Repubblica, due pagine e bacio accademico

Prosegue a ritmo incessante l’opera di beatificazione preventiva del nuovo sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ormai per i giornali “Bob aggiustatutto”. Sulla grande stampa in questi giorni s’avverte un friccicorìo entusiastico: suona la chitarra, ama la crostata alle visciole, ha pronta la squadra, “mette a terra” risorse, sistema l’Ama, le strade, ripulisce tutte cose. Ieri Repubblica ha fatto la doppietta: forum in redazione, intervistona su due pagine e foto celebrativa in cui stringe la mano al direttore Molinari. Il titolo è beneaugurante: “A Roma la rinascita post-Covid. Città pulita entro Natale”. Gualtieri in effetti pare colpito da tanto affetto: “C’è un’attesa positiva per quello che possiamo fare”. E s’è già messo al lavoro. Prima che Santa Claus s’affacci sulla Capitale “rimuoveremo i cumuli di rifiuti, spazzeremo e puliremo le strade, sfalceremo l’erba e puliremo le caditoie. Il perno sarà Ama”. La stessa azienda tramortita da inefficienze ventennali. Come farà? Domanda non pervenuta. Super Bob è tutto un annuncio: “Lavoreremo al patto per il lavoro e lo sviluppo con le forze sociali”, “Potenzieremo il rinnovo della flotta degli autobus”, “Le nuove tranvie saranno completate entro il Giubileo”, “Rilanceremo l’Estate Romana su tutto il territorio”. E ancora: “Saremo molto rigorosi nei confronti di chi indulge su posizioni neofasciste”. Quindi sgombera CasaPound? Altra domanda non pervenuta.

Finzione mortale: i film sono della stessa materia del reale

Succede. Non sempre, per fortuna: perché altrimenti uno sarebbe un veggente, uno di quei personaggi alla Stephen King ai quali il futuro arriva per via subliminale in virtù di qualche occulto potere, e del futuro, notoriamente, meno si sa meglio è. O anche peggio, perché il sottoscritto è nato e vive in una città che a bollarti come portatore di malaugurio ci mette un attimo ed è la fine, meglio criminale che iettatore. E però succede.

Devo confessare che leggendo la notizia della tragedia avvenuta sul set del film Rust, quando mentre girava una scena l’attore Alec Baldwin ha esploso un colpo con una pistola di scena uccidendo la direttrice della fotografia e ferendo il regista (con un colpo solo? Caspita, che ottimizzazione!), ho sentito un brivido lungo la schiena. E mi sono chiesto a chi altro sarebbe venuta in mente l’associazione.

Il telefono ha cominciato a squillare, perché se ne sono accorti in molti; e tra essi il direttore di questo giornale, che qualche volta mi gratifica della sua lettura e che ha una spaventosa memoria.

Il fatto è che alcuni anni fa, precisamente nel 2017, ho scritto un romanzo della serie avente come protagonista il commissario Luigi Alfredo Ricciardi e quindi ambientato nei primi anni Trenta, dal titolo Rondini d’inverno. In esso il caso sul quale Ricciardi indagava era appunto la morte in scena di una giovane e bellissima attrice, per mano del marito assai più anziano di lei e in fase calante di carriera. L’uomo, tradito e geloso del successo della moglie, aveva ottimi motivi per volerla morta, ma l’arma era di scena e avrebbe dovuto essere, come quella nelle mani di Baldwin, caricata a salve.

L’analogia è evidente ma ovviamente incompleta. Stavolta a perdere la vita non è un’attrice, e non sussistevano a quanto si sa legami sentimentali tra lei e il suo inconsapevole assassino; ed è ingiusto e irrispettoso collegare un fatto gravissimo e doloroso come questo a una storia immaginata. Ma qualche considerazione si può comunque fare, e si può fare in merito ai sogni.

Perché quello che accade in scena, su un palcoscenico come su un set, è in realtà una rappresentazione della vita vera. Questo aspetto, credetemi, non è secondario: l’immedesimazione, la piena corrispondenza tra la finzione narrativa e la realtà è assolutamente obbligatoria per chi immagina o per chi recita, per un regista o per un attore. È necessario per poter sperare nel coinvolgimento di chi della storia sarà fruitore, lettore o spettatore.

