Digitale terrestre, scatta lo switch off

A partireda oggi alcuni canali tematici Rai e Mediaset saranno visibili solo con un televisore o con un decoder compatibile al sistema di codifica del segnale Mpeg-4, quello che permette la visione in alta definizione. Continueranno a essere disponibili per tutte le tv i canali principali della Rai (Rai1, Rai2, Rai3 e Rainews24) e di Mediaset (Canale 5, Rete 4 e Italia 1), mentre per tutte le altre emanazioni secondarie (come Rai 4 e Rai 5, o Boing e Tgcom24) sarà obbligatorio il passaggio a un nuovo dispositivo. In caso la propria tv sia incompatibile, si potrà sostituirla usando uno sconto del 20% messo a disposizione di quelle famiglie con un Isee inferiore ai 20mila euro. La transizione definitiva avverrà a partire da gennaio 2023.

Garante multa Sky per 3,2 milioni di euro

Per avereffettuato chiamate promozionali reputate illecite, il Garante della privacy ha ordinato a Sky Italia il pagamento di una sanzione da 3 milioni e 200mila euro. Il provvedimento arriva alla fine di una lunga investigazione, iniziata a seguito delle segnalazioni di persone che lamentavano di aver ricevuto telefonate indesiderate, fatte per promuovere le offerte della pay-tv. Le chiamate venivano effettuate senza informativa e senza consenso, utilizzando delle liste non verificate acquisite da società terze. Secondo il Garante, Sky avrebbe dovuto spiegare all’utente la propria informativa all’inizio della chiamata, spiegando anche la provenienza dei dati e procedendo alla proposta solo dopo il consenso.

Sistema Salerno, la neo giunta blocca i cronisti

Mentre il neo assessore alla Trasparenza, il giudice in pensione, Claudio Tringali, promette di trasformare il Comune di Salerno in una “casa di vetro”, il sindaco Vincenzo Napoli ne oscura le pareti e la chiude a doppia mandata davanti ai giornalisti. Impedendone l’ingresso nel giorno dell’insediamento al lavoro della nuova giunta. Quando, inevitabilmente, qualche domanda sull’inchiesta sul “sistema Salerno”, gli scambi appalti-voti e l’arresto del ras delle coop Vittorio Zoccola e il suo fido ex assessore Nino Savastano, ci sarebbe scappata. I vigili hanno eseguito gli “ordini superiori” e i cronisti sono rimasti alla porta, mentre a pochi metri da loro i dipendenti delle cooperative salernitane improvvisavano un sit-in di preoccupazione sul loro futuro. Pare che a mandare nel panico i vertici comunali sia stato l’arrivo degli inviati de Non è l’Arena di Massimo Giletti, il programma di La7 che stasera dedicherà un approfondimento al caso Salerno. Tra gli ospiti il direttore de ilfattoquotidiano.it , Peter Gomez, e l’avvocato Michele Sarno, nel suo doppio ruolo di capo dell’opposizione – si era candidato a sindaco per il centrodestra – e di difensore di Zoccola. E si prospetta un’altra grana da affrontare: secondo quanto riportato da Il Quotidiano del Sud, sarebbero emersi circa 400 voti in più rispetto al numero di elettori, tra verbali falsi e alterati. Sulla circostanza il senatore M5S, Andrea Cioffi, ha presentato un esposto in Procura.

Mascherine, imprenditore candidato di FdI: “Meloni mi diede solo un contatto, nulla più”

