La riduzione del cuneo fiscale è un leitmotive di tutti i governi della Seconda Repubblica e Draghi non fa eccezione. Ma la legge di Bilancio 2022 non porterà una busta paga più pesante per la gran parte dei lavoratori dipendenti. Il taglio di imposte di 8 miliardi che il governo ha annunciato è destinato a beneficiare solo le fasce medio-alte di reddito Irpef e per cifre irrisorie, anche se fosse speso interamente per abbattere aliquote, effettive e legali. Abbandonato a quanto si apprende il modello tedesco, al ministero dell’Economia l’orientamento è di concentrarsi solo sui lavoratori dipendenti e di intervenire sull’eccesso di tassazione registrato dalla “gobba” delle aliquote effettive nel segmento medio della curva dei redditi Irpef. Quelle cioè che per effetto dell’applicazione di detrazioni, deduzioni e bonus impazziscono letteralmente intorno al terzo scaglione producendo penalizzazioni e privilegi a casaccio con salti di aliquota anche superiori ai 15 punti percentuali. Vincenzo Visco e Ruggero Paladini del centro studi Nens hanno calcolato che l’imposizione effettiva sui redditi fino a 28mila euro raggiunge oggi il 31,51 %, contro il 27 dell’aliquota legale. Tocca poi il 45% tra i 28 e i 35mila euro, supera il 60% tra 35mila e 40mila e si attesta al 41,62 % tra 40 e 55mila euro, dove l’aliquota legale si ferma al 38%.
Secondo uno studio condotto da Lelio Violetti per fiscoequo.it, i contribuenti interessati a un intervento sullo scaglione Irpef compreso fra i 28mila e i 55mila euro, sono 8,79 milioni, il 21,2% del totale. Di questi 5,5 milioni hanno almeno un reddito da lavoro dipendente, su oltre 22 milioni totali, mentre i pensionati sono 3,1 milioni, su oltre 14 milioni.
Nel caso in cui si decida d’intervenire sull’aliquota legale al 38%, Violetti calcola che una diminuzione di 1 punto percentuale genera una riduzione dell’imposta lorda pari a 1,1 miliardi di euro con un guadagno medio annuo per i contribuenti di 30 euro per i redditi compresi fra 28mila e 35mila euro; di 85 euro per i redditi compresi fra 35mila e 40mila; di 160 euro per i redditi compresi fra 40mila e 50mila; di 235 euro per i redditi compresi fra 50mila e 55mila euro e di 270 euro per i redditi superiori.
Per mantenere una progressività che non penalizzi, come avviene attualmente, i contribuenti con redditi nello scaglione fra 28mila e 40mila euro, suggerisce lo studio, sarebbe necessario suddividerlo in due applicando un’aliquota del 32% fra 28mila e 40mila euro e del 36% fra 40mila e 55mila. Un intervento di questo tipo si stima costerebbe alle casse dello Stato 4,3 miliardi e comporterebbe una riduzione d’imposta che va da 180 a 1.020 euro ai due estremi dello scaglione.
Il target individuato da Draghi, il segmento medio-alto nella curva di distribuzione dell’Irpef , ridimensiona anche le aspettative di un possibile aumento dei consumi indotto dalle risorse messe in campo. A dare un’indicazione sono le statistiche elaborate dai ricercatori della Banca d’Italia in occasione di una precedente esperienza di riduzione del cuneo fiscale, il decreto 66/2014 consegnato alla stampa come “Bonus Renzi”. Il beneficio fiscale si rivolgeva esclusivamente ai lavoratori dipendenti con redditi tra 8.145 e 26mila euro, estremi poi ricalibrati nel 2018. Almeno la metà degli 80 euro sono stati spesi in consumi di generi alimentari, beni durevoli e mezzi di trasporto, ma le famiglie che in genere faticano ad arrivare alla fine del mese sono arrivate a spenderne l’80%.