Scrivere un romanzo significa andare fisicamente nel luogo che si racconta. Incontrare i personaggi, vivere la stessa storia dal punto di vista di ciascuno di essi, avere gli stessi pensieri e provare gli stessi sentimenti.

Per cui io, proprio io che sto scrivendo queste note, posso dire di aver vissuto la terribile costernazione di Baldwin quando, premuto il grilletto e aspettandosi soltanto un rumore secco e uno sbuffo di fumo, ha visto invece stramazzare al suolo una persona innocente. So, per averlo scritto e descritto, come questo atroce momento, quello dell’insorgere della consapevolezza di quanto realmente accaduto, tornerà nei sogni e nella veglia di quest’uomo. Quanta sofferenza sarà generata da questo errore, se errore è stato.

Alec Baldwin, comunque vada l’indagine in corso e quale che sia il verdetto, porterà addosso per sempre l’insensatezza di quello che è avvenuto per sua mano. Io lo so. Perché raccontandolo l’ho provato.

Sono andato a vedere, spinto da un inconsapevole impulso, quanti anni ha questo attore. Sessantatré, dice Wikipedia.

Sapete quanti ne ha il sottoscritto? Ecco. Appunto.

Roma criminale: sgomberata un’altra dimora Casamonica

Statue, affreschi, mosaici, controsoffitti con stucchi di ispirazione classica, pavimenti decorati con inserti e il bassorilievo dorato di una biga trainata da cavalli, che richiama l’antica Roma, incastonato sopra al caminetto. In perfetto stile Casamonica, Villa Sonia, il complesso residenziale nella periferia di Roma, sgomberato ieri dai carabinieri, si estende su una superficie di tremila metri quadrati ed è composto da una villa bifamiliare con piscina e da due ville unifamiliari, tutte collegate tra loro. Beni, che erano già stati confiscati dal 16 dicembre 2015.

Salerno, il re delle coop ascoltato altre otto ore

Vittorio Zoccola è tornato a cantare. Il ras delle cooperative salernitane, il leader di un cartello di otto coop al centro dell’inchiesta sul “sistema Salerno” – appalti prorogati senza gara in cambio di favori e pacchetti di voti all’assessore comunale Nino Savastano e ad altri uomini vicini al governatore Pd Vincenzo De Luca (non indagato) – è stato sentito ieri per sette ore in Procura. Nei prossimi giorni il suo difensore, l’avvocato Michele Sarno, depositerà un’istanza per alleviare la misura del carcere. L’interrogatorio investigativo di ieri fa il paio con quello di otto ore reso da Zoccola nei giorni successivi all’arresto.

Al Bano e altri artisti finiti nel dark web

La Procura di Roma ha formalmente aperto un fascicolo di indagine per tentata estorsione e accesso abusivo a sistema informatico in relazione all’attacco hacker subito dalla Siae. Dalle prime verifiche alcuni dati, pare al momento solo dati anagrafici e carte di identità di alcuni artisti, sarebbero già comparsi sul dark web. In base a quanto si apprende, inoltre, alcuni cantanti, tra cui Al Bano e Samuele Bersani, sarebbero stati vittime di azioni estorsive da parte di hacker. Su questi episodi sono in corso verifiche da parte degli inquirenti. L’azione, partita da un indirizzo Ip russo, è rivendicata da “Everest”. La richiesta fatta alla Siae è di 3 milioni di euro in bitcoin, agli artisti di 10mila. I documenti sottratti sono circa 28 mila.

Esposto in Procura sul cloud di Stato

Potrebbe arrivare nei prossimi giorni un esposto in procura a Roma sulle pressioni del Tesoro in merito alla nascita del polo strategico nazionale sul cloud di Stato. A presentarlo sarà il deputato Raphael Raduzzi (misto) dopo le risposte fornite ieri dal ministero a un’interrogazione di 30 parlamentari che chiedeva conto della vicenda rivelata dal Fatto riguardo l’indicazione arrivata al Poligrafico dello Stato per indurlo a non partecipare alla gara insieme a Fastweb. “Le spiegazioni che parlano solo oggi di una generica estraneità delle strutture del MEF nella vicenda e senza smentire categoricamente la chiamata riportata dal quotidiano non ci lasciano soddisfatti”, ha detto Raduzzi, che ha annunciato l’esposto.