Un “ponte con una possibile fornitura cinese accreditata, niente di più. Giorgia Meloni? Le chiesi solo un contatto con Arcuri”. Fabio Pietrella (estraneo alle indagini), presidente di Confartigianato Moda Nazionale, è stato citato dall’ex Commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, nell’interrogatorio reso ai pm di Roma nell’ambito dell’inchiesta che lo vede indagato per peculato e abuso d’ufficio. La vicenda riguarda l’acquisto di oltre 800 milioni di mascherine acquistate a marzo 2020 da tre società cinesi, secondo i pm mediato dal giornalista Mario Benotti, a cui i fornitori pagarono una provvigione di 12 milioni. Davanti ai pm Arcuri ha raccontato la gravità di quel momento di emergenza: bisognava reperire dispositivi di protezione quanto prima. Tanti si rivolgevano a lui, che poi li indirizzava agli uffici preposti. “L’on. Meloni – ha detto Arcuri a verbale – il 22 e il 27 marzo è in copia all’offerta di tale Pietrella per mascherine chirurgiche con richiesta di anticipo del 50% e costo del trasporto a carico del governo”. Pietrella (che la Meloni candidò alle Europee nel 2019), contattato dal Fatto, spiega: “Stavamo lavorando con l’Iss per la riconversione delle aziende del tessile in produttori di mascherine. Volevo mettere in condizione il governo di ottenere il prima possibile i dispositivi. A Meloni chiesi un contatto con il Commissario per metterlo in connessione con mister Zhang, commissario del padiglione cinese all’Expo di Milano, persona di sicura affidabilità. La storia finì lì”. Ieri, Meloni, in conferenza stampa, ha spiegato: “Non ho raccomandato nessuno, solo fornito l’email del braccio destro di Arcuri”. Arcuri cita anche il senatore forzista Massimo Mallegni, sentito mesi fa come testimone dai pm di Roma ai quali ha consegnato tutta la documentazione. Dice Arcuri: “Il 24 marzo mandò un’offerta per Kfn4, con consegna in Corea, escluso il costo del trasporto, al prezzo di 0,80 euro cadauno (…)”. E ancora. “Il senatore Malan (FdI, ndr), tramite Enzo Saladino offre mascherine lavabili. Il Cts risponde che non sono neppure valutabili (…) Il 24 aprile arriva una nuova offerta per mascherine Ffp2 al costo di 4,50 euro cadauna. Non ottenuti i contratti, Malan inizia una schiera numerosa di interrogazioni parlamentari”. Spiega Malan al Fatto: “Un conoscente mi chiamò dicendo di essere in contatto con produttori israeliani. Pensai potesse essere cosa utile”.

Traffico di rifiuti, ex senatore Pittelli di nuovo arrestato

Èstato arrestato di nuovo l’avvocato Giancarlo Pittelli, senatore di Forza Italia ai domiciliari perché imputato nel maxi-processo “Rinascita-Scott”. Su richiesta della Dda di Reggio Calabria, l’arresto in carcere è stato disposto dal gip nell’ambito dell’operazione “Mala pigna” contro la cosca Piromalli di Gioia Tauro. I carabinieri forestali hanno eseguito 29 misure e hanno scoperto un traffico di rifiuti pericolosi con proiezioni sul territorio nazionale e internazionale. I rifiuti venivano interrati in terreni agricoli, alcuni risultati gravemente contaminati con valori fino al 6000% sopra il limite previsto. Il business era gestito da Rocco Delfino, il “tutore degli interessi della cosca Piromalli”. Professionisti, amministratori giudiziari, commercialisti e avvocati: tutti a disposizione del clan. C’era pure Pittelli, accusato di concorso esterno. Per la Dda era il “faccendiere di riferimento” della ’ndrangheta e avrebbe svolto il ruolo di “‘postino’ per conto dei Piromalli, nella perizia balistica relativa all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti”.

Ergastolo ostativo, Fondazione Falcone invia una proposta

In commissione Giustizia, sul nuovo ergastolo ostativo e benefici per i boss anche se non collaboratori, il presidente Mario Perantoni sta cercando la quadra tra i partiti per arrivare a un testo unico dopo che l’ala centrodestra del governo ha rifiutato il testo targato M5S, per non dare una vittoria ai pentastellati. Intanto, ieri, la fondazione intitolata a Giovanni Falcone ha inviato dei suggerimenti per la normativa che il Paramento deve approvare tassativamente entro maggio 2021, il termine ultimo stabilito dalla Corte costituzionale ad aprile, quando ha dichiarato incostituzionale l’attuale norma che vieta la libertà condizionata a boss e terroristi non pentiti ma, data l’enormità delle conseguenze possibili, la Corte ha chiesto al Parlamento di scrivere le modifiche. La Fondazione Falcone propone che i mafiosi ergastolani, oltre alla prova della fine di ogni legame con le cosche, per avere i benefici devono essere protagonisti di “forme di giustizia riparativa” e devono concorrere “alla realizzazione del diritto alla verità” per le vittime.

