Draghi sfrutta i giovani come scudo per i tagli

Un bel po’ di anziani ce li siamo tolti di mezzo col Covid, e già quello è un bel risparmio per le casse dello Stato; ma qualcuno è sopravvissuto e francamente costicchia, per l’establishment confindustriale governativo migliorista tutto teso alla ripresa e alla resilienza, concetti giovanili che esigono strade sgombre, menti sognatrici e affamate, cavalcate wagneriane verso il progresso.

Naturalmente nessuno dice che odia i vecchi, ci mancherebbe; dicono che amano i giovani. I giornali riferiscono con bonaria empatia di un Draghi “irritato”, che si alza e lascia la Sala Verde di Palazzo Chigi, dove si siglano storicamente i “patti sociali”. È che lui pensava che i patti sociali si facessero così: lui, in quanto amministratore delegato risanatore della ditta Italia, detta la linea, e i sottoposti eseguono. Sennonché esistono ancora fisicamente i rappresentanti dei lavoratori, che pretendono inopinatamente di dire la loro (perché assaltarne le sedi quando li si può silenziare e deridere, col consenso divertito di tutti i giornali?): così i segretari di Cgil, Cis e Uil hanno avanzato critiche alla riforma pensionistica inclusa nella legge di Bilancio, riforma che era già pronta: era la Fornero, che Draghi conosce bene, visto che l’ha imposta la Bce nel 2011 con una lettera firmata da lui. Ma come far passare agli occhi dell’opinione pubblica l’idea che il governo di Migliori non stia affatto derubando i vecchi delle loro pensioni, costringendoli a lavorare fino a 70 anni? Facendo colare in ogni dove il blob vischioso di un’insopportabile retorica pro-giovani. Così la mattina Draghi va in missione in un Istituto tecnico di Bari (anche per “fuggire dai partiti che lo assediano”, Corriere), dove sforna perle motivazionali “alla Steve Jobs” (Repubblica), consiglia ai giovani “un pizzico di incoscienza” (giacché tutto il resto, la sicurezza e le comodità, già ce l’hanno), e addirittura, umanissimo, “stringe mani” e “accorcia le distanze” (Corriere).

Intanto proprio la ex ministra (e neo consulente di Draghi) Fornero scrive via La Stampa una lettera aperta a Landini pregandolo di pensare ai giovani, alzando l’età pensionabile e ricostruendo “il patto” generazionale infranto dallo sbilanciamento del welfare sulle pensioni. Cioè: a minare il welfare sono le pensioni, che sono una parte del welfare, e non le politiche anti-welfare. Era tra i desiderata di Bonomi consegnati a Corriere: finirla di “mettere soldi sulle pensioni”, pure per i lavori usuranti.

Naturalmente i principali emissari di questa retorica pro-giovani sono i detentori di vitalizi, pronti a darsi fuoco quando gli si toccano privilegi da Ancien Régime, improvvisamente preoccupati per il destino dei giovani. I quali giovani sono stati massacrati da decenni di precariato, scientificamente privati del diritto alla futura pensione, costretti ad accettare ricatti, contratti finti, salari da fame e/o sostituiti da buoni pasto, tutto per volere del legislatore e dei governi anche di centrosinistra. Infatti il distruttore dello Statuto dei Lavoratori e inventore del Jobs Act (e della Buona Scuola, con la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, una trovata per mettere i minorenni a lavorare gratis negli autogrill), twitta: “Che i sindacati attacchino il Governo sulle pensioni dimostra ancora una volta come parte dei dirigenti di questo Paese pensi solo a chi è già garantito e non ai giovani. Tanto il conto lo pagano sempre i nostri figli”. Giusto per geolocalizzarlo: il tweet parte da Riyad (o dall’aereo privato che ce lo porta), dove è atteso per parlare di “Cultura” (lui!) in cambio di soldi sauditi. È lo stesso Renzi che ha indetto un referendum per abolire il Reddito di cittadinanza (fallito, come tutto quel che indice lui) perché i giovani devono “soffrire”.