L’Italia si costituisce all’ultimo con la Uefa contro la Superlega, ma il governo è diviso

Guerra alla Superlega. Anzi no, sì, forse. All’ultimissimo momento, l’Italia di Mario Draghi si costituisce alla Corte di giustizia Ue insieme alla Uefa, e contro il campionato dei ricchi che Real Madrid, Juventus e Barcellona (gli altri ormai sono scappati) volevano creare, vorrebbero ancora, fagocitando Champions League e campionati. Draghi proprio non poteva esimersi dal vestire i panni di paladino del calcio del popolo. Lo aveva già fatto ad aprile, quando nel pieno dell’indignazione collettiva aveva tuonato su contro il torneo. Anche se voci di corridoio sostenevano che il premier fosse stato ben informato del progetto dal suo amico (e presidente del Milan) Scaroni. Qualche dubbio sulle reali intenzioni del governo resta, se è vero che l’impegno è arrivato solo in zona Cesarino e dopo un fiume di polemiche. Sul tavolo di Palazzo Chigi sono arrivati pareri diversi e discordanti. Quando si è innescato il procedimento, il dipartimento Politiche europee ha interessato gli uffici competenti. Il Ministero dello Sviluppo economico del leghista Giorgetti si è subito tirato fuori. Gli uffici della sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, hanno invece messo nero su bianco una serie di obiezioni, quelle che riguardano l’aspetto sportivo della vicenda e che sono condivise da tutti gli appassionati: ovvero che, così concepita, la Superlega ammazzerebbe il merito sportivo, andrebbe a intaccare tutto l’ordinamento nazionale e internazionale minacciando i campionati, senza dimenticare la tutela degli atleti e la lotta al doping, che potrebbe non essere più così garantita da una lega privata che non risponde alle istituzioni pubbliche (a differenza delle Federazioni). Lo stesso non vale però per Ministero della Giustizia e Antitrust: concentrandosi sugli aspetti giuridici, i tecnici avevano raccomandato di verificare qualunque tipo di azione che possa limitare la concorrenza in ambito europeo. Così la palla si è fermata a lungo fra le mani di Draghi. Nell’imbarazzo generale delle istituzioni pallonare. Innanzitutto della Federcalcio, che si è dovuta sorbire la strigliata della Uefa che contava molto sull’appoggio dell’Italia. Ma anche del n. 1 del Coni Malagò e della Serie A dell’ad Luigi De Siervo, che proprio ieri ospitava le Leghe europee per opporsi a un’altra delle follie dei padroni del pallone, cioè il Mondiale ogni due anni. Così, come un gol nei minuti di recupero, è arrivata la costituzione in giudizio: l’Italia si schiera nella guerra contro la Superlega. Ma forse meglio non contarci troppo.

L’Ue ha bloccato i fondi destinati alla Calabria

La Commissione europea ha bloccato svariate decine di milioni di euro in rimborsi destinati alla Calabria. Lo rivela la tv locale LaC News 24, forte di una conferma sui fatti da parte di Bruxelles. Il motivo è riconducibile a delle irregolarità in due distinte domande di pagamento, fatte dalla Regione a giugno e luglio 2021 e rispedite al mittente l’8 agosto, con tanto di sospensione degli indennizzi. Quattro giorni prima, in una conferenza stampa, l’allora governatore Nino Spirlì elogiava l’operato dell’amministrazione. “Non solo non siamo più il fanalino di coda, ma in fatto di programmazione siamo tra le prime regioni d’Europa” diceva Spirlì, non sapendo che proprio in quei giorni la Commissione si stava preparando a bocciare i resoconti inviati dai suoi. In una nota la Regione ha scritto che si tratta di una vecchia contestazione su una spesa da 200 milioni risalente al 2018, ma le carte in possesso dai giornalisti calabresi si riferiscono a due rendicontazioni inviate dalla Calabria l’8 giugno e il 28 luglio 2021 : in pratica, si riferiscono a un’altra cosa. In attesa di ulteriori sviluppi, la notizia potrebbe compromettere ulteriormente la posizione di Spirlì: lunedì il leader della Lega, Matteo Salvini, era andato a Catanzaro in occasione dei ballottaggi, approfittandone per fare un punto della situazione in Calabria. Spirlì, che fino a prima delle elezioni era dato per sicuro vice del neoeletto Roberto Occhiuto, potrebbe essere scalzato, dopo gli scarsi risultati ottenuti dal partito.

