Ma quando il re Sala dirà sì a San Siro-bis, cosa faranno i Verdi?

La prima mossa di rilievo del regno di Beppe II, sindaco con pieni poteri del 25 per cento dei milanesi, sarà dire sì all’operazione San Siro: con l’abbattimento del Meazza (tranne un triste moncherino superstite) e l’edificazione attorno dei grattacieli che porteranno nuovo cemento a Milano, per la maggior gloria di Milan e Inter. Squadre con proprietario incerto e finanze a rischio (nel settore calcio), ma che diventeranno di colpo – grazie all’intervento di Giuseppe Sala, simile ai re taumaturghi che guarivano gli scrofolosi con la sola imposizione delle mani – società finanziariamente ricche (nel settore immobiliare). Un affare da 1,2 miliardi di euro che cementificherà l’area con 153 mila metri quadrati di costruito: 77 mila mq di spazi commerciali, 47 mila di uffici, 12 mila di alberghi, 9 mila di intrattenimento, 4 mila di centro congressi, oltre a 2,7 mila di museo dello sport e 1,3 mila di attività sportive. Indice d’edificabilità 0,51, mentre il Piano di governo del territorio (Pgt) di Milano impone ai comuni mortali di non superare lo 0,35. Ma non a Paolo Scaroni, presidente del Milan, che è speciale e lo è sempre stato in tutte le sue metamorfosi. Così nascerà, con la scusa dello stadio, Milano 4, o Milano 5 – abbiamo perso il conto. E solo i malpensanti ipotizzano una continuità con Milano 2 e Milano 3, vista la presenza di Scaroni, il più berlusconiano dei manager italiani, e vista la esilarante manovra con cui il Milan è passato da Berlusconi a un cinese strano strano per poi finire al fondo Elliott (veicolo di soldi senza volto).

L’unica cosa certa in questa storia è il cemento che arriverà. Sala, sindaco bonapartista, dirà sì: per il bene di Milano – di cui è l’interprete plenipotenziario unico e benemerito. E lo dirà presto, prima che scemi l’effetto “trionfo” che hanno appiccicato al suo risultato elettorale di sindaco eletto dal 25 per cento dei milanesi (il 75 è altrove). E dopo questo sì, arriveranno tanti altri sì – sempre per il bene di Milano – a grandi affari, villaggi olimpici, Pirellini, Ponti-serra, Boschi orizzontali, Piazze d’armi, Scali ferroviari trasformati in nuovi quartieri per super-ricchi, aree del trotto (a proposito di quel che resterà di San Siro) cementificate con soldi americani e conseguente auto-elogio: “Come siamo bravi ad attirare investimenti stranieri!”. Continuerà a Milano il più grande festival europeo del consumo di suolo. La città che potrebbe diventare la più verde d’Europa grazie ai milioni di metri quadrati liberi o che si potrebbero liberare, continuerà a edificare per i ricchi (fino allo scoppio della prossima bolla immobiliare). Le case popolari no, non rendono, non attirano investimenti esteri. Al massimo un pizzico di “social housing” per far contento qualche “riformista” alle vongole di quelli che siedono in Consiglio comunale.

Nessuna opposizione prevista. Media tutti allineati a incensare. Milano è il migliore dei mondi possibili, le disuguaglianze che crescono non si vedono, la povertà e la rabbia restano chiuse in casa, in periferia, o traslocano lontano, fuori città. Beppe Bonaparte non dovrà neppure discutere con i suoi. Sono scomparse le opposizioni (di sinistra e 5stelle), in giunta ha messo i suoi amici, ragazze e ragazzi giovani, socialisti, renziani, realisti, ex sottoposti, miracolati. Sala ha le mani completamente libere: non più Pd (a cui non è mai stato iscritto) e non ancora Verde (non si è mai iscritto ai Verdi europei): è la sua transizione ecologica. A proposito: che cosa diranno i Verdi che stanno nella sua giunta e nella sua maggioranza? Muoveranno qualche sopracciglio quando dirà sì all’operazione San Siro e a tutte le altre? Come reagirà Elena Grandi, cooptata in giunta e ancora portavoce nazionale dei Verdi? Che cosa dirà uno come Carlo Monguzzi, che di solito non sta zitto?