I sindacati sono rimasti soli e non hanno sponde in Parlamento. E vorremmo vedere: cosa vuol fare una pletora di privilegiati che hanno smesso la lotta politica pure per accaparrarsi voti, garantiti dal fatto che le elezioni sono una pura formalità per masse sempre più esigue?

È tutto coerente, l’etica neoliberale è questa: amare gli imprenditori e i figli di papà con alta capacità di rischio d’impresa (gli start-upper, i “rider per scelta” scopertisi milionari con qualche pedalata, etc.), e danneggiare i poveri di ogni età. Perciò si occulta il conflitto sociale dietro il conflitto generazionale: quando devono fare cose impopolari contro i vecchi, dicono che lo fanno per i giovani; quando devono fare qualcosa contro i lavoratori, dicono che lo fanno per l’occupazione, perché i giovani possano smetterla di chiedere prestiti ai nonni. “È il momento di dare, non di chiedere”, disse Draghi; ecco, quand’è così bisogna sempre chiedere “a chi?”. La vedete, la direzione nella quale va il fantastico Piano di ripresa e resilienza? A far riprendere e resilire i ricchi. Ne usciremo migliori: certo, come no.

 

Chappelle e le olimpiadi della discriminazione tra neri e transessuali

Dave Chappelle, 48 anni, è uno degli standup comedian più famosi negli Usa. Durante la sua carriera, cominciata negli anni 90, ha vinto Emmy e Grammy a bizzeffe. Raggiunse il successo con un varietà tv di sketch satirici (Chappelle’s Show, 2003-2005) che durò solo due stagioni perché Chappelle, a sorpresa, decise di smettere. Sparì per un po’, riprese a fare tour nel 2013, e nel 2016 firmò un contratto con Netflix per 6 special da un’ora. L’ultimo, The Closer, su Netflix da un mese, ha suscitato le proteste della comunità Lgbtqia+ e delle associazioni per i diritti civili a causa delle sue gag transfobiche e omofobiche. Chappelle ne snocciola in libertà da anni, e in questo monologo conclusivo cercava di affrontare le critiche piovutegli addosso dopo le gag transfobiche e omofobiche dei cinque special precedenti. Vediamone alcune.

CHAPPELLE: “Mia moglie ha molti amici gay, Stewart è il loro capo. Ha molti amici gay e non mi piacciono. Non perché sono gay. Li sto solo giudicando in base al loro carattere. Sono solo dei tipi non simpatici. Sono dei fottuti ospiti maleducati. Sono seduti sul mio divano, ridacchiano con mia moglie, mangiano i miei fottuti amaretti. Poi entro e si comportano come se la festa fosse finita. ‘Ehi, Stewart. Come butta?’. E il tipo mi parla come parlerebbe un gatto se un gatto potesse parlare. ‘Ciao, David’. ‘Stewart, qual è il problema, amico?’. Vuole sempre fare discussioni politiche gay. L’ultima riguardava una petizione alla Corte federale per togliere dalla legge le parole ‘marito e moglie’. Ho detto: ‘Perché vorresti quelle parole fuori dalla legge?’. Ha detto: ‘Perché discrimina le coppie dello stesso sesso’. E io: ‘Per favore, risparmiami la semantica. Fidati di me. Prendete le vostre fiches e uscite dal casinò. State per perdere tutto! Andate fuori, parlatene tra di voi, e chiunque di voi è più gay, quella è la moglie’. No, no. A Stewart non piaceva. Stewart mi educa su questo movimento. Non ne sapevo un cazzo. Mi ha detto che si chiama Lbgtq! E io: ‘Che cazzo è la Q?’. Ha qualche senso? Q? Viene fuori che Q è come le vocali. Qualche volta sta per Y. Indica i gay che non sanno davvero di essere gay. Come i froci in prigione che dicono: ‘Cosa? Non sono gay, negro. Sto solo succhiando questi cazzi per passare il tempo. Non sono G. Sono Q’. Di tutte quelle lettere, la T ha davanti a sé la strada più dura. In effetti, penso che la T dovrebbe stare per ‘Transito accidentato’”.