Mentana e altri 612 sono sospesi dall’Ordine per non avere la posta elettronica certificata

Cos’hanno in comune Enrico Mentana, Pierluigi Pardo, Vincenzo Mollica, Andrea Purgatori e Francesco Merlo? Oltre a essere direttori, volti e voci popolarissimi del giornalismo italiano, dal 1° ottobre insieme ad altri 608 colleghi potrebbero incorrere nell’esercizio abusivo della professione. L’Ordine dei giornalisti del Lazio, infatti, li ha di fatto “sospesi”. Non c’è nessuna grave violazione deontologica alla base del provvedimento. Il motivo è piuttosto banale: i 613 giornalisti hanno “dimenticato” di attivare l’indirizzo Posta elettronica certificata o di comunicare all’Ordine di averlo fatto. C’è da dire che ormai da diversi anni (ormai dal 2014) dagli uffici di Piazza della Torretta si sgolano in tutte le maniere chiedendo agli iscritti di creare questo benedetto indirizzo Pec – servizio che l’Ordine offre a 1,50 euro l’anno –, strumento sempre più utile in tempi di Covid anche per quello che attiene la vita fuori dalle redazioni. D’altro canto, ironia della sorte, il provvedimento arriva proprio a cavallo del rinnovo dell’Ordine dei giornalisti del Lazio: si sono già svolte le votazioni online e questo weekend sarà aperto il seggio fisico. Fra i giornalisti colpiti dal provvedimento, spuntano altri nomi noti, come Agostino Saccà, Giuseppe Sangiorgi, Marcello Sorgi, Salvo Sottile, Luca Telese e Jacopo Volpi.

In linea assolutamente teorica, i giornalisti sospesi dovrebbero interrompere immediatamente le loro collaborazioni e i loro rapporti professionali e rischiano anche dei danni a livello contributivo, con l’Inpgi (l’ente previdenziale di categoria) che sarebbe obbligato a restituire ai rispettivi editori i suoi contributi previdenziali di pertinenza. A quanto si apprende, però, difficilmente questo accadrà, anche perché nelle prossime ore si proverà a trovare una mediazione, aspettando magari l’elezione del nuovo presidente. Da tempo, l’Ordine dei giornalisti minaccia provvedimenti nei confronti degli iscritti che non rispettino alcuni passaggi burocratici (e non solo). Fra questi, quello che sta più a cuore è ovviamente il pagamento dell’iscrizione annuale, la cui “dimenticanza” ha già fatto delle vittime eccellenti in passato. Poi c’è il nodo della formazione professionale, una “scocciatura” per tanti giornalisti che si riducono spesso all’ultimo nel tentativo di reperire i crediti necessari a superare il triennio: anche in questo caso si rischia la sospensione.

A Trieste niente manifestazioni, ma resta tensione

La tanto temuta invasione di Trieste alla fine non c’è stata. Erano attese 20mila persone e si temevano infiltrazioni di violenti, invece ieri piazza Unità d’Italia è rimasta semivuota. Nel frattempo la Procura di Trieste ha aperto un fascicolo sugli scontri e le manifestazioni non autorizzate. La Digos ha depositato un’informativa in cui ricostruisce in modo dettagliato l’escalation dei giorni scorsi, dal presidio del porto, allo sgombero e agli scontri con le forze dell’ordine. Non è escluso che i pm iscrivano i nomi dei primi indagati già nelle prossime settimane. Oggi una delegazione di manifestanti, guidati dal portuale Stefano Puzzer, incontrerà il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli. Mentre anche i No Green pass a Trieste prendono le distanze da Puzzer e dal neonato “Coordinamento 15 ottobre”, che, dicono, ha accolto elementi “provenienti da fuori regione” e “con legami con l’estrema destra”, come il medico no vax veneto Dario Giacomini, “ex candidato di Casapound”.