 

Lavoro, è un decreto sicurezza da nausea: niente prevenzione

La lettura del recente decreto sulla sicurezza negli ambienti di lavoro, mi ha provocato la nausea. Si parla solo di repressione becera. Più ispettori (utili, ma in numero insufficiente); l’auspicio fuffoloso di più “coordinamento” tra le troppe istanze (ASL, Ispettorato del lavoro, Inail, Carabinieri, vigili del fuoco e altre) che di occupano di sicurezza sul lavoro con ottiche diverse; inasprimento farraginoso delle pene (la chiusura della attività ecc.). La classica “Grida manzoniana”. Tutto tranne che agevolare la prevenzione primaria. La sicurezza continua a essere percepita come un costo. Burocrazia. Vista come il fumo negli occhi dalle aziende. Da sapere che, in Italia, quando si parla di aziende si parla di nanoparticelle: una percentuale elevatissima di queste aziende (ben oltre il 95%), sono piccolissime, talora microscopiche (meno di 10-15 addetti). Gli organi di vigilanza, per quanto si tenti di potenziarli, inutilmente, sono fuori tempo massimo, strutturati per una società industriale fordista, ormai in fase di smantellamento a colpi di automazione e innovazione tecnologica. Certo esistono ancora le fabbriche. Luoghi fisici dove si concentrano operai. Ma pesano sempre meno. Prevalgono altre modalità lavorative. Spesso non esiste più il luogo di lavoro. Fisico. Controllabile. Guarda caso, i morti e gli invalidi sul lavoro stanno proprio in quei “non luoghi di lavoro”. Guardiamo le statistiche degli infortuni: muoiono il manutentore che “mette le mani” nell’impianto dell’azoto liquido della Humanitas, il lavoratore, spesso interinale e precario, che lavora in un cantiere edile, il camionista, lavoratore senza luogo per eccellenza, l’operaia inesperta nell’azienda terzista che lavora in sub-sub appalto con contratto a termine, l’agricoltore sul trattore obsoleto, il lavoratore della logistica, dove è ricominciata la lotta di classe. C’è un minimo comune denominatore: 1) la fretta, dettata dal “cottimo prestazionale”. Non conta il lavoro fatto a regola d’arte, conta il numero di prestazioni. Trionfa il modello algoritmico dei rider, per intenderci. 2) La mancanza di una adeguata formazione sulle modalità di lavoro e sulla sicurezza. Sono fondamentali, ma, spesso, non vengono effettuati in ossequio alla fretta. A questo si aggiunga che il “capitale umano”, di bonomiana memoria, ha “sgamato” ormai da tempo e si è stufato di essere spremuto come un limone, di essere mal pagato e precario. Sociologicamente “poor workers”. Nella realtà persone che lavorano e non riescono a sbarcare il lunario. Ma torniamo alle morti sul lavoro: non è possibile separare la sicurezza dalla salute. Come già ricordato su queste colonne (FQ, 25 settembre 2019) per ogni morto di infortunio, se ne contano dieci di tumore causato da esposizioni occupazionali. Avvenute trent’anni fa. Provocate da mancata sicurezza e prevenzione negli ambienti di lavoro. Le risorse da dedicare alla prevenzione sarebbero il cinque per cento del totale (circa sei miliardi di euro) del Fondo Sanitario Nazionale. Ne arrivano a destinazione meno della metà. Conclusioni: la prevenzione primaria non si ottiene con la repressione. Soprattutto vista la dimensione microscopica delle aziende italiane, che non reggono, da sole, i costi della sicurezza. Si ottiene con la fornitura di consulenze sulla sicurezza fatte da strutture di professionisti del settore (medici del lavoro, psicologi, infermieri, ergonomi, ingegneri, chimici, fisici, biologi) accreditate e finanziate con soldi previsti nei contratti nazionali di lavoro a carico di aziende e di lavoratori. Controllate da organismi paritetici con la presenza di lavoratori e aziende. Garantendone, in questo modo, il massimo dell’autonomia professionale. In pratica: più prevenzione di qualità, meno repressione becera uguale più salute e più sicurezza sul lavoro.