“Ogni volta che vedo una di quei T per la strada, non m’importa, ma dico: ‘Quanto mi manca Bruce’. Mi dispiace, gente. Ho 42 anni. Ricordo Bruce Jenner. Prima dei Kardashian, prima di tutto questo, quel figlio di puttana era un supereroe americano bianco. Era incredibile. Batteva gli africani nell’atletica leggera. Non avevamo mai visto niente del genere. Era sulla mia scatola di cereali quando ero piccolo. Sapete quanti di quei cereali ho mangiato? Non immaginavo che l’avrebbe fatto. L’ho saputo prima che lo sapeste voi. Ho sentito delle cose in giro, a Hollywood. Uscivi, vedevi gente. ‘Ehi, che succede, Kanye? Perché quel muso lungo?’. ‘Negro, vedrai. Adesso ho due suocere’”.

“E quando ho sentito che l’avrebbe fatto, ho avuto paura. Non pensavo che il pubblico fosse pronto. Non pensavo che i media fossero pronti. Be’, mi sbagliavo. Non solo il pubblico lo ha abbracciato, ma i media sono stati gentili. Non avevo mai visto niente del genere. ‘Benvenuta nel mondo, Caitlyn. Arrivederci, Bruce. Ciao, Caitlyn’. Ero scioccato! Dave Chappelle, americano nero, era anche un po’ geloso. Ero tipo: ‘Come cazzo stanno facendo i trans a battere i neri alle Olimpiadi della discriminazione?’”. (2. Continua)

 

Zan, Mr. Kurtz e le teste impagliate di B.

I sedici franchi tiratori che hanno affossato al Senato la legge Zan potrebbero facilmente diventare centosessanta in un Parlamento nel quale, storicamente, gli scrutini quirinaleschi sono il ballo in maschera atteso per un settennato. Non occorre richiamare le solenni trombature dei Merzagora, dei Fanfani, degli Andreotti, dei Prodi, impallinati nel segreto dell’urna (che poi era il segreto di Pulcinella ignoto solo a essi) per celebrare i fasti del cecchinaggio.

Del resto, la geografia politica di Camera e Senato appare già il Vietnam del colonnello Kurtz dove gruppi misti e loro derivati – senza contare il cupo mosaico grillino, le diatribe leghiste, le faide pidine, le isterie forziste, gli ascari di Renzi-bin Salman – giocheranno al mercante in fiera. Una massa fuori controllo di peones impegnata a garantirsi (sì, la vita è dura) l’imperdibile occasione di contrattare una ricandidatura un tanto al chilo. Per questo l’Informazione Unica dei Migliori è impegnata a sfornare succulenti retroscena con spettacolari candidature – i Casini, gli Amato – di cui, senza offesa, c’eravamo dimenticati, come succede nei matrimoni per certi parenti dispersi.

Per questo di Liliana Segre è meglio tacere. Perché soltanto nominarla equivale a celebrarla. Perché soltanto ipotizzare una sua candidatura di bandiera (quella del Tricolore) confina il resto della compagnia nell’album Panini di campionati mediocri. Infatti si preferisce sussurrare a mezza bocca che 91 anni sono quelli che sono. Scansando l’imbarazzante dettaglio che il virgulto Berlusconi (dappertutto paginate per la sua campagna acquisti) va per gli 86.

Per fortuna abbiamo Enrico Letta convinto che Salvini e Meloni fingano di candidarlo per prenderlo in giro. Fossimo nel segretario del Partito democratico, sull’argomento useremmo un minimo di prudenza, considerato il numero e la stazza di ex leader della sinistra di cui il presunto rincoglionito conserva le teste impagliate nel suo casino di caccia.

