Amara, gli sms a Verdini: “Mi dici su Piantedosi?”

Nell’aprile del 2016, Piero Amara, l’ex legale esterno Eni che ha rivelato l’esistenza della presunta Loggia Ungheria, era parecchio interessato alla nomina di Matteo Piantedosi, attuale prefetto di Roma, come futuro capo della polizia. È il 21 aprile 2016 e alle 13.15 Amara scrive a Denis Verdini: “Ciao, ti ricordi di Matteo Piantedosi?”. Non c’è però alcuna risposta. La mattina dopo Amara scrive: “Scusa non era per te il messaggio. Posso chiederti di ricevere Filippo in minuti questa mattina? Ciao grazie”. Seguono dei tentativi di contatti telefonici.

Il Filippo in questione potrebbe essere un altro personaggio legato ad Amara, Filippo Paradiso, in quel periodo nella segreteria di Piantedosi. Il 29 aprile 2016 si decide il futuro capo della polizia e alle 20.29 Amara torna sull’argomento: “Riusciamo a sapere di Matteo Piant… qualcosa?”. Verdini risponde: “Non è facile. Ci provo perché sono in Cdm e riunioni continue”. “Ok” replica Amara. Quel giorno viene nominato capo della polizia Franco Gabrielli. Il Fatto ha chiesto al prefetto Piantedosi, che nel 2019 diventerà capo di gabinetto del ministro Salvini, se nel 2016 aveva rapporti con Amara e se gli parlò della sua candidatura al vertice della polizia. Le risposte sono nette: “Assolutamente no. Nessun rapporto. Lo escludo assolutamente”. Ma c’è dell’altro. Nel luglio 2019 la Procura di Milano, indagando su Amara per altre vicende, convoca l’imprenditore Andrea Bacci come persona informata sui fatti. Bacci (almeno in un primo momento) era vicino al cosiddetto “Giglio magico” di Matteo Renzi. Bacci e Amara sono stati soci nella Teletouch srl (che non sarà mai attiva). La Procura di Milano tra i vari appunti di Amara trova anche questo: “Piantedosi attualmente vicecapo della polizia. Punterebbe a diventare capo della polizia oppure direttore dell’Aisi”. I pm ne chiedono conto a Bacci che racconta: “Ricordo un pranzo a Roma, in un ristorante vicino a palazzo Barberini, a cui partecipammo io, Piantedosi e Filippo Paradiso. Il pranzo fu organizzato da Paradiso e, nell’occasione, Piantedosi mi disse che aspirava a un ruolo importante all’interno della polizia o dell’Aisi, e mi chiedeva sostanzialmente cosa intendesse fare il governo. Io risposi che nulla sapevo. Chiaramente, l’incontro era funzionale a che io parlassi con Renzi o con Lotti di cui (…) ero amico”.

Quando il Fatto pubblicò queste dichiarazioni di Bacci, Piantedosi smentì: “La circostanza non corrisponde a verità. Ho conosciuto episodicamente Bacci in tutt’altre circostanze, in modo fuggevole e occasionale. Escludo categoricamente un pranzo vicino a palazzo Barberini”. E l’episodio fu smentito anche da Paradiso.

4.886 casi e 50 morti Indice Rt oltre quota 1

Sono 4.866 i positivi nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. In aumento rispetto ai 4.598 di mercoledì. 570.335 i tamponi molecolari e antigenici. Il tasso di positività è allo 0,85%, in calo rispetto all’1% delle 24 ore precedenti. Ancora 50 i morti, 347 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 6 in più di mercoledì nel saldo tra entrate e uscite. Gli ingressi giornalieri. I ricoverati con sintomi nei reparti ordinari sono invece 2.609, sei in meno. L’indice di contagio Rt è sopra 1 sia a livello nazionale sia in molte regioni: “Cosa aspettarci è difficile dirlo. Abbiamo iniziato a superare i 4.000 casi e questo non succedeva da tanto”, ha detto il direttore generale della prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza.

