzandomi su quella radio mi aspetterei di ascoltare la rassegna di opinioni e fatti contenuti nei vari giornali e riferiti il più possibile in modo neutrale. A parte il fatto che la maggior parte dello spazio il signor Barbano la riserva a giornali che sono in sintonia con i suoi punti di vista, con ampio ragguaglio dedicato a interviste come quelle di stamattina fatte a Marcucci e a Cassese sul Riformista, e scarsissima attenzione ad articoli di segno opposto, tipo quello di Peter Gomez oggi sul Fatto Quotidiano, i quali vengono appena enunciati e solitamente offrono l’estro al conduttore per imbonire chi lo ascolta con comizi insopportabili tesi a demolire tutto quello che non collima con il suo giudizio personale, che è al solito di parte e non interessa l’ascoltatore.

Filippo Bini

 

Caro Filippo, ciascuno è libero di dire ciò che vuole. Peccato che la propaganda di Radio Radicale continuiamo a finanziarla noi con i nostri soldi.

M. Trav.

 

A voi giornalisti del Fatto darò tante carezze

Se fosse possibile dichiarare guerra per difendere il senatore Matteo Renzi, io sarei il primo ad arruolarmi e ti verrei a cercare per farti tante carezze.

Pasquale Passucci

 

La aspetto con ansia. Sto già tremando.

M. Trav.

 

Io, infermiere, non posso avere altri lavori, Renzi sì

La Carta costituzionale stabilisce all’art. 98 comma 1 che i “pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”. Io credo che i parlamentari dovrebbero rappresentare la massima espressione del “pubblico impiegato” quindi mi chiedo: perché non devono valere anche per loro le stesse regole imposte a tutti gli altri? Se io infermiere monoreddito del Ssn, eroe da 1.500€euro al mese, per arrotondare e mantenere la famiglia svolgessi un’altra attività, rischierei richiami e sanzioni fino al licenziamento. Perché un parlamentare con uno stipendio almeno dieci volte il mio può fare quello che gli pare, fino agli eccessi di qualche Innominabile individuo, mentre a tutti gli altri dipendenti pubblici meno nobili è vietato? “Perché io so’ io e voi non siete… nessuno” non credo sia più sufficiente come giustificazione. Ammetto che la spocchia della lince mi fa particolarmente incazzare, ma sarebbe simpatico se a causa della sua avidità manifesta si rivedessero gli obblighi di esclusività che vengono quotidianamente calpestati dall’intera casta. Vieni eletto e per la durata della legislatura fai solo quello. E vai in parlamento, o nelle commissioni. Punto. È come se l’ospedale mi desse lo stipendio da infermiere e io andassi a montare caldaie, e me le pagassero pure: siamo alla follia. Poi ci si meraviglia dell’astensionismo e della rabbia nelle piazze.

Pier Luigi Scaiola

 

DIRITTO DI REPLICA

(In relazione all’articolo “Una Spectre per riprendersi il vitalizio” dedicato all’Associazione degli ex parlamentari, pubblicato sul “Fatto Quotidiano” mercoledì 10 novembre)

Chi scrive è il capo della Spectre in persona. Non posso, per ovvie ragioni, rivelare la mia identità, né da dove scrivo, e tanto meno fornire il mio estratto conto. La nostra è una potente organizzazione criminale internazionale, abbiamo, infatti, contatti con l’omologa associazione europea e con le associazioni del nord e del sud America. Tra i crimini più gravi che abbiamo commesso e di cui, essendo i cattivi, andiamo molto fieri, c’è quello di aver difeso dalla umiliazione e dagli insulti la libertà e l’autonomia dei parlamentari garantita dalla Costituzione italiana. Pretendiamo, persino, di celebrare una “giornata dell’orgoglio parlamentare” per reagire al commissariamento del Parlamento, grazie a una campagna mediatica di cui il Fatto Quotidiano è stato tra i protagonisti. Siamo dei criminali così incalliti che non ci vergogniamo nemmeno di pretendere il rispetto di quello stato di diritto da lei recentemente invocato, assieme ad altri suoi tremila colleghi, per non mettere in discussione i diritti pensionistici acquisiti dai giornalisti. La nostra potente associazione è così spudorata da volersi sottrarre al Tribunale speciale del bene, dal Fatto magistralmente presieduto, e da pretendere, incredibilmente, di essere giudicata soltanto da giudici imparziali e indipendenti.

Il capo della spectre

 

Gentile presidente Falomi, sono lieta che abbiate colto l’ironia del titolo che accompagna l’articolo che vi riguarda. Non era affatto scontato dato che confondete la difesa strenua del vostro vitalizio di ex parlamentari (privilegio che matura dopo soli 4 anni e 6 mesi di permanenza a Palazzo) con la tutela dei sacri principi costituzionali.

Ilaria Proietti (James Bond)

Problemi d’italiano. È necessario contenere il matricidio della lingua

Caro direttore, ogni giorno viene coniata una parola nuova un neologismo quasi sempre di origine inglese. L’italiano, quello che è di Dante, Boccaccio, Manzoni Leopardi, Verga, D’Annunzio e Pirandello, è cambiato impoverendosi con sostituzione e dichiarazione di morte annunciata di lemmi antichi entrati nel nostro patrimonio genetico e sostituiti d’imperio da un sistema che dall’alto (politica, università, informazione e pubblicità) costringe i cittadini a parlare con contorcimento una lingua variegata con una confusione di pronuncia che contamina l’idioma domestico. Il mondo dell’informazione ha cercato a volte di contenere la pioggia del linguaggio oscuro burocratico, di tradurre espressioni tecniche, giuridiche e scientifiche. Montanelli, con puntiglio, sottoponeva i suoi editoriali alla portinaia e alla domestica consapevole che l’articolo 21 non è solo un diritto dello scrivente, ma del pubblico che aveva il diritto a essere informato senza parole oscure. La lettura dei giornali quotidiani dalle origini ha sempre mantenuto il motto di preghiera laica, cioè di una consapevole corrispondenza dei fatti nel sistema liberale della democrazia occidentale.

