A pochi giorni dal G20 in programma a Roma, il presidente Erdogan, che sarà tra gli ospiti, non fa nulla per contribuire a un clima sereno, anzi; il leader turco è tornato a fare la voce grossa con l’Occidente minacciando l’espulsione di dieci ambasciatori. Il motivo è da ricercare in un appello internazionale con cui è stata chiesta la scarcerazione del filantropo Osman Kavala – il 18 ottobre, nel quarto anniversario del suo arresto – accusato di avere avuto un ruolo nel tentato golpe del 2016. Erdogan lo considera un suo avversario. “Ho detto al nostro ministro degli Esteri che non possiamo concederci il lusso di ospitarli”, ha dichiarato Erdogan riferendosi agli ambasciatori di Canada, Francia, Finlandia, Danimarca, Germania, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Usa. L’appello per Kavala si richiama a una sentenza della Corte europea dei Diritti dell’uomo del 2019.
La “verità” secondo Trump: Truth è il social del magnate
Si chiamerà “ Truth” (verità), ma i maligni già suggeriscono che il nome giusto sarebbe “Fake” (falsità), la nuova piattaforma social che Donald Trump, espulso da Twitter e da Facebook, intende lanciare. Un ulteriore segnale che il magnate vuole restare in pista per la nomination repubblicana a Usa 2024. L’anti-twitter trumpiano sarà di proprietà del Trump Media and Technology Group (Tmtg) e sarà operativo a novembre, se non si rivelerà un flop, come già Parler o il progetto di una tv ‘all news’ più a destra della Fox, la NewsMax. In un comunicato, il magnate ex presidente scrive: “Creo Truth Social contro la tirannia di Big Tech… Viviamo in un mondo in cui i talebani hanno un’enorme presenza su Twitter, mentre il vostro presidente preferito è ancora silenziato. È inaccettabile!”. Dopo che i suoi post erano stati ripetutamente segnalati come falsi in campagna elettorale, Trump venne temporaneamente bandito sia da Twitter – il suo social feticcio – sia da Facebook per quel che disse e scrisse il 6 gennaio, quando facinorosi suoi sostenitori, da lui sobillati, diedero l’assalto al Congresso per costringere deputati e senatori ad alterare il risultato elettorale, perché il voto sarebbe stato truccato: asserzione che non ha mai trovato alcun riscontro. L’ex presidente, che mantiene una forte presa sul Partito Repubblicano, torna a farsi sentire proprio ora che le indagini del Congresso sui tumulti del 6 gennaio sono alla stretta finale e lo coinvolgono insieme al suo ex guru Steve Bannon, denunciato per non essersi presentato a testimoniare. Il 9 ottobre, Trump è tornato a parlare in pubblico a Des Moines, la capitale dello Iowa, lo Stato che nel 2024 aprirà la stagione delle primarie presidenziali: altra circostanza che conferma la volontà del magnate di ricandidarsi. L’uscita di scena di Trump pesa sui network televisivi, che hanno visto la loro audience crollare. Secondo i dati Nielsen, il pubblico della Cnn è sceso del 52% nel 3º trimestre, mentre per MsNbc il calo è stato del 51%; per la Fox invece del 37%.
Le elezioni non sono certe, ma il premier è felice così
Il primo ministro ad interim libico, Abdulhamid Dbeibeh, è riuscito nell’intento di tenere una Conferenza internazionale per la stabilizzazione del Paese a Tripoli. È la prima volta dall’inizio della guerra civile, scoppiata dieci anni fa, che si tiene una riunione con i rappresentanti dei paesi dell’area, (Stati Uniti, Russia, Onu, per l’Italia c’era il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio) all’interno del territorio libico e non a Ginevra, Berlino e Tunisia, come finora accaduto. Il primo ministro di transizione non intendeva però solo dimostrare che, almeno, la capitale è oggi una città sicura, ma che egli stesso è un leader sicuro delle proprie capacità, un politico affidabile in grado di mettere d’accordo le tante fazioni che si ostacolano l’una con l’altra .