 

 

Barbero, le differenze e la lotta per il potere

La Stampa, quotidiano dell’Italia operosa, industriale e insufflata dello Zeitgeist governista, interpella Alessandro Barbero (suo occasionale collaboratore) partendo dalle lezioni che lo storico terrà a Torino sul tema delle donne nella Storia, e titola così l’intervista: “Le donne secondo Barbero: ‘Insicure e poco spavalde, così hanno meno successo’”.

Il lettore curioso, che conosce Barbero quale studioso rigoroso e intellettuale diretto e mai conformista, capisce in un millisecondo che il titolo può essere: a) falso: non si contano sui giornali i virgolettati inventati; b) una riduzione giornalistica di un discorso più ampio; c) un errore del titolista, che con quel “così” allude a un rapporto di causa-effetto tra insicurezza femminile e mancata realizzazione professionale, rapporto che una risposta nell’articolo chiarirà in un battibaleno. In nessun caso, nemmeno per un secondo, penserà che per Barbero lo scarso successo delle donne dipenda da un difetto di natura che le rende inferiori agli uomini.

E infatti alla domanda sul perché le donne fatichino ad arrivare al potere e a fare carriera Barbero risponde: “Ci sono donne chirurgo, altre ingegnere e via citando, ma a livello generale, siamo lontani da un’effettiva parità in campo professionale. Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi”. E si domanda: “È possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi?”. La frase è cristallina. E infatti, puntualmente, sui social (e dove sennò? Nei consessi dove è più alta la percentuale di individui pensanti?), il nome di Barbero è investito da una marea di rabbiosa, censoria indignazione, e la parola “strutturali”, quali sono le differenze tra uomo e donna nella nostra società, viene intesa senza il minimo tentennamento come un irricevibile sinonimo di “biologiche” (parola che evidentemente secondo gli arrabbiati Barbero ignora).

Lasciando per un attimo sullo sfondo la possibilità di affermare, sulla scorta di studi noiosissimi e poco alla moda, che esistono eccome differenze biologiche tra uomo e donna, visibili a occhio nudo o invisibili, come quelle ormonali, è evidente che Barbero sta parlando di una differente aggressività sociale, ciò che rende gli individui “competitivi”, “performanti”, adatti ai ruoli di potere così come essi sono stati disegnati dalle élite nelle società occidentali neo-liberali, non solidali, non paritarie e maschiliste. E, sì, ahinoi, le disparità di potere tra uomo e donna sono frutto di condizionamenti culturali. A riprova di ciò, Barbero più avanti afferma: “C’è chi dice: ‘Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore’. Ecco, secondo me, proprio per questa diversità fra i due generi”.

A questo punto anche il meno avvezzo alle sfumature della lingua italiana dovrebbe aver inteso che Barbero parla di differenze antropologiche tra i sessi: dagli albori della società umana, la lotta per il potere è maschile, è il figlio che uccide il padre per usurparne il trono (v. Il ramo d’oro di Frazer), e tuttora quella mancanza di spavalderia predatoria della “figlia femmina” può essere una delle ragioni per cui nel mondo le donne hanno meno potere degli uomini.