Per i pendolari è ancora “una giungla”: nei treni impossibile distanziarsi

Canzo, Erba, Invernigo, Arosio, Cabiate, Meda. La provincia lombarda si muove coi treni dell’alba verso Milano, terra promessa del pendolarismo. L’altoparlante raccomanda di “coprire naso e bocca con la mascherina” e di “occupare tutti i posti a sedere” per “evitare assembramenti” davanti alle porte. Di più non si può chiedere, se non al buon senso.

Sui treni lenti il Green pass non è obbligatorio e dunque nessuno lo esige, col paradosso che a fine tratta la certificazione sarà invece necessaria a tutti i viaggiatori per andare al lavoro o entrare all’Università. “Ma sui regionali è sempre stata una giungla”, allarga le braccia Andrea, impiegato. E non ha torto: se sulle Frecce i posti sono stati a lungo limitati, sui locali si è quasi sempre viaggiato col tutto esaurito.

Poi quando il Canzo-Milano arriva a Seveso, ore 7:28, si fa già fatica a trovare un posto tra le lamiere vetuste sui due piani del treno. Quattro minuti più tardi parte un altro regionale per il capoluogo; poi, alle 7:42, eccone un altro da Seveso a Rogoredo. Non ci vuole molto per riempirlo, mentre le scritte bianche sui cartelli blu raccontano storie di ordinario avvicinamento alla città: Cesano Maderno, Bovisio Masciago, Varedo. A Cormano, ore 8, tutti hanno già dovuto rinunciare alla comodità dello zaino sul sedile a fianco, sacrificato sulle proprie ginocchia per far posto a qualcuno salito a bordo strada facendo. Tutto pieno nei vagoni, una manciata di persone in piedi tra le carrozze per mancanza d’alternativa. A Milano Garibaldi, primo grande approdo in città, si incrociano i viaggiatori provenienti dalle altre tratte, le cui parole fanno capire che anche dal resto della Lombardia arrivano treni su cui ci si è rassegnati a non rispettare alcun distanziamento.

Valeria scende dal Varese-Milano delle 7:36, racconta di “un treno pieno, con anche alcune persone in piedi”. Soprattutto, dice, “le cose sono peggiorate nelle ultime due settimane, quando hanno ripreso le lezioni in presenza all’Università”. Anche lì con obbligo di Green pass, a differenza di quel che accade sui mezzi per raggiungere l’aula. Il via vai davanti ai binari fa impressione, se si pensa ai divieti imposti altrove. Da Treviglio arriva Massimo: “Qualche posto libero a sedere c’è, ma da un mese è aumentata notevolmente la presenza, immagino da quando hanno ridotto lo smart working. Per fortuna c’è sempre la mascherina”. Che in effetti, a guardarsi intorno, è l’unica cosa che rimanda a un vago senso di prudenza.