“Con questa conferenza internazionale, Dbeibeh aveva l’obiettivo di rimarcare che, grazie alla propria leadership, l’esecutivo di unità nazionale (nato nel marzo scorso, ndr) è capace di guidare la stabilizzazione della Libia e che, di conseguenza, le Nazioni Unite possono fidarsi di lui e togliere le sanzioni che tengono bloccati i 60 miliardi di dollari congelati nel fondo sovrano libico, LIA”, spiega l’analista senior dell’International Crisis Group, Claudia Gazzini. Secondo l’analista, l’altro obiettivo del premier è posticipare, pur affermando il contrario, le elezioni presidenziali e legislative – le prime già slittate da dicembre a gennaio, mentre le legislative dovrebbero tenersi dopo 3 mesi, ma non ci sono ancora date in calendario –, allo scopo di rimanere il più a lungo possibile al potere. Dbeibeh, indicendo questa Conferenza in cui ha voluto dimostrare all’Onu che il Paese è ormai in grado di auto regolarsi e poter agire autonomamente, in realtà si è auto promosso per potersi candidare alle elezioni, ma non prima di aver consolidato il proprio potere. Dbeibeh peraltro non potrebbe perché nell’accettare la nomina di presidente del Consiglio ad interim aveva dovuto escludere la propria candidatura. Ma le cose cambiano in fretta in politica, soprattutto se l’economia migliorerà. Per questo il premier ha bisogno di tempo e le elezioni a gennaio sarebbero per le sue mire troppo premature.
Il tema principale della Conferenza doveva essere ancora una volta, l’implementazione della fuoriuscita dalla Libia dei miliziani e mercenari, circa 20mila, inviati in questi ultimi anni soprattutto dalla Turchia a favore del governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu, e dall’Egitto e Russia (attraverso il gruppo di sicurezza privato vicino al Cremlino, Wagner) alla Cirenaica a sostegno dell’ex generale Haftar, che correrà per le Presidenziali. Sia Ankara sia Mosca hanno inviato a Tripoli non gli alti rappresentanti attesi, ma i vicedirettori dei dipartimenti del ministero degli Esteri per segnalare una distanza rispetto alla richiesta della comunità internazionale.
La dichiarazione finale della Conferenza afferma “La necessità di compiere i passi necessari per tenere le elezioni del 24 dicembre”. Lo scrive in un tweet l’emittente Lpc premettendo che il testo afferma anche “il rispetto per l’unità e la sovranità della Libia e il totale rifiuto dell’ingerenza straniera”. Si tratta di fatto di un atto dovuto, di facciata mentre dietro le quinte le cose stanno, per l’appunto, diversamente. Nella Capitale libica era presente anche il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian, che dovrebbe aprire la conferenza di Parigi fissata per il 12 novembre, ma nei giorni scorsi molti politici libici si sono detti contrari proprio per l’appoggio del presidente Macron al generale Haftar durante il conflitto. Agenzia Nova ha appreso da fonti diplomatiche europee che la Francia avrebbe offerto la co-presidenza dell’evento di Parigi anche a Italia e Germania, che però avrebbero declinato. Probabilmente, dunque, non si terrà.
Odio, minacce, ricatti: così i “maschi Alfa” terrorizzano la Russia
Fitness, steroidi, nazismo e “patriarcato nazionale”. La gang digitale dei misogini russi di Muzhskoe gosudarstvo, “Lo Stato virile”, che ha minacciato e ricattato in questi anni donne, femministe, minoranze e perfino catene di sushi, è stata finalmente dichiarata “organizzazione estremista” dal tribunale di Nizny Novgorod il 18 ottobre scorso. “L’organizzazione ha l’obiettivo di cambiare l’ordine costituzionale e pensa che le autorità russe stiano organizzando un genocidio contro la popolazione maschile” ha scritto nella sua sentenza la giudice Anna Belova, dichiarando fuorilegge il movimento nato sul web.