Di Maio al bivio: o è gay o è omofobo

Si può dire che Luigi Di Maio è gay. E se lui afferma di non esserlo, è bene cazziarlo: “Ah, perché, cosa ci sarebbe di male? Non sarà mica omofobo?”. Questo più o meno è il senso delle polemiche delle ultime ore intorno a un passaggio dell’ultimo libro del ministro dei 5 Stelle, il quale scrive che in passato alcuni lo avevano “screditato” asserendo fosse omosessuale. “Mica è un discredito”, gli ha contestato due sere fa Lilli Gruber. E infatti. Il problema, ci pare, è che per mesi in parecchi hanno dato a Di Maio del bugiardo, ironizzando sulla “fidanzata di copertura” o “di cartone” e su storie d’amore ben più realistiche con altri uomini. Maria Giovanna Maglie, per esempio, diceva: “La fidanzata di Di Maio serve per zittire le voci sull’omosessualità”. Vittorio Sgarbi era sicuro: “Di Maio è fidanzato, ma con Vincenzo Spadafora”. E sulla cosa si era talmente ironizzato che persino la comica Martina Dall’Ombra scherzò su “una fidanzata pagata a ore per uno shooting fotografico”. Ma che sarà mai: in fondo mica è un “discredito”?

La giunta in 7 giorni? No, faccio con calma

Avevaannunciato una giunta in sette giorni, piena di volti nuovi per “cambiare” e “dare una svolta” alla città di Roma. Peccato che siano passati già dieci giorni dalla vittoria elettorale di Roberto Gualtieri e la giunta è di là da venire. Non solo non è questione di ore, ma è probabile che l’ufficialità dei nuovi assessori possa slittare addirittura alla prossima settimana. Il neo sindaco di Roma è in alto mare: tra i posti da concedere alle sue liste, ai diversi partiti di centrosinistra e, ça va sans dire, alle correnti dentro il Pd romano, si capisce che il gioco degli incastri diventa proibitivo. Nell’attesa Gualtieri emula il presidente della Repubblica: ha iniziato una serie di consultazioni con liste, partitini e ras locali, perennemente “scortato” dal fido Claudio Mancini. Ascolta tutti, valuta proposte e autocandidature, ma per ora non si esprime. Pensa e riflette. No, il pantano no: Bob aggiustatutto non lo aveva considerato.

E per i party coi soldi dei fedeli Don Spagnesi vuole il patteggiamento

Era finitonella bufera dopo che il suo compagno era stato fermato mentre ritirava da uno spedizioniere un litro di Gbl, la droga dello stupro. Poi si era scoperto che usava soldi delle offerte per comprare stupefacenti da usare durante festini a base di sesso. Ora Don Francesco Spagnesi, ex parroco della chiesa dell’Annunciazione alla Castellina a Prato, ha chiesto il patteggiamento a 3 anni e 8 mesi e la Procura ha dato il consenso poiché il sacerdote ha collaborato alle indagini.

Spagnesi era stato arrestato il 14 settembre dalla Squadra mobile di Prato per i festini a base di droga e per aver sottratto denaro alla parrocchia, oltre che per aver truffato i suoi fedeli. La richiesta dei difensori dovrà adesso passare al vaglio del Gip: se verrà accolta non ci sarà dunque un processo pubblico sulla vicenda che ha segnato la comunità e la Diocesi. Il religioso ha ammesso le proprie responsabilità per i reati che riguardano le vicende di droga – lo spaccio e il traffico internazionale per l’acquisto di Gbl – e lo stesso ha fatto per i reati che riguardano il denaro: l’appropriazione indebita di centinaia di migliaia di euro dai conti della parrocchia (nei bilanci mancano tra i 130mila e i 150 mila euro) e la truffa per i soldi ottenuti con l’inganno dai fedeli.