Rabbia e insicurezza sui bus e in metro: stipati nell’ora di punta

“’A mascherina! Se deve mette’ la mascherina! Ahò…! ’a mascherina!”. La giovane turista tedesca a Roma, seduta in fondo al bus della linea 30, intenta a sorseggiare una bottiglietta d’acqua, osserva sbigottita il conducente che le urla contro. Non serve il Green pass per salire sui mezzi pubblici in Italia. Così gli autisti degli autobus, ormai garantiti da un’ampia area protetta che blinda l’accesso dei passeggeri oltre la porta anteriore, osservano con sospetto chiunque salga al bordo della loro vettura. Sulle metropolitane, sulle ferrovie cittadine e su bus e tram della Capitale la tipica “ressa” pre-Covid, “l’effetto sardina”, negli negli orari di punta è ritornato: dalle 7 alle 9 e dalle 17 alle 19. Dai dati forniti dall’Agenzia Roma Servizi per la Mobilità, si apprende che nella prima metà di ottobre i titoli di viaggio (biglietti e abbonamenti) validati in metropolitana siano stati fra il 38 e il 41% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Questo significa che, a causa della pandemia, Atac si è persa per strada quasi la metà dei propri utenti. Ma questo non vuol dire che sul tpl romano si riesca a stare comodi e, soprattutto, si possa mantenere il metro di distanza. Tutt’altro. E per molti la contraddizione è evidente: “Ci chiedono il Green pass per lavorare, ma non per la metropolitana”, spiegano sulla linea A, dove solitamente da Arco di Travertino fino a Ottaviano-San Pietro è molto difficile trovare un posto a sedere. “Tutte le mattine faccio passare un paio di treni prima di salire”, dice Angela. Resta l’incognita San Giovanni: la metro C arriva al capolinea ogni 9-12 minuti e spesso il treno in arrivo semi-vuoto si riempie all’inverosimile. “Perché, vogliamo parlare delle banchine della fermata di Termini? Uno addosso all’altro”. Sulla linea B la tratta più “difficile” è proprio quella che va da Termini a Tiburtina, fermata parte di un nodo di scambio interregionale. Molti convogli hanno ancora i vagoni chiusi e nelle ore di punta bisogna essere molto fortunati per trovare un angoletto al “riparo” dalla calca. Ma la grande impresa resta quella del bus 64, che collega Termini al Vaticano attraversando il centro. I turisti si accalcano. “Preferisco andare a piedi – ci racconta Francesca – che salire su quel carro bestiame”.

E i conducenti? Atac sta svolgendo dei controlli a campione sui Green pass. Ma, specie gli autisti dei bus, non sono contenti. “Sale chiunque, senza alcun controllo: turisti, clochard, gente che tossisce, o senza mascherina. E se li rimproveri si arrabbiano pure. Non siamo tranquilli – dice Alessio, che sul 23 percorre tutto il Lungotevere – Capisco che già è difficile controllare i biglietti, figuriamoci il pass. Però c’è un limite a tutto”. Ma lei accetterebbe di validare i Qr Code di tutti? “Sì, vabbè, fatece fa pure questo…”.

Boom di tamponi e di certificati di malattia

Code interminabili fuori dalle farmacie di tutta Italia, la corsa al tampone per ottenere il Green pass per lavorare continua, in modo molto più massiccio della corsa alle vaccinazioni, lo dicono i numeri: lunedì scorso sono stati rilasciati Green pass a 4.512 guariti, 130.170 vaccinati e, soprattutto, a 914.702 persone sottoposte a tampone. Polverizzato il precedente record del 15 ottobre, quando si erano registrati 653.827 Green pass scaricati da persone sottoposte a tampone. Soltanto ieri, infatti, i tamponi registrati tra farmacie e strutture sanitarie sono stati 662 mila, record mai raggiunto prima dall’inizio della pandemia in sole 24 ore, 450 mila più di lunedì e il doppio rispetto a sette giorni prima.

L’aumento considerevole dei tamponi non modifica finora l’andamento della curva epidemiologica che in Italia resta stabile su valori bassi con 2.697 nuovi casi registrati e un tasso di positività dello 0,4% (in calo dello 0,3%). I ricoveri in area medica (-5) e in terapia intensiva (-3) sono in calo, mentre si registrano 70 decessi, ma di questi 19 sono avvenuti giorni prima.

Il “foglio del medico” per evitare l’ufficio

Continua anche la corsa al certificato di malattia, questione che ovviamente qualche relazione con l’obbligo di Green pass in vigore da venerdì scorso dovrebbe avercela eccome: ieri i certificati medici arrivati entro le 17 all’Inps sono stati 83.078, a fronte dei 74.724 del martedì precedente, 12 ottobre, l’incremento tra gli insiemi omogenei è dell’11,2%; il giorno precedente, lunedì 18, subito dopo il fine settimana i certificati arrivati all’Inps erano stati 152.780, da mettere in relazione con quelli di lunedì 11 ottobre, pari a 133.270, con un incremento tra gli insiemi omogenei del 14,6%.

