È da poco passata un’estate che, nonostante il progredire della campagna vaccinale, è stata – a prima vista paradossalmente – più complicata dell’illusoria estate Covid free del 2020. I motivi (assenza del lockdown, variante Delta estremamente più aggressiva e contagiosa, campagna vaccinale in corso dunque incompleta) sono noti e tutt’altro che paradossali, ma a ricordarci che la pandemia non è finita ci ha pensato anche l’Istat, che ha diffuso ieri i dati sulla mortalità in Italia aggiornati ad agosto 2021: l’eccesso di mortalità tra gennaio e agosto 2021 rispetto alla media 2015-2019 è stata di 33.856 decessi, pari al 7,7% in più. Un dato inferiore a quello del 2020, quando l’eccesso toccò quota 45.708 morti e un +10,4% rispetto alla media, ancora drammaticamente alto ma purtroppo non sorprendente. E anche per il mese di settembre, concluso da poco, la stima dovrebbe vedere, rispetto a settembre di un anno fa, 2.961 decessi in più.
“Va detto – commenta il professor Paolo Spada dell’Irccs Humanitas di Milano – che negli ultimi mesi l’eccesso di mortalità sembra azzerato. Dopodiché il dato non sorprende, veniamo da una primavera assai infausta. Il nostro obiettivo deve essere l’azzeramento di questo eccesso, soprattutto nelle fasce di età più anziane, dove si misura veramente l’impatto della pandemia. Ma non illudiamoci – prosegue – di azzerare la circolazione del virus. Almeno non a breve”.
Parole che ci proiettano in un’ottica autunno-inverno che l’anno scorso si rivelò da incubo. Le curve epidemiologiche (dopo una prevalenza estiva del 2021 sul 2020) si sono invertite: il 9 ottobre i contagi 2020 (2.999) sono tornati a superare quelli 2021 (2.793); l’11 è stata la volta dei ricoveri in terapia intensiva, il 17 quella dei decessi (45 contro 35). Il confronto poi tra il 21 ottobre 2020 e 21 ottobre 2021, per quanto i dati giornalieri siano troppo soggetti a fluttuazioni per essere il miglior metro, danno comunque l’idea: dodici mesi fa contavamo 15.999 nuovi casi con un tasso di positività del 9% e 127 morti; ieri 3.794 contagi, 0,8% di tasso di positività e ancora, purtroppo, 36 morti.
“Il confronto in tempo reale – prosegue Spada – è eloquente, sia per quanto riguarda il confronto diretto, che è meno attendibile, sia sulle curve ‘morbide’, che calcolano l’incidenza e non confrontano semplicemente i numeri. E i numeri non sono comparabili, anche se negli ultimi giorni c’è stato un aumento dei casi, probabilmente dovuto all’impennata dei test. In ogni caso – puntualizza – ci aspettiamo un rialzo, la stagionalità incide nonostante il fenomeno opposto dell’immunizzazione di massa che ha cominciato a farsi sentire in maniera decisiva a partire da una certa percentuale. Scordiamoci però l’immunità di gregge nel senso di azzeramento della trasmissione, la copertura vaccinale è lontana dal 100% e il virus ha molti serbatoi naturali per cui non sparisce”.
La pandemia non è finita e il virus, se anche dovesse fare meno danni, non ci abbandonerà tanto facilmente. Tutto sta a non ripetere gli errori fatti in passato, perché i vaccini proteggono, ma serve anche altro: “È interessante – commenta il fisico Giorgio Sestili a proposito dei dati Istat sull’eccesso di mortalità nel 2021 – osservare i dati disaggregati per fasce di età e per regione. Per quanto riguarda l’età, sia nel 2020 che nel 2021 l’eccesso di mortalità comincia a vedersi solo a partire dai 30 anni in su per poi diventare più marcata sopra i 40, a conferma dell’assoluta necessità di vaccinare il 100% della popolazione adulta. A livello regionale, invece, la differenza tra Nord e Sud è clamorosa. Nel Mezzogiorno l’eccesso nel 2020 praticamente non esiste, nel 2021 è evidente. A Nord c’è un incremento spaventoso nel 2020 e un incremento moderato nel 2021. C’è un pezzo d’Italia – prosegue – che ha avuto un anno per prepararsi, ma non è stato in grado di farlo. Il motivo dell’eccesso di mortalità, è ovvio, è conseguenza del Covid, ma ancor di più lo sono gli errori fatti nello scorso inverno, quando abbiamo permesso una ripartenza incontrollata del virus dopo l’illusione dell’estate Covid free. Questa è stata la grande differenza di gestione tra Occidente e Oriente, dove si è ricorso a chiusure e confinamenti in maniera molto più frequente e drastica. E non parlo solo della Cina”.
L’esperienza degli altri Paesi, appunto. Si parla molto in questi giorni della nuova impennata di contagi e (seppur in maniera minore) di decessi nel Regno Unito. I motivi sono principalmente due: la frenata delle vaccinazioni (oggi la Gran Bretagna non è più tra i Paesi più virtuosi come nei primi mesi dell’anno) e la totale assenza di misure di distanziamento e prevenzione ormai da mesi: “Alcuni Paesi – commenta ancora il professor Spada – hanno deciso di optare per un’ottica di convivenza, sono diciamo un po’ più ‘sportivi’. In Italia ragioniamo ancora secondo coordinate emergenziali, ma faccio fatica, e penso faccia fatica anche il governo, a pensare che questo possa durare ancora molto. La nostra gradualità però è ancora ragionevole”.
“Quanto sta accadendo in Gran Bretagna, ma anche in Belgio – è il pensiero del virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi di Milano – induce a temere che un colpo di coda sia assai probabile. Il rischio c’è: quanto grave, a prescindere dai vaccini fatti o ancora da fare e dalle terze dosi, dipenderà da noi. Non è ancora il momento di lasciare da parte le norme di buon senso o di nuovo galateo di questi due anni. Capisco la voglia di lasciarci alle spalle la pandemia, ma non è ancora finita. Tanto più che non possiamo escludere la comparsa di nuove varianti. Per ora – conclude – la Delta plus non preoccupa, ma nulla garantisce che in futuro non ne spunti una più carogna”.