“Archiviare i medici che curarono Imane”

La procura a Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione per i 12 medici dell’Humanitas di Rozzano che erano stati iscritti per omicidio colposo, come atto dovuto per fare accertamenti, nelle nuove indagini ordinate dal gip sulla morte di Imane Fadil, modella marocchina e testimone nei processi sul caso Ruby, deceduta il 1º marzo 2019 dopo oltre un mese di ricovero e una lunga agonia per una rara forma di aplasia midollare. Una nuova consulenza medica disposta dai pm, su ordine del gip, aveva escluso responsabilità penali dei medici nel decesso. “Non si ravvede alcuna responsabilità professionale da imputare sotto il profilo penalistico a carico dei sanitari intervenuti”, aveva scritto il pool di esperti.

La Fiom annuncia otto ore di sciopero

In rispostaalla legge di bilancio approvata dal Consiglio dei ministri, il comitato centrale della Fiom ha approvato un pacchetto di 8 ore di sciopero. “La mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori” spiega il sindacato dei metalmeccanici, è stata indetta “per chiedere al Governo e al sistema delle imprese risposte in tema di crisi industriali e occupazionali, riforma degli ammortizzatori sociali, precarietà del lavoro, salute e sicurezza, sistema degli appalti e dei subappalti, pensioni e contrasto dell’evasione fiscale”. Nei prossimi giorni la Fiom si confronterà con Fim e Uilm, “in relazione al percorso di mobilitazione e di sciopero che Cgil Cisl e Uil decideranno” hanno aggiunto.

C’è il G20, dopo l’assalto alla Cgil il governo militarizza Roma

Strade e fermate della metro chiuse, bus deviati, blocchi in centro e nel quartiere Eur. Una città paralizzata e militarizzata, con oltre 5.300 agenti in strada. È l’altra faccia del G20 a Roma, l’incontro dei grandi della Terra che si terrà domani e domenica al Roma alla Nuvola dell’Eur. I disagi per i romani inizieranno già oggi, con l’arrivo nella Capitale dei primi capi di Stato. Si comincia questa notte con la chiusura delle fermate della metro linea B Eur Magliana, Eur Fermi, Eur Palasport e Eur Laurentina. La Prefettura ha disposto l’impossibilità di transitare in tutta l’area intorno alla Nuvola, in pratica l’intero quartiere razionalista nel quadrante sud della città. Non solo. Come detto, i disagi saranno anche in centro. Per un evento alle Terme di Diocleziano e per permettere lo svolgimento di un corteo degli studenti (dove si temono infiltrazioni dei cosiddetti black-bloc), sono state previste chiusure per la giornata di domani nel perimetro che va da piazza della Repubblica fino a piazza del Quirinale, quindi nella zona del Circo Massimo e infine in piazza San Giovanni. Le strade saranno chiuse al traffico con filtraggio per i pedoni. Chiuse, domani, anche la stazione metro Termini, sulla linea A e quelle di Repubblica, Barberini, Spagna e Flaminio. La Questura di Roma per tutta la settimana ha effettuato bonifiche all’interno degli hotel che ospiteranno le delegazioni del G20. Mentre i capi di Stato saranno alle prese con il vertice, first lady e first man verranno accompagnati in giro per la Capitale (deserta) grazie a una serie di appuntamenti turistici ad hoc. Domani alle 9.30 ci sarà la visita guidata al Colosseo, quindi una gita a Villa Pamphili con pic-nic nel seicentesco Casino del Bel Respiro, prima di approcciare alla Cappella Sistina. Subito dopo la cena al Quirinale dal presidente Sergio Mattarella. Il giorno successivo, shopping e pranzo in Campidoglio, nella Sala Protomoteca. Insomma: grande bellezza, ma anche grande disagio.

Caccia a bassa quota (di nuovo) nella valle del Cermis. I sindaci: “Dateci spiegazioni”