Le femministe dovrebbero sottoscrivere all’istante una dichiarazione del genere, e invece spolpano Barbero, sebbene in absentia (giacché lui si tiene igienicamente lontano dai social); il quale Barbero, curiosamente, qualche settimana fa era per i giornali di destra e/o governisti “negazionista delle foibe”, “comunista” e “ubriaco” perché ha problematizzato la cosiddetta Giornata del Ricordo in una intervista rilasciata a chi scrive, e qualche giorno dopo era “no-vax” perché ha criticato il Green pass per accedere all’università. Abbiamo due sospetti: che non si possa dire che ci sono differenze tra i sessi: così pensa chi vuole neutralizzare tutto, pure il linguaggio, pure le desinenze, pure i plurali, in una marmellata di ottusità grazie alla quale siamo tutti uguali nella realtà perché lo siamo sulla carta; che Barbero stia parlando un po’ troppo per i gusti di chi non ama fare distinzioni poetiche e criticare l’epoca dei Migliori al potere (quasi tutti maschi, peraltro). Così accade che il quotidiano di Torino, invece di titolare “Barbero: ‘Se più donne facessero politica, la politica sarebbe migliore’”, che è il vero centro dell’intervista, titola in quel modo a dir poco ambiguo, con l’effetto di darlo in pasto a chi vorrebbe che gli storici, specie se dichiaratamente di sinistra ed ex iscritti al Pci, parlino solo del passato e lascino il presente a chi lo cavalca spavaldamente.

Le donne e il guardaroba, la seconda repubblica e i soldi grazie al web

E ora, per la serie “Dio è un guardone ci ha creato affinché scopiamo siamo il suo YouPorn per cui dateci dentro lo farete felice”, la posta della settimana.

 

Caro Daniele, hai notato che le donne, appena entrano nella tua vita, come prima cosa vogliono cambiarti il guardaroba? “Questa camicia non mi piace. Queste scarpe sono ridicole. Voglio cambiarti un po’ il guardaroba”. (Danilo Repetti, Roma)

Magari hanno ragione, nel tuo caso. Quanto a me, che sono noto per prendere anche un normalissimo giorno di pioggia come un insulto personale, quando una donna appena entrata nella mia vita mi dice che vuole cambiarmi il guardaroba, replico sempre: “Grazie. Poi io cambio il tuo”. Smette subito.

Mi pare che la Seconda Repubblica sia miseramente fallita. (Franca Migliorini, Firenze)

Ho assistito al trapasso dalla Prima alla Seconda Repubblica senza nessuna malinconia, ma non ero neppure lontanamente preparato al fatto mostruoso cui mi trovo di fronte oggi, e cioè che in Italia esistono persone che hanno per la politica ancor meno disposizione di Gasparri. Questo ovviamente non impedisce a Renzi di considerarsi il proprio politico preferito. Ascolto in tv quello che dicono i nuovi politici e all’istante sento ogni virtù abbandonarmi. Sapevi che in certe tribù africane strofinano la foto di Salvini sulla pancia delle donne incinte? Aiuta il travaglio, perché spaventa il bambino.

Qual è il tuo tipo di ragazza? (Livia Andreoli, Modena)

Stravedo per le ragazze snelle e intelligenti che esibiscono mammelle di dimensioni non inferiori a quelle di una mucca. Ma con meno capezzoli. Ovviamente, però, quando una ragazza mi chiede cosa mi piace di lei (te lo chiedono sempre), rispondo: “Il portamento”. È una risposta nobile, che le spiazza. Dai subito l’impressione di avere sensibilità e cultura. Non ci sono abituate. Poveracce.

Perché a volte fai lo stronzo? (Rossana Lepetit, Milano)

Me lo chiede l’Europa.

Come affronti i problemi quotidiani? (Roberto Vassallo, Torino)

Affronto la quasi totalità dei problemi quotidiani in due modi: o con un ben noto senso di scoraggiamento che per esperienza so più o meno come trattare, oppure abbandonandomi al panico assoluto. Funziona.

Qual è la filosofia politica migliore? (Anna Crovetto, Messina)

La socialdemocrazia, che infatti tante cose belle portò all’Europa: welfare, giustizia sociale, mercato temperato. Purtroppo, la socialdemocrazia è stata fatta fallire dalla grande finanza, cui non conveniva. Conveniva a tutti noi, però; e le sinistre europee, compresa quella italiana, hanno la colpa storica gravissima di aver assecondato quella demolizione controllata. Colpa storica loro e di tutti i coglioni che li hanno votati. Coglioni perché senza saperlo hanno votato contro il proprio interesse, a favore della grande finanza. Il risultato è la crisi in cui ci troviamo. Una storia su cui potrai riflettere stando comodamente a mollo nella vasca da bagno.