La pandemia, oltre alle migliaia di morti e disabili, ci ha regalato parole nuove incomprensibili ai più. Un suicidio della comunicazione proprio nel momento in cui il dialogo coi cittadini doveva diventare più semplice, con parole d’ordine chiare per tutti. 60 milioni di italiani – con almeno il 10% di semianalfabeti e tanti altri con bassa scolarità e soprattutto scarso tasso di lettura di libri e giornali – sono stati informati sufficientemente? Hanno visto questi ordini – molti di loro – dall’alto come quelli dati da un Paese occupante che parla una lingua complessa con tante parole oscure che non convincono? Forse sì, almeno coloro che rifiutano il vaccino, ma anche chi il vaccino lo ha ricevuto, ma rimane titubante sugli effetti. Bisogna contenere perciò non solo il contagio del virus, ma quello del matricidio della nostra lingua. Si rischiano derive antidemocratiche, come affermato in un saggio dialogo fra Tullio De Mauro e Andrea Camilleri. Quest’ultimo accennava al cambiamento linguistico come un’epidemia durante il regime staliniano. Václav Havel, poeta e statista, in molte sue commedie metteva in evidenza il cambiamento repentino del linguaggio col sistema oppressivo totalitario. Oltretutto, conviene al mondo dell’informazione tornare alle origini al fine di frenare l’emorragia della disaffezione alla lettura dei giornali.

 

Le gag di Dave Chappelle, le parole della Rowling e la “cancel culture”

I sei show di Dave Chappelle su Netflix hanno suscitato le proteste della comunità LGBTQ+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle loro gag transfobiche e omofobiche, fondate su falsità fattuali, stereotipi denigratori e banalizzazioni reazionarie. Alwin McEwen, giornalista dell’Huffington Post e di LGBTQ Nation: “Il sostegno di Dave Chappelle agli stereotipi sulle persone LGBTQ fa più danni alla comunità LGBTQ e a quella nera di qualsiasi parola o azione della destra anti-LGBTQ.”Lo stigma contro le persone trans favorisce la violenza contro di loro, di solito da parte di uomini eterosessuali: ridicolizzarle con gag beffarde giustifica lo stigma. E le statistiche mostrano che le persone transgender e omosessuali subiscono più aggressioni di quelle eterosessuali (bit.ly/2ZEfzXd).

Falsità fattuali. Chappelle concorda con J.K. Rowling: “Il genere è un fatto”. Sbaglia: l’identità di genere non c’entra con l’anatomia. La questione è più complessa, tanto che, per definire e classificare le identità sessuali, psichiatri, sessuologi e legislatori usano tre criteri: sesso, identità di genere e orientamento sessuale; e nelle categorie le opzioni non si limitano a maschio/femmina. Il genere con cui ci si riferisce a una persona deve essere scelto dalla persona stessa, non possono deciderlo Chappelle e J.K. Rowling. Anche l’autrice di Harry Potter è stata al centro di polemiche a causa delle sue opinioni transfobiche (sostiene che le donne trans minaccino l’identità di genere delle donne biologiche, e insinua che una proposta di legge che riconosca la loro identità di genere potrebbe favorire i predatori sessuali travestiti da donne trans, un argomento già smentito dai fatti: bit.ly/3Cypls0). Per Rowling, che in un post definisce donna chi ha le mestruazioni (mentre esistono uomini trans e persone non binarie che le hanno), sesso e genere coincidono, come ritengono alcune femministe (TERF: femministe radicali trans-escludenti). Chappelle, in sostegno a Rowling, proclama: “Sono del team TERF!” Anche per questo è difficile credergli quando dice: “Non sono indifferente alla sofferenza altrui.”

Chappelle dipinge J.K. Rowling e se stesso come due vittime della cancel culture della comunità LGBTQ+, e afferma che questo è il motivo per cui non farà più battute sulle persone trans. Sta insultando l’intelligenza dell’uditorio: J.K. Rowling non è stata cancellata affatto, è sempre in cima alle classifiche di vendita e si continuano a trarre film dai suoi libri; né le polemiche hanno impedito a Chappelle di stipulare contratti faraonici con Netflix (20 milioni di dollari a monologo: bit.ly/316Rg4s) e di continuare ad avere una carriera proficua. Nella settimana del lancio di The Closer, l’ultimo dei sei monologhi, mentre cresceva la polemica Chappelle ha fatto una serata all’Hollywood Bowl di Los Angeles. In risposta alla standing ovation, ha detto: “Se essere cancellati è così, lo adoro”. L’evocazione della “cancel culture” (un argomento di destra, come vedremo), è del tutto strumentale: se fai il razzista non puoi atteggiarti a vittima. Gli si chiede conto dei suoi contenuti tossici e transfobici, e lui va a fare uno show a New Orleans (sold out, 17mila spettatori, 1 milione e mezzo l’incasso) con il comico reazionario Joe Rogan, atteggiandosi di nuovo a vittima: “Nel bel mezzo della mia cancellazione, abbiamo battuto il record di presenze”. Nessuno lo sta cancellando: fa il chiagne-e-fotte. E usa il resto della serata per attaccare la presunta “cultura del politicamente corretto”, altro argomento usato dai reazionari che vogliono esprimere il proprio razzismo impunemente. (13. Continua)