A guidare questa legione di xenofobi che vogliono istituire “il patriarcato di Stato” c’è Vladislav Pozdnyakov, 30 anni, che ha fondato il movimento su Vk, il facebook russo, nel 2016. Muscoli sempre pompati e luccicanti, con il sorriso in ogni selfie, il bodybuilder che ha abbandonato gli studi di medicina – ma molte volte si è presentato come dottore –, ha cominciato sette anni fa a ingrossare le vene del web russo di odio contro donne, gay, caucasici, definendoli “spazzatura biologica” e malati mentali. L’obiettivo delle centinaia di migliaia di ragazzi che lo hanno eletto loro leader era quello di ripulire la Russia e “tornare al patriarcato delle famiglie bianche, per non far infettare le menti dei bambini dai liberali”. Assetato di soldi e celebrità, riferisce ora il suo ex braccio destro Dmitry Popov, Pozdnyakov cominciò a farsi seguire sui social condividendo foto di ragazze senza il loro consenso. In seguito ha capito che il traffico e i suoi introiti aumentavano se minacciava femministe, blogger e attiviste che sono state poi aggredite non solo nel mondo virtuale, ma anche per le strade della Federazione dai suoi seguaci. “Le donne usano il potere accumulato dagli uomini da secoli”. Tra le citazioni preferite dell’allenatore di fitness c’è quella dell’attentatore del massacro del Politecnico di Montréal, che nel 1989 uccise 14 studentesse che “avrebbero rubato lavoro agli uomini”. Quando Vk ha chiuso la sua pagina nel 2020, Pozdnyakov e i suoi 160mila membri si sono trasferiti su Telegram. Già nel 2017 a Khabarovsk, grazie a un infiltrato dell’Fsb, servizi di sicurezza russi, furono arrestati quattro membri del gruppo. Ma perché finora “Stato Virile” abbia operato con impunità lo ha chiesto anche Oksana Pushkina, vicina alla causa Lgbt nonostante sia un volto noto di Russia Unita, il partito del presidente. L’accusa che parte del Mvd, ministero dell’Interno russo, collaborasse con loro è partita da alcuni attivisti che hanno cominciato a chiedersi come facesse un gruppo di radicali ad avere accesso ai dati personali dei cittadini che diventavano loro bersagli. I loro indirizzi venivano diffusi online insieme a incitamenti alla violenza.
In questi anni “Stato Virile” è sceso in strada chiedendo di eliminare le leggi contro la violenza domestica e ha minacciato di morte una cittadina russa che aveva sposato un uomo di colore: il nigeriano Eluemunor Richard Okasia, deceduto per salvare una ragazza che stava affogando a Kaliningrad. Nel 2018, mentre la Russia dava l’immagine migliore di sé agli stranieri in arrivo per tifare ai Mondiali, Pozdnyakov cominciò a postare foto di donne che facevano amicizia con fan di altre nazioni chiedendo ai seguaci di attaccarle. Le autorità decisero di muovergli un’accusa di incitamento all’odio “con azioni che hanno lo scopo di umiliare la dignità umana delle donne”, una condanna ben presto depenalizzata e dimenticata. Dopo i campi da calcio, a finire nel mirino dello “Stato Virile” sono stati i supermercati Vkusvill, colpevoli di aver fatto pubblicità evidentemente favorevoli ai diritti Lgbt usando, per reclamizzare i prodotti, una famiglia di sole donne. Qualche settimana dopo, sommerse da minacce di morte, la madre Yuma, le figlie Mila e Alina e la sua fidanzata Ksysha sono scappate a Barcellona e l’azienda ha fatto retromarcia scusandosi “per l’errore”. Non hanno seguito lo stesso percorso due catene di sushi che hanno acceso la miccia di una protesta poi finita sotto il martello della giudice nel tribunale di