“In data odierna, alle 11.12 circa, alcuni aerei presumibilmente militari hanno sorvolato le Valli di Fiemme e Fassa a bassa quota, in direzione Val d’Adige”. Il cielo del Trentino si è riempito del rombo di quattro caccia ed è ritornato il grande incubo del 3 febbraio 1998, la tragedia del Cermis, i cavi della funivia tranciata da uno sciagurato velivolo statunitense che tentava di passare al di sotto, forse per una criminale scommessa. Tutti hanno sentito il rumore, i vetri hanno tremato, qualcuno ha visto i velivoli senza però identificarli. E così il sindaco di Cavalese, Sergio Finato, ha scritto una lettera di denuncia all’Ispettorato per la sicurezza del Volo dell’Aeronautica militare, al generale di Brigata aerea Roberto Di Marco e al presidente della giunta provinciale, Maurizio Fugatti. Poi ha aggiunto: “L’evento ha suscitato nella popolazione grande allarme, dopo l’incidente del Cermis la valle non era più stata sorvolata a quote così basse. La preoccupazione è dovuta a quello che potrebbe succedere anche in virtù di una regolamentazione che limita il sorvolo delle nostre valli al di sotto di determinate quote di altitudine”. Il primo cittadino chiede spiegazioni e “nel caso i voli non avessero rispettato le norme, chiede che gli stessi vengano immediatamente sospesi sulla zona”. Potrebbe trattarsi di velivoli militari italiani o di Paesi della Nato. In mancanza di una risposta ufficiale si possono solo fare ipotesi.

Numerose le segnalazioni comparse sui social, riguardanti anche vallate vicine. Il frastuono ha spaventato molti animali, domestici e non, che sono scappati in cerca di un riparo. “Il ritorno degli aerei da guerra in volo sopra l’abitato rappresenta un fatto gravissimo che intendo fermamente condannare” scrive il consigliere provinciale Pietro De Godenz, di Cavalese. “Quella del Cermis è un ferita mai rimarginatasi dal tutto, che aveva richiesto interventi e promesse, evidentemente non rispettati”. Altri avvistamenti nella zona del Garda. È intervenuto anche il presidente del Consiglio provinciale, Walter Kaswalder: “In questa parte del Trentino sorvoli come questo erano stati comprensibilmente banditi alla luce della tragedia del Cermis. Se la spiegazione dovesse ricollegarsi a esercitazioni Nato in corso nell’Italia settentrionale, tra Ghedi e Aviano, pure sarebbe necessario esprimere disappunto, perché il dolore patito dalla valle di Fiemme e dalle famiglie delle vittime merita di essere rispettato. Senza eccezioni o date di scadenza”.

Mottarone, i due arrestati tornano ai domiciliari

A cinque mesi dal crollo della funivia del Mottarone il tribunale del Riesame di Torino riscrive tutto: l’amministratore della concessionaria Funivie del Mottarone Luigi Nerini e il direttore d’esercizio Enrico Perocchio ritornano ai domiciliari. I due erano stati arrestati pochi giorni dopo la strage costata la vita a 14 persone, il 23 maggio scorso, e subito scarcerati dal gip Donatella Banci Buonamici, in un’atmosfera di scontro totale con il procuratore Olimpia Bossi. Al centro della querelle la consapevolezza dell’utilizzo dei cosiddetti forchettoni bloccafreni, un meccanismo che ha disattivato il sistema d’emergenza inserito dal capotecnico Gabriele Tadini (difeso dall’avvocato Marcello Perillo) per via di un malfunzionamento dell’impianto. Per il giudice Loretta Bianco Perocchio e Nerini (assistiti dagli avvocati Andrea Da Prato, Andrea Bozzetto e Pasquale Pantano) “hanno avuto un ruolo colposo essenziale in quanto accaduto”, “le omissioni non possono che essere state prese da Tadini in concerto” con i superiori, di cui “emerge la consapevolezza”. Nei loro confronti sussistono “gravi indizi”, “pericolo di reiterazione del reato e per l’incolumità pubblica” e, nel caso di Nerini, anche di “inquinamento probatorio”, per la possibilità di influenzare i testimoni, dipendenti di una società a cui “non è stata revocata la concessione”. Nelle carte sono contenute anche le registrazioni di un ex dipendente, Stefano Gandini, che nel 2019 fu allontanato dopo aver denunciato la mancanza di sicurezza nell’impianto.