Blocchi di cemento al molo. Si rompe già il movimento

A Trieste, dopo lo sgombero del molo settimo del porto e la serata di scontri con la polizia, ieri duemila persone hanno partecipato a un presidio pacifico contro il Green pass in piazza Unità d’Italia, luogo simbolo della città. L’ormai ex portavoce dei portuali ribelli, Stefano Puzzer, ha annunciato la costituzione di un nuovo comitato della protesta, il “Coordinamento 15 ottobre”, ha invitato a unirsi alla protesta chiunque si riconosca “in questa battaglia democratica per la libertà contro il Green pass e l’obbligo vaccinale” e ha sollecitato “tutte le piazze d’Italia a manifestare pacificamente e serenamente”. Nel frattempo, chi con Puzzer aveva organizzato lo sciopero dei portuali di venerdì scorso prende definitivamente le distanze: “Visti gli sviluppi delle mobilitazioni contro il Green pass – si legge in un comunicato del Comitato lavoratori del porto di Trieste – il Clpt non intende partecipare alla gestione complessiva delle stesse o a qualsiasi coordinamento o associazione relativa. Ringraziamo l’amico e collega Stefano Puzzer per tutto il lavoro svolto e gli auguriamo tutto il meglio per il futuro. Il Clpt continuerà il suo impegno sindacale contro l’obbligo di pagare per poter lavorare”.

Parole che sembrano insomma sancire il divorzio ufficiale fra i lavoratori del porto e il movimento che negli ultimi giorni ha trasformato Trieste nella capitale italiana No Green pass e No Vax. Il Coordinamento 15 ottobre ha ottenuto un incontro con Stefano Patuanelli, ministro dell’Agricoltura, ma soprattutto originario di Trieste, che sabato riceverà Puzzer e una delegazione di altre quattro persone. Dopo le cariche di lunedì, la polizia ieri ha bloccato l’accesso al molo settimo del porto con blocchi di cemento e barriere di ferro, e ha riaperto il varco 4, occupato per giorni dai manifestanti. Mentre l’operatività dello scalo, spiegano dall’Autorità portuale, “sta tornando a pieno regime” e “i rallentamenti non hanno interessato il traffico marittimo”.

Con il ritorno al lavoro dei portuali, e una percentuale non irrilevante di non vaccinati, il porto di Trieste ha allestito un laboratorio per processare 200 tamponi al giorno. Mentre in città, come nel resto d’Italia, da giorni, le farmacie sono in grossa difficoltà per riuscire a garantire lo smaltimento della richiesta di tamponi.