Novgorod. Il primo ristorante di cucina giapponese a essere attaccato è stato “Yobidoyobi”, dopo aver usato modelli di colore sui suoi social, seguiti da migliaia di persone che mangiano nelle sue filiali sparse nella Federazione. Ha fatto lo stesso la catena siberiana Tanuki, che ha usato ragazzi neri per le sue promozioni. Pozdnyakov ha minacciato le aziende di “paralizzare” i ristoranti se non si fossero “scusate con la nazione russa, a cui hanno tentato di imporre valori alieni”: i fan del bodybuilder ordinavano in massa cibo a ogni latitudine, rifiutandosi di pagare quando veniva consegnato il sushi. Le sedi di Tanuki sono state minacciate di esplosioni imminenti. È stato allora che, pubblicamente, le società hanno chiesto al Cremlino di vietare “l’organizzazione medioevale” e chiudere i suoi canali social. Pozdnyakov, re delle messinscena che nel 2020 è riuscito a far credere a tutti di essere morto e solo qualche mese fa ha millantato di essere stato arrestato al confine azero, nessuno sa dove sia. Il personaggio ha riferito recentemente di trovarsi prima in Germania, poi in Polonia, poi a Cipro. Il suo gruppo, che ha gemelli digitali quasi identici in Serbia e nei Paesi della ex Jugoslavia, risulta adesso in Russia ufficialmente fuorilegge. Le idee che ha propagato fino a ieri, purtroppo, ancora no.
Dopo l’assist delle norme Ue Unicredit vuole il “regalo” Mps
Nell’anno della pandemia, il rafforzamento patrimoniale di UniCredit è stato il maggiore realizzato tra gli istituti di credito europei. Buona parte dell’irrobustimento dell’istituto milanese è arrivato proprio dai sostegni al settore decisi nel 2020 dalle istituzioni comunitarie per contrastare i rischi della pandemia. Questa solidità è una delle premesse sulle quali ora l’amministratore delegato Andrea Orcel costruisce il braccio di ferro con il ministero delle Finanze per prendersi ciò che di buono resta del Monte dei Paschi di Siena.
Il dato emerge da uno studio sulla risposta di 27 grandi gruppi bancari europei al regolamento Ue 873 del 2020 (il cosiddetto “Quick Fix”) e alle altre misure per contrastare l’impatto del Covid sul credito, realizzato per il Parlamento Europeo da Brunella Bruno e Filippo De Marco dell’Università Bocconi. Nel bilancio di UniCredit l’indice Cet1 del patrimonio (la somma di capitale, riserve, utili non distribuiti e altri fondi), usato come parametro dalla vigilanza Bce e dall’Autorità bancaria europea (Eba), dal 2019 al 2020 è migliorato del 2,7% a fronte dello 0,53% medio. Secondo la banca, un +0,4% è stato dovuto alla mancata distribuzione di dividendi per 1,4 miliardi richiesta dalla Bce (una misura oggi in parte superata) e per un altro +0,8% allo slittamento delle regole contabili internazionali sugli accantonamenti per i rischi di credito. Tra le misure del “Quick Fix” c’erano anche interventi per non ridurre l’erogazione di fondi a categorie bisognose di tutela come le piccole e medie imprese, gli investimenti in infrastrutture o i clienti più deboli. Ovviamente il futuro trend patrimoniale dipenderà dall’evoluzione delle misure di supporto introdotte a marzo 2020, come le moratorie sui debiti e le garanzie di Stato sui crediti, e da come le banche useranno il capitale accantonato in questo periodo. Dopo una lunga fase di calo, la pandemia infatti farà tornare a crescere i crediti a rischio. Ma è chiaro che poter contare oggi su un patrimonio più solido dà agli istituti maggiori margini di manovra nelle scelte strategiche, come quelle sulle acquisizioni.
