I dipendentipubblici potranno lavorare in smart working solo con le dotazioni tecnologiche e con la connessione a internet fornite dall’amministrazione di appartenenza. Se queste dovessero avere dei malfunzionamenti e rallentare l’attività, gli impiegati potranno essere richiamati in ufficio.
L’ordine di tornare in sede, tra l’altro, potrà comunque partire anche per generiche “sopravvenute esigenze di servizio” e non c’è alcun diritto a recuperare in seguito le giornate di lavoro agile non effettuate. In ogni caso, per ciascun lavoratore deve essere assicurato che il lavoro avvenga “prevalentemente” in presenza. Ieri il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta ha presentato ai sindacati le sue linee guida per lo smart working degli statali. Le sigle presenteranno le loro osservazioni e il tavolo sarà riconvocato tra due settimane. (nel frattempo continuano anche le trattative per il rinnovo dei contratti collettivi del settore pubblico, che dovrebbero normare nel dettaglio la materia).
In ogni caso Cgil, Cisl e Uil hanno già espresso alcune perplessità. Per Tania Scacchetti, segretaria Cgil, “è indispensabile gestire la transizione dall’emergenza al post emergenza in modo graduale e attraverso il confronto e le intese nei luoghi di lavoro, senza forzature e rispettando tutte le norme di sicurezza”. “Alcuni aspetti non appaiono ben delineati – ha spiegato Ignazio Ganga, responsabile pubblico impiego per la Cisl – e non si coglie la necessaria sensibilità verso lavoratori che hanno garantito, spesso con mezzi propri e difficoltà non di poco conto, il mantenimento della produttività e del pieno funzionamento della macchina pubblica durante l’emergenza”.
Torniamo alle linee guida: non ci sarà vincolo di orario, salvo che non venga attivata la modalità “telelavoro”, e dovrebbe essere garantito il diritto alla disconnessione attraverso la fascia di inoperabilità, con 11 ore minime di riposo. Il punto fondamentale, dunque, sono le strumentazioni: “Si deve fornire il lavoratore di idonea dotazione tecnologica”, recita l’articolato, aggiungendo che “per accedere alle applicazioni del proprio ente può essere utilizzata esclusivamente la connessione fornita dal datore di lavoro”. Nella pratica bisognerà capire quante amministrazioni saranno in grado di farlo e se questo non diventerà un altro motivo, il principale, per ridurre lo smart working.
Da quando Renato Brunetta è tornato ministro della Pubblica amministrazione, con la nascita del governo Draghi, si può dire che il suo obiettivo principale sia stato limitare il più possibile il lavoro agile, utilizzato come metodo prioritario dall’arrivo del Covid. Dopo un accordo con Cgil, Cisl e Uil, nel quale si è impegnato a far entrare la materia nei contratti nazionali, è intervenuto direttamente prima abbassando le percentuali minime di personale in smart working e poi facendo sì che il lavoro da casa tornasse l’eccezione: è appena il caso di ricordare che il Dpcm del 23 settembre ha previsto il rientro in sede dal 15 ottobre.