Facebook cambia nome e logo: si chiamerà “Meta”

Rebranding, lo chiamano così: Facebook cambia nome e diventa “Meta” in onore del metaverso che il fondatore Mark Zuckerberg mira a costruire come raccontato ieri in un’ora e mezza di presentazione all’annuale conferenza degli sviluppatori. Il logo azzurro, il simbolo dell’infinito, rappresenteranno solo la compagnia che sembra pronta a investire tutte le energie future sulla creazione di un mondo e di una realtà completamente virtuali, tra avatar e ologrammi. Le app della galassia, da Facebook stessa a Instagram e Whatsapp, manterranno lo stesso nome. “Da ora sarà prima il metaverso (metaverse first), non prima Facebook” ha ripetuto Zuckerberg che ha più volte rimarcato la necessità di collaborazione dal giorno uno nella realizzazione di questo nuovo progetto, sia per l’innovazione sia per la sicurezza e la privacy. In questo mondo parallelo (per stare dentro al quale è già in fase di realizzazione un set di hardware) infatti si prospetta anche una vera e propria economia, dalla vendita degli oggetti all’advertising.

’Ndrangheta e voto di scambio: 5 anni a Talarico dell’Udc

Scambio elettorale politico-mafioso. Francesco Talarico, segretario calabrese dell’Udc e assessore regionale al bilancio ancora in carica, è stato condannato a 5 anni di carcere. Si è concluso, con il rito abbreviato il processo “Basso profilo” istruito dalla Dda di Catanzaro: 4 assoluzioni e 21 condanne. Francesco Talarico è stato assolto dall’associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso, ma non dall’accusa di aver stretto un accordo elettorale con imprenditori ritenuti vicini alle cosche.

Coordinate dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno, le indagini hanno fatto luce su quanto accaduto alle Politiche del 2018 quando Talarico era candidato nel collegio di Reggio Calabria e ha intrattenuto rapporti con l’imprenditore Antonio Gallo: voti in cambio dell’interessamento del politico alle sue imprese che puntavano agli appalti pubblici per la fornitura di prodotti antinfortunistici. Per i pm, Talarico ha “letteralmente svenduto il suo futuro incarico”.

La nuova Calabria di Occhiuto parte bene: i due consiglieri più votati sono ineleggibili

Lui non si capacita di tanta lentezza perché è passato quasi un mese dalle elezioni in Calabria che lo hanno incoronato vincitore e ancora manca l’ufficialità. “Se il sistema Calabria va in tilt per effettuare un semplice conteggio delle schede elettorali, come faremo ad approcciarci ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e a spendere presto e bene i vagoni di risorse che arriveranno dall’Ue?”, si dispera Roberto Occhiuto, quando le operazioni di controllo che gli impediscono di governare, nonostante il trionfo alle urne, sono ancora in corso e le proclamazioni iniziate ieri procedono con il contagocce. Ma il nuovo presidente ha anche un altro cruccio: due suoi candidati che hanno strappato il seggio in consiglio, dopo tutto questo penare, potrebbero cadere vittime della tagliola dell’ineleggibilità. E non si tratta di nomi qualunque, ma di Michele Comito, recordman di preferenze, e la seconda più votata sempre nelle liste dei berluscones nella circoscrizione Centro calabrese, Valeria Fedele: il terzo più votato, il presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro, Antonello Talarico, che ha raggranellato quasi 7 mila voti parrebbe infatti intenzionato a ricorrere alle carte bollate innescando una guerra fratricida all’interno di Forza Italia. Ma perché Comito e Fedele sarebbero ineleggibili? Perché sostanzialmente si sarebbero avvantaggiati del loro ruolo, cosa vietata dalla legge regionale del 2004, varata per evitare che i candidati possano esercitare una indebita influenza sugli elettori in ragione della posizione ricoperta. E che prescrive l’ineleggibilità “qualora le attività o le funzioni svolte dal candidato possano turbare o condizionare in modo diretto la libera decisione di voto degli elettori, ovvero possano violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati”.

Fedele, stando a quanto si apprende, ha invece continuato a esercitare le proprie funzioni di direttore generale della Provincia di Catanzaro come se nulla fosse: non si è dimessa né ha preso l’aspettativa durante la campagna elettorale che l’ha premiata con un bottino di quasi 8 mila preferenze. E Comito? Ha fatto addirittura meglio sfiorando i 14 mila voti: lui in effetti l’aspettativa elettorale l’ha presa. Ma solo da dirigente medico, mentre come direttore del dipartimento emergenza dell’azienda sanitaria di Vibo Valentia ha continuato a firmare atti di spesa. Nonostante fosse in campagna elettorale