Intanto è certo che nel testo della prossima legge di bilancio c’è la proroga di sei mesi per gli incentivi alle fusioni bancarie, che per Mps, o meglio per il suo “acquirente” significa ottenere una dote di 2,5 miliardi. Ma a Orcel non bastano, così come non basta l’aumento di capitale da 3 miliardi per Mps previsto inizialmente dal Tesoro: ora lo vuole addirittura da 7 miliardi per garantirsi la “neutralità” in termini di impatti patrimoniali. Secondo alcune voci, il Governo potrebbe poi inserire nella legge di bilancio anche la possibilità, per i settori colpiti dalla trasformazione digitale, di varare scivoli sino a 7 anni per i prepensionamenti, a spese delle aziende e senza oneri per la fiscalità generale. Per le banche, che già usano il Fondo di solidarietà con prepensionamenti sino a 5 anni, questo potrebbe significare nuove uscite di personale, ma vanno verificati i costi. L’anno scorso UniCredit aveva già spesato 1,3 miliardi di costi straordinari per 5.500 prepensionamenti in Italia con una assunzione ogni due uscite.
Ma il precedente fondamentale per impostare la trattativa con il Tesoro su Mps è stato fornito a Orcel proprio dalla concorrenza: è l’acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo delle parti “sane” di Popolare di Vicenza e Veneto Banca al prezzo di 1 euro ciascuna, realizzata il 26 giugno 2017 dopo la liquidazione coatta degli istituti veneti in crac decisa dal Tesoro. Con quella mossa il gruppo acquisì crediti in bonis per 26,1 miliardi, attività finanziarie per 8,9 e una raccolta indiretta di 23, di cui 10,4 nel risparmio gestito. Il tutto senza dover fare accantonamenti, grazie alla possibilità (sfruttata per 1,13 miliardi sino al 2020) di retrocedere allo Stato i crediti più rischiosi. L’operazione costò allo Stato aiuti per 4,785 miliardi e 400 milioni di garanzie a copertura di impegni sino a 12 miliardi.
Nonostante il rafforzamento già ottenuto anche grazie alle misure Ue, ora UniCredit reclama su Mps le stesse opportunità che furono date a Intesa e sfrutta a proprio favore le difficoltà di Franco a trovare il modo per uscire dalla banca di Siena nei tempi pattuiti con la Commissione Ue. D’altronde i segreti di quella trattativa Orcel li può apprendere da una fonte diretta e privilegiata: il presidente di UniCredit è lo stesso Pier Carlo Padoan che nel 2017, da ministro del Tesoro, si sobbarcò gli oneri delle banche venete.
Pensioni, pressing sindacale. E Salvini chiede un incontro
Sulle pensioni e quota 102 ieri il leader della Lega ha annunciato che chiederà un confronto con i segretari confederali dei principali sindacati “per avere una proposta unitaria che tenga insieme le proposte di tutti”. La sollecitazione arriva dopo la bocciatura sulle proposte del governo da parte di Cgil, Cisl e Uil, già mobilitati contro Quota 102 e Quota 104 e la soppressione di Opzione Donna. La Cgil pretende un confronto con il governo. “Sulle pensioni noi abbiamo proposto una riforma vera del sistema e questa non lo è” ha detto il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini che ha anche sottolineato come sulla legge di Bilancio “ad oggi non abbiamo ricevuto nessuna convocazione dal Governo. Prima dell’approvazione è necessario invece instaurare un confronto serio e non intermittente con le parti sociali”. Intanto si tratta per allungare la fase transitoria che il governo ha proposto come di 2 anni con Quota 102 nel 2022 e quota 104 nel 2023. La mediazione deve tenere conto però delle risorse che ammontano a circa 1,5 miliardi in tre anni.
MailBox
Covid, neanche 40 morti al giorno fanno notizia
In questo Paese accadono cose strane. Ci si indigna, e giustamente, per le morti sul lavoro che hanno raggiunto livelli inaccettabili in un Paese civile (Bonomi non ha nulla da dire in merito?), ma si trascurano i 40 e più decessi quotidiani per Covid-19! Fosse stato ancora in carica il governo presieduto da Conte, i giornaloni lo avrebbero linciato. Nel resoconto quotidiano il numero di morti, quasi fosse un normale tributo, vengono elencati unitamente alle altre voci (numero di tamponi, ricoveri e guarigioni). Si inneggia, con toni trionfalistici, alla campagna vaccinale, gravata pur sempre da quel tragico numero che non scende, nell’indifferenza generale.