Questi sono i capi d’accusa che in considerazione delle attenuanti (tra cui la collaborazione con gli investigatori) portano la pena a 5 anni e 2 mesi. Al conteggio, riferisce il Corriere Fiorentino, va infine applicato lo sconto di un terzo della pena, dovuto al fatto che si tratta di un patteggiamento in corso d’indagine: così si arriva a 3 anni e 8 mesi. Dell’impianto accusatorio paventato dalla Procura guidata da Giuseppe Nicolosi è tramontata solo l’accusa di tentate lesioni gravi che riguarda la possibilità che Don Francesco abbia taciuto malattie sessualmente trasmissibili ai suoi partner. L’accusa è caduta dopo gli accertamenti medici che hanno escluso che il compagno del sacerdote sia positivo all’Hiv. Anche a quest’ultimo, Alessio Regina, raggiunto ieri da una misura nell’inchiesta di Roma (articolo in alto), che con lui aveva comprato e spacciato droga, è stata data la possibilità di patteggiare: 3 anni e 2 mesi in totale, a cui vanno tolti 13 mesi per la collaborazione. Dunque 2 anni e 1 mese come pena finale.

Droga dello stupro: beccati avvocati, prof e un senatore

“La voce è arrivata pure all’assistente del politico (…) poi quando arrivavo a casa ci stava lui, il politico… hai capito?”. C’è un’inchiesta della Procura di Roma che potrebbe far tremare non solo il mondo dello spettacolo, ma anche i palazzi del potere. Si tratta di un’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e condotta dai carabinieri del Nas che ha scoperchiato un giro internazionale di nuovi stupefacenti psicoattivi, fra cui Ghb e Gbl, meglio note come “droghe dello stupro”. Sostanze provenienti da Canada, Cina, Olanda, Repubblica Ceca, Francia e Croazia, acquistate attraverso criptovaluta su piattaforme del dark web dai nomi fantasiosi – come “Berlusconi market” e “Wall Street Supermarket” – che arrivavano a Roma attraverso spedizioni internazionali. Il giro d’affari scoperto è enorme: vale quasi 5 milioni di euro, il cui reinvestimento da parte di alcuni indagati avveniva in bitcoin e su conti correnti esteri, fattore che ha permesso agli inquirenti di accertare, per la prima volta in Italia, l’autoriciclaggio di monete virtuali.

In totale sono 39 le persone arrestate ieri, fra spacciatori e consumatori. E tra questi anche Claudia Rivelli, 71enne sorella dell’attrice Ornella Muti (estranea alle indagini). Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, la “nuova droga”, una volta arrivata nella Capitale, veniva consegnata ai destinatari anche attraverso corrieri Glovo (la società di rider ha collaborato alle indagini) e tassisti abusivi. Oppure portata direttamente a casa, come accadeva con un acquirente chiamato “il politico”, definito anche “er senatore” e secondo i magistrati “verosimilmente un senatore della Repubblica”. Al politico il 17 ottobre 2019 due spacciatori arrestati, Danny Beccaria e Clarissa Capone, avrebbero ceduto “quantità e tipologia imprecisate” di Gbl. “Ce stava il senatore che je servivi”, dice Beccaria al telefono, intercettato il 17 ottobre 2019. “Il senatore?” risponde Capone. “Quello lì de… de Lungotevere”, replica Beccaria. “Ah! Il politico” conferma Clarissa.

Quasi due ore dopo, alle 14.50, Beccaria parla al telefono con una donna: “Io amore sto andando… dal politico quello lì che abita davanti alla Corte di Cassazione…”.