Ci sono ragazze che fanno soldi a palate sul web infilandosi nella vagina di tutto. (Paolo Surace, Caserta)

Un mio amico ne parlava proprio la settimana scorsa con la sua ragazza. L’ha convinta, e lei il giorno dopo accende lo smartphone e si infila un crocefisso nella vagina. L’hanno buttata fuori dalla cattedrale. Che tempi!

 

“Azione” dà la linea persino a Giorgetti

Con quella di ieri su Repubblica, il perdente di successo Carlo Calenda ha collezionato l’intervista numero 8 sui giornali nazionali nelle ultime due settimane. Per l’ennesima volta, il terzo classificato alle elezioni di Roma, ha pontificato sul presente e sul futuro del centrosinistra, dando la linea a un partito (il Pd) che ha frequentato per pochi mesi e solo per farsi eleggere al Parlamento europeo (a proposito, ieri ha rinunciato al seggio in Assemblea capitolina per tornare a concentrarsi su quello più munifico di Bruxelles: che dire? “Roma, sul serio”). L’ultima visione onirica dell’uomo più amato dai giornali italiani è una grande ammucchiata draghista che tenga dentro proprio tutti (Cinque Stelle esclusi): “Serve un fronte da Bersani a Giorgetti”. Che bella idea, affascinante e concreta: ne saranno sicuramente persuasi tutti i personaggi coinvolti (a cominciare da Bersani e Giorgetti). A Calenda non basta dire cosa debbano fare Enrico Letta (“È più vicino alla Carfagna che alla Raggi”) o Matteo Renzi (non deve mischiare “politica e business”), ma mette il becco pure sul futuro della destra: “Giorgetti lasci la Lega o contenda la leadership a Salvini”. Calenda è l’amministratore di un grande condominio politico: quello della sua fantasia.

“Porto le mozzarelle ai parenti”. Ma in auto aveva 700mila euro

Se avesse evitato manovre spericolate non sarebbe stato scoperto. Ma l’imprudenza ha tradito un uomo di 49 anni, con tutta probabilità un corriere di valuta diretto in Svizzera, che nella sua Volkswagen T-Roc nascondeva 700 mila euro in contanti tra bagagli e mozzarelle. L’uomo ha raccontato di arrivare dalla Calabria e di dover raggiungere parenti nel Comasco, per portare loro generi alimentari del Sud. E in effetti in auto c’erano anche parecchie mozzarelle. Ma a insospettire i poliziotti è stato l’aver provato a consegnare spontaneamente 20 mila euro in contanti.

Lavoro, altra giornata tragica: due morti

Ieri è stata un’altra giornata tragica per le morti sul lavoro: se ne sono registrate altre due in poche ore. È morto durante il turno di notte schiacciato da un camion, Yaya Yafa, 22 anni, facchino con un contratto interinale, da tre giorni. Originario della Guinea Bissau, stava lavorando in un magazzino della Sda all’Interporto, impiegato della ditta di trasporti Metra tramite un contratto con un’agenzia interinale. In serata è poi deceduta Luisa Scapin, 62 anni, l’operaia padovana che lunedì era stata vittima di un grave incidente a San Giorgio in Bosco: era rimasta incastrata con il camice in macchinario avvolgi-cavo, che l’ha soffocata. L’incidente era avvenuto alla ditta Filtessil che produce persiane avvolgibili.

Ex Ilva, il commissario Laghi torna in libertà

Il tribunale del Riesame di Potenza ha disposto la remissione in libertà dell’ex commissario straordinario dell’ex Ilva di Taranto, Enrico Laghi, che era agli arresti domiciliari dallo scorso 27 settembre nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica del capoluogo lucano. Nella stessa inchiesta sono indagati, tra gli altri, l’ex Procuratore della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo, l’ex consulente dell’acciaieria tarantina, Nicola Nicoletti e l’avvocato Piero Amara, al centro di altre vicende giudiziarie. Le indagini avevano convinto il procuratore che Laghi avesse avuto un ruolo attivo nei movimenti attorno al processo “Ambiente svenduto”, ora il Riesame ha revocato l’arresto.