Mario A. Querques
Nonostante l’astensione al 56%, Letta gongola
Non so come faccia un politico di sinistra a cantare vittoria dopo che una larga maggioranza, il 56% degli aventi diritto a votare, ha disertato le urne. L’indifferenza politica è fascismo. Con l’astensionismo ha vinto l’autoritarismo fascista. Nella mia vita ho incontrato maestri, professori e presidi fascisti che predicavano: “Qui a scuola non si fa politica”. Costoro erano fascisti. Letta ha straparlato di una “vittoria trionfale”. Gualtieri di una vittoria straordinaria da festeggiare. Quello che ha vinto a Trieste ha detto che Berlusconi e Salvini lo hanno proclamato eroe del centrodestra. Concludo con grande amarezza: oggi ha vinto l’antipolitica, ossia la facoltà di continuare a spadroneggiare attribuita a chi lo sta facendo. Le persone che non hanno votato sono disgustate o annoiate dalla politica, o anestetizzate e del tutto indifferenti alla vita della polis. Questo per me, uomo di sinistra che ha dedicato la vita all’educazione dell’estetica e pure etica, quindi anche politica, dei suoi allievi, è un male grande.
Giovanni Ghiselli
Fra Pd, Lega e renziani, Draghi è una badante
Letta dichiara: “Questo voto rafforza il governo Draghi”. Interpretazione autentica: Lega e Forza Italia fanno parte del governo Draghi, dunque il voto rinforza anche questi partiti. È la logica, bellezza! Ma l’arcano pensiero della Volpe che viene da Parigi ci vuole trasmettere anche il seguente messaggio subliminale: il Pd non ha una linea politica, è in balia delle correnti che fanno il bello e il cattivo tempo, in particolare è sotto perenne ricatto dei renziani di Base Riformista. Ecco perché il partito ha bisogno della badante: Draghi è un’ottima badante, alla quale vanno riconosciuti i suoi diritti inalienabili: giornata lavorativa di otto ore, ferie, giorno libero, tredicesima mensilità, trattamento di fine rapporto.
Maurizio Burattini
A crescere sono soltanto gli stipendi dei politici
Posso suggerire una campagna giornalistica atta al ridimensionamento degli stipendi dei nostri parlamentari, che ogni mese prendono quanto un comune mortale in un anno? Nel 2002 eravamo partiti proporzionalmente alla pari, ma adesso è uno sconcio. Hanno da triplicato a quintuplicato mentre noi a mille euro eravamo, e a mille euro (o anche meno) siamo ancora. Oltre al fatto che, in politica, stipendi così alti temo che finiscano per attirare molti ciarlatani.
Paolo Marcotulli
La nostra crisi letta con le parole di Bacone
Come rilevava Ruggero Bacone in un periodo di profonda crisi per l’Europa cristiana, “una società è in crisi quando è in crisi la sua cultura”. L’attuale governo è dunque pericoloso per due aspetti: 1) un aspetto è culturale, cioè ci sta vendendo vecchie idee scientifiche ed economiche di fine Ottocento e inizio Novecento che hanno fatto già fallimento in più di un’occasione; 2) l’altro è pratico, cioè non disponendo di una visione moderna dei problemi, si fa ricorso a mezze riforme (vedi la riforma della Giustizia) che spesso sono più nocive di nessuna riforma.