Beccaria e Capone sono i principali esponenti di quella che i carabinieri definiscono la “famiglia romana”. Ed è Clarissa che il 12 dicembre 2019, intercettata, racconta a un uomo: “Calcola che quando ci stava il Festival del Cinema io là ci andavo con lo zainetto pieno… cioè ci stavano giornalisti… cioè ci stava di tutto e di più… e da là poi so… sono arrivata a un politico”. E ancora: “Qua tutti sono stati bevuti, tutti sono andati a finire in gattabuia… tutti quanti.. io no… e io ero anche molto più potente di voi visto che… c’avevo politici, gente importante”. Beccaria, secondo gli investigatori, riusciva a procacciarsi i clienti frequentando un noto locale gay di Roma, in zona Magliana. In un’intercettazione del 28 ottobre 2019, dice a un cliente fiduciario: “Mo m’ha scritto er prete… è uno che me dà una cifra de soldi”. “Compagno” di un sacerdote secondo i pm è poi Alessio Regina, raggiunto da una misura cautelare e già arrestato ad agosto a Prato nella vicenda di don Francesco Spagnesi, che spendeva i soldi dei suoi fedeli per comprare Gbl. Fra i clienti di Beccaria, nelle carte compare anche un funzionario di Polizia locale di Roma, coinvolto (e poi assolto) alcuni anni fa in un processo per stalking.

Fra gli arrestati poi ci sono molti compratori, accusati di detenzione di sostanze stupefacenti al fine della cessione. Fra questi un professore di musica di Vescovato (Cremona), che per i pm si faceva spedire la droga nella scuola media dove insegnava, un ex ufficiale dell’Aeronautica, un funzionario dell’Ater di Roma (la società che gestisce le case popolari), due dipendenti delle Asl Roma 4 e Brescia e diversi professionisti. Come detto anche Claudia Rivelli, accusata di aver acquistato 1,4 chili di Gbl dall’Olanda a nome della madre (deceduta nel 2020) con l’intento di spedirla al figlio, residente a Londra: i flaconi inviati portavano la scritta “shampoo”.

Bimbe uccise, ritrovato il corpo della madre

I vigili del fuoco e gli uomini della squadra mobile della questura di Verona hanno ripescato ieri nell’Adige il corpo senza vita di Sachithra Ninansala Fernando Dewendra Mahawaduge, la donna cingalese 34enne scomparsa e sospettata di aver ucciso le sue figlie di 3 e 11 anni che erano ospiti della comunità educativa “Mamma Bambino”. La donna era scomparsa dopo la morte delle figlie. Nel corso della giornata sono anche state eseguite le autopsie sul corpo delle due bambine di 3 e 11 anni. Dalle prime analisi, l’ipotesi preliminare pare quella del soffocamento, ma per formulare un’ipotesi più completa sulle cause del decesso sarà necessario attendere gli esiti dell’esame tossicologico.

Rimborsopoli Marche. Condannato Spacca

Dopo due assoluzioni, arrivano le condanne per l’ex presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca e l’ex vice presidente del Consiglio regionale Giacomo Bugaro per i fondi dei gruppi consiliari e dei consiglieri regionali. Spacca, ex Pd, alla guida della Giunta dal 2005 al 2015, è stato condannato ad un anno e otto mesi, mentre il secondo, di centrodestra, ad un anno e sei mesi. Sono stati riconosciuti colpevoli di alcuni episodi di peculato, non tutti di quelli contestati. La sentenza è stata emessa dalla Corte di Appello di Perugia, cui erano stati trasmessi gli atti. La Cassazione aveva annullato con rinvio a Perugia, le assoluzioni pronunciate dalla Corte di Appello di Ancona, che confermavano le sentenze di primo grado.

No vax, su Telegram minacciano Sala: “Mi vogliono decapitare”

Gli investigatori della Digos e della Polizia postale, coordinati dal capo del pool antiterrorismo milanese, il pm Alberto Nobili, stanno indagando sui messaggi di minacce contro il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che sono comparsi sul gruppo Telegram “Basta dittatura!-proteste”, nel quale sono iscritti oltre 8 mila No vax e No Green pass. Messaggi di cui ha parlato lo stesso Sala in un video social, spiegando che “da alcune ore su Telegram si è scatenato il mondo dei no Green pass, ci sono i miei numeri di telefono, la mia email, si parla di decapitazione”.