“Dicerie”, “falsità”: Brugnaro e le acrobazie per negare i suoi conflitti d’interessi a Venezia

Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, finisce sotto il tiro incrociato delle minoranze a causa dei suoi conflitti d’interesse, le molte attività di imprenditore (gruppo Humana e squadre di basket della Reyer) che si intreccerebbero in modo opaco con l’amministrazione della città. Il leader di Coraggio Italia si turibola, si autoelogia, si definisce un “ostinato sognatore”, lancia accuse di disfattismo alle opposizioni e annuncia cause per danni al quotidiano Domani. Finisce a torte in faccia tra i consiglieri, anche perché personaggi come il verde Gianfranco Bettin, che fu prosindaco di Venezia, non accettano che si metta in discussione la loro correttezza politica, all’insegna dello slogan “io penso ai problemi della Laguna, voi non proponete nulla e volete solo distruggermi”. Monica Sambo del Pd e Marco Gasparinetti di Terra e Acqua sciorinano un rosario doloroso di sospetti. “È vero che i suoi manager siedono nel consiglio di amministrazione di un blind trust molto poco cieco? È vero che il valore dei terreni ai Pili di sua proprietà è cresciuto da 5 a 70 milioni di euro, da quando si è saputo che dovrebbe diventare la porta di accesso a Venezia? Quali benefici hanno avuto gli sponsor delle squadre del sindaco? È vero che l’ultima campagna elettorale di Brugnaro fu finanziata da due società del suo gruppo? È vero che la Reyer acquistò alcuni terreni agricoli in coincidenza con l’approvazione di una variante da parte del consiglio comunale?”. “Mistificazioni, dicerie, falsità…” è la replica. In una parola: “La macchina del fango mi ha colpito per intimidirmi e per bloccare i miei progetti per la crescita di Venezia e della mia nazione”. Dal nero al bianco: “Sono onesto, credo nella verità e giustizia, amministro come un buon padre di famiglia”. Le risposte nel merito? “Sono l’unico politico italiano che ha attivato un blind trust, chi è nei cda delibera in autonomia, rivendico il diritto che un imprenditore possa fare il sindaco”. I terreni della Reyer? “Non c’è possibilità di speculazioni perché avranno una destinazione sportiva e di spettacolo”. L’area dei Pili? “Fu la sinistra ad approvare i Piani territoriali per farne un punto di interscambio quando ancora non ero sindaco”. I finanziamenti elettorali? “Tutto certificato. Il voto da sindaco su argomenti di interesse privato? “Nulla di illecito”. È finita con un processo senza sentenza, visto che un imputato non può autoassolversi. “Sindaco, non ci ha convinto: a molte delle domande più imbarazzanti non ha risposto”, ha concluso la Sambo.

Bilanci falsati, indagato anche il sindaco Orlando

Il sindaco Leoluca Orlando, i suoi assessori e dirigenti avrebbero falsificato tra il 2016 e il 2019 i bilanci del Comune di Palermo. È l’accusa con cui la Procura palermitana ha chiuso le indagini per falso in bilancio, che oltre al primo cittadino vede coinvolte 23 persone, tra ex assessori, dirigenti, revisori dei conti e dirigenti. In cinque anni, l’amministrazione avrebbe alterato i bilanci di previsione e i rendiconti di gestione, inducendo in errore il consiglio comunale, falsificando le voci di diversi settori: a partire da servizi ambientali, condoni edilizi, passando per gli oneri di urbanizzazione, le sanzioni amministrative, la Tari e gli immobili comunali. Risulterebbero sottostimati i debiti verso l’Amat (trasporto urbano); e i costi sostenuti dalla Rap (rifiuti). Appena un mese fa, il Consiglio comunale ha approvato l’iter per il predissesto economico, per un buco di bilancio di circa 80 milioni di euro. “Ho piena fiducia nella magistratura e sono certo che i magistrati troveranno i responsabili”, ha commentato Orlando.