Andrea D’Andrea
Vaccini. “Il mio trauma post-Pfizer” “L’Aifa rileva pochi effetti collaterali”
Gentile Prof.ssa Gismondo, non sono mai stato contrario a vaccinarmi, ma dopo l’esperienza vissuta, sarà impossibile che io possa sottopormi in futuro a vaccinazione mRna. Ho 68 anni, ma godo di ottima salute e il mio fisico ancora mi permette una vita normale, senza l’ausilio di alcuna medicina. Il 7 maggio ho assunto la mia prima dose di vaccino Pfizer: la sera accuso una strana compressione endocranica, rilevante ma senza dolore. Non ho dato peso alla cosa, tantomeno a ricondurre il fenomeno alla vaccinazione. Il 10 maggio, durante una partita a tennis, subisco un affanno che non avevo mai provato, talmente inquietante da chiedere al mio avversario di smettere immediatamente di giocare. Da quel giorno non sono riuscito più ad avere l’energia dei giorni prima: la stanchezza era sempre presente, almeno fino al mese successivo. Poi, in estate, in Sardegna, ho iniziato a immergermi. Al termine di ognuna delle tre immersioni, appena fuori dall’acqua, ho risentito quell’affanno, in forma seppur attenuata. Sono andato in ospedale dove la diagnosi parlava di insufficienza mitralica moderata-severa. Ripercorrendo nei particolari e nelle date gli eventi, sono sicuro che il trauma sia avvenuto durante la partita a tennis, entro le 72 ore intercorse dalla vaccinazione. Mentre sto scrivendo, un mio amico, medico ospedaliero e cardiologo, anch’egli portatore di prolasso mitralico, si trova in terapia sub-intensiva: si era vaccinato a febbraio accusando più o meno gli stessi miei sintomi. Quest’estate, un mio ex collega, sempre portatore di prolasso mitralico, si sente affannato mentre guarda il televisore e muore. Aveva ricevuto la prima dose di Pfizer due giorni prima… Non mi sento di affermare da quale parte penda la bilancia dei costi-benefici, ma le evidenze, compresa l’esperienza personale, mi inducono a ritenere che nelle guerre, le morti collaterali ci possono stare, ma oggi i bombardamenti a tappeto sono stati sostituiti da quelli chirurgici.
Maurizio Contigiani
Gentile Maurizio, la ringrazio per la fiducia accordatami. Credo sia doveroso ammettere che, purtroppo, la valenza degli effetti collaterali di un vaccino si valutino sui numeri, malgrado per il singolo eventualmente colpito possa trattarsi di un grave episodio. Aggiungiamo che non esiste farmaco o vaccino che non abbia la possibilità di effetti collaterali. Peraltro, non possiamo nascondere che i “nuovi” vaccini, durante la somministrazione di massa, abbiano potuto riservare effetti prima non conosciuti. Ciò è possibile verificarlo solo “a spese” del paziente. È stato così per AstraZeneca, che oggi è praticamente abbandonato. È stato così persino per l’aspirina che, invece, è sopravvissuta. Il numero di effetti collaterali dei vaccini anti-Covid, a oggi accertati, è davvero modesto, come si evince dal rapporto recentemente pubblicato dall’Aifa. Il declino drastico del numero dei morti per Covid e delle forme gravi è incoraggiante. Al momento, mentre ovviamente non possiamo escludere qualche effetto collaterale a lungo termine, non possiamo che constatare che il rapporto rischio-beneficio si attesti a favore del beneficio. Andando al suo caso e a quello dei suoi conoscenti, per ipotizzare un rapporto causa-effetto con il vaccino, non basta la cronologia degli eventi. Bisogna accertare quali fossero le condizioni dei soggetti, a prescindere dalla vaccinazione. Per il bene suo e per la comunità, la invito a rivolgersi al suo medico curante per segnalare e approfondire il caso. Le auguro buona salute.
Prof. Maria Rita Gismondo
I drammi ridicoli del gossip
“In un paeseirrigidito nella serietà come l’Italia, il dubbio non mi abbandona mai che le mie parole serie possano essere scambiate per scherzi, i miei scherzi per parole serie.” La prosa inarrivabile di Alberto Savinio (Maupassant e “l’Altro”) può ben servire da premessa al parapiglia gossipparo seguito alla rottura tra Massimiliano Allegri e Ambra Angiolini. Sembrava l’evoluzione della specie – dalla velina col calciatore alla showgirl con l’allenatore – e invece Ambra s’è vista perfino consegnare un Tapiro d’oro.