Date, incontri e colloqui: Storari parla e accusa, ma non tutto torna

I verbali d’interrogatorio di Paolo Storari, pm di Milano indagato a Brescia, con Piercamillo Davigo, per violazione del segreto istruttorio, ricostruiscono la sua versione dei fatti riguardo i verbali segreti di Piero Amara sulla “loggia Ungheria”. Storari nel 2020 consegna a Davigo alcune copie informali di quei verbali. Il motivo: in quelle carte “c’è l’inferno”, sostiene Storari davanti ai pm di Brescia il 21 maggio 2021, eppure la Procura di Milano non procede ad alcuna iscrizione nel registro degli indagati. Il pm si chiede: “Non è che dopo ci vado di mezzo io? Prendo la decisione di parlare con un consigliere Csm”. E cioè Davigo. Quando? “Tra il 5 e il 20 aprile” sostiene Storari. Durante il “primo contatto”, Storari avrebbe chiesto a Davigo se poteva parlargliene: “Sì Paolo”, è la risposta di Davigo, “io sono un consigliere del Csm… a me il segreto non è opponibile”. Storari aggiunge che nei verbali vengono citati anche componenti del Csm e allora Davigo gli dice: “Vieni qua”. Interrogato di nuovo otto giorni dopo, i pm bresciani gli fanno notare che dai tabulati telefonici non risultano contatti tra lui e Davigo prima del 19 maggio 2020. Storari replica: “Avrò parlato con Alessandra Dolci” (procuratore aggiunto a Milano, compagna di Davigo). Anche Davigo sostiene di aver ricevuto i verbali ad aprile anche se, sentito un anno prima come testimone per altre vicende a Perugia, aveva fatto risalire la sua conoscenza delle indagini sulla loggia Ungheria a marzo. Poiché l’8 marzo 2020 l’Italia si barrica in casa per il lockdown, si comprende perché la Procura di Brescia chieda ripetutamente a Storari se abbia consegnato i verbali già a febbraio. In questo caso il ritardo nelle iscrizioni si ridurrebbe a soli due mesi e sarebbe complicato definirlo ritardo. Storari conferma che li consegnò ad aprile e sostiene di non aver parlato a Davigo di Sebastiano Ardita, consigliere del Csm della stessa corrente di Davigo, citato da Amara come vicino alla loggia Ungheria: “Di Mancinetti (Marco, ex consigliere del Csm, ndr) gli parlo sicuro, Ardita non è stato mai oggetto di commento… perché per me era un signor nessuno”. E ancora: “Una cosa che ricordo di avergli detto è quella cosa su Zafarana (comandante della Gdf citato da Amara, che ha sempre smentito di aver fatto parte della loggia, ndr)… io gli ho detto Piercamillo, sai Greco (Francesco, procuratore di Milano, ndr) cosa mi ha detto? Che non voleva balle su Zafarana perché doveva sistemare quell’altro” (il riferimento è a un ufficiale della Gdf). Versione che non deve avere convinto la Procura di Brescia, visto che Greco è l’unico magistrato già archiviato in questa vicenda. Storari racconta di aver tenuto “un diario informatico” su Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto a Milano, pm nel processo Eni-Nigeria: “In data 27 dicembre 2019, ‘meglio insabbiare il fascicolo Ungheria’… e questo me lo dice De Pasquale… Greco mi dice una cosa analoga”. De Pasquale, al quale l’episodio non è stato contestato, ha più volte negato di aver avuto interlocuzioni con Storari. Questi lo accusa di non volere che Amara, i cui verbali erano confluiti nel processo Eni-Nigeria (i vertici Eni, assolti in primo grado, erano accusati di corruzione internazionale) fosse indebolito da un’accusa di calunnia. Eppure Amara, per calunnia, era già stato iscritto nel registro degli indagati. E proprio da Storari che, quando la Procura bresciana glielo fa notare, commenta: “Davvero? Non me lo ricordavo”. I pm di Brescia gli dicono che la lettera anonima che accompagnava il secondo lotto di verbali mandati al Fatto (e poi consegnati alla Procura di Milano) conteneva espliciti riferimenti al Csm (e il nome del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi) e dunque faceva capire che i verbali allegati erano proprio quelli che Storari aveva consegnato a Davigo. Storari replica di non ricordare se era presente alla consegna di quei documenti (a cui invece era presente) e di non aver letto quella lettera anonima, dalla quale, comunque, “non si capisce che vengono dal Consiglio… Davigo non mi ha mai detto: ‘Io parlerò con Salvi’”. In un interrogatorio precedente Storari aveva però sostenuto che, nel maggio 2020, Davigo gli aveva detto di aver parlato con Ermini e Salvi (del Csm). Il pm aggiunge che da allora non ha più sentito Davigo: ma i tabulati dimostrano che i due si sentono ancora a settembre, ottobre, novembre 2020 e marzo 2021. Mesi delicati. A settembre 2020, sulla loggia Ungheria inizia il coordinamento investigativo tra le Procure di Milano e Perugia; tra ottobre e novembre il Fatto consegna in Procura i verbali ricevuti in forma anonima; nel marzo 2021 la Procura perugina scopre che a diffondere i verbali era stata Marcella Contrafatto, ex segretaria di Davigo (all’insaputa di quest’ultimo, risulta dalle indagini). Sulla condotta di Davigo, Storari commenta: “Io consegno delle cose a uno… presidente di sezione della Corte di cassazione… presidente dell’Anm… chi è che ha più qualifiche di questo qua… nessuno… posso pensare che la sua segretaria… che lui lascia le robe lì… e che la sua segretaria… guardi che è una storia pazzesca, pazzesca, pazzesca… che lui vada a parlare con quello… per me è una cosa inconcepibile (…) Ma voi pensate veramente che io, a sei mesi di distanza, pensi che questo qui abbia i verbali di Davigo… ma è una cosa per me inconcepibile”.