Tutti i buonisti, i veltronisti, i garroni d’Italia hanno tuonato contro Antonio Ricci-Franti per avere infierito sulla vittima (“E quell’infame sorrise”). Qualche logica c’è: in un Paese irrigidito dalla serietà, e inamidato dal politicamente corretto, “il colpevole” di una rottura non può che essere il traditore, non la tradita. Ma che cos’è il Tapiro d’oro di Striscia la notizia? È un’antifrasi dichiarata, un uccellaccio padulo, un invito a ridere degli altri, e insieme di sé. Unica superstite della stagione della satira tv, Striscia è una vecchia volpe situazionista; a volte esagera con il reagente, ma il punto è sempre quello: oramai ogni scherzo, non importa di quale gusto, viene preso automaticamente sul serio, non c’è battuta che non sia letta al rovescio, con incorporato predicozzo.
Ambra invece è apparsa più matura dei suoi difensori d’ufficio, consapevole che l’immagine è solo metà di un Personaggio Televisivo, e Ricci-Franti mostra da sempre di che lacrime (di coccodrillo) e di che sangue (finto) grondino le narrazioni mediatiche. Sex symbol da trent’anni – ossia, da quando esiste Striscia –, è stata al gioco interpretando il redditizio ruolo della vittima senza fare una piega. Il video è vuoto, mai come in questo caso la vita vera è altrove: la lezione di Boncompagni non è passata invano. Tutto ciò mentre suor Wanda Nara ha accusato Mauro Icardi “di avere rovinato una famiglia per una troia”. Detto da lei, fa un certo effetto.
Gualtieri fuori programma: già nuovi balzelli
Conosco un elettore di Roberto Gualtieri (non convintissimo, ma sempre meglio lui del Chi?) che ieri mattina ha letto quanto segue: “La rivoluzione delle strisce blu. Più care e stop abbonamenti” (Repubblica). Ma anche: “Ecco la prima ‘botta’ di Gualtieri: massacra chi ha l’auto” (Il Giornale). Un pizzico disorientato questo elettore ingenuotto è andato subito a scartabellare il programma da candidato sindaco di Roma del sindaco eletto di Roma pensando: Gualtieri è persona seria, ’sta cosa l’avrà certamente annunciata ma io devo essermi un momentino distratto. Vediamo, sarà sicuramente nel capitolo “La città dei quindici minuti”. Niente. “Per le donne”. Neppure. “Per i giovani”. Nisba. Ecco, fuoco fuocherello forse ci siamo: “Mobilità: la città dove è facile muoversi”. Accidentaccio, purtroppo dell’eliminazione dei 16.816 parcheggi gratuiti e del sostanzioso incremento delle tariffe dei parcometri non v’è traccia. Avrete capito che l’elettore di cui sopra, brava persona per carità, vive in un mondo tutto suo nel quale le promesse elettorali vengono in linea di massima mantenute. E dove le cose non promesse, soprattutto quando si tratta di nuovi balzelli, non escono fuori dal cilindro un minuto dopo l’ingresso dell’eletto in Campidoglio. Duole dirlo, ma nella testa confusa del poveretto si agitano considerazioni piuttosto stravaganti. Per esempio, avendo letto che, secondo i collaboratori di Gualtieri, “lo scopo non è fare cassa, ma disincentivare l’utilizzo dell’auto legando la riforma al potenziamento del trasporto pubblico”, costui, oramai in pieno delirio, si domanda se non sarebbe stato più logico e corretto prima “potenziare” e poi “disincentivare”? Senza contare (sentite questa) che in pandemia, con i mezzi pubblici stipati e che non prevedono obbligo di Green pass l’uso dell’auto rimane una scelta quasi obbligata per tenersi alla larga dal contagio. Sì, un mezzo svitato il nostro, tanto è vero che ha chiesto a congiunti e amici se il giorno delle prossime elezioni possono, per cortesia, rinchiuderlo a doppia mandata in una stanza e con le mani legate.